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Autore: _Frency_    27/06/2013    2 recensioni
Dal testo:
[...] Lei, la ragazza senza nome dallo sguardo assente, aveva dei meravigliosi occhi verdi speranza. Una speranza così forte e disarmante da palesarsi in tutta la sua meraviglia. E tutta la speranza che celava in fondo a quegli specchi smeraldini sembrava aver abbandonato il suo corpo, per andare a rifugiarsi solamente nei suoi occhi. [...]
Lei si chiama Nesta. Come il secondo nome del famoso Bob Marley. Non è nessuno e non cerca di diventare qualcuno. Agli occhi di molti è senza età, e ad altrettante tante persone appare molto più trasandata e provata dei suoi coetanei. Ha una famiglia numerosa, ma non ha genitori. Anzi sì, ci sono, però sono lontani. O forse è lei ad essere distante da loro. Patita del reggae, è una fumatrice incallita e odia ballare. Non è bella, almeno non a prima vista: è strana.
Quando i Tokio Hotel al gran completo fanno la sua conoscenza, è un caso: Bill e Nesta sono ricoverati nello stesso ospedale, ma per motivi ben differenti. Nesta non ha paura della morte, ma non per questo si definisce coraggiosa, no. Lei si definisce incosciente. Quando la sua vita si ritrova legata a quella di "quattro mocciosi ricchi sfondati" come li definisce lei, non è felice. Affatto.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricami sul Cuore.'
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Capitolo 15: America.

§
 

Gli Stati Uniti erano un vasto agglomerato urbano freddo e luminoso al tempo stesso, almeno visto dal finestrino dell’aereo su cui volavano i quattro Tokio Hotel. Sterminate città che avevano poco e nulla in comune con la loro patria. La prima cosa che li aveva colpiti, una volta scesi all’aeroporto di New York, era stato l’esagerato numero di persone che si era riunito per accoglierli, per non contare gli altri passeggeri che andavano e venivano senza interessarsi più di tanto a loro. L’unico palesemente a suo agio era Bill, il cui sorriso smagliante faceva la gioia dei numerosi fotografi lì riuniti. Si sentiva stranamente a casa in quel luogo, così luminoso, così caotico, così urbano e costoso. Tom scosse impercettibilmente la testa nel vedere il gemello che, senza freni, dispensava parole ai giornalisti, autografi svolazzanti ai fans e sguardi ammiccanti agli obbiettivi. Faceva la felicità dei media senza nemmeno rendersene conto.

Noia.

Il chitarrista era dannatamente annoiato, e anche stanco per giunta. Il lungo volo l’aveva provato in maniera terribile, e adesso avrebbe solo voluto buttarsi sul  suo letto d’albergo, che prevedeva essere morbido e profumato di bucato. Invece, il suo sconsiderato gemello aveva appena concordato una deliziosa cena con importanti produttori. Si diede dell’idiota per non aver nemmeno seguito il discorso, almeno avrebbe potuto tentare di fermarlo. Scambiò un’occhiata tra l’afflitto e l’incazzato con Georg, che si limitò a sorridere innocentemente, come per sottolineare il fatto che lui non aveva colpa. Tom sbuffò contrariato, dissimulando il disappunto dietro un mezzo sorrisetto tirato.

-Tom, cos’è quella faccia, non sei contento?- domandò ingenuamente Bill al fratello, mentre raggiungevano l’hotel.

-Bill, ti prego, risparmiami- sbottò l’interpellato, facendo sorridere bassista e batterista.

Era ormai tarda sera, e dopo una lunga sessione di strette di mano con sconosciuti incravattati erano riusciti a ridursi in albergo. Finalmente, Gustav e Georg e Tom si erano potuti lasciare andare a sbadigli degni di nota, levandosi dal volto quell’espressione di falso interesse. Non che i tre non si preoccupassero per il futuro della band, ma trovavano controproducente tenere colloqui di lavoro dopo quasi quattordici ore di viaggio. L’unico che ancora dimostrava di possedere una certa lucidità era Bill, che scettico osservava i compagni che beatamente si ritiravano nelle loro stanze.

Tom, nel buio della propria camera, osservava il panorama dalla grande finestra che dava su una strada trafficata, nonostante l’orario. La luna era oscurata da grossi nuvoloni scuri, e le poche stelle che facevano capolino dalla coltre scura si intravedevano appena, soffocate dalle luci della città.

A te non piacerebbe un cielo come questo, non è vero?

Ci aveva provato a non pensare a lei durante la giornata, e ci sarebbe quasi riuscito se non fosse stato per quel dannato cielo così poco naturale.

Troppe luci che non sono stelle.

