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Autore: Ehzra    28/06/2013    0 recensioni
{ Buon compleanno Livy… } E’ un sussurro nella sua mente, una voce che non ha solidità ma il coro di mille voci, molteplici facce e nessuna. E’ un bisbiglio dall’inferno in cui è scesa.
Il giorno del suo diciotessimo compleanno ha radicalmente cambiato la sua vita. L'Oscurità e la Morte la seguono, fedeli come solo i cani sanno essere, per riscuotere un pegno: l'anima di Olivia.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Scende frenetica aiutandosi con i rami della pianta rampicante che si è impossessata di una piccola porzione di facciata, ma un giramento improvviso le fa lasciare la presa troppo presto. L’urto le mozza il fiato in gola e sebbene il manto erboso attutisca l’impatto, s’irrigidisce con un gemito e gira di lato sbuffando per il dolore. Ha gli occhi lucidi di lacrime, la parte posteriore del corpo indolenzito e ogni respiro è accompagnato da una fitta pungente e fastidiosa al torace. { Nhhh… } Ansima a mezza bocca dolorante. Non perde tempo a tastarsi per controllare se si sia rotta qualcosa. Fa forza sulle braccia e solleva il busto colta da un ennesimo giramento, punta le ginocchia a terra e poi raddrizza la schiena con un gemito di dolore. Alza il volto alla sua finestra, alle tendine che svolazzano e le sembra di percepire un movimento, un fruscìo che la fa scattare verso il terreno pianeggiante, spruzzato di margheritine e violette, a mettere quanta più distanza possibile tra lei e quell’ombra. Si è guardata indietro solo una volta per imprimere nella memoria quel posto. La brezza leggera porta con sé l’odore dei fiori e del bosco poco distante ed accarezza i ciuffi d’erba che si piegano delicatamente a quelle attenzioni. La casa occupa una minima porzione di quell’immenso spettacolo, come una vecchia stanca si adagia a ridosso della collina, circondata dalla boscaglia, con la sua tinta sbiadita dalle intemperie e una facciata lussureggiante, catturata da un rampicante che ne ha fatto la sua dimora. Il patio è seminascosto da un olmo secolare. La porta del fienile è socchiusa e cigola a ogni folata di vento, un lamento che ora ha aspetti sinistri e macabri. E’ una struttura antica, riportata al suo originario splendore, ma senza che ne sia stato alterato l’aspetto. Impiega qualche secondo per mettere a fuoco il tutto e abbracciare la maestosità di quel paesaggio, poi indietreggia di qualche passo, deglutisce dolorosamente e si volta riprendendo la sua fuga. Le sfumature del cielo mutano lentamente e accompagnano quella folle corsa verso la salvezza.
Corre a perdifiato con i capelli che svolazzano al vento, gli arti indolenziti, il respiro greve e i battiti a rimbombarle nella testa. Il sangue le martella nelle tempie, offusca tutti gli altri rumori, incluso quel colpo di clacson che si ripete un paio di volte. Proviene da un pick up blu mezzo scassato, dalla scocca di ferro bombata sul muso e leggermente ammaccata sulla portiera sinistra. Il pick up di Dyson.

{ LIVY! } Non riconosce subito la macchina, presa in quella folle fuga. { LIIIIIIVYYYYY! } La chiamano e ruota il viso. { EHY, LIVY! } Rallenta il passo. { SONO IO, FERMATI! } Si ferma all’appello di quella voce maschile, giovane e familiare, che urla il suo nome. Il furgoncino la raggiunge mentre lei, piegata sulle ginocchia, riprende fiato. E’ madida di sudore e la canotta, seminascosta da un giubbino nero, è umida e macchiata di sangue. I pantaloni sono strappati sulle ginocchia e sporchi di terra. Ha gli occhi gonfi e l’aria sconvolta. Trema visibilmente, sotto shock e fatica a mantenere l’equilibrio. Alza gli occhi al cielo, di un ceruleo mozzafiato, poi li riabbassa su di lui. Quanto ha corso? Sposta lo sguardo tutt’attorno. Le vallate rigogliose hanno lasciato il posto alla boscaglia fitta e sotto di lei c’è una distesa d’asfalto lunga chilometri. Ha graffi dovunque per lo sferzare dei rami al suo passaggio.


