Fanfic su artisti musicali > One Direction
Segui la storia  |       
Autore: Frem Write    25/06/2013    8 recensioni
"Ama, ama follemente, ama più che puoi e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente"
-William Shakespeare.
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



Broken.

Non devi sempre fingere di essere forte,
non c'è bisogno di dimostrare tutte le volte che andrà tutto bene,
non devi applicarti su quello che la gente dice,
piangi se vuoi,
fa bene tirar fuori tutte le lacrime
perchè solo allora sarai pronto a tornar a sorridere
.

 
 
Aveva passato gli ultimi due giorni a cercare informazioni su Louis, ma sembrava quasi che lui non esistesse negli archivi del comune. Eppure non poteva essere frutto della sua immaginazione, era più sicura di conoscerlo, di averci parlato; sì, forse non era una delle ragazze più sane mentalmente, ma non era ancora arrivata alla pazzia.
Lui esisteva e lei doveva scoprire qualcosa su di lui.
Il cognome glielo aveva riferito Claire Anderson, lei sapeva tutto su tutti e non appena le aveva domandato qualcosa di più sul moro, il suo sguardo si era fatto più curioso e aveva iniziato a ficcanasare nei suoi affari.
– Perché ti serve? Ci esci, eh? – le aveva domandato insistendo. I suoi occhi socchiusi l’avevano squadrata dalla testa ai piedi e tutto ciò non aveva fatto altro che infastidire Fleur.
– Non ci esco, e poi non sono affari tuoi – l’aveva liquidata lei.
Forse era stata troppo schietta e cattiva, ma odiava le impiccione e lei lo era.
Tomlinson.
Louis Tomlinson si chiamava.
Harry l’aveva accompagnata al comune dopo il lavoro e aveva smesso di fare domande quando ormai aveva capito che Fleur non avrebbe risposto a nessuna di esse. E sapeva che era meglio non farla innervosire.
Si era intrufolata nella stanza dove c’erano gli archivi con tutte le informazioni di ogni persona barra famiglia, eppure alla lettera ‘T’ non c’era nessuno Louis Tomlinson che corrispondesse alla persona  che conosceva, o meglio, che pensava di conoscere. Si era arresa uscendo e senza farsi vedere aveva raggiunto la macchina di Harry per ritornare a casa.
Il giorno seguente aveva chiesto - di nuovo - a Claire qualche informazione su questo Louis, ma l’unica cosa che le aveva detto era: – Stagli alla larga, è meglio per te e per tutti – e poi se n’era andata in classe. Aveva meditato molto su quelle parole, ma proprio non riusciva a capire perché dovesse stargli lontano.
Ok, sì, aveva ucciso tre ragazzi, ma lo aveva fatto per una buona causa. Non le avrebbe mai fatto del male, su questo ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Aveva provato a chiedere anche ad altri ragazzi che magari avrebbero potuto conoscerlo, ma nulla. Sembrava davvero un fantasma. Nessuno lo conosceva. Nessuno aveva mai osato avvicinarsi a lui.
Mentre provava a fare mente locale su quello che aveva raccolto in quei giorni andò a sbattere contro un ragazzo alto. Aveva la carnagione ambrata e i capelli corvini. Le sorrideva quasi affettuosamente e dopo essere uscita dalla trance si rese conto di conoscerlo.
Lui si chinò per raccoglierle i libri e glieli porse mentre lei esclamò: – Zayn?
Non lo aveva mai notato a scuola, e un ragazzo così sicuramente non sarebbe passato indifferente ai suoi occhi.
Era completamente diverso vederlo alla luce del giorno; poteva vedere i suoi lineamenti, i suoi denti completamente bianchi e i suoi occhi dorati.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e ricambiò il sorriso.
– Ciao, Fleur.
Insieme s’incamminarono per il corridoio principale e ovviamente tutti gli occhi erano puntati su di loro, ma ormai Fleur ci aveva fatto l’abitudine, e a quanto pareva anche il moro non sembrava farci caso.
– Che ci fai qui? Non pensavo frequentassi questa scuola – disse svoltando verso destra per andare al suo armadietto e posare i libri di inglese e prendere quelli di spagnolo.
– Oh, no.. non frequento il liceo, non più. Sono venuto per delle... commissioni.
Richiuse l’armadietto e si voltò verso di lui notando che non aveva libri in mano.
– Oh beh, mi ha fatto piacere rincontrarti – girò i tacchi ed ebbe un lampo di genio, quindi lo richiamò. – Ah, Zayn, aspetta!
