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Autore: Koe    07/01/2008    1 recensioni
La scuola di Hogwarts è stata chiusa e i ragazzi prendono strade diverse: alcuni continuano a studiare come possono, altri lavorano, altri si uniscono ai Mangiamorte. Intanto il trio parte alla ricerca degli horcruxes e Ginny fa strani sogni.
Genere: Generale, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Una brusca accelerata




Ansia. Turbamento.

Cosa succede?

“Stanno preparando una trappola. Vogliono attirare i membri dell’Ordine in uno scontro frontale per ucciderli.”

Quando? Dove?

“Non lo so, è ancora tutto in fase di progettazione, non c’è niente di certo per ora. O almeno niente che io sappia.”

Angoscia, indecisione.

Cosa c’è, c’è dell’altro?

“Sembra che abbiano trovato qualcuno che stavano cercando… vogliono ucciderlo.”

Chi è? Perché lo cercano? Chi lo cerca?

“Io… io credo… non lo so… un traditore… un…”



* * * * *

“Cavallo in G3. E adesso voglio proprio vedere come rispondi!”

“Io non capisco. Io proprio non riesco a capirvi.” I due ragazzi alzarono distrattamente gli occhi dalla scacchiera e li rivolsero alla loro amica che continuava a camminare avanti e indietro per la stanza gesticolando animatamente. Alle sue spalle, i volti imperturbabili dei ritratti che componevano l’ albero genealogico della nobile e antica casata dei Black sembravano prestarle la stessa attenzione dei due ragazzi, cioè praticamente nessuna. “Come fate a stare lì a giocare, quando ci sarebbero un sacco di cose da fare!”

“Rilassati, Hermione. Leggiti un libro, distraiti! Torre in H3.”

“Hai sentito cos’ha detto mia madre?” provò Ron. “Se ci arrovelliamo troppo sul problema rischiamo solo di impazzire. Bella mossa, mi hai messo in difficoltà.”

“Ma come facciamo a non pensarci?”

“Facendo altro, magari? Noi stiamo facendo una partita a scacchi, per esempio,” le rispose ironico Harry, indicando la scacchiera con un gesto della mano.

“Harry, sono contenta che tu ti sia rimesso con Ginny e che adesso veda il mondo tutto rose e fiori e cuoricini, ma torna alla realtà, ti prego! Dobbiamo prepararci per combattere Voldemort, non possiamo perdere tempo!”

“Si tratta solo di tre giorni, Hermione. Alla prossima riunione dell’Ordine vedremo se gli altri hanno scoperto qualcosa e poi decideremo di conseguenza, nel frattempo…”

“Cavallo in E4.”

“Ecco, mi hai distratto! Adesso mettiti buona a leggere un libro e rilassati!”

“Rilassati, rilassati, è una parola!…” si lamentò ignorata dai ragazzi, riprendendo a camminare avanti e indietro per la stanza e continuando a borbottare. “Con i mangiamorte che chissà cosa…”

“Non so che fare, mi hai bloccato tutte le mosse.”

“… e hanno già attaccato quei babbani ieri, se aspettiamo…”

“Mmm… Alfiere in A7.”

“… poi magari decide di recuperare gli horcrux e si accorge…”

“Pessima mossa. Ti sei dimenticato della mia Regina?”

“Oh, Cavolo!”

“Dì ciao ciao al tuo Alfiere. Ma… lo senti anche tu?”

“Eh? Cosa?”

“Questo insolito silenzio.” Alzò gli occhi verso l’amica che dava loro le spalle, immobile, come colpita da un incantesimo paralizzante. “Hermione, sei morta?” Lei non diede alcune segno di averlo sentito.

“Hermione, che c’è? Sei rimasta incantata dall’intrinseca bellezza di quella meravigliosa tappezzeria bruciacchiata?” Lei continuò a rimanere immobile. I ragazzi si guardarono perplessi per qualche istante per poi tornare con un’alzata di spalle a concentrarsi sulla loro partita. All’improvviso però Hermione si riscosse, si voltò di scatto e uscì dalla stanza. Harry e Ron la videro correre su per le scale e poi sentire un rumore come di oggetti spostati proveniente dal piano di sopra: sembrava che stesse mettendo a soqquadro una stanza.

“Che le è preso? E’ impazzita?”

“Dici che dovremmo seguirla?”

I due rimasero a fissare il soffitto per qualche minuto, ascoltando i rumori provenienti dal piano di sopra senza prendere una decisione.

