CAPITOLO 13
Li
Touten si sforzò di mantenere un’espressione impassibile davanti al nutrito
gruppo di divinità che partecipavano al banchetto in onore della vittoria del
generale Gojuin, ma in quel momento sentiva dentro di sé una rabbia
prorompente… cresceva dentro il suo animo e strisciava nei meandri della sua
mente come un serpente velenoso. Era duro accettare la sconfitta, ma era ancor
più difficile rassegnarsi alla presenza di quei tre individui. Come avrebbe
voluto poter cancellare dai loro volti quei sorrisi di compiacimento! Come se
non bastasse, ogni volta che uno di loro incrociava il suo sguardo il
compiacimento si trasformava in scherno… non poteva proprio sopportarlo! In
quell’occasione avevano vinto, era vero, ma non sarebbe sempre stato così:
avrebbero cantato vittoria ancora per poco, doveva solo elaborare un piano per
toglierli di mezzo una volta per tutte.
Con grande sforzo, cercò di
concentrarsi sui festeggiamenti; non poteva certo lasciar trasparire la sua
collera in un’occasione come quella! Tanto più che l’imperatore celeste
sembrava osservarlo con evidente curiosità: che avesse intuito il suo malumore?
Con un ultimo gesto di
stizza, strinse un lembo della propria veste. Anche se al momento i suoi piani
sembravano essere falliti, non tutto era perduto. Doveva solo rilassarsi un po’
e mettere in pratica ciò in cui riusciva meglio: calunniare. Poco importava se
Gojuin non era diventato suo alleato… sarebbe comunque rimasto suo nemico
ancora per poco…
La risata sguaiata di
Kenren strappò il dio alle sue elucubrazioni: Li Touten si passò lentamente una
mano sulle labbra, ostentando una calma che in realtà non c’era. Aveva
organizzato quel banchetto sperando di poter provare una volta per tutta a
Gojuin quanto il suo generale di divisione non esitasse un istante e
preferirgli Tenpou, ma ora che le cose erano andate a quel modo, il dover stare
seduto allo stesso tavolo di quei tre lo faceva sentire non poco a disagio.
“È stata una buona idea
quella di organizzare questo banchetto, Li Touten!” si complimentò con lui
l’imperatore celeste, al suo fianco, “In questo modo l’unione dell’esercito ne
guadagna!”
L’altro, strappato per
l’ennesima volta ai suoi pensieri, cercò di mascherare l’insofferenza che lo
prendeva ogni volta che l’imperatore si rivolgeva a lui. Lo detestava!
Quell’essere non faceva che ripetere che la pace era necessaria… che non si
poteva cedere alla violenza… ma quale pace? Chi poteva essere tanto stupido da
desiderare la pace e la buona convivenza con uomini e demoni, quando li si
poteva facilmente dominare? La pace era solo un’utopia per vecchi sciocchi!
Quell’essere andava spazzato via insieme a tutti i suoi ideali pacifici e alle
sue idee contrarie alla violenza!
“Mio signore, sono lieto
che la mia idea abbia trovato il vostro appoggio… in effetti, l’intenzione era proprio quella di alimentare un buon
spirito di gruppo!” mentì, incurvando le labbra in un sorriso malvagio.
Evidentemente doveva essere riuscito nel suo intento almeno in parte, visto che
quel babbeo non si era accorto di nulla!
“Ebbene, Li Touten…lasciate
che io approfitti ancora della vostra saggezza… c’è una questione su cui vorrei
essere consigliato…” continuò il sovrano.
Li Touten sorrise
compiaciuto: bene… e così quell’ingenuo dell’imperatore celeste dimostrava
sempre di più la sua dipendenza da lui…
“Sto prendendo in
considerazione l'idea di sospendere almeno in parte le udienze ordinarie…
d’altra parte, non vedo come potrei continuare a fare fronte a simili impegni
quando ci sono affari molto più urgenti da sbrigare! Senza considerare che
ricevere tutti quei sudditi è per la maggior parte dei casi uno spreco di
tempo! cosa ne pensate?” continuò quello, ignaro dei pensieri dell’altro.
