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Autore: Riholu    25/06/2013    2 recensioni
[Storia ambientata prima degli eventi di B2 e N2]
Ad Unima non c'è più tempo di divertirsi, perché i Pokémon stanno soffrendo per mano di un team sconosciuto.
Non c'è più tempo di giocare al novello allenatore, e Touko dovrà impararlo presto, se vorrà aiutare la sua regione a curarsi dalle Ombre.
Tratto dal testo:
I due ragazzi si guardarono per un attimo, per capire chi è che dovesse parlare.
Alla fine prese parola il primo.
«Ciò che stiamo per dirti probabilmente ti scioccherà un po', ma non è il caso di addolcirti la pillola. Hai comunque l'età per capire, quindi cerca di affrontare la verità con diplomazia. Qualunque sia. E di crederci, soprattutto»
[REVISIONE IN CORSO --> Capitolo 13]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Touko
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Capitolo 41
 
 
 
Il gruppetto era in cammino già da un po' per tornare al Centro Pokémon: Touko, nella sua euforia, si era allontanata molto dalla struttura e ora ne stavano pagando le conseguenze, brancolando al freddo.
 
Tuttavia non potevano dirsi scontenti per ciò: oltre alla felicità per la conoscenza di Kyurem, neo alleato molto potente, il paesaggio di cui godevano i loro occhi era qualcosa di fantastico.
Libecciopoli sotto la neve era... strana per certi versi, ma conservava un fascino segreto a cui nessuno di loro sapeva dare una forma.
 
Per Wes quella sostanza bianca un po' scurita dallo smog della città era una cosa tutta nuova. Non gli era mai capitato di restare in una regione ospite tanto a lungo da arrivare all'inverno: aveva compiuto i suoi viaggi sempre in estate, per non soffrire i cambi di temperatura.
Però, vedere quell'acqua congelata con cui i bambini giocavano tanto volentieri tirandosela addosso...
 
Era tutto nuovo, dalla neve a quella felicità infantile che vedeva nei loro volti.
Come doveva essere bello vivere un'infanzia priva di preoccupazioni, in cui poter giocare ogni volta che il tempo lo permetteva e divertirsi con gli amici.
"Come vorrei essere al posto loro, tornare bambino e non dovermi più preoccupare di ciò che accade nel mondo per dieci anni" pensò, ridacchiando tra sé.
 
-Ehi, Wes, perché ridi?- chiese Michael accanto a lui.
L'altro indicò i bambini e il rosso comprese.
-Ah, già. Piacerebbe anche a te giocare con le palle di neve?- disse, sorridendo nostalgico, ripensando ai tempi in cui poteva giocare senza alcun problema.
 
-Tu puoi ancora permettertelo, non hai quasi diciotto anni- gli fece notare il maggiore.
 
-Guarda che non siamo nell'antichità: tu, per questa società, sei ancora molto giovane. Potresti giocare anche tu, non credi?- disse l'altro, guardandolo pregante.

Ma il ragazzo fraintese la sua preghiera.
-Cosa cerchi, un permesso? Puoi fare quello che vuoi, Mic, non c'è bisogno di chiedermelo. Se vuoi giocare con loro, fa pure-.
 
-Andiamo Wes, vieni pure tu. Divertiti per una volta, lasciati andare!! Chissà quante cose ti sei negato in questi anni per badare ad Auros- esclamò il minore.
 
Il mulatto venne preso in contropiede.
Era vero: fin dall'infanzia si era negato molte cose per badare al fratello e alla madre depressa. Nemmeno con la crescita si era permesso svaghi, preso com'era dalla sua occupazione di Campione.
 
Non conosceva il gioco, in un certo senso. L'umorismo sì, ma non sapeva giocare.
Forse era per questo che fino ad ora era sempre stato così freddo e chiuso: non aveva mai conosciuto la gioia di sorridere perché se lo permetteva raramente.
Guardava con distacco le persone felici accanto a sé.
 
Si era negato pure le attenzioni delle donne: non perché le temesse o altro, anzi per lui erano solo una distrazione, ma perché non era abituato a quel tipo di sentimenti e una relazione portava così tante emozioni nuove, troppe per lui, che ne sarebbe rimasto sopraffatto.
 
Fin da bambino lui aveva dovuto comportarsi da adulto, maturare in fretta per far fronte alle difficoltà che la scomparsa del padre gli aveva messo sulle spalle.
Per questo lui era così diffidente in quel momento: come poteva divertirsi se solo in quel viaggio stava scoprendo cosa davvero voleva dire la felicità?
 
