Film > Le 5 Leggende
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Autore: LunaLove_good_    24/06/2013    7 recensioni
Nata per morire. Viva per combattere.
Trapassare cuori con la spada è facile, estrarre la spada dal cuore trapassato non lo è.
Perché quando il tuo unico scopo è portare sofferenza, tutto quello che l’amore può fare è uccidere.
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Cinque Guardiani, Jack Frost, Nuovo personaggio, Pitch
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quattro passi avanti, finta a destra, affondo a sinistra.
Paura, disperazione.
Breve rincorsa, salto, fendente.
Dolore.
Slancio, gomiti al petto, attacco rotante.
Senso di colpa.
Colpo dall’alto, parata a destra, obliquo da sinistra.
Maledizione!

Lancio un urlo che mi svuota i polmoni, butto via la spada, mi metto le mani tra i capelli.
Mi raggomitolo su me stessa e continuo a gridare. Mi sembra di impazzire. Si può davvero sopravvivere con il cuore che fa così male e la testa che esplode ad ogni singolo movimento? Ho davvero ridotto Jack Frost come mi sento io adesso? E lui è ancora vivo nonostante tutto?
Perché si muore?
Io morirei solo per non sentirmi come se mi stessero pugnalando ad ogni respiro, solo ed esclusivamente per smetterla di vorticare in un uragano di disperazione che, il respiro, me lo toglie.
E perché si vive?
Vivere non ha davvero senso, se significa correre ogni giorno il rischio di finire ridotti così. È uno spreco inutile di energie, tempo perso ad aspettare un sollievo che dubito arriverà mai.
Provo a calmarmi, mi costringo a respirare forte, mi metto una mano sul petto e aspetto di sentire il cuore battere ad una velocità accettabile.
Va tutto bene, Fonhìas, tutto bene...
Cerco di schiarirmi le idee, ho bisogno di dissolvere la nebbia che mi è calata in testa, ci sono troppe cose che devo fare: uccidere i Guardiani, favorire l’ascesa di Pitch, portare sofferenza a tutti i bambini sulla terra, farli sentire come mi sento io, farli disperare, piangere...
No!
Scuoto la testa con forza, urlo ancora, vorrei scomparire.
Respira, conta fino a dieci, a cento, a mille... Respira, va tutto bene, il dolore passa, respira...
Mi guardo intorno e cerco di mettere a fuoco l’ambiente che mi circonda: sono un palazzo, nel centro di Burgess, il cielo è coperto da fitte nuvole cariche di neve e l’aria sa di Natale. In giro non si sente altro che queste irritanti canzoncine e gli abeti della foresta si sono dimezzati per andare ad essere decorati da luci e nastri e illuminare le case.
Mi alzo e sfioro l’elsa della spada con la punta delle dita, quindi mi percorro la terrazza e guardo di sotto. La città è in fibrillazione, tutti sfrecciano a destra e a manca a comprare i regali più disparati e inimmaginabili. Ovviamente non sono loro a portare i regali ai bambini, ma per una strana magia dell’Uomo nella Luna, quando alla mattina di Natale si svegliano, sono convinti di aver comprato il giocattolo o il pupazzo che il figlio sta abbracciando.
Mi trasformo in sabbia nera e sorvolo il centro veloce, lasciandomi pervadere dalla sensazione di essere tutto e niente allo stesso tempo, beata nei muscoli e organi che non sento. Raggiungo la zona residenziale e quasi mi sorprendo quando vedo il così netto cambiamento di sfondo che in precedenza non avevo notato: la città cambia completamente aspetto qui, i grattacieli altissimi vengono sostituiti da casette rustiche e deliziose, con giardini privati e tetti a spiovente ricoperti di tegole. Era strano, in effetti, che in un posto come Burgess, dove la neve è all’ordine del giorno, ci fossero soltanto palazzi altissimi con ampie terrazze, ma non avevo dato troppo peso alla cosa, prima.
