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Autore: AngelOfSnow    25/06/2013    0 recensioni
Disclaimer:i riferimenti a luoghi e/o persone sono puramente casuali. I personaggi fanno parte della mia opera.
La luna era alta nel cielo, chiara, bella e malinconica.
Si stagliava fiera e maestosa sullo Stretto di Messina e il suo riflesso rischiarava gli ambienti, anche se le luci arancioni dei lampioni ne dimezzavano la bellezza.

[...]
Jacopo si guardò intorno: a quell’ora tarda, chi voleva incontrare?
Chiuse gli occhi e sospirò, auto insultandosi per aver ritardato anche quella volta.
Aveva tirato troppo la corda con Daniel e adesso era stato piantato per l’ennesima volta, anche se era una conseguenza diretta del suo ennesimo ritardo.

[...]
Daniel aveva vissuto i tre mesi immerso nei libri per non pensare al rimorso di quel pomeriggio che l’aveva lentamente divorato e reso ancora più apatico del normale. Lui che solitamente rimaneva impassibile anche al fatto più eclatante, era rimasto turbato dalla reazione di Jacopo, condizionandolo in modo più o meno permanente.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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 Secondo Capitolo.



Jacopo si morse a sangue il labbro inferiore, rischiando di spaccarselo e fare venire un orgasmo multiplo alle ragazze sedute al tavolo cinque, affacciate sulla piazza del Duomo.

<< Vuoi lasciare quel telefono e servire ai tavoli? >> fu Matteo, il suo migliore amico,  a dargli uno scappellotto dietro la nuca, calcolando che quell’idiota di Jacopo poteva benissimo far scivolare i cocktail da un momento all’altro con il tasso minimo di attenzione che aveva addosso.

Jacopo storse il naso e andò a consegnare i cocktail. Aveva seguito un corso serale a Milazzo, nella scuola alberghiera, per poter fare quel mestiere e la sua routine quotidiana si consumava fra tavoli, a creare nuovi tipi di alcolici e a fare il barman in qualche locale notturno.
 
<< Long Island… >> chiese e una ragazza alzò la mano, ammiccando apertamente mentre le altre due ridevano piano. << Sex on the beach… >> continuò e l’altra morse subito la cannuccia con fare provocante. << Analcolico alla frutta. >> sorrise quando l’ultima del gruppo arrossiva e lo ringraziava. Quando portò loro lo scontrino poi, quella dallo sguardo provocante chiese anche una penna e sul blocco delle ordinazioni lasciò ( con una calligrafia ordinata ) tre numeri di telefono con annessi nomi. Lui ovviamente non seppe dir di no e ripresa la penna afferrò gentilmente la mano della ragazza timida, scrivendovi il suo numero sopra.

Ridacchiò quando la ragazza arrossì fin l’attaccatura dei capelli e le altre due le lanciavano occhiate gelose.
 
Dopo quell’episodio la serata passò lenta e caustica mentre il cielo grigio di Messina andava ad annuvolarsi sempre più, ponendo i cittadini ad un quesito: uscire o tornare a casa?

Quando cominciò a piovere la metà delle persone preferirono tornare a casa, al tepore della propria famiglia, mentre
Jacopo guardava come le gocce rimbalzassero sul pavimento, creando un malinconico scenario visivo e altrettanto malinconico suono.

Daniel. Daniel. Daniel.

Ogni goccia sembrava sussurrare il suo nome, picchiettando la sua concentrazione e riducendola pari allo zero.
 
<< Jacopo, un cliente! >> urlò Matteo sentendo il tintinnare della porta che si apriva e chiudeva, cercando di controllare la voglia di prendere il biondo a pugni, visto che lui non poteva lasciare ciò che stava facendo e il biondo era fermo sul retro a guardare la pioggia cadere.

Quando però si ritrovò davanti un ragazzo col cappuccio della felpa nera in testa, che gli copriva il volto, gocciolante e le mani in tasca dove  in un polso si allacciava una borsa di carta fradicia, lasciò cadere la testa di lato, trovando familiare quel volto bianco.
 