-Ehi, ma ci sei?-.
 
Il ragazzo voltò il capo verso il fratello minore, tornando alla realtà.
Notò che anche Touko e Rui si erano fermate, poco più avanti di loro, a guardarlo preoccupate.
Chissà quanto tempo era rimasto assente; quasi gli venne da ridere.
 
-Si, tutto a posto. Riflettevo. No, Michael, vai tu a giocare: non fa per me- disse, e si rimproverò immediatamente dentro di sé.
"Perché non riesco a essere me stesso, a lasciarmi andare?" si chiese, irritato da sé.
 
-Eh dai, Wes, fammi contento per una volta!- sbottò il rosso, incrociando le braccia al petto e mettendo su un'aria delusa.
 
-Ti divertirai di più senza di me, come sempre-.
 
-Invece ti sbagli, mi piacerebbe moltissimo giocare con te!! Dai!- disse il quindicenne, prendendolo per mano e tirandolo a sé.
 
Come scottato, il biondo tirò via la mano offeso.
-Se non voglio, non voglio. Non mi va, giocare non fa più per me da un sacco di tempo. Io non gioco mai, in qualunque senso- disse duro, ma in cuor suo era davvero triste.
Perché quelle parole gli erano sorte per istinto di autoconservazione. Ma da cosa doveva proteggersi, poi?
 
Quelle quattro parole aprirono a Touko la mente.
"Io non gioco mai, ha detto. Quindi quel quasi bacio... Per lui non era un gioco? Me lo avrebbe dato davvero? Ma cosa avrebbe significato per lui? E cosa per me?" si domandò, il cuore che batteva come un colibrì.
 
Io non gioco mai. Erano solo quattro parole, ma contenevano una vasta gamma di significati.
Significati che era nascosti a coloro che, in quel momento, fissavano con occhi sgranati colui che le aveva pronunciate.
 
Ognuno ebbe reazioni differenti: Michael abbassò il capo, rendendosi conto di quanto poco fosse rimasto del Wes, vivace e ribelle, che viveva con lui prima dell'abbandono del padre; Rui rimase solo stupita, non sapendo come comportarsi di fronte a quella strana dichiarazione fredda; Touko, invece, fu solo dispiaciuta per l'amico, che pur essendo giovane non sembrava conoscere cosa significasse "felicità".
 
Allora, spinta da chissà quale coraggio, la brunetta andò incontro al ragazzo, che la guardò senza emozione. Le si strinse il cuore a vederlo così.
"Quanto hai sofferto e quanto soffri ancora, Wes?".
 
Con decisione gli si mise davanti e prese fiato.
-Se giocare non fa per te, per quale strano e oscuro motivo mi hai accompagnata al parcogiochi di Sciroccopoli, dopo la mia vittoria su Camelia?- domandò, piantando gli occhi azzurri in quelli dorati e stupiti di lui.
 
Altra domanda che lo prese in contropiede.
-Ti sembra forse che abbia giocato, lì? Mi piaceva, è vero, ma non ho provato alcuna giostra a differenza tua che te le sei girate praticamente tutte. E comunque, tu non mi avevi anticipato le tue mete: stavo mantenendo una promessa- rispose, sulle sue.
Ecco di nuovo che si difendeva inconsciamente.
 
Lei sorrise sghemba.
-Non è vero, e tu lo sai. Hai scalato pure tu quel reticolo ed eri felice. In quel momento ho visto un te che si diverte come tutti, un Wes normale. Se proprio non vuoi lasciarti andare per Michael, fallo per me. Te l'ho detto prima: io sono qui, fa ciò che vuoi finché te lo permetto. Ricordi?- disse.
 
Ciò richiamò di nuovo alla mente del ragazzo il quasi bacio, e non poté evitarsi di arrossire.
-Per te era uno scherzo, sono stato al gioco. Ma se proprio ci tieni, continuo ciò che stavo facendo- disse, cercando di mascherare l'imbarazzo con la spavalderia.
 
Nemmeno lei poté evitarsi il rossore sulle guancie.
-No. Così dicendo, Wes, mi prendi in giro: un bacio è una promessa, ma tu agivi come fosse un gioco- disse la brunetta, accaldata.

A quella rivelazione i due rossi rimasero shockati: Wes... aveva quasi baciato Touko?!
Si guardarono, esterrefatti, con gli occhi spalancati dalla sorpresa, e lanciarono all'unisono un:
-COSA?!-.
 