Esploro la zona con lo sguardo, e la scopro sempre più diversa dal centro. Non è più la città ultramoderna abitata da gente che va sempre di fretta, ma è un paesino calmo, avvolto in una bolla di pace accentuata dalla neve che rende ovattati i suoni. Oltre alle villette, ci sono dei parchi sparsi qua e là e il silenzio tranquillo è rotto dalle risate dei bambini, che però mi sembrano meno irritanti, se fatte riecheggiare in questa calma stupenda.
Volo fino ad un tetto in una nuvola di sabbia e mi ricompongo seduta con le ginocchia al petto. Davanti a me, un gruppo di nanetti gioca a palle di neve. Riconosco Jamie tra loro, ride come un matto e sembra quello che si diverte di più, subito seguito dalla sorellina Sophie, avvolta come al solito nei cinquanta quintali di piumino.
Mi sfugge un sorrisetto a vederli giocare.
«Hai visto come sono belli?»
Non mi sorprendo di vedere Jack Frost seduto accanto a me, una folata di vento gelido mi aveva annunciato la sua presenza. La stessa folata che, d’altronde, se l’avessi sentita, mi avrebbe impedito di finire ridotta come sono adesso.
«Continuo a trovarli irritanti.» rispondo, cercando di apparire calma e rilassata.
Lui ridacchia e si passa una mano tra i capelli, scompigliandoli – assurdo da dire – anche di più di quanto non già fossero.
«Allora... com’è provare sentimenti?» mi chiede a bruciapelo.
Io mi giro a guardarlo negli occhi. «Ho fatto progressi.» dico. «Prima ti trovavo irritante, ora ti odio con tutta me stessa.»
Scoppia a ridere e prende ad agitarsi, mentre io mi seppellisco sempre di più tra ginocchia e mantello per evitare che capisca come mi sento in realtà.
«Dubito allora che ti servano a qualcosa, la tua situazione non è cambiata molto.» farfuglia poi, cercando di calmarsi.
Mi riesce quasi impossibile credere che il ragazzo che ora si sta sbellicando dalle risate è lo stesso che con un bacio, un dannatissimo bacio, mi ha trasmesso una disperazione tale da farmi venire voglia di buttarmi da un palazzo, e senza fermarmi a poco da terra.
«Dai, seriamente...» dice poi, mentre tenta invano di riprendere fiato.
«Non puoi parlarmi di serietà, se continui a scompisciarti a quel modo.» lo rimbecco io.
Lui la smette all’istante, appoggia il bastone uncinato ad una tegola e ci si appende con lo sguardo assorto. Lo spio senza farmi notare, e non posso fare a meno di domandarmi se la sua risata fosse sincera.
«Perché non mi uccidi? Sono seduta accanto a te, ho ammazzato un tuo amico e ne ho quasi uccisa un’altra, il Natale è andato per colpa mia e un sacco di bambini soffrono per la mia spada. Perché te ne stai seduto lì e basta?»
Jack si volta a guardarmi, calmo nonostante la tempesta che gli attraversa gli occhi azzurri come il ghiaccio. «Credo che tu non abbia ben capito la differenza tra Pitch e i Guardiani.» mi dice. «Lui è un assassino, noi no.»

Cammino veloce nel tunnel che mi porterà al regno del mio signore, muovendomi agitata.
Ripenso alle parole dello Spirito della Neve e mi accorgo che, effettivamente, aveva ragione: durante la prima guerra, Pitch ha ucciso Sandman, ma i Guardiani si sono limitati ad imprigionarlo, nonostante tutto quello che aveva fatto.
Però mi torna in mente anche lo sguardo con cui quelle parole mi sono state rivolte: nascosta, e dovevi impegnarti per trovarla, c’era una minaccia, la minaccia che sarei stata sconfitta anch’io se avessi attentato ancora alla felicità dei bambini.
Mi passo una mano tra i capelli blu e continuo a camminare, aspettando pazientemente di vedere il nero della galleria sfumare nel grigio del Regno dell’Uomo Nero.
Quando lo raggiungo, il mio signore è seduto ad aspettarmi, nero come la pece da cui prende il nome, con gli occhi d’oro vagamente irritati, una mano lunga e sottile sotto il mento e l’altra a tamburellare su un ginocchio.