“Beh, per lo meno si è messa a fare qualcosa e ha smesso di brontolare. Io direi di continuare la partita e aspettare che torni.”

Passò così una buona mezz’ora, in cui i ragazzi continuarono indisturbati il loro gioco, sempre accompagnati dal rumore di mobili spostati e oggetti rovesciati; poi finalmente tornò il silenzio e dopo qualche minuto Hermione rientrò nella stanza.

“Allora, si può sapere cosa stavi facendo?” le chiesero neanche troppo interessati.

“Niente di particolare, ho solo trovato questo gingillo,” rispose facendo oscillare casualmente una catena a cui era appeso un grosso medaglione dorato. Harry scattò in piedi come colpito da un fulmine. Conosceva quel ciondolo: era lo stesso che l’anno prima Silente gli aveva mostrato nel pensatoio, il medaglione di Merope! Ed era lo stesso medaglione che si era trovato in mano l’anno precedente, quando la signora Weasley li aveva costretti a ripulire tutta la casa per cercare di renderla abitabile! Come aveva fatto a non pensarci? Per tutto questo tempo l’avevano avuto sotto il naso e non lo sapevano!”

“Come… come hai fatto?”

“E’ bastato trovare il caro vecchio R.A.B.: Regulus Arcturus Black,” spiegò indicando l’arazzo con l’albero genealogico.

“Ma… com’è possibile? Anche Silente è stato qui e non si è accorto di niente. Un horcrux è pieno di magia nera, avrebbe dovuto avvertirne la presenza.”

“Qui tutto è pieno di magia nera, è ovvio che non l’abbia sentito.”

Harry prese il medaglione e se lo rigirò fra le mani, ancora incredulo.

“Non ci posso credere, Regulus! Sirius aveva detto che voleva abbandonare i mangiamorte, ma non avrei mai creduto che… e come ha fatto a scoprire gli horcrux?… e perché non l’ha distrutto? L’hanno ucciso prima che potesse farlo? Ma come…?”

“Harry, calma. Non possiamo sapere cosa è successo vent’anni fa. Concentriamoci sul presente: abbiamo l’horcrux.”

“E’ vero. Abbiamo l’horcrux.”



* * * * *

Un tiepido sole brillava su Diagon Alley e nonostante fosse solo l’inizio di marzo già si sentiva l’avvicinarsi della primavera. Incuranti dell’aria ancora piuttosto fredda, due ragazzi se ne stavano a chiacchierare tranquillamente all’aperto, seduti tra casse vuote e resti di mobilia. In realtà, all’inizio Harry non si era mostrato molto convinto di quella sistemazione, giudicandola poco prudente, ma una volta arrivato alla conclusione che qualunque locale di Diagon Alley sarebbe stato ugualmente pericoloso, aveva deciso di accontentare la sua ragazza: Ginny gli aveva confessato che per anni aveva sognato di trascorrere con lui un pomeriggio seduti a un tavolino di Florian, gustando insieme uno dei suoi magnifici gelati. Ora Florian non c’era più, non c’erano più i tavolini, non c’era il gelato, eppure lei aveva voluto sedersi lì, tra quello che restava del locale, immaginando che tutto fosse come prima. E lui non aveva potuto non accontentarla, troppo preso dalla gioia di essere di nuovo insieme per rendersi conto dell’assurdità della situazione.

“E quindi siete riusciti a trovare un altro horcrux.”

“Tutto merito di Hemione, è stata fenomenale! Non riesco a credere che per tutto questo tempo l’abbiamo avuto sotto il naso e non ce ne siamo accorti!”

“Ma com’è possibile che l’avesse Regulus? Non era un mangiamorte?”

“Sirius aveva detto che alla fine sembrava volesse tirarsene fuori, ma poi è morto. Nessuno ha mai saputo cosa fosse accaduto veramente, e credo che nessuno lo saprà mai.”

“Quindi adesso mancano solo la coppa e il serpente. Stavo pensando… potremmo chiedere alla Voce di eliminare il serpente,” provò a proporre Ginny.

“Non credo sia una buona idea,” rispose Harry serio.

“Ma perché? Lui è in mezzo a loro, non dovrebbe avere troppe difficoltà a farlo. Mentre per noi sarebbe quasi impossibile.”

“Lo so, ma non mi fido di questa Voce senza nome. E se fosse una spia? E se andasse a dire a Voldemort che siamo sulle tracce dei suoi horcrux?”

“Ma non dobbiamo spiegargli tutto. Diciamogli solo che bisogna uccidere il serpente.”