-Ho detto che io non gioco mai. Nemmeno prima, per me, era un gioco, ma per te sì: volevo davvero darti un bacio, per ringraziarti di tutto ciò che mi stai facendo scoprire e vivere, ma a te non avrebbe importato nulla. Sono io quello che deve considerarsi preso in giro, Touko, non tu. E poi io ho il diritto di fare ed essere ciò che voglio- ribatté lui, seccato.
 
-Ah, sì? Bene, allora ci vediamo. Anzi, no: d'ora in poi ti starò lontana, visto che la mia presenza ti è di così tanto fastidio; non scomodarti più a parlarmi. Se poi ti sarò proprio d'intralcio, prendo armi e bagagli e continuo il viaggio da sola- sbottò la ragazza, gli occhi lucidi.
 
Detto questo, Touko gli diede le spalle e fece per adarsene, insolitamente fredda.
Si sentiva male per aver detto quelle cose a Wes, proprio colui che l'aveva sempre consolata e aiutata nei momenti di difficoltà.
"Anche questo per lui è un momento di difficoltà, io lo sto aiutando" si disse, ma non ci credeva nemmeno lei.
 
Era sinceramente tentata di tornare indietro e scusarsi con lui, e ciò la fece fermare a metà strada.
Sentiva perfettamente il suo sguardo perforante sulla schiena, le sembrava le chiedesse di tornare, ma non voleva ritornare sulla sua decisione: finché lui non sarebbe stato sé stesso, lei gli sarebbe stata lontana.
Era egoistica, vista così, ma lo faceva per lui.
 
Perciò, con un sospiro, si rilassò e prese a correre in direzione del Centro Pokémon, più veloce che poteva, mentre cercava di trattenere le lacrime che altrimenti sarebbero uscite copiose.
 
 

 
L'improvviso comportamento di Touko aveva lasciato non poco stupiti e perplessi i suoi compagni di viaggio.
Wes non sapeva come comportarsi, cosa fare: il suo istinto le diceva di seguirla e di fermarla, di scusarsi con lei, dirle che non aveva alcuna colpa e pregarla di non allontanarsi da lui.
 
Tuttavia si trattenne, incapace ancora una volta di agire per istinto nei momenti, per lui, importanti.
Strinse i pugni lungo i fianchi e i suoi lineamenti si fecero duri: sembrava sul punto di adirarsi, ma in verità non si mosse più di tanto e continuò a fissare irritato il punto in cui ancora poteva vedere la ragazza scomparire poco a poco, veloce come il vento.
Finché non la vide più, e gli si strinse il cuore.
 
Sapeva perfettamente che non sarebbe tornata indietro, ma una parte di lui continuava a sperare.
Non voleva perdere proprio lei, Touko.
 
Aspettò, ma non la vide ricomparire.
Ormai era scomparsa, e lui non aveva fatto nulla per impedirglielo.
 
I due rossi alternavano lo sguardo da lui al punto in cui l'amica era fuggita, anche loro in attesa. Aspettarano per cinque minuti buoni, ma della ragazza nessuna traccia.
Fu allora che il ragazzo voltò le spalle e camminò rigido nella parte opposta a quella in cui era corsa Touko; e come lei, dopo un po' si abbandonò ad una dolorsa corsa per allontanarsi da lì.
 
Non sapeva dove stava andando, ma non gli importava: era triste e si sentiva ferito. Era perfettamente consapevole che non era propriamente un simpaticone alle volte, ma adirarsi così?
"E' giusto che lei si sia arrabbiata, ne ha tutto il diritto. Ed è giusto che io patisca tanto, perché l'ho fatta soffrire. E' giusto, ed io non posso oppormi; ma vorrei chiarire con lei quel bacio, perché in fondo... io volevo darglielo davvero, e forse... non proprio per il motivo che le ho dato".
 
Scosse il capo, ci stava ricadendo di nuovo.
Quella ragazzina era capace di risvegliare in lui l'istinto, e non doveva accadere.
"... Ecco che rispunta il mio lato duro. Maledizione, sono più codardo di quanto sembri" pensò amaro.
 
 
 
 
Touko era tristissima, stesa sul letto della sua stanza al Centro Pokémon.
Si era rivoltata contro Wes, un amico che per lei c'era sempre stato e per il quale aveva cominciato a provare un affetto maggiore di quello che c'era tra semplici amici.
Ormai lo considerava parte della sua vita, non solo del suo mondo da allenatrice. Non poteva più fare a meno di cercarlo, e si sentiva male per quella litigata puerile.
 
