Fanfic su artisti musicali > Conor Maynard
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Autore: imstillbreathjng    26/06/2013    2 recensioni
Jennifer trascorre la sua vita nella tranquilla cittadina di Brighton, fin quando un sabato molto piovoso non si imbatte di una strana collanina, che la trasporterà in un mondo completamente diverso dal suo, dove l'aspettano guai,imprevisti e...un ragazzo molto originale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo due - ''Where have you been? In 1962!''
Rimasi lì imbambolata a pensare a come, in un attimo,  avessi dei dubbi su tutto ciò che al momento vedevo.
''Che cavolo significa Spaccatempo? E poi  come è possibile che mi ritrovi in un'altra epoca? Magari mi sto semplicemente sognando tutto.'' pensai.
Ma poi la ragione ebbe la meglio: poco prima di ritrovarmi in questo strano posto, ero chinata a terra per raccogliere un ciondolo, e poco prima ero a scuola. Quindi era praticamente impossibile che stessi sognando.
Non avendo più l'ombrello del ragazzo a proteggermi, mi riparai sotto una tettoia per sfuggire alla pioggia scrosciante, anche se ormai i vestiti erano completamente zuppi.
Forse la gente mi avrebbe presa per pazza, lì schiacciata contro la parete e completamente bagnata, senza fare niente per lo più. Pensavo, più che altro.
''Il ciondolo!'' mi venne poi all'improvviso.
Scavai in tasca senza trovare niente,  ma poco dopo ricordai di aver indossato il ciondolo.
''Forse se lo tolgo ritorno a casa.'' mi dissi speranzosa.
Chiusi gli occhi e presi ad armeggiare con la collanina. Quando finalmente riuscii a toglierla, li riaprii.
Il vialetto che portava a casa  si snodava davanti a me, come se non mi fossi mai mossa da lì. Me ne stavo con le ginocchia piegate, vicino al tombino da cui avevo raccolto la collanina. Mi trovavo esattamente nel posto in cui me ne ero ''andata''. Mi chiesi se il tempo fosse trascorso qui mentre io mi trovavo in un'altra epoca. L'orologio che portavo sempre al polso, però, era fermo, e le lancette segnavano le tre e un quarto di pomeriggio. Probabilmente l'ora in cui ero ''scomparsa''. Infilai la collanina in tasca e corsi verso casa, aspettandomi un rimprovero da mia madre.
E , come al solito, la mia esperienza in questo genere di cose ci aveva ovviamente azzeccato.
Infatti, non appena varcai la porta di casa..
'' JENNIFER CHARLOTTE BREENNER! DOVE DIAMINE SEI STATA TUTTO QUESTO TEMPO? ''
Diedi un'occhiata veloce all'orologio appeso sopra la testa di mia madre e notai che segnava le quattro di pomeriggio. Saltai sul bancone della cucina e presi a mordicchiare una mela.
'' Mh, niente di che. Nel 1962. '' risposi.
'' Ma cosa vai blaterando? E perché sei tutta bagnata, poi? '' disse mia madre stranita.
Sorrisi alla sua espressione e scesi dal bancone per darle un bacio sulla guancia.
'' Non preoccuparti. Ho dovuto accompagnare Kate a casa perché aveva perso il pullman e aveva paura dei rapinatori ''
'' Dei rapinatori? Alle tre di pomeriggio? '' disse mia mamma alzando un sopracciglio.
Mi limitai ad alzare le spalle e sparii dalla vista di mia madre scivolando veloce nel corridoio, che portava nella mia stanza, ultima porta a destra. Non ero mai stata brava a raccontare bugie.
La mia stanza era - forse - diversa dal tipo di stanza che ti aspetti un adolescente abbia. Non aveva poster che tappezzavano le pareti, non aveva un letto vero e proprio ma un divano-letto, e non aveva una scrivania con un computer.
Non avevo bisogno di nient'altro se non del mio telefono per comunicare con i miei amici, e poi per passare il tempo avevo le centinaia di libri messi ordinatamente nelle librerie tutte intorno alla camera, che tappezzavano le pareti come invece avrebbero dovuto fare i poster. E il letto mi andava bene così. Sospirai pensando a quanto mi sentissi diversa dagli altri. Forse lo ero davvero, ma speravo sempre di non darlo troppo a vedere.
Mi spogliai degli abiti sporchi ed entrai nella doccia.