“Sono pienamente
d’accordo…” rispose Li Touten, “L’imperatore celeste non ha bisogno di
scomodarsi per incontrare gli dei minori… tutti quelli di cui avete bisogno non
sono forse già accanto a voi, maestà?”
Tenpou abbassò lo sguardo,
imitato da Maya e Gojuin: come poteva l’imperatore non si accorgesse di quanto
quel Li Touten fosse ambiguo ed infido? Le udienze ordinarie erano estremamente
importanti per la buona gestione del mondo celeste… possibile che quel
maledetto non esitasse nemmeno a recar danno al regno pur di screditare
l’imperatore a proprio vantaggio?
“Ne convenite, dunque? ”
commentò il sovrano, gongolante.
Li Touten trattenne a
stento un sorrisetto: troppo facile! Era veramente troppo facile!
“Certo, mio signore… come
vi ho detto prima, tutto…”
“Chiedo scusa!”
Tenpou e Maya si voltarono
sorpresi verso Kenren: la voce del giovane generale aveva risuonato limpida e
decisa nel grande salone, catturando l’attenzione di tutti.
L’imperatore lo guardò
infastidito: “Che cosa c’è, Kenren? Parlate pure!”
Il sorriso beffardo di
Kenren non fece che innervosire ancora di più Li Touten: anche se il generale
evitava di guardarlo, sapeva benissimo che quel sorrisetto era dedicato a lui…
“Mi permetto di farvi
notare che le udienze sono un obbligo per voi, signore… accettando di
accogliere le divinità che vengono ad omaggiarvi, l’affetto e il rispetto nei
vostri riguardi aumentano. E inoltre in questo modo avete la possibilità di
tenere sotto controllo anche la situazione del mondo al di fuori della vostra
corte. Negandovi agli altri, non farete che recare danno a voi stesso.”
La sala, caduta nel
silenzio più assoluto, non si era persa una sola parola. Gojuin sospirò: allora
la testa di quell’idiota di Kenren non era così vuota come pensava…
Tenpou e Maya si guardarono
e sorrisero: nessun discorso avrebbe potuto essere migliore! Quando Kenren
aveva preso la parola, entrambi avevano davvero temuto che il loro amico si
lasciasse andare a uno dei suoi soliti colpi di testa…e invece…
“Generale Kenren…”
s’intromise Li Touten, il cui volto si era fatto cinereo, “Mi chiedo che cosa
possa saperne un militare come voi di questioni politiche… forse la carriera
nei ranghi dell’esercito non vi soddisfa?” insinuò. Era un colpo basso,
chiunque fosse stato al corrente della situazione avrebbe potuto constatarlo.
Eppure tutto ciò non faceva che rendere più chiaro quanto Li Touten potesse
essere subdolo. In realtà era un essere straordinariamente abile nell’insinuare
certe cose, pur limitandosi ad espressioni innocenti.
Kenren lo squadrò con
sguardo penetrante. Uno sguardo che Li Touten sostenne con l’espressione più
innocente che potesse sfoderare. Sorridendo arrogantemente, accennò alla ferita
appena rimarginata che Kenren mostrava appena sopra il sopracciglio… la ferita
che Maya, durante il combattimento, gli aveva procurato.
“D’altra parte, capisco
bene come vi sia venuta una simile idea… Kenren… in effetti, il fatto stesso
che vi siate lasciato battere in quel modo da una donna sembra una presa in
giro…” insinuò il dio scoppiando a ridere.
Un silenzio tesissimo cadde
nella sala. Maya si irrigidì sulla sedia: doveva immaginarselo che quella serpe
non avrebbe perso occasione per provocarla e metterla in cattiva luce… si voltò
verso Li Touten, guardandolo freddamente. Stava per rispondere quando, di
nuovo, la voce tranquilla e sicura di Kenren la colse di sorpresa: “Mpf… ma che
dite? Uno che sfrutta un bambino, un essere che ancora non sa distinguere il
bene da male, per soddisfare le proprie smanie ambiziose e sostiene di esserne
il padre, fa morire dal ridere anche me!”
