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Autore: CarlottAlien    24/06/2013    1 recensioni
E se grazie al destino la tua vita cambiasse? E se questo potrebbe sconvolgere la tua vita, il tuo modo di pensare, la tua anima? Una FF sui gemelli Kaulitz che vi terrà incollati al PC!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
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Tom rimase di sasso, sbigottito, senza né parole né fiato. Era davvero Caroline la ragazza che aveva di fronte, oppure era il frutto della sua mente annebbiata dal dolore?

Le onde dell’oceano arrivavano calme in quella piccola spiaggia, cullate dalla leggera brezza della sera. Era una nottata pacata, dove tutto sembrava tranquillo e sereno. Ma non Tom. Non sapeva cosa fare e tanto meno cosa dire, e Caroline notò questo suo imbarazzo.

    “Scusa se ti ho disturbato proprio in questo posto..”

Fu lei a rompere il ghiaccio, ma questo portò al ragazzo ancora più confusione nella sua testa, perché il solo sentire la sua voce lo annullava.

    “No, no, non importa..ah, ehm..vuoi sederti..?”

Tom stava chiedendo e dando fondo a tutto il coraggio e il sangue freddo che possedeva, cercando di mantenere la calma il più a lungo possibile. Avrebbe voluto abbracciarla, confessarle di essersi innamorato di ogni parte di lei, che lo aveva stregato. Ma non era il caso, probabilmente lei lo odiava. Si costrinse a mordersi la lingua.

I due giovani si sedettero l’uno accanto all’altra, fissando il mare e cercando di trovare le parole giuste per cominciare a parlare.

     “Come hai fatto a trovare questo posto?”

Questa volta fu Tom a parlare, con tono pacato e tranquillo.

     “Bill..è stato lui a spiegarmi dov’eri. Ero andata a casa tua..per parlarti.”

     “Parlarmi..?” chiese il ragazzo, già con la gola secca.

     “Si..ho sentito il tuo messaggio in segreteria.”

     “Ah..quello..”

Tom si pentì all’istante di averla chiamata, cominciava a sentirsi davvero nervoso. Però se fosse stato proprio quel messaggio a convincere Caroline a parlargli ancora?

     “Io..” cominciò lei. “..so di averti ferito e di averti provocato tanto dolore. E mi dispiace, credimi. Non sono una di quelle persone che amano far soffrire gli altri e godono nel vederlo. Però, vedi..”

    “No, la colpa è stata mia.” La interruppe Tom. Lei lo guardò sbigottita da quell’affermazione. Lui non la guardava, non era cattiveria, ma proprio non ce la faceva. Fissava il mare, le onde, il riflesso della luna, ma sembrava guardasse oltre. “Non avrei mai dovuto..fare quello che ho fatto. Sono stato un’egoista, ho rovinato una serata che poteva sembrarti perfetta.”

    “Tom, non è colpa tua..”

    “Non giustificarmi, non serve. Non mi sto punendo. O forse si. Ho solo agito d’impulso, d’istinto, come mi ero ripromesso di non fare..”

    “Tom, ascoltami, ti prego..”

Caroline cercava di fermare quel vulcano in cui si era trasformato Tom. No, non poteva, non riusciva ad accettare il fatto che quel ragazzo che era stato così generoso con lei si trattasse in quel modo.

    “Caroline, è la verità!” Tom la guardò, fu solo un attimo, distolse subito lo sguardo, ma la ragazza poté vedere tutto il dolore che covava dentro di sé. Non poteva più sopportarlo. “Ti ho fatto soffrire, ho fatto una stronzata, una pessima cosa! Non sai..non hai idea di quanto mi odi per essere stato così avventato con te..!”

     “Calmati ora, ti prego. Lasciami spiegare..non è colpa tua di quel mio rifiuto. Non sei stato tu..”

     “Invece si!”

     “Tom, io sono stata violentata.”

 

 

 

   Non poteva credere a ciò che aveva appena sentito uscire dalla bocca di Caroline. Violen..? Non riusciva neanche a pensarci. Si voltò verso di lei, con le lacrime che ormai avevano preso a scendergli in quel momento di furore, rimanendo letteralmente a bocca aperta. Per un attimo, un solo istante i due si fissarono negli occhi, in quel momento per certi versi speciale, perché entrambi si ritrovarono insieme ad annegare nel loro dolore.

