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Autore: Psyker_    26/06/2013    0 recensioni
Grazie al paradossale sacrificio del Demone, il Saar è riuscito a riemergere dopo gli anni di guerra. Una cacciatrice e i suoi preziosi compagni non hanno però dimenticato il debito nei confronti di quella entità "oscura" che li aveva salvati, e riunendo il gruppo si preparano a varcare il limite del Saar, in quei tempi di cambiamenti in cui ognuno di loro ha imparato a vivere la propria storia. Tra magia e stregoneria si pongono intanto i Cacciatori della Notte, vincolati alla loro imprescindibile Promessa.
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il mondo di Saar'
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cap2

La brezza carica dell’essenza del mare inondò la grande vallata che si apriva alla vista della cacciatrice: i colori infuocati del tramonto donavano al suo sguardo un riflesso scarlatto simile a quello dei suoi capelli, che raccolti in un fermaglio raffigurante un drago dorato, resistevano al vento ululante in quei meandri disabitati. Mera non aveva memoria di quel luogo, non ricordava di aver mai visitato nulla se non il proprio castello e le località attraversate durante la fuga insieme a Valerian. I suoi ricordi avrebbero dovuto fermarsi all’elegante ballo in maschera, al suo volteggiare tra le braccia del mago e il perdersi tra i suoi occhi chiari come il ghiaccio, eppure frammenti di un’esistenza mai vissuta si insediavano tra lei e le esperienze realmente conosciute, come bagliori in un contesto appena illuminato dal chiarore tenue della mezza luna, come giorni di pioggia che velano il vigore del sole. Chiuse gli occhi scuotendo il capo, il solo pensiero di essere stata qualcun’altra per un periodo durato fin troppo la disgustava, avrebbe preferito cambiare da sola, allontanarsi dalla vita di corte per una scelta consenziente ed effettivamente… così aveva fatto. Proseguì insieme a Tarus per qualche altro chilometro in quella distesa di prato incontaminato, privo di alberi, di fiori, forte soltanto della propria erba scaldata dai raggi rossi che lentamente cominciavano a sparire. Mera continuava ad annusare l’aria estasiata, non riusciva a comprendere come un luogo così isolato dal mondo potesse profumare tanto di benessere, in un gioco di odori che mescolava salsedine e terra umida.
«Ci siamo allontanati parecchio dalla costa, eppure sento ancora il profumo del mare» iniziò la ragazza mentre Tarus si lasciava pervadere da un sogghigno divertito.
«Non è l’odore del mare ciò che senti, ma quello del grande lago di Terenith, il più grande del Saar. Dicono che le sue acque siano salate, proprio come quelle del mare, ma sinceramente non sono mai stato tanto stupido da inoltrarmi così profondamente nell’Horion da vederlo» spiegò il Phylis con una punta di saccenza.
«Perché? Dove si trova?» continuò curiosa Mera che per quanto avesse cambiato totalmente la sua vita, non avrebbe mai potuto abbandonare quel lato del suo carattere che poneva il desiderio di conoscere ogni segreto del mondo oltre qualsiasi cosa. Era in fondo uno dei motivi che l’avevano convinta a lasciare Kubara la prima volta e sicuramente non uno degli ultimi che l’avevano allontanata la seconda. Il piccolo arciere indicò verso la radura a Nord che ad occhio sembrava non terminare neppure oltre l’orizzonte, lasciando all’immaginazione della fanciulla ciò che nascondevano in verità quei luoghi misteriosi del continente.
«Verso quella direzione, all’estremo Nord del mondo, vi è la famigerata Foresta dell’Eco, un luogo da cui, si narra, provengano costantemente voci e grida disperate. Nel suo cuore vi è il lago».
«Quanto è grande l’Horion? Abbiamo camminato per giorni verso Nord e della foresta non vi è traccia… solo questa distesa infinita di erba» disse la ragazza incantata all’idea di un luogo del genere su cui esistevano leggende misteriose.
«Grande, ma sono sicuro che hai cose più importanti a cui pensare» terminò il Phylis facendo un cenno col capo verso le sagome di alcune persone appena illuminate dalle ultimi luci del giorno.