Era cambiata, in quel viaggio: la Touko che aveva scelto Snivy come starter, che insieme a Komor e Belle aveva varcato il confine del Percorso 1, che aveva sfidato Chicco per la prima medaglia di Unima...
Quella sé ormai le pareva svanita nel nulla. La ragazzina, che era stata idolo della scuola, era stata sostituita da un'allenatrice decisa e con una missione sulle spalle.
 
Si era autocancellata, in quell'arco di tempo.
Tutto, pur di essere all'altezza del suo idolo e di essere una buona Campionessa per Unima.
 
Era partita gagliarda ed adesso era abbattuta.
Cosa avrebbe detto sua madre? Aveva un bisogno disperato di conforto, e chi altri meglio di sua madre poteva darle quel sostegno di cui necessitava?
 
Cercò velocemente il telofono e compose il numero di casa: erano circa le quattro del pomeriggio, non ci sarebbero stati problemi.
Attese fremendo ad ogni squillo, finché una voce rispose con un: "Pronto?".
Nel sentire nuovamente la voce della madre si sentì invadere dalla tranquillità.
 
-Mamma?- chiese, timorosa.
 
-Tesoro, che bello sentirti!! E' passato tanto tempo, cominciavo a preoccuparmi- disse Bea, con voce sollevata.
 
-Lo so, scusami, ma'. Ho avuto... un sacco di problemi- disse distrattamente la brunetta, ingiustamente felice che lei non fosse poi così arrabbiata.
 
-Tesoro, ma sei sicura di stare bene? Non hai un bel tono di voce, ti è successo qualcosa?- domandò la donna, nel suo tono vi era ansia.
 
-Più o meno. Sono solo triste, ho litigato con Wes e...-.
Non riuscì a proseguire più perché le lacrime la soffocarono, rigandole copiose le guance, impedendole di parlare.
Dall'altro capo del telefono, Bea poteva sentire distintamente i suoi singhiozzi disperati.
 
-Touko, calmati! Com'è possibile che tu abbia litigato con quel ragazzo? Mi sembrava un tipo a posto, non... Non è che ti ha fatto qualcosa di... sconveniente?!- chiese, saltando subito a conclusioni affrettate.
 
-No, mamma, lui è proprio un ragazzo d'oro. Anzi mi ha protetta sempre: sono finita spesso nei guai, ma lui era sempre al mio fianco, pronto a difendermi anche a scapito di sé stesso. Mi ha salvata e aiutata, ed io mi sono rivoltata contro di lui... Sono imperdonabile- disse subito Touko, tranquillizzandola.
 
-Dimmi per cosa vi siete litigati-.
 
Allora la ragazza si lanciò in un racconto completo di tutto quello che le era accaduto dall'ultima volta che l'aveva chiamata, ovvero durante la settimana di convalescenza di Wes.
Raccontò anche di Zekrom e Kyurem, degli scontri con il Team Plasma e di tutti gli alti e i bassi che aveva superato con l'appoggio dei suoi compagni di squadra.
 
Fu un racconto lungo, e Bea rimase ad ascoltare per tutto il tempo senza mai interromperla.
Alla fine, quando la figlia ebbe finito, lei disse:
-Mi dispiace, Touko, non so cosa dire. Da una parte tu hai ragione ad adirarti, perché Wes sbaglia a comportarsi così, ma ha ragione anche lui: con l'infanzia che ha avuto, stando a quanto mi hai detto, non c'è da meravigliarsi che sia così chiuso. Tu non puoi capire cosa vuol dire vedere il proprio mondo crollare quando si hanno appena sei anni, scoprire la parte peggiore delle persone da piccoli. Non puoi capire ciò che ha patito quel ragazzo per tutta la vita, tu hai vissuto al sicuro; lui no, non ha mai avuto molte certezze in questo tempo-.
 
Touko rimase interdetta, e poco a poco cominciò a capire quanto avesse sbagliato.
Era vero, non aveva tenuto conto della vita del suo amico quando si era messa contro quest'ultimo: lei non conosceva, era ignorante riguardo ciò che circolava nel cuore del ragazzo.
Non aveva alcun diritto di giudicarlo.
 
Le lacrime presero a scenderle di nuovo.
-Dunque, mamma, ho sbagliato io a prendermela così? Sono egoista volendolo vedere più felice?- chiese, con la voce rotta dai singhiozzi.
 