Arrestò il passo e aspetto che la mora lo raggiungesse.
– Volevo chiederti delle cose.. su Louis. Tu lo conosci, giusto?
Vide la sua espressione mutare completamente e quasi si pentì di averglielo chiesto. Insomma, anche se avesse saputo qualcosa su di lui mica lo avrebbe detto a lei, no?
Forse non sapeva nemmeno che si erano rivisti qualche giorno prima.
Devo cucirmi la bocca, pensò mentre aspettava una risposta.
– Oh... ehm, io devo scappare e... – si allontanò voltandosi verso di lei, – Fleur, è meglio se gli stai lontano. E’ un consiglio.
No, non poteva lasciarla così. Non dopo tutto quello che aveva fatto per scoprire qualcosa sul suo conto, lei doveva sapere una volta per tutte. Così lo inseguì e lo bloccò, mentre i corridoi si stavano già svuotando.
– No, Zayn, io ho bisogno di sapere – affermò. – Ti prego.
Il ragazzo si guardò intorno e poi le diede un bigliettino: – Oggi alle quattro a Kensinghton Park, davanti alla statua di Peter Pan.
E poi se ne andò.
– Ciao dolcezza! – si sentì cingere le spalle e dal braccialetto al polso capì che era Harry.
Quel braccialetto glielo aveva regalato lei come segno d’amicizia due anni prima. Non pensava lo avesse ancora.
– Harold! – lo salutò lei, mentre si dirigevano verso l’aula di spagnolo.
Lui storse la bocca, infastidito da quel nomignolo.
– Che fai oggi? – domandò guardandola e sorridendole.
Si scioglieva ogni volta che vedeva quelle fossette comparire sulle sue guance. Era talmente bello che non riuscì a voltarsi verso di lui, così osservò le sue scarpe che - improvvisamente - erano diventate interessanti.
– Non so, credo andrò a farmi un giro.. – rispose vaga, evitando di nominare Zayn.
Entrarono in classe, fortunatamente l’insegnante non era ancora arrivata, e si sedettero agli ultimi banchi che ormai erano di loro proprietà.
– Esco con Jay – sorrise.
Un altro tuffo al cuore.
Possibile che dovesse farle sempre così male? Possibile che non si fosse ancora arresa? Insomma, lui amava quella ragazza e anche lei amava lui. Erano insieme da un po’ di mesi, il che era un record per il ricciolo, doveva rassegnarsi all’idea che per lui non era nient’altro che la sua migliore amica.
Odiava dirlo o solo pensarlo.
Faceva così male.
 
 
Appoggiò le chiavi di casa sulla penisola e si accasciò su una delle poche sedie che vi erano attorno. Era stanca, non riusciva nemmeno a reggersi in piedi.
Aveva il fiatone non appena faceva qualche passo in più, e stava iniziando a preoccuparsi.
Era da giorni che non mangiava, che non toccava cibo. Non riusciva a ingoiare niente che non fosse acqua o gelato. Non sapeva cosa le stesse succedendo, ma qualsiasi cosa fosse la stava letteralmente distruggendo. Il suo viso cominciava a scavarsi e le occhiaie diventavano sempre più evidenti. Si stancava perfino di sorridere, non aveva più forza di fare niente, anche solo bere qualcosa le risultava una fatica immensa, quasi come se stesse scalando una montagna. Sapeva benissimo che non poteva continuare così, che doveva mangiare, doveva curarsi, ma aveva perso il controllo del suo corpo e di se stessa.
Si alzò per provare a mangiare qualcosa, almeno per avere un po’ più di energia e per reggersi in piedi fino alla sera, ma non appena vide il sandwich davanti a sé, vomitò sul pavimento.
Si buttò sulle ginocchia e mentre sfogava la sua rabbia e il suo dolore tramite il vomito, piangeva.
Si sentiva fottutamente debole.
E non solo fisicamente, ma anche psicologicamente. Si sentiva fragile. Sapeva che se qualcuno l’avesse toccata in quel momento, avrebbe potuto romperla in mille pezzi. Aveva solo bisogno di qualcuno che l’aiutasse, che si preoccupasse per lei e che le dicesse che sarebbe andato tutto bene, prima o poi. Ma più passava il tempo, più si accorgeva che era sempre più sola e che, fondamentalmente, non c’era nessuno lì con lei. Nemmeno Harry, o Liam o Mae.