“Ma se lo riferisse a Voldemort lui capirebbe tutto comunque, e proteggerebbe molto meglio il serpente.”

“Non glielo dirà, io mi fido di lui.”

“Ma come fai a fidarti? Non sai neanche chi è! Potrebbe essere chiunque, potrebbe essere… Piton,” concluse quasi con un sussurro. Lei si mise a ridere, come se trovasse l’idea completamente folle.

“Non è Piton,” disse convinta.

“Come puoi dirlo con certezza? Lupin pensa che possa essere lui.”

“Sono io che lo sento, non Lupin. E’ un ragazzo, ne sono sicura.”

“Finge di esserlo per ottenere la tua fiducia. Lupin dice che entrare nella mente altrui è un tipo di magia troppo avanzato per un ragazzo.”

“Avanzato! Anche le maledizioni senza perdono sono magia avanzata, eppure quanti dei nostri compagni ne fanno uso senza problemi? Solo ieri hanno arrestato Goyle che si stava dilettando a provarle su alcuni babbani inermi! E tu? Non conosci da tempo magie che si studiano solo all’ultimo anno? Voi non capite…” continuò cambiando tono e abbassando lo sguardo. “Non siete voi che lo sentite. Sono io. E io non gli parlo soltanto, io… lo sento. Non so come spiegarlo, ma è come se entrassi in contatto con la sua anima, riesco a sentire le sue emozioni. Non è Piton, ne sono sicura.” Rimase in silenzio e Harry non trovò niente da ribattere, anche se razionalmente continuava a nutrire perplessità su tutta quella situazione. Rimasero così per qualche minuto, finché Ginny non alzò la testa di scatto, ricordandosi improvvisamente di quello che la Voce le aveva detto la notte precedente.

“Devo correre ad avvertire Lupin. Mi ha detto che i mangiamorte hanno trovato una persona che stavano cercando, e vogliono ucciderla.”

“Chi?”

“Non lo so, non è riuscito a dirmelo… un traditore… qualcuno che si è nascosto…”

A Harry venne subito in mente una persona che corrispondeva alla descrizione, anche se gli sembrava assurdo che i mangiamorte perdessero tempo con un ragazzino in fuga. Ma effettivamente non era da loro lasciare impunito un tradimento.

“E’ Nott.”

“Cosa?”

“Quello che vogliono uccidere. E’ Theodore Nott. Vai ad avvertire l’Ordine e dì loro di andare in quel locale vicino alla stazione di Kingsbridge. Subito! Io vi precedo là.”

Ginny rimase un attimo interdetta, confusa dalla piega improvvisa presa dagli eventi.

“Corri, potrebbe già essere troppo tardi.”



* * * * *

“Dai, sii serio. Tu credevi davvero che la Weasley, l’eterna fidanzatina di Potter, potesse mettersi con te? Cioè, vuoi mettere la differenza che c’è tra Potter, il Prescelto, il bambino sopravvissuto, il salvatore del mondo magico,” recitò facendo ampi gesti della mano, come se quei titoli fossero scritti a caratteri cubitali davanti a lui. “e te,” concluse con una smorfia. “Uno sfigato che non si sa come ha fatto a finire tra i Grifondoro.”

“Non riesco a capire se mi stai prendendo in giro o se stai cercando di consolarmi.”

“Ma è evidente! Ti sembra possibile che un nobile Serpeverde purosangue possa mettersi a consolare un insulso Grifondoro?”

“No.”

“Appunto. Quindi dicevamo, ma ti sei guardato…” Fu interrotto dal rumore della porta che si apriva. “Benvenuti, signori. Cosa posso offr…” Fece appena in tempo a gettarsi sotto il bancone che un lampo di luce verde saettò a pochi centimetri dalla sua testa andando a distruggere alcune bottiglie sullo scaffale alle sue spalle. “Fuori tutti, scappate!” gridò Theodore ai pochi clienti presenti nel locale, mantenendosi al riparo dietro al bancone. Neville saltò subito giù dallo sgabello impugnando la bacchetta, ma i mangiamorte furono più veloci di lui e in un attimo lo disarmarono e sbarrarono porte e finestre per impedire qualunque via di fuga.

