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Autore: cattivamela    24/06/2013    1 recensioni
Avete presente il filo rosso del destino?
Si narra, che ogni persona abbia legato al proprio mignolo un filo rosso, e che questo filo, sia legato al mignolo della persona della tua vita.
In poche parole, l’uomo della mia vita potrebbe vivere anche in Alaska, ma non importerebbe, perché in pratica “dovremo essere legati” da questo filo immaginario. E se, in teoria questo filo esistesse veramente? E che solo la sottoscritta riesce a vederlo?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
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Mi accorsi di essere arrivati solo quando Cameron mi puntellò sulla coscia, chiedendomi di alzarmi. Scesi frettolosa dalla moto, e con un gesto meccanico mi sfilai il casco guardandomi attorno, e constatando con orrore che tutta la scuola ci osservava. Chi sorpreso, chi curioso, chi infuriato. Specificamente solo una persona ci guardava infuriata. Gaia artigliava con quelle sue unghie laccate di rosa antico la tracolla della sua borsa, le labbra coperte di lucidalabbra strette in una linea dura, sentii la potenza del suo sguardo perforare la mia figura. Abbassai gli occhi, imbarazzata. 
“Per forza qui dovevi parcheggiare?” spostai lo sguardo su di lui, per tenermi occupata. Cameron si scostava i capelli appiccicati sulla fronte dal casco, mi guardò di profilo, ridacchiando.
“Si.” Scrollò le spalle, incatenò la ruota della moto, prese il mio casco e sempre seguendomi con lo sguardo entrò nell’edificio. “Hai paura che la gente creda che ci sia qualcosa tra di noi?” domandò, con una punta di ironia che per un nanosecondo mi trapassò il cuore.
Lo fissai, scettica. “Non la gente. Ma la ragazza. Sai, non voglio altri problemi con quell’ochetta” risposi guardando alla mia destra. Non mi andava di guardarlo negli occhi.
“A me non interessa” sussurrò. Sbarrai gli occhi, puntandoli nei suoi che soddisfatti ricambiavano. “Come mai oggi la signorina vuole evitarmi? Fino a pochi giorni fa non credo che questo contatto ti impaurisse” schioccò la lingua, riferendosi alla mia piccolissima sfida.
Arrossii di botto, aggrottando le sopracciglia. “E’ una tua impressione.”
Si fermò al suo armadietto, e veloce come un fulmine posò i caschi e prese due o tre libri non ci feci caso, perché proprio in quel minuto Violet sbucò dal corridoio e sbigottita prima fissò lui poi me, facendo facce strane. Risi di gusto.
“La tua amica ti vuole?” Occhi di Ghiaccio mi fissò, quasi con una punta di tristezza improvvisa  negli occhi.
Perché?
Annuii, facendomi nuovamente seria.
Cosa fai, stupida?! Rimani con lui.
“Be’.. ci vediamo, e grazie” balbettai, voltando le spalle per raggiungere la mia amica che mi tempestò di domande fino all’arrivo in classe.
 “Sono tornata!” sospirai, buttando la cartella a terra. Nemmeno feci due passi che Bobby mi saltò addosso, iniziando ad abbaiare come un forsennato.
“Bobby ha sentito molto la tua mancanza!” mia madre sbucò da dietro la cucina sorridente, e per un attimo mi trapassò il pensiero che non avrei potuto più rivederla se le cose fossero andate diversamente. “è pronto a tavola.”
“Perché non rispondevi?!”feci una smorfia, annuendo a mia madre. Una fitta mi ghiacciò il cervello e fu più doloroso del solito, colpa forse di Silver.
“Non riuscivo a sentirti. E’ stata Silver.” Spiegai, mentre con calma affondavo la forchetta nella pasta.
“Dannazione! Mi sono preoccupato da morire, cazzo.”  Imprecò, sistemandosi al mio fianco. Sentii il suo pelo strisciare contro la gamba coperta dai jeans.
“Mi ha chiesto scusa.”
“Chi?” domandò sbigottito.
“Silver.”
