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Autore: OscarLady    28/06/2013    6 recensioni
Questa è la storia di Vanessa: una ragazza assolutamente normale.
Attenzione: i personaggi principali vengono introdoti nel secondo capitolo, il prologo descrive fatti antecedenti alla storia con altri personaggi come protagonisti.
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“Sorry, sorry…. I’m so sorry” esclamò il ragazzo che si stava avvicinando a lei velocemente.
“Ecco ci mancava pure il turista”
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“Scusa hai ragione, ma sono troppo preoccupato: se si dovesse sapere che sono in vacanza qui la mia pace sarebbe rovinata”
“Perché dici così? Scusa, al massimo dovrai sopportare qualche paparazzo, perché questo dovrebbe rovinarti la vacanza?”
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Vincenzo era un vincitore, lo era sempre stato, e non avrebbe mostrato nessuna debolezza, neppure di fronte a una sconfitta.
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Eleonora si alzò a sua volta, gettando il cono nel cestino lì affianco e agitando la coda di cavallo in maniera aggraziata “Va bene. Ma il mio sogno rimane comunque quello di aprire un’agenzia matrimoniale” escalmò teatralmente.
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Spostò lo sguardo sul mare sbuffando “Mi hai delusa lo sai?”
Marco sembrò cogliere i pensieri della ragazza perché sorrise permettendosi di riavvicinarsi un po’ a lei “Lo so, ma ti voglio bene, questo tu lo sai?”
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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HEART ATTACK



"Vanessa perché non resti a pranzare con noi? Si sta così bene! Puoi studiare qui!"
"No mamma davvero non ci riesco, c'è troppa gente a quest'ora in spiaggia. Non ti preoccupare: torno a casa, mi faccio un' insalata e attacco a studiare! Ciao"
"Va bene" sospirò la donna "ci vediamo dopo".
Vanessa raccolse vestiti, libro e creme solari che aveva sparso sotto l'ombrellone, gettò tutto quanto nella borsa e si incamminò lungo la passerella allontanandosi dalla madre.
Le dispiaceva per lei, sarebbe dovuta restare per aiutarla con i gemelli, ma non poteva proprio permettersi di perdere un pomeriggio intero alle prese con i due bambini.
Arrivata nel parcheggio, Vanessa tolse il lucchetto alla bicicletta, montò sopra e inizio a pedalare verso casa. Faceva caldo, molto caldo ed era solo metà luglio. Il caldo proprio non lo poteva sopportare, infatti si svegliava prestissimo la mattina, arrivava in spiaggia per le otto e si metteva a leggere il libro di letteratura italiana; verso le undici la raggiungevano la madre con i due gemelli di sei anni e la sorella di quindici anni, che spariva subito e passava l'intera giornata con le amiche a passeggiare sulla spiaggia, andare in giro per gli stabilimenti a caccia di figoni o nascondersi dietro qualche duna a fumare di nascosto.
Vanessa lo sapeva perchè un giorno le aveva trovato il pacchetto di sigarette nella borsa.

"E questo cos'è?"
Sara era sbiancata "Ehmm oh... Boh... Cioè non sono mie, no... Le dovevo tenere per un mio amico.... Mi sono dimenticata di ridargliele"
"Sciocchina!" l'aveva apostrofata Vanessa "Guarda che non lo dico a mamma e papà, stai tranquilla. Anche io al liceo fumavo."
"Davvero non glielo dirai?"
"Certo che no! Adesso dammene una va'"