“Perché allontanare questa brava gente? E’ più divertente avere degli spettatori, non trovi? E poi forse anche questi poveri babbani vogliono provare un po’ di magia, non è vero?” Domandò uno dei due con un ghigno divertito sulle labbra, avvicinandosi a un signore di mezza età che indietreggiava terrorizzato. Alzò la bacchetta e lo colpì in pieno petto; l’uomo avrebbe voluto gridare ma dalla sua bocca cominciò ad uscire una densa fanghiglia marrone che si sparse sul pavimento, e più tentava di fermarla più rischiava di soffocare. “E tu cos’hai da guardare con quell’aria impaurita, sembri un cane bastonato,” disse rivolto a una ragazza. “Forse perché in realtà sei davvero un cane. Imperio.” La ragazza si mise a quattrozampe e cominciò a girare per il locale abbaiando, mentre il mangiamorte rideva sguaiatamente godendosi la scena.

“E poi dicono che dovremmo rispettare i babbani! Guarda che schifo,” disse con voce strascicata il suo compagno, che fino a quel momento si era tenuto in disparte.

“Lestrange e Malfoy, dovrei sentirmi onorato dal fatto che il Signore Oscuro abbia scomodato due dei suoi più fedeli seguaci solo per me,” commentò Theodore, riemergendo dal suo nascondiglio e fingendo una calma che era ben lontano dal provare. “Ah, no, è vero! Ormai Malfoy ha perso il suo favore. Allora devo pensare che abbia mandato gli scarti del suo esercito?”

“Attento a come parli, ragazzino. Non è il caso che peggiori la tua situazione.”

“Perché se no cosa fate? mi uccidete? Tanto lo farete comunque.”

“Ma possiamo farti molto male. Crucio,” intervenne Lestrange. Theodore cadde a terra dimenandosi e urlando per il dolore, ma il mangiamorte interruppe quasi subito la sua tortura, lasciandolo ansimante sul pavimento. Neville cercò di approfittare della distrazione dei due per chinarsi a raccogliere la bacchetta, ma da un angolo buio partì un incantesimo che la fece rotolare più lontano e attirò l’attenzione di Lestrange su di lui.

“Paciock, scusa tanto se ti ho trascurato, ma rimedio subito. Imperio. Ho in serbo un bello spettacolo per te: ti sei mai chiesto come sono impazziti i tuoi genitori? Adesso te ne starai qui fermo ad assistere alla dimostrazione che il giovane Nott si è gentilmente offerto di fornirti. Crucio.” Questa volta proseguì il supplizio più a lungo, godendo nel vedere Theodore che si contorceva a terra gridando e Neville che cercava disperatamente di liberarsi dalla maledizione. Poi si fermò e si inginocchiò davanti al corpo del ragazzo, ancora scosso dagli spasmi. “Allora, ti sei mangiato la lingua? Non vuoi chiedere pietà? Supplicare per una morte rapida e indolore?”

Theodore lo guardò dritto negli occhi, facendo appello a tutto il suo coraggio pur di non dargliela vinta. “Siate maledetti. Siate maledetti voi e il vostro…” ma le parole gli morirono in gola quando i suoi occhi misero a fuoco la figura incappucciata che fino a quel momento era rimasta nell’ombra. “Papà,” lo chiamò con voce incredula, mentre gli occhi gli si riempivano di lacrime.

“Oh, sì, come vedi c’è anche il tuo paparino,” lo schernì Lestrange. “L’Oscuro Signore gli ha concesso l’onore di uccidere il traditore.”

Theodore alzò gli occhi fino a incontrare quelli del padre, che lo guardavano privi di emozione. Non c’era mai stato un grande rapporto fra loro, ma non avrebbe mai immaginato che per servire il suo padrone potesse arrivare al punto di ucciderlo senza fare una piega. Era pur sempre suo padre!

“Hai disonorato me e la tua famiglia. Meriti solo la morte,” disse lui con voce fredda.

“Ma non ti disturba, vero, se mi diverto un altro po’?” gli chiese Lestrange in modo affettatamente gentile.

Non una risposta, solo un’espressione imperturbabile. Theodore si accasciò senza opporre resistenza, e accolse quasi con sollievo il dolore della tortura che gli impediva di pensare al tradimento di suo padre. Neville, immobile, osservava la scena con orrore: Lestrange che rideva sguaiatamente, Nott che osservava impassibile la tortura del figlio, Malfoy che camminava per il locale annoiato come se la cosa non lo riguardasse, i due babbani ancora sotto l’influsso della maledizione che si agitavano senza sosta mentre gli altri se ne stavano schiacciati contro la parete con gli sguardi pieni di orrore. Nelle sue orecchie le urla di Theodore si confondevano con le grida strazianti dei suoi genitori, che avevano tormentato le sue notti fin dall’infanzia. Non poteva lasciarli continuare, doveva reagire. Harry ce l’aveva fatta. Ma lui non era Harry, lui era un inutile pasticcione finito per sbaglio tra i Grifondoro, lui non poteva… Il rumore di un osso che si spezza, un grido più forte…