Li Touten avvertì un
brivido gelido corrergli lungo la schiena: che Kenren sapesse? E come sarebbe
venuto a conoscenza di quella storia? Per la prima volta dopo tanti anni, il
dio sentì che la terra gli franava sotto i piedi… Era pienamente consapevole
degli sguardi di tutti, puntati su di lui, ma le parole di quell’individuo lo
avevano colpito nel vivo e, nonostante fosse abilissimo nel camuffare i suoi
sentimenti, in quel momento gli era del tutto impossibile mantenere un
controllo totale. Balzò in piedi e, quasi fuori di sé, fissò dritto negli occhi
Kenren… non poteva essere vero… lui non poteva sapere! Cercò di convincersi Li
Touten; eppure, quel dubbio si stava insinuando nella sua mente peggio di un
tarlo….doveva capire, non avrebbe potuto darsi pace altrimenti! Quello era un
argomento sul quale non poteva scherzare. Se Kenren sapeva la verità su Nataku,
allora, quanti altri ne erano a conoscenza?
Il dio sentiva le mani
tremargli dalla tensione… con stizza si impose di mantenere la calma: non
poteva, non poteva mandare a monte tutto lasciandosi andare a quel modo… e per
un semplice sospetto poi! Doveva riflettere… come era possibile che un idiota
come Kenren fosse venuto a conoscenza del suo segreto? Un segreto che era
riuscito a tenere nascosto per tutti quegli anni? No. Non era possibile. Gli
unici che sapevano come erano davvero andate le cose erano lui e sua moglie… e
di certo quella non avrebbe mai osato rivelare a qualcuno la verità. Per non
parlare del fatto che era praticamente certo che lei e Kenren non si erano mai
incontrati. Era stato solo un caso, quindi… Kenren, con le sue parole, non
intendeva alludere al suo segreto. Da chi avrebbe potuto saperlo? Ovviamente
Tenpou non poteva averlo trovato scritto in nessuno dei suoi stupidi libri, e
per quanto riguardava Maya, che ne poteva sapere lei che non faceva altro che
sospirare dietro a Tenpou e parlare con…
“Kazue!” quel nome
attraversò la sua mente con la rapidità di un lampo e provocandogli una fitta
allo stomaco. Che stupido era stato! Era ovvio! Se qualcuno aveva parlato,
quella era proprio Kazue. Inoltre, quella sciocca ragazza era un’amica di
Kenren e della marmaglia che si portava dietro… come aveva fatto a non pensarci
subito?
Li Touten riuscì appena a
soffocare il grido che gli era nato in gola! Kazue! Kazue! Quel nome gli rimbombava
nella testa come solo un fastidioso ritornello avrebbe potuto fare. Come aveva
fatto ad essere così stupidamente, sciaguratamente cieco?? Kazue! Kazue sapeva!
Il dio deglutì sentendo le
vene del suo collo pulsare ad un ritmo sempre più incalzante… in effetti,
ultimamente la donna si era fatta vedere molto più spesso del solito, a
palazzo. E, da quello che aveva udito qua e là, sembrava proprio che avesse
passato tutto il tempo con quel gruppetto di maledetti…
“Quella dannata continuava
a venire per Nataku… e più io la cacciavo, più lei si intestardiva! E se un
giorno… e se un giorno, per la rabbia, avesse parlato?”
Li Touten sentì che, se non
avesse potuto constatare la cosa, di certo il suo cuore sarebbe scoppiato. Con
un ultimo sforzo, cercò di mantenere quel poco di calma che gli era rimasta:
c’era un solo modo per avere una risposta ai suoi dubbi angoscianti. Uno solo.