La ragazza sorrise ripensando a quell'episodio, mentre pedalava lungo le stradine assolate del paesino calabrese dove si trovavano per le vacanze.
Erano anni che la sua famiglia affittava una casa lì, adesso c'era solo sua madre, ma ad agosto li avrebbe raggiunti anche il padre, che continuava a lavorare a Roma, la loro città, per tutto luglio. Eppure, anche se aveva passato tutte le estati da più o meno nove anni in quel posto, Vanessa non aveva mai stretto legami troppo forti con i ragazzi del paese. Lei preferiva definirsi un "tipo solitario", per non ricordare le cose che le erano successe proprio li qualche anno prima.
Frenò di scatto con la bicicletta davanti al cancello bianco che dava sul giardino della loro villetta, entrò dentro casa e cominciò a prepararsi per lo studio pomeridiano.
Frequentava il secondo anno di lettere all'università e stava preparando due esami importanti del terzo anno durante l'estate perché voleva provare ad anticiparseli a settembre per laurearsi prima.
Il suo pomeriggio passò così; per ora di cena tornò il resto della famiglia e, mentre sua madre preparava la cena, lei litigava con Andrea e Luca cercando di convincerli a farsi la doccia e Sara se ne stava sdraiata sul divano a guardarsi Real Time, nessuno di loro si accorse della macchina nera con i vetri oscurati che passò davanti alla villetta dirigendosi in fondo alla strada.

Dopo cena Vanessa uscì in giardino e si mise sulla sdraio a osservare il cielo stellato.
Era ferma li da circa tre minuti quando si fermarono davanti al cancello tre biciclette guidate da tre ragazze: erano le sue amiche del mare.... Anche se lei preferiva definirle solo "conoscenti". Ma in fondo erano le uniche della spiaggia con cui Vanessa passasse un po'di tempo insieme. Il più delle volte erano loro a cercare lei. "Ei Vane! Vieni con noi? Andiamo all'Oro-Club stasera!"
"Mmmmmm... Chi ci sta?"
"Un po'di gente: Vins e la comitiva, Leo, Marco, le sorelle Visti..... Dai! Ci divertiremo!"
Vanessa aveva avuto un sussulto sentendo i nomi, rispose alle ragazze che aspettavano ansiose il suo verdetto finale: "No regà, credo che per stasera passo, non mi va proprio di uscire. E poi" aggiunse, come per giustificarsi alla vista delle loro espressioni imbronciate, "lo sapete che non sto simpatica a quelli"
"Ma dai che ti frega! Andiamo per divertirci, non ci faranno caso se ci sei o no!"
"È questo il punto" pensò la ragazza spspirando. "Sentite stasera proprio non ho voglia, sono già in pigiama. Vi prometto che domani andiamo solo noi quattro a prenderci una birra dopo cena" disse accennando un sorrisino.

Dopo che le amiche ebbero finalmente rinunciato alla loro missione e si furono allontanate pedalando velocemente nella strada buia Vanessa si alzò. Aveva perso la voglia di stare li a guardare il cielo; "Dopotutto le persone che lo fanno sono solo sognatori, con la testa tra le nuvole, che sperano di vedere una stella cadente dando fede alle stupide credenze e non lottano veramente per quello che vogliono dalla vita. Non fa certo per me. L'unica giustificazione è che è proprio uno spettacolo bellissimo, ti incanta. Dovrei fargli una foto, oppure dipingere qualcosa di simile e poi attaccarlo sul soffitto in camera mia... Così potrei guardare questa bellezza in continuazione senza pericolo di dover aspettare la stella cadente" si ritrovò a pensare.
Poi scosse la testa e fece per rientrare in casa, ma il suo sguardo si fermò sulla fine della strada, dove c'era la casa abbandonata che non aveva mai affittato nessuno da quando veniva in vacanza lì. Una finestra del secondo piano era illuminata, Vanessa rimase come paralizzata a guardarla poi entrò in casa di corsa "Mamma mamma hanno affittato la casa in fondo alla strada! C'è una luce accesa".
Tutti in famiglia rimasero stupiti da quella novità, ma se ne dimenticarono non appena poggiarono la testa sul cuscino.
Vanessa invece rimase sveglia a lungo, ma i suoi pensieri correvano in un'altra direzione: la visita delle amiche aveva portato alla luce vecchi ricordi degli anni passati.
"Che cosa stupida!" pensò "sono cose passate, ero piccola, adesso sono cambiata e mi rendo conto di quanto fossero stupide in realtà".... Però in fin dei conti non erano proprio cose stupide perché rimase a pensarci sopra fino alle tre di notte.

