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Autore: Deb    27/06/2013    3 recensioni
{Post 5x13! | (B)romance Merthur}
"Svegliati, per favore", pensò Merlin stringendo le ginocchia tra le braccia. "Svegliati, e chiamami idiota, dai, Arthur".
«Emrys».
«Fallo risvegliare», disse soltanto, tornando ad osservare Arthur.
«Guardarlo così intensamente non lo farà tornare da te».[...]
«Desidero soltanto una cosa, chiunque tu sia, voglio che Arthur si salvi perché non può essere il suo destino quello di morire così, oggi. Mi rifiuto di crederci, mi rifiuto»[...]
«Lo puoi salvare?», domandò poi, stufo.
Era arrivato fin là, dopo il fascio di luce, proprio per cercare di riportarlo indietro e, fosse stata l’ultima cosa che avesse fatto, Arthur sarebbe ritornato.
«Una vita per una vita, lo sai bene, Emrys».

--- {Dal secondo capitolo}
Dopo essere riuscito ad idratarlo, Merlin non riuscì più a trattenersi e, di slancio, l'abbracciò.
«Staccati, idiota».
Avrebbe voluto baciarlo tanta era la felicità di rivederlo, di ricevere nuovamente i suoi insulti.
«Arthur».
«Sono qui, Merlin», ricambiò l’abbraccio, infine. Erano stretti l'uno nell'altro, vivi.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Gaius, Gwen, Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Così sia
Capitolo IX