Caroline distolse lo sguardo, puntandolo prima sui suoi piedi immersi nella sabbia, poi verso l’orizzonte scuro e impenetrabile di quella notte.

     “Successe..molti anni fa.” Con fatica la ragazza cominciò a parlare, senza che Tom glielo chiedesse, senza che si sentisse in dovere di farlo. Lo fece solo perché sentiva di poterlo fare, di poter aprire quel lato del suo cuore che non aveva mai aperto a nessuno a Tom, che aveva fatto lo stesso con lei.

     “I miei genitori si erano separati ormai da qualche anno, io ero un’adolescente nel pieno della sua giovinezza. Avevo appena fatto la mia prima, grande festa di compleanno, per festeggiare il mio sedicesimo compleanno, e mia madre, come regalo, mi presentò la sua nuova fiamma, l’ennesima. Chease Wilston, magnate straricco proprietario di qualche multinazionale che faceva i soldi rubando diamanti in Africa. Biondo, splendidi occhi azzurri, alto, ben piazzato. Insomma, il classico Ken che andava giusto giusto a pennello con la Barbie in cui si era trasformata mia madre. Vivevamo a Chicago, in un enorme attico che mia mamma si era comprata con i soldi che aveva spillato a mio padre grazie al divorzio. Mi ricordo ogni cosa, come se fosse ieri. Era un pomeriggio di luglio, faceva un caldo allucinante in città, ma mia madre insisteva per andare a fare shopping. Io riuscì a rimanere a casa, facendo finta di avere uno strano malessere a causa del caldo, così Chease si offrì di accompagnarla. Passò più o meno mezzora, io stavo studiando per il giorno dopo, avevo una verifica di sociologia molto importante! Sentì appena schiudersi la porta e qualcuno che se la richiuse alle spalle. Mi sporsi curiosa dalla mia camera e notai che davanti alla porta c’era Chease, vestito del suo completo beige. Dapprima fui confusa del fatto che non fosse con mia madre, poi me ne fregai e tornai a studiare. Non mi accorsi che si stava avvicinando a me, alle mie spalle. Ci feci caso solo quando mi afferrò, tappandomi la bocca, e mi buttò sul letto. Lo guardai con occhi sbarrati, la confusione fece largo alla paura, al puro terrore. Sul suo volto apparve un ghigno, non avevo mai visto una cosa che somigliasse così tanto al male, al demonio.

    ‘Zitta, o sarò costretto a farti del male.’ Mi sussurrò.

Mentre si sfilava la sua pregiata cin tura di cuoio, lo morsi ad una mano e cominciai a gridare, con tutto il fiato che avevo in corpo. Mi presi un pugno, dritto sulla bocca. Rimasi pietrificata. Non ci mise molto a spogliarmi ed a calarsi i pantaloni. Ricordo il caldo, il dolore, il suo respiro affannoso sulla faccia, il suo sudore che mi colava sul petto, in mezzo alle gambe. Mi diceva cose orribili, di quanto avrebbe seviziato quel mio corpo da giovane non ancora del tutto sviluppato. Fissavo sempre il muro, non lo guardavo negli occhi, perché sapevo che sarei sprofondata nell’abisso più profondo. Quand’ebbe finito si alzò, si asciugò il sudore con i miei vestiti, si sistemò i capelli e il suo amato completo firmato Versace, e tornò a guardarmi con lo sguardo del solito Chease, lo sguardo con cui l’avevo conosciuto.

     ‘Se dici una sola parola a tua madre, la prossima volta di farò ancora più male.’ E se ne andò da mia madre.

Sapeva che lei non sarebbe tornata, l’aveva sicuramente mollata in qualche negozio a spendere i suoi soldi. Mi lasciò li, con la mandibola slogata, nuda e ancora sporca del suo sudore.

Quando tornarono e mia madre vide i lividi le dissi che ero svenuta dal caldo e che avevo preso delle botte. Ma quando fui sola con lei, le raccontai tutto, ogni cosa. E la sua risposta?