<< Sono l’ex ragazzo di Jacopo. >> Matteo a quelle parole saltò in aria, non sapendo che l’amico si fosse lasciato e gli si avvicinò con uno strofinaccio pulito in mano, facendogli cenno di seguirlo nel retro mentre poteva tranquillamente asciugarsi.

<< Jacopo..? >> chiamò e trovò il biondo nella sua solita posa accovacciata ad arrovellarsi il cervello e il pollice fra le labbra.

Sia Matteo che Daniel inarcarono un sopracciglio e negarono con il capo. Con un tacito accordo Matteo, un ragazzo dal fisico prestante, moro, con occhi marroni dalla gentil parola per tutti, si allontanò, capendo quanto delicata la questione fosse.
 
<< Jacopo. >> chiamò Daniel e quello sbatté gli occhi, tornando presente da quella posa catatonica.

<< Daniel! >> trillò contento e si rimise in piedi, arrossendo quando non seppe se baciarlo o semplicemente salutarlo come se non fossero mai stati insieme. Ripreso un determinato contegno, dopo, tossicchiò e chiese cosa ci facesse lì e come fosse entrato.

Daniel si limitò a dire ‘Marco’, lasciando intuire il continuo.

<< Volevi dirmi qualcosa? >>

Non lasciamoci testone.” “Cretino dimentica il mio ultimatum.” “Sei un vero coglione ma senza di te non posso stare.” “Idiota a che ora finisci?

Tutte le sue speranze prevedevano un insulto alla sua persona con la conseguente riappacificazione però... << Ho portato le tue cose. >> disse invece l’altro e Jacopo abbassò la testa, sconfitto dall’ennesimo rifiuto a seppellire l’ascia da guerra.
 
Senza commentare si passò una mano dietro la nuca e guardò Daniel con gli occhi bassi: seguì il profilo dritto e ben squadrato, la cadenza dei capelli leggermente lunghi in direzioni opposte, gli zigomi marcati e gli occhi… quegli occhi ambra così caldi di natura ma resi gelidi dalla tempra del corvino. Erano magnetici. Due fanali contornati da lunghe e folte ciglia nere che li facevano risaltare di più.

<< Che c’è? >> chiese il diretto interessato sentendosi osservato e allora lui alzò le spalle, sentendosi sempre più male all’idea di lasciarlo andare.

<< Vuoi davvero rompere con me? >> riuscì ad articolare Jacopo in un sussurro e quando l’altro non rispose fu come avere la certezza che si, quella volta l’aveva combinata grossa, e che no, la faccenda non si sarebbe sistemata col tempo. La consapevolezza di ciò gli strappò il cuore.

 Rassegnato a quell’ostinazione irrigidì la mascella voltando il volto di lato e allungò una mano, pronto a ricevere ciò che in quasi cinque mesi avevano condiviso.
 
Daniel notata la rassegnazione e la desolazione nel volto di Jacopo, divenuto cinereo nonostante lui non avesse parlato, esitò.

Esitò nel dargli la busta poiché aveva capito da ogni suo gesto, espressione e tonalità vocale che era davvero terrorizzato all’idea di rompere e lasciarlo.

Era fra l’incudine e il martello e doveva decidere.

Lanciato un sospiro leggero e socchiusi gli occhi,  mosse la mano con la busta e fu sul punto di consegnarla, sfiorando le dita gelate quanto le sue di Jacopo, che non mosse un muscolo tendendo la mano e il braccio con viva passività.
 
Daniel allora cercò i suoi occhi, cercando di capire il perché di quell’ostinato silenzio e setacciò il profilo del biondo, alla ricerca di qualcosa.

Quel qualcosa ebbe il potere di farlo sentire tremendamente in colpa: Jacopo aveva continuato a guardare il muro del locale, ma nell’unico occhio che riusciva a vedere, vista la posizione, era lucido e metà già riempito di lacrime che si ostinavano a rimanere dentro la barriera degli occhi.