Un altro mese era trascorso ed era tornato quasi tutto alla normalità.
Merlin aveva ripreso a tempo pieno i suoi impegni da valletto del Re ed Arthur aveva convocato più volte il consiglio per discutere del nuovo regno venutosi a creare.
Soltanto osservandolo si notava che la stanchezza che l'aveva accompagnato per tutto il primo mese dal ritorno a Camelot era scomparsa.
Merlin si sentiva orgoglioso di lui e di se stesso. Arthur era un leader eccezionale e lo stregone, con la sua magia, era riuscito ad aiutarlo.
Erano cominciate a circolare delle voci sul conto del servo. Tutti sapevano che Merlin aveva un rapporto strano con il proprio Re, nessun servitore si sarebbe mai permesso di parlare con Arthur in tono confidenziale come faceva Merlin, ma ultimamente i pettegolezzi erano aumentati.
Probabilmente era dovuto al fatto che spesso Arthur andava nell'appartamento di Gaius, dove Merlin risiedeva, e ci si chiudeva dentro per ore.
Non facevano niente di male, ovviamente. Arthur spesso correva a riferirgli i sogni che faceva, non riuscendo a comprendere – il più delle volte – il significato delle visioni.
Era inutile negare che le persone adoravano parlare ed alimentare tanti, troppi, pettegolezzi.
Merlin ne aveva ascoltati dei più svariati e sperava che né il re, né la regina ne venissero mai a conoscenza.
Come quella volta che sentì raccontare da una vecchina che Merlin non era veramente il valletto del re, quello era il suo secondo lavoro, il primo sarebbe stato quello di renderlo felice con i propri baci e le carezze. L'anziana aveva aggiunto che per lei non c'era niente di male in tutto ciò, il proprio re – che adorava – poteva fare ciò che voleva con il proprio personale e che, se Arthur avesse deciso di prendere un servo come concubina, allora la colpa era della moglie perché non lo soddisfaceva in pieno sotto le lenzuola.
Quello era il pettegolezzo più fantasioso che avesse mai sentito.
Merlin si ricordò che quando quella storia era arrivata alle sue orecchie, mentre era al mercato a cercare qualcosa di nuovo da acquistare, non aveva potuto fare a meno di non sentirsi un po' in imbarazzo. Le persone avevano una grande fantasia, di questo ne era sicuro. Non si poteva assolutamente concepire l'idea di Arthur nel cercare di allietare la propria sete di erotismo con lui, un umile servo.
Quelli più normali raccontavano di come il grande re, una persona buona e giusta, avesse stretto amicizia con il proprio servo e che quindi trascorreva tempo con Merlin per allietare le proprie giornate.
«Non angustiarti, Merlin. Sono solo pettegolezzi, lasciali parlare», affermò Gaius porgendogli la colazione e ridendo sotto i baffi.
«Sicuramente non farei nulla a riguardo, ma, insomma... come si fa anche solo lontanamente a pensare una cosa del genere?».
Gaius rise, «Merlin, la mente delle persone pensa tantissime cose e ci sono persone più maliziose di altre, nulla di più».
Il mago stava per replicare quando la porta dell'appartamento si aprì di scatto e fece la propria comparsa il re.
Merlin lo osservò per un attimo, poi si disse che, sì, quel pettegolezzo sarebbe potuto sembrare anche fondato se Arthur si fosse presentato nuovamente in quella maniera.
«Siete in tenuta da notte, Arthur», affermò Merlin, continuando a mangiare.
«Non avevo tempo di cambiarmi».
«Non sapevate come fare, piuttosto», lo riprese facendogli segno di chiudere la porta e sedersi al tavolo.
«Buongiorno, sire».
Gaius si inchinò, «volete fare colazione con noi?».
Arthur guardò la pietanza di Merlin, probabilmente non la trovava molto gustosa. «D'accordo, ho mangiato ben di peggio».
«Come carne di topo».
«Sta zitto, Merlin», Arthur si posizionò sulla sedia, ancora in tenuta da notte, e cominciò a mangiare.
«Siete venuto qui con cotanta fretta e poi non dite per quale motivo?», Merlin sorrideva nell'osservare il proprio sovrano trovarsi così a suo agio con la propria servitù.
Era davvero un grande re, comprendeva di essere al di sopra di tutti per rango, ma – a volte, non sempre – non lo faceva pesare a nessuno, se non a Merlin. Lo stregone credeva lo facesse soltanto per prenderlo in giro perché sapeva bene che per Arthur la sua vita non era più importante di quella di qualsiasi altro suo suddito.
Ovviamente, in più occasioni, aveva dovuto far sentire la propria voce; in fondo era il re e doveva farsi rispettare.
«Ah, già», fece una pausa per schiarirsi la voce, «tornerà Morgana», annunciò come se, per il momento, non fosse una notizia di cui preoccuparsi.
Sia Merlin che Gaius, invece, voltarono velocemente lo sguardo, «non è possibile, l'ho uccisa, l'avete visto pure voi!»
«Anche io sono morto, Merlin, eppure eccomi qui. Qualcuno potrebbe averla fatta tornare come tu hai fatto tornare me», spiegò tranquillo finendo la propria colazione.
«È diverso», esclamò in fretta il servo, preoccupato.
«Perché dovrebbe esserlo?»
Merlin sospirò, Morgana non sarebbe potuta tornare, lo sapeva bene. Lei era morta, colpita con la lama forgiata dal fuoco di Killgharrah, non per una piccola scheggia.
«Raccontatemi in dettaglio il sogno, vi prego».
Perfino Gaius era tutto orecchi, era seduto al tavolo con le mani incrociate ed attendeva che il sovrano cominciasse a parlare.
«C'era Morgana, rideva e mi ha detto, cito testuali parole: non cantar vittoria troppo presto, fratello. La guerra non è finita, ti annienterò, una volta per tutte».
L'anziano medico sgranò gli occhi, ma Merlin sorrise.
«Non significa che tornerà Morgana, Arthur. Lei ha ancora dell'ascendente sulle persone magiche che credono tu sia un nemico. Probabilmente avremo da fronteggiare diversi nemici con poteri magici, i discepoli di Morgana, ma lei non tornerà».
Arthur inarcò le sopracciglia, «ne sei sicuro?»
«Assolutamente».
«Bene, allora», Arthur si alzò in piedi e ringraziò Gaius per il cibo che gli era stato offerto, «sei pronto, Merlin? Dobbiamo prepararci per il consiglio che si terrà a breve, non posso certo andarci così. Muoviti».
Merlin rise, «arrivo».