Li Touten alzò la testa e, con uno sguardo che mal celava tutta la rabbia e
l’odio che provava, osservò Kenren con l’intento di scandagliargli l’anima.
Diversamente da lui, quello stupido strafottente non era capace di recitare una
parte: se veramente conosceva la verità, non sarebbe stato capace di
nasconderla.
Il giovane generale
sostenne lo sguardo penetrante del dio: tutto, in lui, sembrava volere
sfidarlo. Tutto. Ma nei suoi occhi non sembrava esserci traccia del segreto di
Nataku.
Le vene sul collo di Li
Touten cominciarono a pulsare più lentamente, e il viso del dio si distese.
Lentamente, si sedette di nuovo sulla sedia. Ma nonostante l’ondata di sollievo
che l’aveva pervaso, non riusciva ugualmente a sentirsi al sicuro.
“Kazue… tu sei una vera
seccatura per me… e lo sei sempre stata…” si disse.
Bastava una parola di
quella donna, e tutti i suoi piani sarebbero andati in fumo. Una sola parola di
Kazue, e lui sarebbe stato finito. Per sempre. Per ora, sembrava non essere
successo nulla. Sembrava… ma come poteva esserne sicuro?
“Li Touten! Calmatevi
adesso!” gli disse l’imperatore celeste.
Il dio represse a stento un
moto di impazienza: ma che voleva saperne quello stupido dei suoi problemi!
Comunque non era né il momento, né il luogo per pensarci: il problema di Kazue
avrebbe dovuto essere affrontato. Ma non lì. E non in quel momento. Passandosi
una mano sulle labbra, Li Touten rimase qualche istante in silenzio,
meditabondo. C’era un’altra idea che gli frullava in testa, in quel momento…
già… forse la sorte gli aveva regalato una possibilità per recuperare il
terreno perduto quel giorno…
Gli occhi sfuggenti del dio
si posarono per un istante su Maya e su Gojuin. Sì, forse quel banchetto non
sarebbe stato poi così inutile…
“Mpf…” se ne uscì alla
fine, con un sorrisetto compiaciuto sulle labbra, “Normalmente non do peso alla
maleducazione altrui, ma l’arroganza di questo giovane impertinente mi ha per
un attimo preso alla sprovvista… mi auguro vogliate scusarmi per questa mia
reazione del tutto ingiustificata!”
Kenren alzò ironicamente le
sopracciglia, e distolse lo sguardo altrove: per così poco quel vecchio si era
scaldato? Tsè… se avesse potuto sfogarsi e dire a Li Touten tutto quello che
pensava di lui, a quel bastardo sarebbe di certo scoppiata una vena, allora!
“Questo banchetto
dev’essere un’occasione per cementare l’unione dell’esercito celeste! E mi
sembra che quanto è accaduto finora non possa proprio tornare utile allo
scopo!” ribadì l’imperatore, tronfio della sua autorità.
“Vecchio idiota…” pensò Li
Touten. Sopportare quella situazione diventava sempre più insopportabile: dover
obbedire e dimostrarsi sottoposto ad un simile essere inutile… ma, se giocava
bene le sue carte, le cose sarebbero cambiate, e presto. Intanto, doveva
pensare a prepararsi la strada. E sapeva anche come…
“Avete ragione, maestà…
d’altro canto, l’energia del generale Kenren non può che essere un segno
positivo, non è così?” sibilò l’altro, “Certo, molto positivo… come la sua
grande disponibilità, del resto.”
Tenpou lo squadrò con i
suoi profondi occhi verdi: e adesso dove voleva andare a parare?
“Ricordo che nemmeno tanto
tempo fa, il generale Kenren si offrì di sostituire mio figlio Nataku per una
missione…” continuò Li Touten ridacchiando, “…il suo altruismo è davvero
encomiabile… ah, se solo fosse accompagnato da un’abilità altrettanto grande…”
Kenren sbatté con rabbia il
bicchiere da cui stava bevendo sul tavolo: quel vecchio faceva meglio a stare
attento a quel che diceva… la ferita che gli aveva procurato quell’incidente
era ancora aperta… sì, gli bruciava ancora. E molto. Dal canto suo, Li Touten
sorrise compiaciuto davanti a quella reazione: scaldare l’ambiente a quel modo
era esattamente ciò che voleva.