La memoria torna indietro di anni, alla prima volta che ha visto quel visetto tondo incorniciato da ricci dorati e quegli occhioni chiari, grandi e vivaci, dello stesso colore del cielo estivo privo di nuvole. Lei era appena arrivata in città con la sua famiglia, avrà avuto sei anni, forse sette. La neve imbiancava la grande piazza e l’albero di Natale che, come da tradizione troneggiava nel centro cittadino, gettava luci colorate tutt’attorno mentre dai negozi giungeva la classica Jingle Bell’s a rallegrare l’ambiente. Il freddo era pungente quell’anno e la temperatura sfiorava i meno venti. Il respiro si condensava in una nuvola grigiastra e l’odore dei dolci aleggiava nell’aria. La vide di sfuggita, dai sedili posteriori dell’utilitaria di suo padre, e non ha più scordato quel sorriso tenero e le fossette sulle guanciotte. Il ricordo sfuma e lascia il posto alla realtà.


{ Ehy, Li… } I suoi occhi chiari la guardano, si soffermano sulle mani sporche di sangue coagulato e sui capelli dalle sfumature rosate. { Che ti è successo? } Il tono è greve e preoccupato. La portiera si apre con uno scatto e la figura del giovane si avvicina. Ruota il capo verso di lui, lo guarda dal basso, tremante nonostante il caldo torrido. Schiude le labbra per rispondergli, ma non ne esce niente se non un rantolo strozzato. { D… } I ricci biondi schiariti dal sole si tingono di mille riflessi, proprio come la barbetta rada. Ha spalle larghe da giocatore di rugby e il torace ampio, coperto da una t shirt grigia. Jeans al ginocchio si adagiano sui fianchi stretti e ostentano gambe lunghe e robuste. Ai piedi le classiche Nike da jogging. La supera in altezza di una ventina di centimetri, la studia e alla fine se la stringe al petto a quel suono spezzato e angosciato. Scioglie tutta la tensione nervosa in quell’abbraccio, scoppiando in un pianto silenzioso e penoso. Non ha idea di quanto tempo sia trascorso, se lui le abbia detto qualcosa, o semplicemente sia stato lì, in piedi, a tenerla stretta e accarezzarle la schiena senza parlare, ma lo allontana di qualche passo e alza il viso provato. { Aiutami… } Un bisbiglio rauco che dipinge una nota incerta sul volto del ragazzo. { Ti sei fatta male? } Scuote la testa in risposta a quella domanda e gli lascia prendere la mano destra, per esaminarla, in cerca di ferite evidenti. Il calore si sprigiona dal suo tocco. { Li… } Osserva il profilo di casa sua, oltre la spalla del ragazzetto e la boscaglia, poi torna al suo viso. { Li hanno uccisi tutti… Devo scappare Dy… } Lo sente irrigidirsi, spostare lo sguardo alla casa e di nuovo a lei, deglutisce rumorosamente e serra la mascella. { Sei… } Tentenna, non vorrebbe chiederglielo, ma deve. { Sei stata tu? } L’ha osservata bene, sporca di sangue e stremata. Tra tutte le domande che si aspettava, ha scelto la più dolorosa. Abbassa la testa e assottiglia le labbra in una smorfia delusa e disperata. Rialza lo sguardo sul viso del ragazzo. E’ bello, di una bellezza virile e mascolina. I tratti marcati sono sporcati da un sottile velo di barba bionda, come i capelli corti e ricci. Quel pensiero sfiora la sua mente, le strappa un mezzo sospiro e la mano per allontanarlo. E’ come il padre, lo Sceriffo Orson, fottutamente pragmatico. { Vaffanculo Dy.. } Un sibilo. Si libera dal suo tocco con uno strattone e arretra ancora di qualche passo. { VAFFANCULO! MI AMMAZZERA’, COME HA FATTO CON TUTTI LORO, TUTTI! } Abbaia e ringhia, gesticolando sconvolta e al tempo stesso esasperata da quella dannata calma che il suo interlocutore ostenta. { VAFFANCULO! } Cerca di riavvicinarla, senza parlare, di prendere il polso destro e attrarla al suo petto con una delicata fermezza. { Livy… } Sussurra appena, con decisione e dolcezza. Smania contro il suo petto, gli molla dei colpetti sul fianco con la mano libera e cerca di divincolarsi, poi come animale in gabbia si acqueta. Approfitta di quel momento per accarezzarle una guancia con il palmo della mano destra e girarle il viso così da deporre un casto bacio su quelle belle labbra. { Mi dispiace Livy… Andiamo da mio padre… } Un sussurro tiepido. Annuisce e basta, senza voce e la forza di reagire ridotta a zero. Gli lascia aprire lo sportello, sale sul Pick up e una volta che lui avrà fatto lo stesso, la macchina parte con un singhiozzo del vecchio motore, verso l’ufficio dello sceriffo Orson.


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Con Immenso ritardo, ma ecco qui il secondo capitolo =) Meno splatter del primo! Spero vi piaccia e scusatemi ancora per il ritardo y.y
  
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