Bloccò il movimento del braccio, strinse i manici della busta e rimase in bilico, sfiorando la pelle dell’altro che prese a vibrare leggermente.

<< …bhé? Non hai detto che è finita? >> sbottò ad un certo punto Jacopo senza muoversi da quella posizione scomoda e Daniel sbatté per un attimo le palpebre, cercando di accostare il ricordo della voce sempre gioiosa del biondo a quella affranta e bassa del momento: non aveva mai sentito quella sfumatura.

Jacopo si diede dell’idiota: si stava comportando come una ragazzina innamorata; eppure i suoi occhi avevano preso a riempirsi di lacrime e non poteva che lasciarle cadere, ma non davanti a Daniel.  Tutto, tranne quello.

Allora strinse i denti, chiuse di botto tutti e due gli occhi, cancellando l’unica lacrima che gli era scesa dall’occhio sinistro e li riaprì facendosi violenza per imporsi calma, la seconda cosa che si impose fu il rilassarsi e la terza di guardarlo con il sorriso più verosimile che avesse mai recitato.
 
Lo fece e vide Daniel con le sopracciglia aggrottate e la mano protesa ancora a sfiorare la sua. Sorrise e con la stessa mano afferrò i manici compiendo una piccola pressione per lasciarla andare al corvino che sembrò ancora più turbato.

<< Non preoccuparti, Daniel, ho capito. Forza, ti accompagno di là, così torno ad aiutare Marco in negozio. Se dovesse arrivare il proprietario e mi vedesse qui sarebbero guai per tutti e due. >> si mise in piedi e poggiò una mano sulla spalla del più basso, accompagnandolo fuori nel modo più naturale che conoscesse.

L’altra mano ebbe un fremito ma fu subito contenuto mentre Matteo cercava gli occhi verdi di Jacopo. Quando li trovò il volto del moro si fece scuro capendo quanta forza di volontà stesse esercitando per sorridere e trattarlo come sempre.

<< Puoi sederti qui se ti va’. Oggi sei fortunato, offro io. Il caffè vero? A te non piace né la cioccolata e né il tè, vero? >> sentì il commento vuoto di Jacopo e alzò gli occhi marroni dalla lavastoviglie che aveva appena messo in moto per vederlo avvicinare con un’espressione vuota e cercava di rimanere calmo, mentre macchinava con la macchina del caffè.
 
<< Mh… passi la tazzina? >> gli mormorò con gli occhi vacui, compiendo i movimenti in modo meccanico e lui annuì, trovando inopportuno dire qualcosa in quel momento, vista la precarietà della  recita che stava mandando avanti.

Matteo allora si decise a guardare il ragazzo dai capelli d’ebano con l’intento di studiarlo e un piccolo sorriso gli nacque in volto quando vide il turbamento in fondo ai suoi occhi: quindi se ne era reso conto anche lui.
 
Matteo schioccò la lingua contro il palato per un paio di volte vedendo l’ex del biondo bere la bevanda, seguendo ogni suo movimento come a volerlo studiare e si seccò leggermente, capendo che non si sarebbe mosso nemmeno per parlargli francamente o rassicurarlo.

Si riscosse quando il rumore di vetri infranti gli arrivò all’orecchio e lo fece sobbalzare.

<< Stai bene? >> chiese di slancio andando ad aiutare Jacopo, che aveva fatto cadere dei bicchieri vuoti dal vassoio e adesso era chino a raccogliere i cocci con le mani, incurante del potersi tagliare.

<< Jacopo… >> lo chiamò ancora, poiché il biondo non rispondeva e si era anche tagliato. << Ci penso io. >> continuò e solo allora gli occhi verdi dell’amico ripresero vigore divenendo lucidissimi.

<< Sono rotti, non si può fare nulla, no? >> mormorò e le campanelle della porta si mossero due volte: una per aprirsi dall’interno e l’altra per chiudersi.

<< E’ andato… Jacopo, puoi rilassarti. >> Matteo si ritrovò a dire, abbassando lo sguardo per cercare di ottenere la sua attenzione.