Mi inchino e mi porto un pugno al petto, aspettando che parli.
«Cos’è successo al Palazzo della Fatina dei Denti?» domanda, con una nota appena udibile di fastidio nella voce glaciale.
«I Guardiani mi hanno sorpresa è non sono riuscita a sconfiggerli.» rispondo. Preferisco tacere il bacio di Jack Frost, con mio profondo orrore scopro che ho paura di quello che potrebbe succedermi se dicessi che ora provo dei sentimenti.
«Ah, ti hanno sorpresa?» ripete lui, inarcando un sopracciglio.
«Mi dispiace, signore.» dico, chinando ulteriormente il capo.
Pitch si avvicina e mi fissa dall’alto in basso, troneggiando in modo quasi inquietante su di me. «Beh, non dispiacerti. In fondo puoi sempre rimediare a quello che hai fatto.»
«Volete che attacchi ancora?»
Scuote appena la testa. «No. Il tuo compito si è quasi concluso, presto toccherà a me. Devi trovare un modo per spezzare il sigillo con cui i Guardiani mi impediscono di tornare al potere, cosicché possa vendicarmi senza il bisogno del tuo aiuto. Pensi di riuscirci?»
Senza il bisogno del mio aiuto... vuol dire che morirò presto. Le viscere mi si attorcigliano in una morsa. «Sì, mio signore.»
«Perfetto.» Con quest’ultima parola mi congeda, dando inizio a quella che forse sarà l’ultima missione della mia vita. L’idea mi lascia uno strano vuoto dentro.
Faccio per alzarmi, ma poi un’altra domanda mi costringe a terra. «Signore?»
Pitch mi guarda.
«Perché volete distruggere i Guardiani?» Domanda imprudente e sciocca, ma avevo bisogno di farla lo stesso.
«Ti interessa?»
«No... io...» farfuglio. Volevo solo dare un senso a quello che sto facendo.
Un ghigno gli compare sul viso pallido. «I Guardiani mi hanno tolto tutto, e pagheranno per questo.»
Mi inchino maggiormente e assorbisco queste parole: non so perché ho la sensazione che nascondano molto più di quello che sembra.
Mi domando se sia giusto quello che stiamo facendo... Stiamo portando paura e sofferenza a bambini innocenti, ma è davvero sbagliato combattere contro quelli per cui hai perso quello che avevi o in cui credevi? Non sono sicura del significato esatto delle parole di Pitch, ma la causa per cui sto lottando... è qualcosa per cui vale la pena di combattere?

Il caldo infernale del Sahara mi accoglie quando mi materializzo di fronte alle tre grandi piramidi di Giza. Lo spettacolo è qualcosa di incredibile e vedere quei tre colossi arrampicarsi verso il cielo con imponenza non ha prezzo. Fanno sembrare così infinitamente piccoli, così insignificanti, che di fronte a quelle strutture magnifiche tutto sembra più facile.
Mi sfugge un mezzo sorriso, subito soppresso da un’orda di pensieri che mi costringono all’azione.
Volto le spalle alla piramidi e mi avvio per le dune del deserto, nella speranza di non perdermi e di trovare quello che cerco prima di ritrovarmi sotto forma di spiedino alla brace vivente.
Sto cercando una costruzione simile alla Sfinge, ovviamente invisibile agli umani, con un’enorme testa di drago e corpo da leone, una struttura più grande dentro che fuori dove si nascondono da secoli immemorabili la Lampada del Genio e i suoi tradizionali tre desideri.
Ho deciso che andare dai Guardiani e chiedere gentilmente di liberare Pitch dal sigillo impostogli non era tra le mie idee migliori, e non sono riuscita a trovare altro modo che chiedere un aiutino a quello strano tizio arabo con l’accento tedesco.
Inoltre, gettarmi in missioni potenzialmente pericolose nei posti più disparati al mondo contribuirà a tenermi la mente impegnata, a buttarci fuori ogni pensiero riguardante i bambini a cui infliggerò un dolore che ho scoperto essere insopportabile, a non soffermarmi troppo sulle conseguenze che porterà la liberazione di Pitch ai Guardiani e al mio conseguente senso di colpa.