“Credevo vi steste
scusando… e invece ora vedo che mi state dando del pallone gonfiato…” commentò
ironicamente Kenren, con un sorrisetto nervoso dipinto in faccia.
L’altro rise debolmente: “Beh…
perdonatemi, ma… dopo quello che è successo oggi, non crederete ancora di
potervi sostituire a mio figlio!”
“Il generale Kenren ha già
pagato per quella faccenda, e ha imparato da tempo la lezione.” sentenziò con
fredda calma Tenpou, deciso a chiudere in quel modo la conversazione. Ecco dove
voleva arrivare Li Touten… a quanto pareva, non aveva ancora rinunciato al suo
piano di spargere zizzania tra di loro e di farli scadere agli occhi di tutti.
Kenren fece per replicare a sua volta, ma l’amico lo fermò con un solo sguardo;
mordendosi le labbra, il generale ingoiò il rospo e si lasciò ricadere sulla
sedia. Tenpou aveva ragione: quello era l’unico modo per guastare i piani di Li
Touten… rispondendo non avrebbe fatto altro che sostenere il suo gioco. Maya
guardò Kenren, davanti a lei: un groppo le salì in gola nel vedere il suo
orgoglioso, fiero amico dover chinare la testa davanti a quell’umiliazione.
Quanto stava diventando caro, per tutti loro, difendere la loro amicizia?
Perché dovevano sopportare tutto quello?
Li Touten rimase in
silenzio per qualche istante: aveva cercato di essere il più sferzante
possibile, nel colpire l’orgoglio di quel fanfarone di Kenren, ma non era stato
sufficiente. Divertito, si godette lo spettacolo del suo nemico umiliato: era
veramente piacevole, doveva ammetterlo… ma non gli bastava. Ci voleva ancora
una spintarella…
“Il mio Nataku…” sibilò,
rompendo la cappa di silenzio che si era creata, “… non è mai stato sconfitto
da una donna…”
Sei occhi furenti lo
trapassarono con lo sguardo. Mai spettacolo gli parve tanto soddisfacente…
stavolta le sue parole avevano fatto effetto, eccome! Perfino Tenpou e Maya,
che fino a quel momento si erano barricati dietro a una specie di muro di
ghiaccio, perfino loro sembravano aver ceduto!
“Avanti, Tenpou!” si disse,
pregustando già la vittoria, “Parla! Difendi Maya! Mostra a Gojuin qual è il
vero rapporto che ti lega a lei! Mostragli quanto vorresti portargliela via!”
Tenpou, dal canto suo,
fremeva: non era uno stupido, sapeva che per niente al mondo avrebbe dovuto
rispondere alle provocazioni di quella serpe… ma riuscire effettivamente a
restare calmo, in quella situazione, stava diventando un’impresa. Per quanto
ancora ci sarebbe riuscito? Per quanto ancora sarebbe stato in grado di controllarsi?
“Il generale Kenren ha
combattuto contro il mio generale di divisione…ritenete che, per tale carica,
abbia scelto un’incapace?”
Maya sentì il cuore balzarle in petto, e d’improvviso tutta la sua
rabbia sparì: Gojuin, che dalla fine dell’esercitazione non aveva ancora detto
una parola… Gojuin la stava difendendo!
Il generale aveva parlato
con tono calmo, ma la sua espressione era piuttosto tesa. Li Touten lo guardò
completamente spiazzato: non si sarebbe mai aspettato che le cose avrebbero
preso una simile piega…
“Io… generale, io, con le
mie parole, ho forse…?” tentò di replicare, ma l’altro lo fermò seccamente:
“Non potreste semplicemente rispondere alla mia domanda?”