D’improvviso si rese conto di poter muovere una mano, di potersi muovere con tutto il corpo: ce l’aveva fatta, si era liberato. Approfittando della disattenzione generale si gettò verso la bacchetta che giaceva a qualche metro da lui e, afferratala, lanciò un potente schiantesimo contro Lestrange, che si ritrovò sbalzato contro la parete. Tentò di colpire anche Malfoy, il quale si era però accorto del pericolo e si era messo sulla difensiva. Rimasero immobili a osservarsi, senza che nessuno dei due osasse fare la prima mossa, finché Neville non si accorse con la coda dell’occhio che Nott si stava avvicinando al figlio ancora agonizzante e si rese conto di dover agire in fretta: lanciò senza preavviso un incantesimo a Malfoy e subito dopo, approfittando del suo momento di sconcerto, schiantò Nott, che cadde a terra battendo violentemente la testa, e riuscì a evitare per un soffio di essere disarmato dal controincantesimo di Malfoy. Cominciarono quindi a combattere furiosamente, ma nonostante Neville mostrasse un’abilità insospettabile, che derivava probabilmente dalla consapevolezza del pericolo, era evidente che non avrebbe potuto tener testa a lungo contro un mangiamorte esperto, anche perché nel frattempo Letsrange e Nott si stavano riprendendo.

D’un tratto colpi violenti cominciarono a scuotere la porta, attirando l’attenzione dei babbani che volsero verso di essa i loro sguardi speranzosi. Lestrange si era appena rialzato ed era sul punto di attaccare Neville quando, con un’esplosione, la porta finalmente si spalancò ed Harry fece il suo ingresso. Lestrange si avventò subito sulla nuova succulenta preda che, indebolita dalla corsa e dallo sforzo fatto per entrare, si trovò subito in posizione di inferiorità. Cercò di portarsi vicino a Neville, per poter combattere fianco a fianco cercando di coprirsi vicendevolmente le spalle, ma la manovra non gli riuscì e si ritrovarono separati, hai lati opposti del locale. La superiorità dei due mangiamorte era evidente e ormai la sconfitta sembrava inevitabile, quando finalmente arrivarono gli auror avvertiti dall’Ordine, che subito affiancarono i ragazzi.

Nel mezzo della mischia, un giovane auror si accorse che Nott si era rialzato e si stava dirigendo con passo zoppicante verso il figlio; si avvicinò per bloccarlo ma l’uomo, malgrado apparisse già piuttosto malconcio, gli si rivoltò contro con agilità imprevedibile, ferendolo gravemente. Kingsley, vedendo il suo sottoposto in pericolo di vita, reagì d’istinto e colpì Nott in pieno petto con un incantesimo forse più potente del dovuto, facendolo crollare a terra in una pozza di sangue. Vista la piega presa dagli eventi, Lestrange decise di battere in ritirata e si gettò fuori dalla finestra, smaterializzandosi subito dopo. Malfoy, impegnato in un duello con un auror, stava per seguire il suo esempio quando lo sguardo gli cadde su Nott, che trascinandosi a fatica sul pavimento continuava a ripetere come una cantilena “Devo ucciderlo, deve morire.” Si rese improvvisamente conto di quanto la situazione si fosse volta in suo favore: Lestrange era scappato e Nott, se fosse sopravvissuto, sarebbe stato certo catturato; gli bastava concludere la missione per potersene assumere interamente il merito, e tornare così nelle grazie del suo Signore. Attaccò quindi con rinnovato vigore l’auror, che preso alla sprovvista si ritrovò catapultato addosso a un collega dalla parte opposta del locale. A quel punto riuscì ad avvicinarsi a Theodore, che giaceva inerme sul pavimento, e lo osservò dall’alto in basso, pronto a colpirlo. Ma all’ultimo istante incrociò il suo sguardo rassegnato e un pensiero funesto gli attraversò la mente: quel ragazzo aveva la stessa età di suo figlio, era un suo amico. Come poteva ucciderlo? Come avrebbe potuto dirlo a Draco? Un attimo di esitazione. Poi più nulla.