Le giornate trascorrevano con monotonia per Vanessa in quel paesino, ma, come amava definirla lei, la sua vita non era noiosa, era solamente tranquilla... E poi doveva concentrarsi sullo studio; non aveva il tempo per distrarsi con altri pensieri.
Andava sempre in spiaggia la mattina e tornava a casa il pomeriggio, quando lo stabilimento cominciava ad essere un po' troppo affollato per i suoi gusti…. E quando arrivavano in spiaggia quelle persone che non voleva vedere.
La sera c’era sempre la luce accesa nella casa in fondo alla strada e tutta la famiglia di Vanessa continuava a chiedersi chi mai fossero le persone che si erano trasferite.
Eppure nessuno di loro era andato a curiosare; era un specie ci consuetudine nel paese: non bisognava disturbare gli altri villeggianti, a meno di non essere amici stretti. Il luogo era famoso anche per questo motivo: se desideravi passare un po’di tempo in santa pace, quel paese era fatto apposta per te.

Quattro giorni dopo che le sue amiche erano passate a chiamare Vanessa si ripresentò la stessa situazione. La ragazza stava aiutando la madre a lavare i piatti dopo cena quando le tre fecero la loro comparsa davanti al cancello.
“Scusa un attimo mamma” disse Vanessa uscendo in veranda e avvicinandosi alle amiche.
“Vane tu stasera esci con noi!” esclamò Eleonora “non ha nessuna scusante!! E poi….” aggiunse abbassando la voce “oggi c’è l’open bar all’Oro, paghi l’ingresso e bevi quello che vuoi. Se rifiuti una proposta del genere cominceremo a reputarti anormale”. Finì il discorso con un sorriso malizioso stampato in faccia.
“Uffa quanto rompete, sapete benissimo che non posso rifiutare perché sono l’unica tra i presenti a reggere bene l’alcool…. Se non vengo io voi di sicuro a casa non ci tornate… o meglio, ci tornate, ma in condizioni pietose” sbuffo Vanessa.
“TESORO” si sentì un urlo della madre proveniente da dentro casa “PUOI ANCHE USCIRE STASERA, SISTEMO IO QUI. OGNI TANTO PUOI ANCHE DIVERTIRTI LO SAI?”
Vanessa si girò stizzita verso la cucina, mentre le tre ragazze sghignazzavano cercando di fare il meno rumore possibile “A ma! Tu sempre a parlare quando non dovresti giusto?”
Così, seppure a malincuore, salì in camera, si buttò addosso la prima maglietta che riuscì a trovare e corse giù a prendere la bicicletta. In meno di dieci minuti stavano tutte e quattro sfrecciando per le stradine desolate del paesello.
Il pub distava più o meno un quarto d’ora da casa di Vanessa, mentre si avvicinavano potevano già sentire la musica a volume altissimo che usciva dal piccolo locale.
La quantità di gente concentrata in quel buchetto era disumana, troppo per Vanessa. Storse il naso mentre parcheggiavano le biciclette chiudendole con i lucchetti e si diede un’occhiata intorno: c’erano facce conosciute ovunque, ma lei stava cercando qualcuno in particolare ed era combattuta perché non riusciva a capire se vederlo l’avrebbe fatta stare bene o male.
Si avvicinarono lentamente all’entrata dell’Oro, sia perché lei era riluttante ad entrare in quel posto, sia perché le altre tre cercavano di non cadere dai tacchi 15 che avevano “intelligentemente” deciso di indossare quella sera.
“Ciaaaao Marco!” civettuò Eleonora avvicinandosi a un ragazzo che stava poggiato allo stipite della porta “anche tu qui stasera? Come sta andando la serata?”
“Dove altro dovrebbe stare” sbuffò Vanessa mentre pagavano il tizio della cassa all’entrata “Questo è l’unico posto in cui venite a rifugiarvi ogni sera per bere come disperati”.
Eleonora sgranò gli occhi e fece per ribattere, ma Marco la precedette: “Buonasera Vane! Sei resuscitata dal mondo dei morti? È sempre un piacere vederti” esclamò arricciando gli angoli della bocca.