Li Touten serrò i denti,
inviperito: come osava quel dannato rivolgersi a lui con quel tono? E per di
più non l’aveva ancora degnato di uno sguardo! Continuava a parlargli guardando
altrove, come se il suo interlocutore non fosse lui, il sommo Li Touten, ma un
qualsiasi pezzente miserabile!
Fece un profondo sospiro:
non doveva dimenticarsi di quanto Gojuin sarebbe stato utile ai suoi piani… per
fargli pagare l’affronto c’era sempre tempo.
“No. Certamente no,
generale. Temo di essermi espresso male, e di avervi offeso senza volerlo…”
tentò di recuperare, distendendo il volto in un largo quanto faticoso sorriso.
Dentro di sé, Li Touten si stava rodendo: nemmeno quella via si era rivelata
fruttuosa… anzi, aveva quasi rischiato di rovinare tutto! Doveva inventarsi
qualcos’altro per convincere Gojuin sull’ambiguità di Maya e degli altri due.
Doveva riuscire a tutti i costi a farlo sentire ingannato… solo così quello
spocchioso permaloso e testardo avrebbe acconsentito a seguirlo!
“Dal momento che voi siete
il suo comandante, non nutro dubbi sul fatto che il ruolo di Maya sia più che
meritato…” continuò Li Touten, cercando di imboccare un’altra strada, “… del
resto, non essendo lei sotto il comando del generale Tenpou…”
Il giovane dio si sistemò
gli occhiali e, senza alzare lo sguardo dal tavolo, replicò ironicamente:
“Anche se oggi ho perso l’esercitazione, questo non significa che non sia
capace di addestrare i miei ufficiali…”
“Oh, io non mi stavo
riferendo a questo…” si affrettò a precisare l’altro, “…quanto al fatto che.. .
insomma… viste le voci che girano sul vostro rapporto, signore, chi non
dubiterebbe che una carriera rapida come quella del generale Maya non fosse
frutto di… diciamo… qualità e capacità non propriamente militari?”
“Che cosa state
insinuando?” chiese Tenpou, cominciando ad innervosirsi sul serio.
“Ma niente, generale!
Niente, davvero!” continuò Li Touten, assumendo la sua solita espressione
fintamente innocente, “Io mi limitavo a fare un’osservazione! Se avete la
coscienza pulita, simili frasi non dovrebbero offendervi!”
“Perdonatemi, signore!” si
intromise Maya, facendo l’impossibile per mantenere il controllo. Kenren notò
quanto la voce le tremasse e, con rabbia, strinse forte il bracciolo della sua
sedia: quel bastardo gliel’avrebbe pagata, in un modo o nell’altro.
“Perdonatemi, “ ripeté la
donna, “ma mi è difficile capire come io e il generale Tenpou non dovremmo
sentirci oltraggiati da simili parole!”
“Non capisco dove stia il
problema…” replicò Li Touten.
“Signore!” esclamò Maya,
“Voi mi state dando della sgualdrina!”
L’altro la guardò,
compiaciuto di constatare quanto fosse turbata: “Non io, ve l’assicuro…” disse,
“… non potete prendervela con me se circolano queste voci su di voi. Il fatto
è, Maya, che il rapporto che vi lega ai generali Tenpou e Kenren è piuttosto
ambiguo, e la gente si domanda di che natura sia, in realtà… e del resto, uno
si può chiedere anche come mai non abbiate mai smentito tali insinuazioni, se
davvero non sono vere…”
Queste parole, dette con
tono apparentemente placido e accondiscendente, calarono sui tre come scuri
affilate. Non era tanto per il fatto di essere venuti a conoscenza di quello
che si diceva alle loro spalle: da tempo avevano imparato quanto la gente fosse
subdola e pettegola. No, la cosa che veramente aveva fatto crollare le loro
ultime resistenze era la consapevolezza dell’enorme umiliazione a cui Li Touten
abilmente li aveva sottoposti. Due eserciti interi avevano assistito alla messa
in piazza delle loro questioni private, travisate e rese ambigue ad arte da
quella serpe che sedeva accanto all’imperatore e che ora si godeva lo
spettacolo compiaciuta.