<< E’… >> il biondo si piegò su se stesso tenendosi stretto e piangendo come non gli aveva mai visto fare. Fortuna che il locale fosse vuoto.
 
 
L’unica cosa che era rimasta a Jacopo di Daniel era il taglio profondo sul palmo, vicino all’indice destro della mano che si era andato a cicatrizzare completamente senza lasciare più traccia dopo tre settimane. Da quando avevano rotto tre mesi dietro, Jacopo aveva dato il massimo in ogni cosa, senza prendersi mai un giorno libero da lavoro, in turni che solo dei pazzi potevano sostenere e senza uscire più la notte con gli amici.

<< Scusi… >> la voce di una donna lo portò nuovamente a guardare davanti a sé e salutò cordialmente la piccola famiglia che era appena entrata dentro il locale.

<< Mi dica. >> e sorrise, salutando con la mano la piccola bambina dagli occhi di cerbiatta e le guanciotte tonde e rosate che lo stava studiando dal basso.

<< Ah, scusi, fa sempre così… >> disse la madre e lui fece spallucce, abbassandosi all’altezza della bambina.

<< Ciao, io sono Jacopo, che desideri? >> le chiese e la bambina arrossì, facendo divenire le guance ancora più rosse e portandola a nascondersi dietro la gamba della madre.

Allora si rimise in piedi e parlò con la donna, facendogli strada verso un tavolo per tre persone, salutando il marito quando entrò nel locale.

Li fece accomodare e tornò alla sua postazione, osservato da Matteo che lo chiamò indicandogli in basso. Jacopo aggrottò le sopracciglia e seguì l’indicazione per sorridere alla bambina.

<< Dimmi. >> disse e la bimba tese le labbra in una linea diritta, come se stesse pensando a cosa dire.

<< Sei alto, eh? >> la voce della bambina gli arrivò incredibilmente limpida e acuta, facendolo sorridere. << Come mai sei così alto? Hai bevuto tanto latte? La mia mamma dice che il latte fa crescere e che aiuta a divenire forti. Il mio papà mi ripete che anche le verdure fanno divenire forti ma a me non piacciono tanto, soprattutto quelle verdi. >>

Disse tutto d’un fiato la piccola e lui strabuzzò gli occhi mentre Matteo scoppiò in una risata leggera e spensierata.

<< Emh… >>  si guardò intorno ricordando la metà di quello che gli avesse detto, veloce com’era stata.

<< Michela! Lascia lavorare il cameriere! >> la rimproverò la donna, però la bimba gonfiò le guance e continuò a guardarlo. Lui fece intendere che non gli dava fastidio.

<< Certo, la mamma e il papà hanno ragione. Bisogna mangiare tuuutte – enfatizzò il tutte allargando le braccia e allungando la “u” - le verdure, anche quelle che non ci piacciono, per crescere forti e alti. >> assunse un’aria saccente e la bambina sgranò gli occhi.

Matteo scoppiò a ridere un’altra volta dietro il bancone, mentre i clienti guardavano la scena addolciti.

<< E tu sei forte? >> tornò alla carica Michela.

<< Vuoi vedere? >> si abbassò alla sua altezza, gli fece l’occhiolino mentre il volto della bambina si illuminava e annuiva velocemente facendo muovere i capelli chiari a destra e manca. Allora Jacopo assunse un tono cospiratorio e avvicinò l’indice alle labbra, facendola avvicinare a sé: quando si avvicinò maggiormente, curiosa, Jacopo la prese in braccio e

Michela rise, divertita.

<< Bene, sono o non sono forte? >> chiese e la bimba disse di si in mezzo alle risate. << Ok, ora però torna da mamma e papà, loro in confronto a me sono due titani. >> e la lasciò andare mentre lei contenta, soddisfatta e trotterellante tornava dai genitori che lo guardarono con ammirazione. Quando la bambina tornò al suo cospetto chiedendogli il significato di “titano” fu felice di quella situazione diversa dal normale.
 

<< Oggi sei stato davvero tenero con quella bambina! >> sbottò Matteo a fine giornata e lui fece un gesto di non curanza.