Una risatina si sprigionò nella mia testa“Impossibile”
“Be’, allora ero sotto effetto di qualche sostanza” sbuffai “il padre di Cameron vuole sacrificare qualche discendente per l’immortalità. Prima voleva me… ma mi ha ritenuta troppo ‘speciale’ per essere sacrificata”
“Allora chi vuole?”
“Non saprei..”
“Dovremo avvertire Matt” non era una domanda. Mi morsi un labbro, aggrottando le ciglia preoccupata.
 
“Adesso parla!” la vocina fastidiosa di Gaia mi riportò alla realtà. Sbuffai, spostando lo sguardo dal mio riflesso aprii il rubinetto, sciacquandomi le mani.
“A cosa ti riferisci?” cercai di non gridarle in faccia, o almeno di non prenderla a schiaffi. Ma era abbastanza difficile guardandole quella faccia da pesce lesso.
“Lo sai benissimo!” strillò con voce acuta. Aspirai forte dalla bocca stringendo i denti.
“Senti miss succhia cazzi, non è giornata okay? Smamma!” sbottai, afferrando un fazzoletto dalla tasca posteriore dei jeans. Si avvicinò rumorosamente con quei tacchi almeno di 20 centimetri.
“Dov’è Cameron? Tu se sai sicuramente qualcosa!” mi alitò in faccia. Mi iniziarono a prudere le mani, mi allontanai facendo un passo indietro, trattenendo una smorfia mentre uno strano formicolio si allargava dentro il mio stomaco.
Gelosa?
Sempre nei momenti meno opportuni!
Cameron era sparito.. da quasi 4 settimane. Non si avevano notizie dato che nessuno aveva mai avuto contatti con lui, esclusa io e lei. Sospirai.
“Non lo so.” Risposi, stizzita feci un passo avanti ma lei mi parò l’uscita.
Storse le labbra impasticciate orribilmente di lucidalabbra rosa, fulminandomi.
“Brutta puttana! Vuoi tenertelo tutto per te, eh?!” Urlò.
Avvampai, stringendo i pugni. “Anche se fosse? Lui non è tuo!” ringhiai.
Oh! Perfetto, ti comporti anche tu da ragazzina gelosa?
 Vidi la sua mano alzarsi, pronta a darmi uno schiaffo, ma prima che poté toccare la mia guancia un’altra mano la fermò. Spalancai gli occhi, sorpresa, mentre Gaia altrettanto sbigottita squadrava Blaze da capo a piedi formando una O con quelle labbra disgustose.
“Cosa ci fai qui?!” sibilai, quasi mi uscirono gli occhi fuori dalle orbite.
Blaze lanciò un’occhiata di disgusto all’oca, che ricambiò cambiando improvvisamente umore si sistemò una ciocca bionda dietro l’orecchio, addolcendo lo sguardo.
Patetica.
“Dobbiamo sbrigarci!” lasciò il polso di Gaia, afferrando con foga il mio mi trascinò fuori dal bagno delle donne della mia scuola.
“Cosa? Ma ho lezione!” protestai. Sentii i tacchi di Gaia dietro le mie spalle.
“Si tratta di lui!” Imboccò il corridoio principale.
Trattenni il respiro.
“Cameron?!” Strillò l’ochetta dietro “dov’è?!”
E’ in pericolo!
Non rispose, ma aumentò il passo procedendo verso il parcheggio. Un SUV bianco ci aspettava proprio di fronte al cancello della scuola, Blaze raggiunse il veicolo a grande falcate e poi spalancò lo sportello.
“Hei Rain, come va?” domandò allegro Jeremy al posto del guidatore, mentre Blaze saliva.
 “Non è il momento di fare il cordiale, Jeremy. Rain sbrigati a salire prima che quell’oca afferri per la disperazione lo specchietto della macchina!” ringhiò.
Mi voltai intravedendo Gaia che correva agitando le braccia, imprecai rabbiosamente chiudendo la portiera e l’auto partì con uno scatto che mi fece sbattere la testa sul sedile rivestito in pelle nera. Al mio fianco Matt guardava preoccupato e teso fuori dal finestrino.
“Potete spiegarmi, per favore?” sbottai, scivolando fino a toccare entrambi i sedili mi sporsi in avanti per vedere sia il volto di Blaze che quello di Jeremy.