Sì, ecco come diceva sempre lei. Allora chiudeva gli occhi – ricordava bene come faceva, l’aveva sempre trovata così strana e ammaliante al tempo stesso – e a mezza voce sussurrava le parole di una canzone che lui non aveva mai sentito. Aveva una bella voce: lo pensava sempre, ma non glielo diceva mai. Si sfiorò il mento con fare pensoso, mentre cercava di ricordare le parole che lei sibilava sempre in quella nenia melodiosa.

I look up to the sky
and try to find your eyes

Lo stava facendo: alzava gli occhi al cielo e cercava di trovare i suoi occhi.

Too many lights that are not stars

Quelle tante luci che non erano stelle, e che tanto l’avrebbero turbata.

I do not know what I saw
but I know you're there, I know

Tom non lo sapeva di preciso dove fosse Nesta in quel momento, ma in qualche modo era come se fosse lì, con lui, a osservare quel cielo che brillava di scintille artificiali, come tutta la metropoli.

A twinkle away
that I will reach one day

Era lei quel luccichio lontano che un giorno avrebbe raggiunto. Un giorno sarebbe tornata da lei, come le aveva promesso. Senza bisogno di parole, glielo aveva dimostrato.

And you are with me
with me

Sì, lei era lì, con lui. Nuovamente insieme, senza confini a separarli.

I do not know what I saw
but I know you're there, I know

Continuava a domandarselo. Non sapeva bene cosa avesse visto in quel manto scuro trapunto di incombenti nubi e flebili lumini, ma sapeva che anche lei era lì. Sapeva che stava guardando la stessa volta, con lo stesso rammarico.

Between words and dreams,
we are bound together by thin seams

Tra parole e sogni, loro sopravvivevano, legati insieme da sottili cuciture sulla pelle. Tenuti stretti tra loro, tenuti stretti alla realtà che non permetteva distrazioni.

I'm not afraid to face the world alone.

Glielo aveva fatto capire chiaramente: in passato non aveva avuto paura di affrontare il mondo da sola, e certo non avrebbe cominciato ad averne adesso.

Ed io?

Tom non poteva fare a meno di chiederselo: lui, adesso, avrebbe avuto paura di muoversi senza di lei? Di andare avanti senza quello sguardo smeraldino a consigliarlo, a guidarlo, ad amarlo? Senza di lei, che era diventata parte del suo cuore?
 


I primi giorni si erano susseguiti con lentezza estenuante, almeno per il chitarrista. Gli altri tre sembravano aver trovato la medesima lunghezza d’onda, che gli permetteva di trovarsi d’accordo sulla maggior parte delle cose. Tom, invece, si sentiva estraniato da quel mondo. Proprio lui, che a tutto si adattava, lui, che come il gemello adorava le grandi città, gli alti grattacieli e le scintillanti vetrate. Suo fratello, una volta resosi conto che la situazione non sarebbe migliorata di colpo se non avesse fatto qualcosa, aveva deciso di far tornare Tom quello di sempre: rumoroso, donnaiolo e spensierato. Il cantante, nonostante volesse bene a Nesta, si rendeva conto che la sua relazione con il fratello cominciava ad avere dei risvolti negativi sul ragazzo. Sapeva che forse, sotto sotto, era sbagliato desiderare che Tom fosse nuovamente il ragazzo di sempre, che a stento conosceva cos’era l’amore. Eppure, non resisteva alla vista del fratello che soffriva per lei, anche se faceva di tutto per negarlo. Bill aveva passato un periodo simile a sua volta, e Tom non aveva esitato a farsi avanti per aiutarlo. Certo, aveva utilizzato metodi ben poco convenzionali, ma alla fine, tra una cretinata e un discorso pieno di sentimento, era riuscito a risollevare il morale al gemello. E adesso quest’ultimo si apprestava a ricambiare il favore.

Il chitarrista aveva sorriso beffardo quando il suo gemellino gli si era parato davanti, le mani incrociate sui fianchi ossuti e lo sguardo che non prometteva nulla di buono. In poche, spicce parole gli aveva spiegato la questione: rivoleva dietro suo fratello, non un suo surrogato con evidenti problemi morali. Il ragazzo era rimasto stupito dalla determinazione del cantante, tanto da lasciarlo fare come se nulla fosse. Prima di tutto, a Bill serviva un pretesto per dargli l’opportunità di tornare quello di sempre.