Quel giorno, Arthur avrebbe nominato tre nuovi cavalieri.
Leon e Percival ancora piangevano la morte di Gwaine. Non che Merlin non lo facesse.
Gwaine era un suo amico e quando era venuto a conoscenza della sua dipartita non aveva potuto fare a meno di versare qualche lacrima.
Aveva cercato di contrastare Morgana, finendo per farsi uccidere. Aveva lottato per ciò che credeva e Merlin non poteva fare a meno di essere orgoglioso di lui.
Non meritava quella morte, Gwaine.
Arthur appoggiò la lama della sua spada sulle spalle del futuro cavaliere, «ti nomino cavaliere di Albion, Sir Itys».
La cerimonia stava volgendo al termine, i tre cavalieri erano stati nominati e Merlin sarebbe potuto tornare alle sue mansioni.
Arthur, però, non aveva ancora sciolto il consiglio.
Osservò i presenti in sala e poi tornò a sedersi sul suo trono, stringendo la mano della moglie.
«Oggi è un giorno importante per Albion. Abbiamo tre nuovi cavalieri che so che non deluderanno il regno, ma siamo qui riuniti in consiglio per eliminare una delle leggi che mio padre, Uther Pendragon, aveva portato sul regno di Camelot», fece una pausa e osservò di sbieco il proprio servitore.
Merlin inarcò le sopracciglia, Arthur non gli aveva anticipato nulla di tutto ciò quando di solito era il mago stesso che doveva ricordargli la lista dei punti da seguire.
«La legge vieta l'utilizzo della magia in tutte le sue forme. La pena è la morte. Io e la regina non sentiamo più nostra questa legge. Abbiamo vinto la battaglia di Camlann soltanto grazie all'aiuto di uno stregone, senza il quale probabilmente saremmo caduti. Dovremmo giustiziarlo perché ha usato la magia? Dovremmo ucciderlo perché ha deciso di aiutare il regno con i propri poteri?».
Merlin aveva la vista offuscata. Sapeva che prima o poi quel giorno sarebbe arrivato, credeva fermamente in Arthur e il drago stesso gli aveva sempre detto che sarebbe arrivato il momento in cui la magia sarebbe stata riammessa nel regno.
Non poteva fare a meno di sentire una gran gioia. Finalmente era del tutto libero.
«Da oggi, la magia è nuovamente riammessa nel mio regno e verrà posta a giudizio soltanto nel momento in cui un suddito o un viandante la utilizzerà per arrecare danno. In quel caso, verrà processato per il propri crimini e giustiziato se fosse ciò che merita», concluse il discorso, siglando, poco dopo, una pergamena.
Avrebbe potuto utilizzare la magia, anche in quel momento. Avrebbe potuto usarla liberamente, il moro non ci poteva ancora credere.
Ci sarebbe voluto tempo per farla accettare realmente da tutti i sudditi, alcuni erano tradizionalisti e credevano fermamente che la magia fosse soltanto malvagia, ma avrebbero cambiato idea.
Guinevere si avvicinò al marito e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio, sorridendo.
«Un'ultima cosa prima di sciogliere il consiglio», Arthur allungò una mano verso Merlin, che sussultò.
«Merlin, vieni qui», esclamò con fare autoritario.
Il servo gli si avvicinò e si mise al suo fianco.
«Ditemi pure, Sire», sussurrò.
Arthur lo guardò con disapprovazione, «come al solito non hai capito nulla, Merlin!»
Nella sala si alzò un riso generale, ma Merlin non comprendeva per quale diavolo di motivo avrebbe dovuto porsi davanti al re. Che fosse stato messo sotto processo?
«Sc... scusatemi», affermò, posizionandosi in piedi davanti ai sovrani.
Merlin deglutì ed attese le parole del proprio re.
Guinevere gli sorrideva affabile ed il mago riuscì a calmarsi un po'. Lui e Gwen erano amici, quindi se era così serena non sarebbe successo nulla di male. Era Arthur quello che lo agitava, il suo volto era serio.
«La persona qui presente, il mio personale valletto, è colui che mi ha salvato la vita», si alzò in piedi e raggiunse il suo amico. Gli appoggiò le mani sulle spalle.
«Senza di lui non sarei qui, oggi. Senza la sua magia sarei morto, colpito mortalmente», dopo aver pronunciato quelle parole nella sala si alzò un gran vociferare.
«Silenzio!», esclamò il sovrano osservando tutti i presenti.
«Merlin è uno dei principali eroi della guerra appena passata, dobbiamo dargli il giusto ringraziamento. Ha utilizzato la magia, il suo dono, e l'ha messa a disposizione del regno, per proteggerlo. L'ha fatto per anni, senza chiedere nulla in cambio, ma non possiamo più ignorare il suo buon cuore».
Arthur manteneva il suo sguardo fisso su Merlin, si lasciò andare in un sorriso, stringendogli più forte una spalla.
Il mago tremava, non per paura, ma non era abituato a stare così al centro dell'attenzione. Tutti l'avrebbero conosciuto come stregone, come colui che aveva poteri magici. Non era più un segreto il suo. Il suo essere era di dominio pubblico.
Arthur, poi, lo stava ringraziando pubblicamente. Ringraziava lui, il suo servo, davanti a tutto il consiglio.
Gaius, in piedi al fianco di Gwen, gli sorrideva orgoglioso con le lacrime agli occhi. Dopo mesi dal loro ritorno era ritornato tutto alla normalità, ma allo stesso tempo era cambiato tutto.
«Grazie, Sire», disse, con le lacrime agli occhi ed abbassando la testa.
«Il regno ti ringrazia per i tuoi servigi. Ora inginocchiati, per favore», Merlin lo osservò dubbioso, ma obbedì all'ordine che gli era stato impartito.
Erano più che sufficienti quei ringraziamenti, anzi non ne aveva nemmeno bisogno. Merlin voleva proteggere il suo re, era per lui la cosa più importante.
Arthur estrasse nuovamente la spada dal fodero e l'appoggiò sulla spalla del valletto, «per i servigi dati al regno, ti nomino consigliere di corte e del re, Merlin».
Il moro alzò il volto verso il sovrano che gli sorrideva beffardo. L'aveva preso alla sprovvista ed Arthur lo sapeva bene. Quello era un regalo inaspettato, non poteva credere di avere un titolo con il quale poter dire ad Arthur quello che doveva fare o meno.
La sua bocca non rimaneva chiusa nemmeno quando era il valletto, anzi, spesso gli suggeriva cosa fare ed Arthur, ogni volta, lo rimproverava dicendo che lui era il re e che faceva ciò che voleva, ma, anche se non lo voleva ammettere, spesso aveva seguito i suoi consigli.
«Potete andare», enunciò il re avvicinandosi alla moglie.
Merlin sentiva un gran vociferare, sicuramente stavano parlando della sua nomina e della sua magia.
Sicuramente alcuni avrebbero affermato che loro avevano avuto il sentore che Merlin fosse magico, ma la verità era che, sicuramente, le parole del re avevano preso tutti alla sprovvista.
Si guardò intorno e incontrò lo sguardo di Leon e Percival che lo guardavano con stupore, Merlin abbassò lo sguardo per la vergogna.
Loro erano suoi amici, eppure non aveva detto la verità nemmeno a loro. Si sentivano delusi, proprio come lo era stato Arthur una volta scoperta la verità.
Certo, Percival conosceva la verità, l’aveva scoperto il giorno in cui lui e Arthur, di ritorno da Avalon, l’avevano incontrato, ma continuava ad aleggiare negli occhi del cavaliere un velo di disappunto. Cosa avrebbe dovuto fare Merlin, però?
Non aveva detto la verità a nessuno, se non al suo mentore e soltanto perché, la prima volta che l’aveva incontrato, gli aveva salvato la vita.
La magia era bandita e Merlin non poteva certo rischiare di essere giustiziato, non avrebbe potuto proteggere il suo re come era invece scritto nel suo destino.
«Congratulazioni, figliolo», esclamò il medico di corte, stringendogli un braccio.
«Grazie», sorrise stringendolo in un abbraccio.
«Merlin?» Lo chiamò Arthur che lo attendeva sull'uscio della porta, vicino a Guinevere.
«Arrivo, Sire».
«Muoviti, Merlin. Quanto tempo mi vuoi fare aspettare?» Lo incalzò il biondo, battendo un piede a terra.
«Arrivo, arrivo. Ci vediamo dopo, Gaius».
Merlin lo raggiunse e, tutti e tre, si allontanarono dalla sala del trono.
«Te lo meriti, Merlin», affermò Guinevere con la sua solita dolcezza.
«Non dovevate», rispose il mago non riuscendo però a nascondere un sorriso.