“Uff spostati” sbottò lei dandogli uno spintone ed entrando nel locale.
“Ma che ho detto di male?” sentì lui esclamare alle sue spalle, prima che la musica proveniente dalla cassa lì vicino la privasse del tutto dell’udito.
Vanessa si avvicinò al bancone, seguita a ruota dalle tre grazie.
“Per me un Negroni, per le tre bambine facciamo tre coca cole” ordinò al barista. “Cooooosa??” esclamarono stizzite quelle, precipitandosi subito a fare la loro ordinazione, che non avesse avuto meno di 30 gradi.
Vanessa prese il suo cocktail e iniziò a sorseggiarlo distratta dal fondoschiena del barista, famoso per la sua perfetta statuarietà.
All’improvviso una mano si posò sulla sua spalla costringendola a voltarsi.
“Ma guarda un po’chi c’è!!” esclamo la voce più odiosa dell’universo “miss rompo gli specchi in persona. Ne hai rotto qualcuno oggi o hai capito che è meglio eliminarli totalmente dalla tua casa per riuscire a combattere la tu incommensurabile bruttezza?”
Vanessa puntò gli occhi pieni di odio verso il ragazzo con i capelli biondo canarino bagnato e la faccia da culo che aveva appena parlato.
Le tre “amiche” ridacchiavano coprendosi la bocca con la mano. Vanessa non ci fece caso, erano stupide poverine, probabilmente non si erano nemmeno accorte che Leo l’aveva appena insultata.
Poi però vide qualcosa che la fece avvampare e gelare nello stesso tempo: Vincenzo eri lì, dietro Leonardo e anche lui abbozzò un sorriso sentendo quelle parole. La rabbia montò dentro di lei, non riusciva a sopportare tutto questo, sentiva addirittura bruciarle gli occhi. Ma non avrebbe pianto lì, dando a quel deficiente questa soddisfazione, anzi, a pensarci bene non avrebbe pianto mai più per quel ragazzo.
Così si alzò di scatto dalla sedia avvicinandosi ferocemente al volto di Leonardo, rispondendogli “Leo vai a farti fottere dai tuoi amichetti froci come te e liberaci dalla tua presenza altamente fastidiosa, ci sono già abbastanza teste di cazzo in questo locale stasera per riuscire a sopportare pure te”.
Mentre Leonardo chiudeva la bocca non sapendo come rispondere e arrossiva diventando, se possibile, ancora più brutto si sentì qualche voce indistinta venire dalla folla: “Non lo ascoltare bellezza”, “A Leo ma per una volta taci”, “Io mi ti farei anche subito con quelle tette che ti ritrovi! Voglio vedere se gliele sbatti in faccia come cambia subito idea”.
Poi Vanessa si rivolse alle tre ragazze: “Sentite io me ne vado, se permettono a questa gente di frequentare questo posto allora non fa per me! Buona bevuta e buon rientro a casa, se ci riuscirete”.
Uscì furiosa dal pub, sbattendosi la porta alle spalle e correndo verso la bicicletta mentre Marco da dietro le urlava: “Dai Vane! Lo sai che è un testa di cazzo, non pensa quando parla. Resta che ci divertiamo!”.
“La tua giustificazione non è valida!” ringhiò lei “Ti devo ricordare cosa mi ha fatto passare in questi anni mentre voi non avete mai mosso un dito per impedirglielo? Questo vi rende tali e quali a lui, e io mi sento altamente superiore a gente del genere, quindi preferisco non sprecare il mio tempo con voi!” e corse via pedalando come una matta.

Raggiunse casa in pochissimo tempo, ma, mentre stava entrando nel cancello, si voltò indietro, verso la casa in fondo alla strada. La finestra al primo piano era illuminata e si poteva scorgere chiaramente la sagoma scura di una persona che guardava fissa oltre il vetro. Vanessa rabbrividì a quella vista e corse veloce dentro fino alla sua camera, si buttò sul letto, strinse forte il cuscino tra i denti per non scoppiare in una crisi isterica ripensando alla serata appena trascorsa e poi piano piano si addormentò, ancora vestita e con la rabbia in corpo per niente sbollita.