Il party organizzato in una delle tante occasioni mondane newyorkesi si era rivelato perfetto. Musica, alcol e ragazze. Il chitarrista sembrava come svegliatosi di colpo da un lungo sonno, una volta entrati nel locale. Era come se fosse stato catapultato nuovamente nel suo ambiente prediletto. Luci psichedeliche che stordivano a prima vista, musica ridondante alzata a livelli quasi dolorosi per chiunque non vi fosse abituato e l’odore dell’alcol che impregnava l’aria, mischiandosi con un piacevole aroma a loro sconosciuto. Grida sguaiate, sorrisi maliziosi, chiome che si muovevano al ritmo dettato dallo stereo. Essere costretti a sentirsi: vestiti, corpi, profumi, rumori. Un’ingegnosa trappola pensata per portare chiunque a perdere la ragione. Il chitarrista incrociò lo sguardo soddisfatto del fratello. Chi era Tom Kaulitz per tirarsi indietro?

Il mattino era arrivato portandosi con sé una luce decisamente fastidiosa, soprattutto per gli occhi arrossati e gonfi del chitarrista, che esibiva due occhiaie scure da far paura che spiccavano notevolmente sul volto bianco. Era sdraiato su quello che riconobbe essere un letto sfatto, però non era quello della sua camera d’albergo. Provò ad alzarsi, ma si fermò sentendo la testa pulsare così forte da temere che stesse per scoppiare. Sbuffò contrariato, riuscendo a mettersi seduto e cercando di fare il punto della situazione, cercando di ignorare la presenza della ragazza che ancora dormiva al suo fianco. Si era ubriacato, ok, era abbastanza lampante visto come sentiva la bocca impastata e lo stomaco dolorante. Aveva passato la serata con i ragazzi in uno dei privè, fino a che non aveva intercettato lo sguardo languido di una ragazza. Avevano ballato per un po’ insieme, poi, con la mente leggera, libera da ogni pensiero, si era lasciato condurre in quella camera dalla mano calda della ragazza. Al pensiero della notte precedente si sentì colpito da un’irrefrenabile voglia di scomparire immediatamente da quella stanza, dimenticando ogni cosa. Così, oltre all’emicrania sempre più martellante, si aggiunse anche una nuova, fastidiosa sensazione: il senso di colpa, che raramente in vita sua aveva provato.
Riuscì a raccattare i suoi vestiti, sparsi un po’ ovunque, poi gettò una veloce occhiata alla ragazza che ancora riposava indisturbata: era molto bella, con lunghi capelli biondi sparsi sul cuscino e la pelle nivea che spiccava sulle lenzuola color vinaccia. Le rivolse un’occhiata piena di compassione, prima di uscire silenzioso da quella stanza intrisa di soffocante colpa.

-Eccoti, finalmente! Temevamo che non saresti più tornato- la voce di Georg lo accolse una volta arrivato nella hall dell’albergo.

-Allora, non ti senti meglio?- domandò suo fratello, sbucando da una delle tante poltroncine di pelle scura.

Tom lo incenerì con lo sguardo, rendendosi conto solo dopo che, in fondo, suo fratello non aveva colpe. Anzi. Aveva semplicemente cercato di aiutarlo.

-Se si esclude il mal di testa da post-sbronza, gli occhi pesti, il mal di stomaco e il rimorso … Sì, sto decisamente meglio- sbottò acido, lasciando Bill di stucco.

-Ma… ma come? Andava tutto a meraviglia…- domandò esterrefatto, sgranando gli occhi scuri già bistrati di nero.

-Senti Bill, tu non hai fatto nulla di male, ok? Cercavi di aiutarmi e lo apprezzo, va bene? Ora rilassati: un paio d’ore e starò a meraviglia- fece Tom pratico, cercando di sorvolare sulla questione “sensi di colpa lancinanti”.

-Voglio solo sapere una cosa: sei riuscita a dimenticarla, anche solo per una notte?- domandò lievemente Bill all’orecchio del gemello, mentre quest’ultimo faceva per andare nella sua stanza.

Il chitarrista si fermò di colpo, inspirando profondamente.

-No-










My Space:

Avanti, ammettelo che non ve lo aspettavate! ;)

Sono tornata finalmente, dopo aver fatto i salti mortali per riuscire a finire di scrivere il capitolo. 

Vorrei fare un piccolo chiarimento, per evitare incomprensioni: Tom ama Nesta, nonostante tutto. Ecco perchè, anche dopo averla "tradita" con la ragazza della discoteca, non può fare a meno di ammettere con Bill che in realtà non ha mai smesso di pensare a lei. Ho deciso di inserire il tradimento da parte del chitarrista per sottolienare che, in fondo, rimane sempre lui: un ragazzo davvero poco incline ai legami, ma che non riesce a dimenticare la donna. Non è una giustificazione, questo è certo, ma è l'ennesimo, strano modo con cui le dimostra quanto le sia legato.

Non so se ho reso l'idea, ho fatto del mio meglio.

Come sempre ringrazio tutti i miei lettori e le miei lettrici per il grande sostegno. Siamo quasi alla fine! :)

Alla prossima!
   
 
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