Nemmeno loro, che erano i suoi migliori amici avrebbero potuto colmare quel vuoto che aveva dentro da tanto, tanto tempo. Nemmeno loro avrebbero potuto renderla più forte, renderla una guerriera, perché era talmente fragile che sarebbe bastato un passo falso per farla cadere completamente.
Odiava quella situazione, la odiava più di quanto odiasse se stessa. Lei era conosciuta come la ragazza forte, che non cedeva mai, che sorrideva sempre e che diceva: «Quello che non ti uccide, ti rende più forte», ma ormai nemmeno lei ci credeva più.
Perché tutto ciò che in quel momento la circondava, la stava uccidendo. E quindi, come poteva essere forte? Come poteva continuare a vivere in quel modo, fingendo con i suoi migliori amici, fingendo con sua mamma, fingendo con Megan? Come poteva essere così falsa?
Si vergognava di se stessa in un modo assurdo.
Si tirò indietro i capelli con un gesto frettoloso della mano e il suo sguardo cadde sui suoi polsi.
C’era stato un tempo in cui era stata debole, più debole di quel momento e aveva ceduto alla sofferenza, aveva pensato che il male fisico avrebbe alleviato il male che sentiva dentro, il male del suo cuore. Lo aveva davvero pensato, ma sapeva benissimo che non era vero, che avrebbe sofferto comunque, che sarebbe rimasta ferita a vita con o senza quelle cicatrici sul polso.
Era diversa, era migliore della Fleur di tre anni prima, era cambiata e non sarebbe ricaduta di nuovo in quel giro di dolore, non più.
Si alzò reggendosi al tavolo e prese uno straccio per pulire tutto quel casino che aveva combinato. In quel momento avrebbe desiderato anche uno straccio per ripulire ciò che aveva fatto nella sua vita, per ricominciare da zero ed essere una persona migliore, ma sapeva che non avrebbe potuto farlo, e non le restava altro che accettarsi; accettare la sua vita, il suo carattere, il suo corpo e andare avanti.
Ma non era facile, non lo era per niente.
Finì di pulire e controllò l’ora.
Merda.
Mancava un’ora e lei doveva ancora farsi una doccia, vestirsi e andare al parco.
Stava per risalire le scale quando il campanello suonò.
Sarà la signora Price, pensò mentre andava ad aprire la porta.
– Se vuole lo zucchero sappia che l’ho f.. – si bloccò. – Joshua?
Gli occhi castani la guardarono divertito, e sul suo volto comparve un sorrisetto malizioso. I capelli erano cresciuti dall’ultima volta che lo aveva visto, cioè un anno prima. I vestiti emanavano un odore disgustoso ed erano tutti sporchi.
– Ciao sorella, da quanto tempo! – la scostò e si fece strada in casa, come se fosse stata la sua, o meglio, la loro.
Richiuse la porta e lo seguì in soggiorno, dove già si era steso comodamente sul divano.
– Cosa vuoi? – domandò furiosa.
Lui alzò leggermente la testa per vedere l’espressione di sua sorella e rise.
– Non posso venire a fare visita dalla mia adorata e piccola Fleur?
– Smettila di fare il coglione e dimmi che cazzo vuoi.
Si mise a sedere e appoggiò i piedi sul tavolino, sospirando: – Aaah, hai preso tutto da tuo fratello.
– Piuttosto che essere come te, mi sparerei. – Incrociò le braccia e lo guardò disgustata.
– Volevo fare il carino, ma adesso mi hai fatto incazzare. – Si avventò su di lei e la sbatté contro il muro.
Sentiva la puzza di alcool uscire dalla sua bocca mentre le sbraitava contro.
– Non mi devi toccare, hai capito? – lo spinse indietro e si liberò dalla sua presa.
Se prima si sentiva male, in quel momento era completamente a pezzi.
Lui indietreggiò fino a cadere sul pavimento.