Il giorno dopo si svegliò alla solita ora, andò in spiaggia e rimase sdraiata due orette sul lettino a prendere il sole mentre leggeva il suo libro. Verso le undici la spiaggia cominciò ad affollarsi; come al solito arrivarono la madre e i fratelli; Sara passò tre secondi per salutarla e poi sparì nello stabilimento affianco.
Vanessa cominciò a raccogliere le sue cose per tornare a casa. L’intensivo bagno di sole non l’aveva aiutata per niente a dimenticare la serata precedente, quindi era parecchio nervosa.
Mentre pedalava verso la villetta si ritrovò a pensare in che modo avrebbe potuto farla pagare a quel deficiente.
Svoltò una curva stretta sfrecciando come una pazza, troppo immersa nei suoi pensieri per rendersi conto… per rendersi conto che stava finendo dritta dritta contro un’altra bicicletta che veniva dalla direzione opposta.
E quando se ne rese conto fu troppo tardi.
L’impatto le fece fare un volo spedendola lontana dalla bicicletta, quando atterrò per terra strusciò il braccio lungo l’asfalto. Bruciava, cavolo se bruciava. Si piegò su se stessa per il dolore, mentre il sangue cominciava a uscire dalla parte di pelle che aveva sbattuto.
Con la coda dell’occhio vide che il conducente dell’altra bicicletta era riuscito a saltare giù dal mezzo subito prima dello scontro e quindi ne era uscito illeso, ma poi tornò a concentrarsi sul suo braccio.
“MERDA!” urlò “MA CHE CAZZO HAI PER LA TESTA? STAVI NELLA MIA CORSIA! NON CADEVO DALLA BICICLETTA DA QUANDO AVEVO TRE ANNI! GUARDA QUI IL MIO BRACCIO! MERDA MERDA!”
“Sorry, sorry…. I’m so sorry” esclamò il ragazzo che si stava avvicinando a lei velocemente.
“Ecco ci mancava pure il turista” pensò Vanessa tirando fuori i fazzoletti e cercando di tamponare il sangue che continuava a uscire “vengono in Italia e non rispettano il codice stradale sti deficienti”.
Poi sentì una mano posarsi sul suo ginocchio, il ragazzo si era chinato per terra vicino a lei “Are you ok?”.
“No che non sto ok! Cretino” pensò. Però per essere un po’ più fine del solito rispose, cercando di parlare in inglese corretto “Emmm yes. Don’t worry. I’m ok” e alzò lo sguardo sul ragazzo.
E vanessa vide i più begli occhi che avesse mai visto in vita sua fissarla, incatenarla e stregarla allo stesso tempo. Quell’azzurro non poteva essere umano... ecco si era imbattuta in un alieno, ne era certa. Dopo secondi, che le sembrarono anni, ferma a fissare quegli occhi, allargò la visuale sul volto del ragazzo…. E quasi le venne un colpo… perché lo aveva riconosciuto.




SPAZIO AUTRICE

Salve a tutte!!! Che poi chissà chi sono queste “tutte”….
Aaaallora… finalmente è entrata in scena la nostra protagonista, che ve ne pare? Vi piace?
Fatemi sapere cosa pensate di lei…. Se vi sembra un personaggio banale o se il carattere vi intriga… accetto qualsiasi critica!

Poi: qualche supposizione su chi possa essere il ragazzo dello scontro? (eheh) e qualcuno di voi ha idee su quale possa essere il passato di Vanessa e i rapporti che ha avuto con i personaggi incontrati finora?

Se passate e leggete, per favore recensite, a me farebbe tanto piacere e prometto che ricambierò il favore e verrò a leggere le vostre ff.
Mi raccomando, come al solito, correggetemi se ce ne è bisogno, necessito delle vostre critiche per poter migliorare!

Un saluto!! Kissssssses ladyes!!! xoxo

   
 
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