-Volere vedere il sorriso sul viso di chi amiamo non è ingiusto. Significa desiderare la loro felicità. Ma sei stata indelicata, ecco: potevi evitare di scaldarti tanto, e parlarne con più calma. Forse sarebbe stato più propenso ad aprirsi, se avesse visto che eri tranquilla. Tu sembri avere un grande ascendente su di lui, e sembra che tu gli sia anche molto cara: ti ha nel cuore in qualche modo, deve essere molto triste per ora. Dovresti andare a cercarlo- rispose la donna, dolce.
 
-Ma non ho idea di dove sia adesso! Sono fuggita, mamma, lo capisci? Anche se lo trovassi, non avrei il coraggio di guardarlo in faccia, sopratutto dopo che mi ha accertato che mi avrebbe baciata davvero!! Oh, mamma, cosa devo fare?- si lamentò la brunetta, mettendosi a pancia in su e fissando disperata il tetto.
 
-Fammi capire. Lui ti piace? Nel senso, ti piacerebbe essere la sua ragazza?- chiese Bea.
 
-Mamma!!-.
 
-Rispondimi con sincerità- la incalzò l'altra.
 
Touko si morse le labbra, rossa come un peperone.
-Credo di sì, non lo so... Mi sono molto affezzionata a lui, ma non lo amo... Dovrei. E comunque non avrei speranze, tu stessa ne sei rimasta affascinata quando l'hai visto. Wes attira tutto il genere femminile, umano e non: che speranze posso avere io, che ho tre anni in meno di lui?- disse la ragazzina, confusa.
 
-Eh già, dell'attrazione che provoca tra noi donne lo sapevo. Sai che anche Rui è innamorata di lui?- disse Bea.
 
-Sì, lo sapevo. Aspetta... anche?! Mamma, lui non mi piace in quel senso, dai!- ribadì la brunetta, ormai tutt'uno con le prime luci del tramonto che vedeva dalla finestra.
 
-Errato, tesoro. Tu credi di non amarlo, ma nel tuo cuore giace dormiente qualcosa di strano, quel qualcosa che te lo fa battere come un colibrì quando siete vicini. Sbaglio?- chiese bonaria la madre.
 
-M'imbarazzo solo perché è un ragazzo bellissimo, non per altro-.
 
-Sbagli ancora. Lui ti piace, si capisce. Sono certa che ogni volta che ti guarda tu diventi rossa, e che quando ti tocca hai i brividi. Ti ha mai dato un bacio, anche se non sulle labbra?- domandò ancora lei.
 
-Beh... A Sciroccopoli... Mi ha baciato la guancia- disse Touko.
 
-E cos'hai provato?-.
 
-Mi ha lasciata per lo più sorpresa, non l'aveva mai fatto-.
 
-Bene. E cosa credi provi lui quando ti è accanto? Pensa ai suoi comportamenti con te: cosa ti fa credere la sua gentilezza nei tuoi confronti?- la spronò Bea.
 
-Mi vuole molto bene, ma non vedo cos'altro possa provare per me- rispose lei.
 
-Uffa. Ragionare con te è una causa persa. Lui ti ama, o, se non altro, gli piaci da impazzire. Ti ha detto che un bacio te lo avrebbe dato davvero, no? Che motivo potrebbe avere di mentirti?-.
 
-Non lo so!! Cercare di capire il suo modo di pensare è una causa persa in partenza, mamma! Non c'è modo di capirlo, se non è lui a dirtelo. Wes è fatto così: se c'è una cosa che vuole tenere segreta tu non potrai mai scoprirla, anche perché se non vuole farsi trovare è capace anche di sparire per anni senza far avere sue notizie- sbottò la brunetta, avvilita.
 
-Su questo io non posso darti una mano, cara. Mica ce l'ho io vicino! Comunque mi sembri troppo sconvolta per continuare questa conversazione. Per ora riposati, tesoro, ne riparliamo poi- disse Bea, materna come sempre.
 
-D'accordo, forse è proprio ciò che mi ci vuole. Magari appena mi sveglio scoprirò che tutto ciò che sta accadendo è solo un mero frutto della mia fantasia, un'allucinazione. Buona notte o a dopo, mamma. Se non chiamo, non preoccuparti-.
 