     ‘Tesoro, avrai avuto delle visioni mentre eri svenuta, non dire sciocchezze!’ e uscì dalla mia camera.

Due giorni dopo, mentre ero ancora sola, arrivò Chease che questa volta, prima di stuprarmi, mi pestò come non mai, stando attento a non colpirmi in faccia.

Andò avanti così per un anno e mezzo, tra botte e violenze, finché il mio corpo non si trasformò, assumendo le curve morbide di una donna. Allora Chease non mi toccò più. L’ultima volta che lo fece mi sputò addosso, dicendomi che ormai facevo schifo.

Non appena compì diciott’anni tornai in Italia da mio padre, abbandonando mia madre con quel mostro. Non gli raccontai nulla, non ne aveva bisogno. Andai di nascosto da una psichiatra che mi aiutò a superare la mia depressione e la mia tentazione al suicidio. Ne uscì una donna più forte, più consapevole di sé stessa e di ciò che la circonda. Dopo due anni, anzi tre, riuscì ad accettare l’appuntamento con un nuovo ragazzo. Uscimmo per mesi, lì in Italia, stavo bene, mi divertivo, anche se era un uomo. Ma quando arrivò il momento di andare oltre, di passare dai bacetti al vero sesso, lo lasciai. Non ero pronta, non ce la facevo ad affrontare l’intimità con un uomo. Mi veniva in mente sempre il ghigno di Chease mentre mi violentava.

Mi capisci, Tom..? Non è stata colpa tua..la colpa è solo mia, di come non riesca ad affrontare tutto ciò sebbene oggi abbia 22 anni. Mi dispiace..scusa per ciò che ti ho fatto..”

Caroline scoppiò in lacrime, voltandosi dall’altra parte per non farsi vedere da Tom. Il ragazzo era sconvolto da quella storia. Schifato per quello che quell’uomo aveva fatto ad una povera adolescente e per sua madre che non le aveva dato ascolto. Commosso da come lei gli aveva aperto il suo cuore, mostrandogli il lato più oscuro di sé. Ammirato dalla forza che aveva avuto quella ragazza, anzi, quella donna che ora era tornata, per colpa sua, la bambina di un tempo.

Tom le si avvicinò e lei lo guardò con occhi grandi e dispiaciuti, tristi, malinconici.

     “Mi dispiace..” sussurrò appena. Lui riuscì a sorriderle sebbene il dolore che aveva dentro fosse grande.

     “Dispiace a me averti dovuto farti ricordare quei momenti.” Le disse. “Ma prometto, ti giuro su tutto ciò che ho di più caro, che cancellerò dalla tua mente ogni traccia di quell’uomo.”

Caroline lo guardò stupita di quella dichiarazione. Non la odiava per averlo rifiutato, non era schifato da quello che le era successo, e la sua non era pietà. Era solo sincerità.

     “Tom..”

Lui la abbracciò, lo fece d’istinto, un’altra volta. Lei rimase un po’ rigida e sorpresa da quel gesto. Il profumo di Tom, della sua pelle, dei suoi vestiti, della sua casa, le invasero le narici, inebriandole la mente e facendole dimenticare per un attimo il dolore che aveva dovuto ricordare. Chiuse gli occhi e si abbandonò completamente all’abbraccio del ragazzo, lasciandosi cullare dalle sue braccia e dal rumore dell’oceano. Pianse, pianse un infinità di lacrime, salate come l’acqua che arrivava a pochi passi da loro. Ma questa volta non era da sola, a piangere insieme a Pete nella sua casa buia, era con qualcuno che sentiva avrebbe potuto cancellare, forse per sempre, tutto il dolore che aveva dentro e che le stava divorando l’anima.

 

 

 

 

Ed ecco il dodicesimo! ^^ mi sono impegnata tutta la giornata a scrivere,

domani parto per le vacanze e non avrei potuto aggiornarvi ^^

siccome era un punto saliente della storia, non potevo farvi aspettare troppo,

soprattutto dopo l’enorme ritardo del capitolo 11 xD

è corto, lo so, ma intenso..

spero di avervi trasmesso tutto il dolore che accomuna i due in questo momento

che chissà in cosa si evolverà..xD

Buona lettura! ^^

  
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