<< Mi sono capitate cose peggiori durante i miei lavori. Una volta, per esempio, ero vestito da clown in una festa di pesti che non avevano perso tempo a lanciarmi contro ogni tipo di tartina. >> rabbrividì e Matteo scoppiò a ridere ancora, battendo gli ultimi numeri sulla tastiera per chiudere la cassa.

L’orologio del Duomo segnava le undici in punto.

Anche se solitamente gli altri locali aprivano a quell’ora e tiravano per tutta la notte, quel periodo il direttore del locale aveva dato espresso ordine di aprire alle sette del mattino e chiudere alle undici in punto.

Si ritrovarono immersi nel caotico tram-tram dei locali notturni e il telefonino di Matteo prese a squillare. Il ragazzo lo prese, vedendo nel display il nome della propria ragazza.

<< Amore… >> cominciarono a parlare e Jacopo si estraniò del tutto, guardandosi intorno come se potesse trovare qualcosa di nuovo.

Si soffermò sulla Cattedrale di Messina come spesso accadeva un po’ a tutti e guardò il campanile partendo dal basso.

Posò i suoi occhi sulla Morte e rabbrividì trovandola sempre troppo cruda e sospirò, continuando la sua ascesa fino ad arrivare alle figure di Dina e Clarenza, le due “eroine” della collina. Cercò di distinguere le lettere latine al buio, nella fiancata sinistra del campanile, per leggere i nomi dei segni zodiacali e dei dodici mesi, ma abbandonò subito l’idea trovandolo troppo oscuro e i suoi occhi troppo stanchi.

<< Oi, mi ascolti? >> la mano di Matteo gli sventolò davanti al viso e arrossì, scusandosi per la poca presenza. << Bhé, è da un po’ di tempo che ti assenti con la testa… >> mormorò il moro portandosi le braccia dietro la testa e sorrise, afferrandolo per un braccio con il chiaro intento di trascinarlo a forza.
 
In un primo momento Jacopo si lasciò trascinare, noncurante degli sguardi dei passanti, ma dopo alcuni metri prese a domandargli dove stessero andando.

<< Fidati di me! >> trillò l’amico, mentre una macchina nera accostò a loro con fare sospetto. Improvvisamente lo sportello si aprì e Jacopo venne letteralmente catapultato dentro, mentre alcune mani soffici, piccole e fresche lo acchiappavano e lo trascinavano dentro.

Jacopo sbarrò gli occhi ma poi si tranquillizzò quando capì chi ci fosse alla guida dell’abitacolo e chi lo stesse trattenendo con tanta dolcezza.

<< Naomi… Cassandra… >> salutò cordiale, mentre quella alla guida baciava Matteo con trasporto e ricambiava il saluto, ridente.

<< Jacopo… >> salutò Cassandra e Jacopo arrossì, essendo appoggiato contro il seno prosperoso e abbondante della ragazza mentre questa non faceva e diceva nulla per farlo spostare.  << Comodo? >> ridacchiò la castana e gli occhi azzurri saccentemente truccati baluginarono di malizia.

<< Vuoi che ti risponda? >> stette al gioco lui e Cassandra rise divertita, mentre Naomi continuava a condurre la macchina la macchina ignorando i solleciti a dare il cambio  a Matteo nella guida. Le sue attenzioni tornarono alla conducente e rise, pensando che lo stettero accompagnando a casa, che era in centro. << Grazie. >>  sbottò infine convinto e i due fidanzati gli lanciarono un’occhiata strana, andando nella direzione opposta alla sua abitazione.

<< Per averti rapito? >> chiese ironicamente Naomi e Cassandra concluse. << Non c’è di che. >>
 
Sgranò gli occhi e si mise finalmente seduto, aggrottando le sopracciglia. << Sono disposto a buttarmi giù dalla macchina in corsa! >> minacciò ironicamente e quelli risero, mettendo le sicure per enfatizzare il concetto di “prigionia”. << Mi spiace amico, ma questa sera verrai con noi al Blu Sky e ci divertiremo da impazzire, vero tesoro? >> proferì saccentemente Matteo.