“Be’, è semplicissimo baby.” Jeremy continuava ad accelerare. Il rombo del SUV iniziava a farsi sempre più insistente e il paesaggio al di fuori dell’auto scorreva veloce. “Cameron è stato scelto dal padre per il sacrificio” disse con voce tranquilla, lanciandomi un’occhiata.
Gelai sul posto, senza fiatare.
“Silver mi ha chiesto aiuto” proseguì Blaze, fissando davanti a se con occhi gelidi “e anche se lui è un figlio di puttana devo aiutarla, dobbiamo.” Sussurrò a denti stretti.
Continuai a guardare Blaze che stringeva convulsamente i pugni, imprecava ad ogni semaforo senza mai staccare gli occhi dalla strada.
Senza che me ne rendessi conto l’auto si bloccò frenando rumorosamente, eravamo arrivati. Scattammo tutti nello stesso momento fuori dall’auto, imbattendoci davanti al grande cancello nero.
“E ora?” domandai, tesa. Blaze mi afferrò per la vita, avvolgendo un altro braccio sotto le mie ginocchia “Scavalchiamo!” mi sussurrò all’orecchio, piegò le ginocchia e saltò superando i spuntoni appuntiti del cancello. Ridacchiò, guardando il mio viso scioccato per poi ritornare a correre, svoltando dietro la gigantesca villa. Jeremy e Matt avevano fatto la stessa cosa.
“Abbiamo un piano per entrare?” domandò Matt abbassandosi vicino alle aiuole, che non aveva aperto bocca per tutto il viaggio.
Jeremy ridacchiò “Cercare di entrare.”
Sbuffai, con lo stomaco in subbuglio. La sua ironia non riusciva a colpirmi.
Come fa a essere così tranquillo?!
“Non lo è”.Rispose Blaze al mio pensiero.
“Non è ancora il giorno del sacrificio, da quello che mi ha detto Silver. E’ solamente chiuso in camera sua. Il problema sono i parenti venuti da lontano per partecipare al sacrificio, e la servitù.”
“Sapete scassinare una porta?” sussurrai. Tre paia di occhi mi guardarono, confusi. Indicai la porta nascosta in parte da una siepe ma indicata da un leggero sentiero dall’altra parte del cortile. Doveva essere la porta di retro della cucina, o dello scantinato.
Jeremy annuì, e con cautela attraversò il viale seguito da me e gli altri. Frugai tra le tasche dei jeans e della felpa, trovando per pure fortuna una forcina, la passai a Jeremy che la infilò nella serratura avvicinando l’orecchio. Ci vollero circa 3 minuti, nei quali Blaze si guardava intorno,  nervoso.
“Cos’è Silver, per te?”  domandai, facendo finta di nulla.
“Un’amica” lui fece altrettanto.
“Ecco!” sussurrò vittorioso Jeremy, con un sorrisone stampato in faccia. Aprii la porta lentamente controllando da entrambi i lati, era il retro della cucina apparentemente vuota. Entrammo guardandoci intorno. La cucina completamente in marmo bianco era vuota, le stoviglie lavate e messe ai loro posti, i ripiani splendenti e lucidi.
“Maniaci della pulizia.” Sussurrò Jeremy, scioccato rubandomi un sorriso.
“Io credo sia di più..”
“Da questa parte.” Mormorò Blaze, facendo segno con il braccio. Fuori dalla cucina vi era un salone enorme con moquette rossa e lunghe tende altrettanto rosse che coprivano quasi del tutto le grandi finestre. Un lungo tavolo in legno scuro era posto in mezzo alla sala, con quasi dieci sedie per lato e due alle estremità, proprio come le lunghe tavole dei re. Dopo ogni finestra ai muri c’erano appesi diversi quadri che raffiguravano volti sconosciuti e severi, e paesaggi luminosi e verdi.
“E’ una amica, una cara amica.. Prima che ti parlassi io e lei comunicavamo sempre, mi raccontava di come era essere un protettore, di Cameron. Quel tizio.. l’ha cambiata.”