''Una doccia è la cosa migliore da fare se vuoi schiarirti le idee.''
Pensai, ricordando una frase che forse qualcuno mi aveva detto molto tempo fa.
Mentre l'acqua mi scendeva lungo la schiena, ripercorsi mentalmente quella strana giornata.
Per quanto fosse bizzarro il fatto che fossi andata in un'altra epoca e tornata non riuscivo a smettere di pensare agli occhi straordinariamente azzurri di quel ragazzo.
''Ha detto che si chiama Conor'' mi ricordò pignola la mia mente.
'' Grazie per l'informazione. Lo sapevo. '' dissi parlando a nessuno in particolare, se non al muro.
''Sono sorpresa del fatto che non mi abbiano ancora rinchiusa. Adesso credo anche di aver viaggiato nel tempo e di aver conosciuto un ragazzo. Ma per favore''
Guardai i piedi diventati rossi a causa del getto caldo dell'acqua e poi percorsi il mio corpo con lo sguardo.
Quanto odiavo quelle gambe spigolose. I fianchi troppo larghi e l'osso del polso in bella vista. Magari essere magra era il sogno che ogni ragazza potesse avere, ma non era affatto il mio. Da quando ero piccola avevo quella costituzione gracilina. Avevo subito i peggiori insulti per il mio corpo, cose come 'anoressica' e simili. Ogni volta era come una pugnalata al cuore. Ma mi ci ero abituata, e ora come ora riuscivo a sopportare tutti gli insulti che arrivavano dagli altri. Tutti, tranni i miei. Quelli che venivano dalla mia mente e che mi ricordavano costantemente di quello che ero o per lo meno, quello che mi sentivo.
I capelli forse erano l'unica cosa che si salvava, insieme agli occhi.
 I capelli potevano sembrare semplicemente marroni, ma alla luce del sole diventavano più chiari, oppure, quando ero in contro luce, sembravano essere del colore del pelo della volpe, quel marrone che tende al rosso. Me l'aveva fatto notare mia nonna, qualche anno fa, prima che morisse. Mi mancava terribilmente..
Gli occhi erano quasi la stessa cosa. Visti da lontano potevano essere semplicemente di un verde smorto, scuro che tende quasi a diventare marrone diarrea, se proprio volevi essere crudele ( e io lo ero abbastanza, con me stessa ),ma da vicino potevi vedere le scaglie dorate che c'erano all'interno.
Il problema era che nessuno si era mai avvicinato così tanto a me da vedere le scaglie dorate all'interno dei miei occhi, e loro non avevano quasi mai brillato per qualcuno, quindi col tempo erano diventati spenti e tristi, proprio come me. Non mi interessava più di sembrare amichevole o estremamente estroversa, perché non era quello che ero. Quindi a questo punto, meglio fallire essendo sé stessi che avere successo imitando qualcun altro.
Mi sciacquai e insieme al bagnoschiuma cercai di sciacquare via anche questi brutti pensieri, ma loro rimanevano fastidiosamente impigliati in qualche parte della mia testa.
Così, dopo essermi asciugata per bene ed essermi messa il pigiama - composto da dei pantaloncini blu maglia coordinata - mi infilai le cuffie nelle orecchie. Sparai la musica a tutto volume e afferrai il primo libro che capitò sotto le mie dita.
Mi gettai sul letto e chiusi gli occhi prima di aprire il libro. Cercai di farmi entrare ogni singola parola della canzone in testa, così da distrarmi da quei pensieri maledetti.
''Vorrei davvero conoscere Conor. Magari mi aiuta a capirci qualcosa''
''E' solo che ti piace.'' rispose la mia coscienza.
''Ma per favore. Non dire sciocchezze. Come fa a piacermi uno che abita nel 1962?''
''Che ne so, amica. Sei tu quella che prende le decisioni, qui. Io ti consiglio solamente''
''Beh, grazie coscienza. Sei molto d'aiuto''
''Grazie''

''Ero sarcastica''
''Grazie comunque''

Sbuffai e affondai la faccia nel libro, mentre mi perdevo tra le pagine.
Poi la canzone finì e sentii un sasso colpire la mia finestra.



hola babiees.
scusate per questo schifo di capitolo,è solo un capitolo di passaggio lol
dopo ci sono le cose interessanti

soooo..recensiterecensiterecensite!

 

  
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