– Ho passato tutta la vita a fare quello che mi dicevi. Mi hai trattata come se fossi la tua schiava personale e quando hai litigato con mamma e quell’altro te ne sei andato di casa. Tornavi quando cazzo ti pareva solo perché volevi soldi per comprarti quella specie di schifezza che ti sniffi e io, come una stupida, ti ho aiutato, sempre. E sai perché l’ho fatto? Perché ti volevo bene Joshua. Io ti vedevo ancora come il mio fratellone, quello che mi faceva ridere con le sue battute, quello che mi faceva il solletico, quello che mi portava al parco, che mi copriva quando uscivo con un ragazzo. Ed ero talmente stupida che ho continuato ad aiutarti fino all’anno scorso perché pensavo che volessi cambiare, che avessi un minimo di buon senso e che ci tenessi almeno un po’ a te. Pensavo che quando eri venuto vicino a me e mi avevi detto che avresti voluto migliorare e che avresti voluto curarti, lo avresti fatto davvero. Invece mi hai ingannata. Ma ora che ho capito a che gioco stai giocando, beh ti dico di andare fuori da questa casa e non farti più vedere. Perché i miei soldi te li puoi anche sognare. –
 
 
Si strinse nel cappotto, ma una smorfia di dolore le comparve in viso. Faceva esageratamente freddo, ma i lividi e le ferite che aveva su tutto il corpo facevano troppo male che le toccò patire quel vento gelido di Marzo. Riprese lo specchio dalla borsa e si riguardò un ultima volta il volto. Per quanto fondotinta, correttore, fard  e terra si era messa sembrava abbronzata, solo in faccia però. E nonostante tutto quel trattamento non era riuscita a coprire il suo volto completamente.
Attraversò la strada ed entrò nel grande parco.
Ora la sola cosa che le interessava era Louis, voleva conoscerlo, capire chi fosse.
Arrivò davanti alla statua di Peter Pan ma di Zayn non c’era ancora traccia, eppure mancavano appena due minuti alle quattro.
Si sedette su una delle panchine e osservò i turisti scattare foto. Avrebbe voluto anche lei viaggiare e visitare il mondo, ma era bloccata in quella città.
Vide una bambina correre verso il padre che la prese in braccio, per poi raggiungere la moglie e  l’altro figlio.
Si ricordò di quando lo faceva suo padre, ma si pentì subito di aver pensato a lui.
Lo odiava e non si meritava di stare nella sua mente neanche per un secondo.
Avrebbe voluto tornare indietro, avrebbe voluto riavere la sua famiglia, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile. Non avrebbe mai potuto riabbracciato suo padre con la consapevolezza che avrebbe potuto picchiarla un’altra volta o peggio, stuprarla. Non avrebbe riabbracciato suo fratello dopo quello che le aveva fatto quel giorno. Non avrebbe riabbracciato sua madre perché a lei non interessava nulla di sua figlia.
Molto spesso si chiedeva cosa avesse fatto per meritarsi tutto quello. Voleva solo dei genitori che l’amassero e che le volessero bene, non chiedeva molto.
Voleva una famiglia. Una di quelle vere: quelle che ogni mattina fanno colazione insieme, quelle che trascorrono le vacanze tutti insieme, quelle che nelle festività si riuniscono con gli altri parenti e ridono fino a tarda sera.
Voleva poter contare su di loro, senza aver paura di ricevere uno schiaffo o di essere sbattuta fuori di casa.
Voleva sentirsi amata per una volta, voleva provare quella sensazione che si prova quando qualcuno si preoccupa per te.
– Che ci fai tu qui? – sobbalzò sorpresa. Si voltò verso la persona che aveva parlato e si ritrovò ad annegare di nuovo in quegli occhi.
Si alzò dalla panchina e gli andò incontro: – Potrei farti la stessa domanda.
Il moro sorrise amaramente per poi accomodarsi sulla panchina dove poco prima vi era seduta lei.
– Stavo aspettando Zayn.
– Allora siamo in due – disse sedendosi affianco a lui.
Louis si scostò, allontanandosi da lei, e quel gesto non fece altro che ferirla.
– Come fai a conoscerlo? Perché dovete vedervi? – domandò freddo.
– Fatti miei. – Non avrebbe passato un minuto in più con lui, non dopo che l’aveva tratta in quel modo. Poteva essere arrabbiato con chi voleva, ma questo non voleva dire che dovesse prendersela con lei. Anche lei avrebbe avuto una buona ragione per mandare tutto a quel paese e andarsene a casa, ma non l’aveva fatto.
Si alzò furiosa per il suo comportamento, ma fu costretta a girarsi per la presa che il moro aveva sul suo braccio. Gemette dal dolore, strattonandosi da quel contatto.
Lui la guardò confuso e poi le riprese di nuovo la mano cercando di alzare il cappotto.
– Lasciami, Louis! –urlò per paura che avesse potuto vedere quello che suo fratello le aveva fatto.
Lui sembrò non sentirla, infatti non le lasciò il polso.
– Louis, smettila! – piagnucolò sentendo ancora più dolore visto che aveva infilato una mano nella manica del cappotto e della felpa che indossava.
Sentì le sue dita toccare le ferite e gli occhi le si inumidirono.
Sfilò il braccio e si allontanò da lui.