-Buona notte, tesoro. Se non ti sento, saprò che le cose si sono aggiustate. Un abbraccio forte forte è quello che vorrei darti, ma mi accontento di fartelo immaginare. E un'ultima cosa. In caso tra te e Wes ci fosse amore, non devi tirartene indietro: amare una persona con tutti sé stessi è forse la cosa più bella del mondo, e vedrai che tutto si risolverà. Riposati, ciao- disse la donna, poi chiuse la chiamata.
 
Touko sorrise amara: da quando l'amore era tra i suoi pensieri? E da quando si ritrovava a discuterne con sua madre?
Piena di pensieri e dubbi, decise di spogliarsi e di mettersi sotto le coperte come consigliato dalla mamma e chiuse gli occhi, sperando di addormentarsi subito.
E così fu.
 
 
 
 
Era ormai sera quando Rui e Michael ritornarono al Centro Pokémon dopo un giro turistico di Libecciopoli, deciso in comune accordo.
Appena passarono davanti alla stanza della brunetta si fecero indecisi: avevano voglia di bussare e parlare con l'amica, ma dopo quella litigata non sapevano se lei era ancora lì.
Era più che possibile che avesse raccattato i suoi beni privati e che, una volta battuta la palestra, se ne fosse andata senza avvertirli.
 
Rui era seriamente tentata di entrare, ma insieme all'amico proseguirono avanti.
Non volevano disturbarla, anche perché doveva essere parecchio triste e forse aveva bisogno di stare un po' da sola.
 
Wes invece rincasò solo a tarda sera, verso mezzanotte: aveva passato tutto quel tempo sul punto più alto della città, ovvero la cima di un grattacielo pubblico, solo, a guardare i tetti dei palazzi più bassi; e, una volta calata la sera, a guardare il cielo stellato.
 
Aveva riflettuto, eccome se lo aveva fatto.
Aveva tentato di essere il più imparziale possibile mentre rivisitava il ricordo della discussione con Touko, ma in quello stato proprio non gli riusciva di essere obiettivo.
Era solo riuscito a capire che entrambi erano sia nel torto che nel giusto.
 
"Che crudele la sorte" pensò amaro. "Prima ti fa credere grande, ma in seguito a mente lucida capisci che non lo sei poi così tanto".
 
Come gli altri due, si soffermò davanti alla porta della ragazza.
Sapeva che era giusto e d'obbligo chiarire quanto prima quella discussione, e si era pure ripromesso di farlo appena arrivato; ma davanti alla sua porta, tutta la sicurezza vacillò.
Si sentiva tremendamente codardo, in quel momento.
 
Però la sua volontà di far pace con lei era più grande della vigliaccheria che lo stava poco a poco catturando in un'esorabile trappola infinita. Perciò, preso un bel respiro, bussò prima piano e poi con più forza.
Sperava di non disturbarla, sopratutto perché avrebbe immaginato fosse chissà chi; poi era anche molto tardi, di sicuro dormiva o stava andando a dormire.
 
Di certo non si sarebbe mai aspettata lui.
 
All'interno della stanza, Touko dormiva profondamente.
Purtroppo, l'insistente tamburellare sulla porta la destò dal meraviglioso sonno in cui era caduto, così privo di sogni com'era.
 
Aprì svogliatamente un occhio azzurro, poi l'altro: era stesa a pancia in giù, il viso sprofondato tra i cuscini e i capelli sciolti; le coperte l'avvolgevano scompostamente, lasciandole parte della schiena scoperta: indossava la canottiera con cui era partita un mese fa.
 
Un nuovo "toc toc" la fece sbuffare e si portò un cuscino sulla testa.
"Perché devono proprio rompermi adesso che dormivo così bene? E poi, chi diamine può essere a quest'ora?" pensò.
 
Scostò le coperte e si alzò piena di sonno. Camminò ondeggiante verso la porta, appoggiandosi a tutto ciò che avrebbe potuto sostenerla in caso di caduta, e aprì la porta, una mano su un'occhio per stropicciarselo.
 
Sgranò quello libero.
Purtroppo, o forse no, lo scocciatore notturno altri non era che Wes.

                                                                                               *
Hola! :)
Non so quanto sia passato dall'ultimo aggiornamento, ma ora eccomi qua.
Come prima questo capitolo è diviso in due perché altrimenti sarebbe venuto troppo lungo anche per me; e poi così aumenta la suspance per chi non l'ha mai letta!
Anche questo è uno dei miei capitoli più tristi e anche più profondi...
Ringrazio Saotome_chan, Kagamine Arisu e Jeo 95 per le recensioni :)
Ciao! Alla prossima :D
   
 
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