Imboccammo la prima porta in fondo alla sala, entrando in un’altra sala identica alla seconda con la differenza che al posto del tavolo vi era una grande scalinata in marmo, le stesse scale che settimane fa avevo sceso insieme a lui, voltai lo sguardo verso la porticina che portava al garage delle moto.
“Di sopra ci sono le camere.” Sussurrai, Blaze davanti a me annuì senza voltarsi. Incominciammo a salire, ritrovandoci davanti ad un bivio di due corridoi all’estremità delle scale. Non l’avevo notato quand’ero con Cameron.
Certo, troppo impegnata a fissarlo.
“Perché?”  domandai al mio protettore ignorando la vocina interna.
“Ragazzi!” Sobbalzai, coprendomi la bocca con la mano. Silver ci corse incontro, abbracciando di slancio Blaze. Jeremy li fissò con un sorrisetto.
“Grazie per essere venuti” sussurrò, contro il petto di Blaze. Lo vidi sospirare e accennare ad un sorriso imbarazzato, mi guardò.
“Me lo spiegherai dopo”.
“Dove dobbiamo andare?” le domandai tesa. Dovevo vederlo, subito. Dovevo vedere come stava.
Si voltò, guardandomi “Siamo troppo esposti, venite.” Sussurrò, correndo nel corridoio destro la seguimmo senza fiatare.
“La casa è divisa in due lati.” Spiegò, guardandosi attorno cercando di fare meno rumore possibile sul tappeto rosso. “il corridoio sinistro è quello delle camere degli ospiti, della libreria, servitù e dell’ufficio di Booker.”
Ricordai il lungo tappeto rosso di fiori e piante, la statua infondo al corridoio.
“Il corridoio destro è quello delle stanze dei “importanti” come Cameron, la mia, e i cugini e fratelli più stretti. Al momento sono quasi tutte piene, quindi dobbiamo fare attenzione.”
“Ogni discendente ha il proprio protettore, giusto?” sussurrai. Silver si voltò per annuirmi, con un’espressione seria in volto “e sono tutti quanti molto pericolosi, anziani e forti. Se ci dovessero scoprire potremmo essere tutti sacrificati anche se non avrebbe un risultato maggiore.”
Aggrottai le ciglia, deglutendo. Intanto stavamo percorrendo il lungo corridoio, rispetto all’altro il tappeto era rosso ma semplice e le mura erano più chiare.
“Sacrificare più discendenti non porta un maggiore potere di immortalità, praticamente è una cosa inutile. Il sacrificio, comunque sia, è molto lungo e particolarmente doloroso.” Spiegò Jeremy. Matt si strinse al suo fianco.
Improvvisamente ebbi anche io paura, più di quanta ne avessi già. Per me, per Blaze, per Matt e Jeremy.. per Cameron. Dovevamo trovarlo, al più presto.
“Shh!” intimò Silver. Ghiacciai sul posto, affilando l’orecchio. Sentii dei passi risalire le scale. Lo stomaco si attorcigliò.
“Cazzo!” imprecai. Blaze senza pensarci si scagliò sulla prima porta davanti a noi chiudendola non appena tutti eravamo entrati. Una donna sulla quarantina dagli occhi azzurri ci fissò sbigottita, aprii la porta pronta a cacciare un urlo, ma prontamente Jeremy le diede un colpo dietro la nuca, prendendola tra le braccia prima che potesse cadere sulla moquette grigia.
“Merda, merda!” imprecò Blaze, infilandosi le mani tra i capelli biondi “non doveva prendere questa piega!”
“Cosa facciamo?” domandò Matt, in preda al panico. 



Salve a tutti! Chiedo umilmente perdono per il grandissimo ritardo! Ho avuto tempo in meno per scrivere, ma finalmente ce l'ho fatta! 
Siamo entrati nella grande villa De Franchi, e sta volta è Rain a venire in aiuto di Cameron insieme ai discendenti. Tra Blaze e Silver c'è qualcosa di tenero, almeno dalla parte di Blaze.. ho in mente un bel scenario! :''D (ssh, segreto.)
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, e ci vediamo al prossimo! 
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Buona estate! Bacioni :*
   
 
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