Maya, più di tutti, non
riusciva a parlare: la gola le si era chiusa completamente. Due eserciti
avevano sentito Li Touten insinuare che lei fosse l’amante di Tenpou e di
Kenren… i suoi uomini lo avevano sentito! Anche se sapeva che non era così,
anche se sapeva di avere la coscienza pulita, dopo una simile umiliazione come
avrebbe potuto riuscire a farsi rispettare ancora da loro? Come avrebbe fatto a
far valere su di loro la sua autorità? Non voleva piangere. Non voleva assolutamente
piangere. Ci sarebbe mancata solo quella per rovinare definitivamente tutto. E
poi nemmeno morta avrebbe dato a Li Touten la soddisfazione di assistere ad un
simile spettacolo. Benché le lacrime cominciassero a riempirle gli occhi, si
impose di resistere, anche se le bruciavano come se fossero fiamme. A che cosa
era servita tutta la fatica che aveva fatto? A che scopo si era sacrificata, a
che erano serviti i suoi sforzi per guadagnarsi la posizione che ricopriva se
ora bastava la parola di un solo bastardo per far crollare tutto il suo mondo?
E soprattutto perché, per tutti quegli anni, aveva continuato a nascondere i
sentimenti che provava verso Tenpou se alla fine doveva comunque passare per
una sgualdrina? E per quale motivo, poi? Amare un’altra persona era tanto
orribile? Era tanto sbagliato, tanto colpevole provare affetto per qualcuno?
Maya non avrebbe saputo
dire quanto sarebbe stata in grado di resistere alla tentazione di piangere.
Probabilmente non ce l’avrebbe fatta a togliere a Li Touten la soddisfazione di
vederla in lacrime se non avesse improvvisamente sentito la mano di Gojuin
appoggiarsi sulla sua spalla. Stupita, si era voltata immediatamente verso di
lui: il generale si era alzato in piedi e sembrava che la stesse aspettando.
“Andiamo…” le disse
semplicemente. La ragazza si sentiva troppo stordita per fare domande, e non
esitò ad alzarsi a sua volta. In cuor suo non voleva altro che andarsene da lì
il più presto possibile.
Li Touten guardava la scena
terreo in volto, senza parole: i suoi occhi erano fissi su Gojuin, e lo
trapassavano come se fossero pugnali.
“Che cos’hai intenzione di
fare, Gojuin? Che cosa stai facendo?” si ripeteva, “Vuoi forse dimostrarmi
quale parte hai scelto di appoggiare? È questa, dunque, la tua risposta?”
Gojuin esitò un istante
prima di seguire Maya fuori dalla stanza: in quel brevissimo, fuggente attimo,
guardò con i suoi occhi rossi in direzione di Li Touten. Poi, senza dire una
parola, con passo tranquillo si diresse verso l’uscita. Il dio fremette di rabbia.
Nascoste alla vista degli altri convitati, le sue mani stavano tremando. Gojuin
non era ancora arrivato a metà strada, quando anche Tenpou e Kenren si alzarono
per andarsene. Nemmeno loro persero tempo in discorsi: i loro occhi, fissi su
Li Touten, erano più chiari di mille parole.
“Questo non è proprio
quello che mi sarei aspettato da questo banchetto…” commentò acidamente il
sovrano celeste, rivolgendosi al dio accanto a lui con una nota di biasimo.
L’altro trattenne a stento l’impulso di mettergli le mani addosso. Sospirò,
cercando disperatamente di recuperare la calma perduta, e rimase seduto
immobile a seguire i quattro che uscivano dalla sala.
“Kazue, Konzen, Goku… Tenpou… Kenren, Maya… e
adesso anche Gojuin…” pensò, passandosi nervosamente una mano sulle labbra, “…
comincio ad avere troppi nemici attorno a me. Troppi, troppi nemici…”