– Cosa è successo? – domandò duro, serrando la mascella.
Se non avesse saputo chi fosse avrebbe avuto quasi paura per quel suo sguardo omicida che le stava rivolgendo.
– N..niente – balbettò lei ancora accecata dal dolore che lui le aveva provocato, toccandola.
Si avvicinò e lei fu costretta ad abbassare la testa a causa dello sguardo penetrante con cui la guardava. Vedeva il suo petto alzarsi e abbassarsi quasi come a voler mantenere la calma.
–Non mi mentire, Fleur! Dimmi chi cazzo ti ha ridotta così – sbraitò.
Una lacrima le scese sul viso, ma si affrettò ad asciugarla.
– Non posso Louis.
Si allontanò da lui e si rigirò per uscire da quel parco, ma lui la prese - di nuovo - con forza e la girò verso di lui, facendola cadere sul suo petto.
Le sue labbra tremavano, non perché avesse paura di lui, ma perché aveva pura di se stessa. Non voleva cacciarsi nei guai, non voleva che lui la picchiasse di nuovo, perché sapeva che se avrebbe riferito a qualcosa cosa poco prima era successo a casa sua, Joshua l’avrebbe fatta pagare a lei.
E se l’avesse colpita un’altra volta, era sicura che non avrebbe retto.
La mano di Louis era fissa al suo fianco, cercando di non farle male, mentre l’altra faceva scorrere le sue dita tra i capelli di Fleur.
Si beò quel tocco dolce e quasi si lasciò andare alle sue carezze.
Era così bello farsi toccare da lui.
La mano si spostò dai capelli al suo viso. Sussultò per quel contatto, ma anche per il dolore.
Louis abbassò la sguardo facendo cadere la sua mano sull’altro fianco della mora.
Fleur alzò il viso e si godé la vista di quel bellissimo viso. Decise di fargli una foto, in modo tale da ricordarsi sempre dei suoi occhi e delle sue labbra bellissime.
– Io non ti farò del male, non potrei mai. Lo sai questo, vero? – domandò titubante, come se avesse pensato che lei lo temesse.
– Io l’ho sempre saputo – sussurrò all’orecchio del moro, alzandosi sulle punte.
Di conseguenza Louis aumentò la presa sulla sua vita.
– Fidati di me – disse lui. – So che è difficile, so che sei stata ferita più volte, ma io sono qui per ripararti. Lasciati aiutare da me, ti prego.
Riprese conoscenza e si accorse di star facendo la cavolata più grande. Non poteva essere così egoista, non poteva pensare solo a sé, adesso c’era Louis di mezzo e non voleva metterlo in pericolo.
Doveva allontanarsi da lui prima che Joshua scoprisse tutto. Sì, Louis aveva ucciso e forse uccideva ancora, ma Joshua era una belva, lui non aveva pietà. Conosceva troppa gente poco raccomandabile che avrebbe mandato per perseguitare il moro, e lei doveva evitarlo.
– Io.. – deglutì a fatica. – Louis, devi lasciarmi stare. E’ per il tuo bene.
– Non posso lasciarti andare Fleur.
– Non si tratta di poter o volere. Ma di dovere, e tu devi lasciami andare.
– Ma.. –
– No Louis, niente ma. Chiudiamo questa cosa prima che inizi. Non voglio che tu ne esca ferito, non me lo perdonerei mai.
– Pensi davvero che qualcuno possa ferirmi? Non sai nulla di me, non sei nemmeno curiosa di conoscermi, prima di allontanarmi?
– C’ho provato a conoscerti, ma ogni volta che cercavo qualcosa su di te, la gente mi diceva che era meglio non sapere e di starti lontana.
– Quindi a te interessa più quello che dice la gente, giusto? – domandò ferito.
– Se l’avessi fatto adesso non starei qui davanti a te. Louis, –gli alzò il volto con le mani, – adesso sono io a dirti di starmi lontano. E’ meglio per te e per me.
Si liberò dalla sua presa ferrea e si allontanò.
Quella volta, lui non la fermò.
 



Hola hola holaaaaaaaaaaaa,
ciao ouo 
ho aggiornato il prima possibile, perciò amatemi lol 
La chiavetta non andava e quindi mi sono portata avanti con la storia. 
Vi ringrazio per le recensioni allo scorso capitolo, davvero, siete dolcissime. 
E niente, spero di non avervi deluso con questo capitolo.
Recensite, vi prego, è importante. 
Ciao ragazze, alla prossima. 
Frem.
  
Leggi le 8 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Frem Write