La macchina sterzò prendendo la strada in direzione della passeggiata e Naomi, una ragazza dai capelli biondi e due occhi cioccolato con il fisico prosperoso ma elegante, mostrò un’altra volta di essere d’accordo con il fidanzato annuendo e lanciando lui una busta bianca. << Puoi cambiarti tranquillamente in macchina, i vetri non sono trasparenti. Cassandra giù le mani dalla roba, ok? >> ironizzò ancora, mentre Jacopo manteneva la busta in mano con la bocca aperta e fissava una volta la mora e l’altra la bionda.

<< Ah, giusto, dentro c’è il borotalco, un deodorante e un profumo… vedete di utilizzarli, mh? >> finì Naomi, guardando male tutti e due i ragazzi che si lanciarono un’occhiata d’intesa.
 
Jacopo rise spensierato e prese a spogliarsi, aiutato volentieri da Cassandra, la quale prendeva i vestiti e li piegava automaticamente ponendoli nella busta.

<< Grazie..? >> disse in tono ironicamente dubbioso e passò il profumo a Matteo che lo afferrò come se fosse la soluzione ad ogni male.

<< Non c’è di che biondo! >> ribatté euforica Naomi, che non aveva smesso di parlare con Cassandra a proposito dell’università.

<< Un altro esame? >> s’incuriosì e le due ragazze scossero la testa, spiegando che era solo uno dei soliti cervelloni del corso ad aver quasi raggiunto il numero di esami necessari per dare la laurea.
 
<< Uff… >> sbuffò Cassandra e Naomi scoteva la testa, tornando vivace e allegra al solo vedere l’insegna del locale.

Cassandra al suo fianco si mise diritta e afferrò dalla borsetta uno specchietto portatile, controllandosi i capelli e il trucco.

<< Cosa festeggiamo..? >> sussurrò Jacopo, terrorizzato all’idea di rimettere piede dopo tanto tempo in un locale pubblico.

<< I nostri trenta in Sociologia! >> saltellarono euforiche le due ragazze e loro sorrisero.

Quando scesero dall’abitacolo, trovando un parcheggio sul lungomare, Jacopo fu investito dall’odore del mare, che era leggermente agitato ma limpido come al solito.

Si fermò un attimo a contemplare la luna, maledicendo quei lampioni rossi per strada, venendo carezzato dalla gentile brezza del mare e conquistato come al solito dal movimento delle onde sul bagnasciuga. Facendo attenzione a non sporcare il giubbotto bianco, ( prestatogli da Matteo ) sulla ringhiera umidiccia e in alcuni punti arrugginita, poggiò i gomiti sulla stessa, per poggiarsi di peso sulla protezione. Era teso e non voleva essere lì, ma per amore dei suoi amici sarebbe stato al gioco, anche se non trovava la compagnia di Cassandra essenziale. Sospirò e socchiuse gli occhi, catalizzando le attenzioni sulla spiaggia visibile dal basso e sulle imbarcazioni parcheggiate in fila.
 
<< Rilassati… >> sobbalzò, ma sorrise alla castana che poggiò anche lei i gomiti sulla ringhiera, senza accovacciarsi, stringendo le braccia e lasciando che buona parte del seno trovasse appoggio sulle braccia per sollevarsi. << Si vede da lontano che non vorresti essere qui, ma non biasimarli, erano tanto in pena per te che mi hanno praticamente pregata di venire e tenerti compagnia. Nel locale dovrebbero esserci alcuni colleghi di facoltà… >>

Lui annuì, con un sorriso sincero sulle labbra.

<< Non cambieranno mai. >>  sussurrarono insieme e si sorrisero, decidendo di comune accordo di avvicinarsi alla coppia che aveva preso a pomiciare senza pudore, aspettando che consegnassero loro i biglietti. Quando li consegnarono e pagò Matteo, Jacopo arrossì, annotandosi mentalmente di tornare i soldi all’amico. 


   
 
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