«Siamo arrivati» ed afferrò per un braccio la fanciulla accelerando il passo. Mera era nervosa, eccitata, strinse i pugni e costretta dal passo dell’umanoide, faticò per non inciampare nel manto erboso della vallata. La visibilità era ormai scarsa, la notte sarebbe sopraggiunta presto ma gli occhi chiari della fanciulla dai capelli rossi avrebbero illuminato anche l’oscurità più profonda. Sul viso di Carian si aprì un sorriso sincero e felice e correndo verso l’amica, le saltò tra le braccia contenendo le lacrime; dietro di lei avanzò lo spadaccino dorato con i suoi corti capelli biondi e gli occhi dello stesso colore della sorella, anzi, l’occhio, dato che una lunga cicatrice dal sopracciglio sinistro al mento gliene era costato uno che adesso restava chiuso sotto quello sfregio. La cacciatrice se ne rese subito conto e con aria preoccupata si avvicinò immediatamente all’amico.
«Golden… che cosa è successo?» si limitò a chiedere temendo la risposta.
«La vita nelle Terre Aride può essere dura ma mi sono addestrato abbastanza da non pensarci, a te come va? Anche se a vederti non dovrei neanche chiederlo» disse sorridendo mentre anche lui si concedeva un abbraccio.
«Bene, credevo di aver vissuto un anno terribile ma dopo questo mi rendo conto di essere stata fortunata» rispose Mera un po’ titubante.
«Sapevo che te la saresti cavata, nessun problema con il castello?» chiese Carian.
«No, per quanto l’idea di cambiare colore di capelli mi terrorizzasse, è stata un’ottima scelta...» - si sfiorò la chioma - «per non parlare del fatto di tagliarli, mi ci è voluto un po’ per abituarmi» confessò infine la principessa con un velo di malinconia.
«Dov’è Ruphis?» continuò poi guardandosi intorno. A quelle parole, un singhiozzare in sottofondo fece alzare ai presenti lo sguardo verso l’alto e una piccola figura volteggiante con gli occhi bendati scheggiò tra le lacrime ad abbracciare l’ex padrona. Gli ci vollero almeno dieci minuti per riprendersi, quel pianto liberatorio era l’accumulo di due anni di sofferenze, mancanze ed abitudini compromesse di un povero Drago Nano costretto a vivere senza colei che aveva giurato di proteggere e salvaguardare, in qualunque circostanza.
«S-scusami…» riuscì a dire fra un singhiozzo e l’altro e dagli occhi chiusi di Mera fuoriuscirono poche ma significative lacrime mentre il suo volto sembrava aver finalmente ritrovato un bagliore di luce che la accomunava alla giovane e bella principessa di Kubara di due anni prima. Era cambiata, era più forte, più decisa ma quell’abbraccio, quell’incontro, la riportò indietro, smascherò la nuova figura che si era impossessata del suo viso rivelando la luce in quegli occhi chiari che avrebbero potuto rischiarare anche il cuore di un demone.
Il gruppo si accampò per la notte nella radura alternando i turni di guardia, in quel luogo non vi era nulla con cui proteggersi, non un albero, nessun cespuglio dietro cui nascondersi, solo una distesa infinita di verde con all’orizzonte una coltre di nebbia attraverso cui filtrava il bagliore della luna. Mera accese un fuoco e Carian si preparò a spiegare ciò che avrebbero dovuto fare alle prime luci dell’alba mentre le fiamme scaldavano la notte fredda.
«Dopo quasi due anni» - esordì- «sono finalmente arrivata ad una svolta fondamentale. Ho studiato e compreso fino in fondo il potere delle due gemme nate dall’unione di distruzione e creazione, gemma rossa e bianca, e vita e morte, gemma dorata e nera, giungendo alla conclusione, dopo diverse ricerche, che esiste un metodo capace di amplificare il potere rimasto al loro interno».
Mera ascoltava in silenzio così come tutti gli altri presenti, tra coloro che quella notte sedevano intorno al fuoco, Carian era l’unica capace di destreggiarsi nell’arte magica e dunque negli studi necessari per avvicinarsi quantomeno a capire la composizione delle potenti gemme.