---


Buonasera! :)
Da non credere, sono riuscita a pubblicare nei tempi giusti! *___* Non so quando mi ricapiterà! xD
Capitolo più lungo dei precedenti, ma c’era così tanto da dire! ♥
Finalmente il nostro Merlin diventa consigliere di corte. Mi aspettavo che sarebbero successo anche nella serie tv!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto! A prestissimo con quello nuovo! :D
Ormai abbiamo superato la metà della fanfiction, rimangono otto capitoli.
E… Morgana tornerà davvero o è come dice Merlin? Chissà.
Inoltre vi informo che, non appena avrò revisionato i TUTTI i capitoli (e mandati alla mia beta ufficiale) tornerò in questa sezione con una nuova long (più breve di questa comunque) che sarà un crossover tra Merlin e Buffy dal titolo “King Uther? No, I’m just a watcher!” :) Spero che anche quella fic possa piacervi! *0*
Per tutti i capitoli si ringrazia ovviamente Ili91 che beta la fanfiction, come tutte le altre mie fic xD Grazie, cara!
Baci
Deb

Spoiler prossimo capitolo:
«A proposito, la stanza per Merlin è pronta».
Arthur si voltò, «secondo te ne sarà felice? Merlin sta bene da Gaius».
Gwen sorrise, «Merlin è il consigliere di corte, come è giusto che sia deve avere la propria dimora».
Arthur annuì e si alzò in piedi, «fate venire qui il consigliere, credo lo troviate nell'appartamento del medico di corte»
   
 
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