* * * * *

Si rigirò nel letto con una stana, piacevole sensazione. Era tanto tempo che non dormiva così tranquillamente, con un sonno lungo, profondo, senza sogni. Dopo tanti mesi di angoscia si sentiva per la prima volta sereno. Aveva dimenticato quanto potesse essere piacevole rigirarsi nel letto nel dormiveglia, godendosi il tepore delle lenzuola calde a contatto con la pelle nuda. Nuda? Perché era nudo? Lui non dormiva mai nudo.

Aprì gli occhi di scatto sollevandosi a sedere, mentre la consapevolezza e l’angoscia tornavano a farsi spazio nel suo animo. Cos’aveva fatto? Accanto a lui Pansy stava ancora dormendo, il lenzuolo le era scivolato verso il basso lasciando scoperto il seno candido. Rimase a osservarla impietrito sentendosi come un ladro colto sul fatto. Lui non l’amava, aveva promesso di non toccarla, con che coraggio avrebbe potuto guardare in faccia Theodore? Theodore… suo padre… uno dopo l’altro cominciarono a ritornargli in mente particolari della sera precedente, quella sera infernale. Si ricordò di aver visto suo zio Rodulphus tornare trafelato dalla missione, solo. Aveva detto che erano stati circondati: lui era riuscito a scappare ma non sapeva cosa ne fosse stato degli altri. Salvarsi la pelle senza curarsi degli altri, il tipico comportamento da mangiamorte! E alla fine era stato l’unico a tornare: da quanto erano riusciti a sapere Nott era stato catturato e suo padre… suo padre…

Era colpa sua, era solamente colpa sua. Se solo… se solo non… Non poteva essere accaduto realmente. Suo padre era un grande mago, era forte, lui… lui portava sempre a termine le sue missioni, non poteva aver fallito. Ma… cosa stava pensando? La sua missione era uccidere Theodore, si stava augurando che l’avesse portata a termine? Theodore era un suo amico, Theodore… Theodore lo aveva abbandonato, era scappato e lo aveva lasciato solo a affrontare quell’inferno, a proteggere la sua donna… e lui gliel’aveva presa. Sì, gliel’aveva presa. Perché? Per vendetta? Che essere disgustoso… Era stato con Pansy solo per vendicarsi di Theodore? Era davvero così meschino? No… Ma suo padre era morto e lui… Era colpa sua, solo sua… e adesso suo padre non c’era più… e Theodore se n’era andato…e Pansy l’avrebbe odiato… E lui sarebbe rimasto solo, solo in quell’inferno, solo…

Pansy si svegliò e lo trovò seduto sul letto che le dava le spalle, con la testa fra le mani. Riusciva a immaginare come si sentisse. Anche lei si sentiva in colpa, ma per lui probabilmente era anche peggio. Allungò la mano e si coprì il petto con il lenzuolo. Avevano fatto l’amore, come doveva sentirsi? Lei amava Theodore, non Draco, eppure… eppure era stata tra le sue braccia, e aveva provato piacere. Era una colpa? Doveva sentirsi una traditrice? Non ne era sicura… Era successo tutto così in fretta! Il padre di Draco era morto e di Theodore non si sapeva niente… il dolore, l’angoscia erano insopportabili. Erano disperati e avevano trovato un modo per consolarsi. Era un male? Forse. Theodore avrebbe capito? Non lo sapeva. Eppure in quel momento aveva solo Draco. Non poteva permettersi di perdere anche lui. Si avvicinò a lui e si appoggiò alla sua schiena, abbracciandolo da dietro. “Va tutto bene,” disse accarezzandolo dolcemente.




* * * * *

Sorpresa! Scommetto che non vi aspettavate un aggiornamento così presto… Non abituatevi, è solo che avevo approfittato delle vacanze per scrivere tutti e due i capitoli, il prossimo chissà quando arriverà…
Nel frattempo i Serpeverde, da bravi anarchici, mi sono completamente sfuggiti di mano: Draco, che doveva solo essere un tantino depresso, si è amebizzato completamente; Theodore, che doveva essere solo una comparsa, sta diventando un personaggio importante… Mai fidarsi di quelle serpi!
Va bè, che altro dire? Che magari qualche recensione mi farebbe piacere, se no finisce che mi rivolgo solo a Edvige86, che è l’unica che continua a darmi soddisfazioni!
Ah, se qualcuno se lo chiedesse, la stazione di Kingsbridge non esiste (credo): sono stata a Londra secoli fa per cui non avevo idea di quale fosse la zona migliore per piazzare il pub, quindi per evitare errori ho optato per un posto inesistente.
Auguri di Buon Anno (che mi ero dimenticata di fare) e alla prossima! Koe

  
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