«Nelle Terre Aride, in una caverna celata da alcune forze mistiche, si trova il teschio di un potente Ebrion Bianco, anzi, IL potente Ebrion Bianco che si racconta fosse vissuto quando nel Saar non esistevano ancora neppure i primi maghi. Alaphys, la madre dei sacri rapaci» continuò la ragazza mentre il gruppo veniva rapito da quella che sembrava l’ennesima leggenda di un mondo inesplorato. Ruphis sembrava il più informato, al punto che continuò da sé la descrizione di quella potente creatura dal manto puro e candido:
«Colei che era capace di far fiorire un’intera foresta al solo passaggio, colei il cui battito d’ali era sinonimo di nuova forza, giovinezza, benessere. Lo stesso rapace con un potere che tutti credevano essere morto con lui tanti secoli fa».
«Esatto, Ruphis» - rispose immediatamente Carian con sguardo serio - «le ossa di Alaphys mantengono le proprietà curative che le caratterizzavano. Esistono troppi studi di maghi e viaggiatori che hanno attraversato le Terre Aride per giungere a Spell per mettere le mani sui manoscritti di coloro che possono testimoniare i miracoli di quella creatura e noi… ci siamo riusciti» continuò sorridendo al fratello che scuoteva le spalle, come se quella che avesse fatto fosse stata la più semplice delle spedizioni.
«Non ce l’avrei fatta senza Ruphis che fortunatamente c’era già stato con Liz» Rispose Golden con un sorriso beffardo.
«Quando ci siamo riuniti poco fuori Kubara tempo da, ero già a conoscenza di questa storia ma avevo bisogno di conferme. Vi avrei convocato prima se giungere a Spell non fosse risultato tanto difficile. Fortunatamente in quella miriade di libri, Golden e Ruphis hanno trovato ciò che ci serviva. Sapete, non è possibile portare degli scritti fuori da Spell ma con un po’ di concentrazione sono riuscita a mettermi in contatto mentale con Ruphis. Guidandolo per le numerosi sezioni della biblioteca siamo infine giunti alle pagine che ci interessavano: “Alaphys e la piuma della Luna”».
«Sembra molto il titolo di una leggenda» commentò Tarus mentre sgranocchiava qualche frutto che si era portato con sé, poi notò lo sguardo terrificante di Golden ed intuì che forse era meglio tacere, per il proprio bene.
«Scritto un secolo fa, quando il Luthus corrotto aveva ormai devastato i maghi, quando gli stregoni popolavano le lande desolate del Saar per sfuggire alla giustizia, quando i guerrieri, i cavalieri ed i cacciatori puntavano un utilizzatore di magia oscura per accaparrarsi la sua taglia, Arawyn Merhel, uno dei più potenti maghi ad essere rimasti tali, si diresse alla caverna di Alaphys sperando di poter “curare” il Luthus e far rinascere una nuova dinastia di maghi puri. In questo manufatto vi sono le sue cronache che come in un diario personale, ha riportato ogni passaggio di quel viaggio folle nel cuore delle Terre Aride» raccontò la ragazza dai lunghi capelli rossi sotto lo sguardo attento dei presenti, perfino Tarus finì per incuriosirsi smettendola di far chiasso masticando.
«Come finisce la storia?» Chiese Mera preoccupata, ritrovandosi per la seconda volta quella notte a temere una risposta.
«Nell’ultima pagina viene descritto il teschio dell’Ebrion e parla di come un’energia benigna abbia completamente curato le ferite di Arawyn riportate durante l’attraversata della caverna» rispose Carian sorridendo.
«E poi?» continuò curiosa la ragazza con gli occhi azzurri.
A quella domanda, Golden preferì volgere lo sguardo al draghetto alla sua destra che se ne stava accucciato vicino il fuoco che gli metteva in risalto i riflessi scarlatti delle scaglie, Tarus alzò un sopracciglio e Carian si limitò ad alzare gli occhi dorati verso l’interlocutrice, sbuffando.
«Nulla, le cronache si fermano a quel punto».




  
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