Mi sarà utile, visto che non ho voglia di farmi prendere dalla disperazione che Jack Frost mi ha trasmesso con quel suo maledetto bacio.
Continuo a camminare e sono piuttosto indecisa se considerarmi bagnata fradicia per il sudore o in preda ad arrostimento convulsivo per il bruciore che mi pizzica praticamente ogni punto scoperto del corpo.
Accidenti! Ma per quale assurdo motivo posso non sentire il freddo, ma il caldo del Sahara mi deve far squagliare!?
Mi abbasso il cappuccio e mi sventolo il viso con la mano, col solo risultato di alzare un venticello caldo che mi ustiona le guance ancora di più. Ma dov’è la neve quando serve!?
Sbuffo seccata e penso che non dovrei sentirmi troppo in colpa se facessi a fettine il Genio una volta trovato. Dopo quello che mi ha fatto lui...!
Intanto ho l’impressione che il mondo attorno a me cominci a girare e che l’orizzonte stia ondeggiando peggio dell’Oceano Pacifico; spero vivamente di non cominciare ad avere allucinazioni, o credo che potrei correre il rischio di arrivare a destinazione in groppa a un cavalluccio marino con la testa di Calmoniglio e il corpo di Sandman. E non scherzo.
Quando mi guardo intorno e mi accorgo che della curiosa Sfinge non c’è traccia mi faccio prendere dallo sconforto, ed è una sensazione estremamente strana, perché prima d’ora non mi ero mai preoccupata più di tanto per le situazioni in cui andavo a buttarmi, né stavo chissà quanto attenta ai pericoli che correvo... Adesso mi sembra quasi di essere costretta a non cacciarmi troppo nei guai, ed è come se l’ansia mi prendesse tutte le volte che provo a trasgredire.
Non mi piace per niente, devo imparare a gestire le emozioni, se non voglio che mi schiaccino.
Respiro profondamente per darmi una calmata, poi cerco di concentrarmi sul caldo torrido per rendere l’irritazione più forte dello sconforto.
Sembra funzionare, perché i raggi che mi picchiano la testa mi fanno venir voglia di mollare tutto e cercare un modo qualsiasi per spegnere il sole.
È solo una mia impressione o è North quello che sta camminando accanto a me? Oh, accidenti! Decisamente sensi di colpa e insolazione non sono una buona accoppiata!
Ma come cavolo fa a starsene qui con quel giaccone e quel cappello di pelliccia che deve pesare quanto uno dei suoi yeti!? Non si squaglia come un ghiacciolo?
«Se proprio devi seguirmi, fallo in silenzio e senza scocciare, intesi?»
La mia allucinazione non risponde – dubito che potrebbe – e mi lascia con la fastidiosa sensazione di essere fuori di senno.
Devo dire che è piuttosto inquietante camminare con il Guardiano che hai ucciso affianco, soprattutto se si considera l’auto-soggezione che mi dà l’impressione di essere osservata con affetto paterno e bonario rimprovero nello sguardo azzurro di Babbo Natale.
Continuo ad avanzare tra le dune tutte uguali, ma una fastidiosa sensazione all’altezza del petto mi ricorda che per quello che ho fatto, non solo ho ammazzato chi aveva deciso di risparmiarmi, ma ho anche tolto la felicità ai bambini e ridotto Jack Frost – e sicuramente anche le altre Leggende – come lui stesso mi ha fatta sentire.
Maledizione! Dannati sentimenti, ma chi è il genio che li ha inventati!?
Mentre mi riprometto di fargliela pagare, con mio grande sollievo, North sparisce dalla circolazione, ma mi viene quasi voglia di mettermi a urlare quando vedo che al suo posto è comparso Jamie. Il moccioso con i capelli sparati da tutte le parti mi saltella accanto tutto contento, lanciandomi di tanto in tanto occhiate entusiaste.
«Stammi lontano, nanerottolo.» borbotto esasperata. Okay, devo smetterla di parlare con le allucinazioni. Credo di essere talmente fuori di me da non avere neanche paura di morire per fusione di cervello.
Dopo un po’ però, l’espressione di Jamie cambia, diventa triste, gli occhi castani gli si riempiono di lacrime. «Babbo Natale non esiste.» sussurra con una delusione assurda nella voce.
Mi impongo di stare calma; quello lì è il bambino che, affianco ai Guardiani, ci ha combattuto, non smetterebbe di credere neanche se sbattesse la testa e perdesse la memoria.
Poi Jamie si trasforma in sua sorella Sophie, come sempre avvolta nel piumino che la fa sembrare un pinguino.
Inizialmente la bambina pare contenta, poi però una spada molto simile alla mia le appare nel petto e comincia a piangere disperatamente, accusandomi di essere davvero cattiva.
Non ho neanche il tempo di sentirmi in colpa o preoccuparmi per lei, che sparisce e viene sostituita da Dentolina. La Fatina dei Denti mi guarda tristemente e mi rivolge le stesse parole del nostro ultimo incontro: «North si sbagliava: non c’è mai stato niente da salvare in te.»
Vorrei risponderle che non è vero, che potrei essere migliore se la mia esistenza non dipendesse dalla volontà di Pitch, ma scompare pure lei e viene rimpiazzata dal mio signore, che mi guarda col solito ghigno inquietante e una strana espressione negli occhi dorati. «Ti interessa?» mi domanda, mentre cerco di decifrare il suo sguardo.
«No... io...» Volevo solo dare un senso a quello che sto facendo.
Sento la testa scoppiarmi, che diavolo sta succedendo?
«I Guardiani mi hanno tolto tutto. E pagheranno per questo.»
Pitch scompare, io mi trovo di fronte ad un’enorme struttura dalla testa di drago e il corpo da leone.
Perché ho l’impressione che dovrei esultare alla vista di questo posto?
Non me ne do il tempo, l’unica cosa che riesco a fare è cadere a terra... svenuta.







***









Hola pulcherrimae, come state?
Mia madre insegna latino, dunque siete pregate di non rivelarle nulla di quello che ho scritto qui sopra, chiaro?
Bene u_u
Ora che abbiamo chiarito le nostre divergenze, possiamo passare al capitolo: aiuto, povera me, cosa ho pubblicato!? *si mette a piangere come una cretina disperata e depressa in un angolino buio*
*sob*
Che dire... non credo che Fonhìas diventerà ultra-sentimentale o altro,non mi sembra proprio il tipo, sentimenti o no. In questo capitolo però avevo bisogno di farla disperare, perché per una persona che non ha mai provato nulla, ovviamente l'impatto con il dolore di chi ha perso un caro è brutto.
Per le sue allucinazioni/miraggi, non ho bene in chiaro come funzionino, ma mi piaceva l'idea di questa aria di sogno che spero di essere riuscita a creare, per rendere meglio sensazioni che magari sono difficili da scrivere.
Non credo di dover aggiungere altro.
Ringrazio tantissimo Manga_9000, Lirah e Night Fury96 per le loro recensioni troppo asdfhadfuhadusifh *sclera come un'esaurita* e quest'ultima per aver inserito la storia tra le preferite e seguite *cerca di far inginocchiare una montagna davanti a loro, ma una valanga la travolge*
Grazie mille, non sapete quanto mi fate felice :')
Poscio chiedervi una cocia? *occhietti da cucciolo*
Mi fate gli auguri? Devo andare a fare la scintigrafia renale e ho una paura matta D:
Mi devono mettere un liquido radioattivo nelle vene, e io ho paura, oltre che degli aghi, che mi spunti un terzo occhio in mezzo alla fronte :'(
Qualche incoraggiamento?



E niente, questa volta vi lascio con un'altra immagine di Fonhìas (il tatuaggio asdhaiu *^*) sempre nei panni di Nihal della Terra del Vento, ditemi che ne pensate :)
  
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