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Autore: Tomoko_chan    28/06/2013    7 recensioni
Tokyo, inverno. Naruto si imbatte in una buffa ragazza tremendamente goffa e impacciata.
All'inizio nascono alcune incomprensioni, ma poi i due cominceranno a frequentarsi assiduamente. Lei è la ricca ereditaria degli Hyuga, ma da sempre in contrasto col padre. Lui è un cantante, un chitarrista, un ex teppista e il leader di una band.
E così, fra risate, amici folli, musica e rock'n'roll, quale sarà il destino degli Origin e della giovane Hyuga?
[NaruHina doc] [Accenni SasuSaku, InoShikaTema, KibaHanabi]
****
Eccomi qui con una fic del tutto nuova. Ho accennato che nella storia si parlerà di musica: in ogni capitolo sarà presente una Song.
Tutte le canzoni saranno dei Negrita! Più che altro per le loro bellissime poesie.
Vi consiglio di aprire questa fic nonostante non amiate il genere Rock o Pop/Rock. E' pur sempre una storia d'amore!
Tratto dal testo:
Non ringrazierò mai abbastanza chiunque lassù abbia deciso di affidarmi a te. O forse devo ringraziare qualcuno all’inferno, perché non ho ancora deciso se sei l’angelo custode o il diavolo tentatore.
ULTIMO CAPITOLO.
Genere: Introspettivo, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha, Un po' tutti | Coppie: Hinata/Naruto, Kiba/Hanabi, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino, Shikamaru/Temari
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gli ultimi sognatori.'
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Filosofia di vita.
-
Prima del grande giorno

[E succede tutto proprio quando spegni il cervello e smetti di pensare]

 

 
[Negrita: Prima del grande giorno]
Camminava per la strada di rientro a casa.
Era notevolmente stanco e spossato. In quell’ultimo periodo veniva sballottato un po’ ovunque.
Le registrazioni in sala lo sfinivano, anche se era felice che il sogno del gruppo e il suo si stessero finalmente realizzando.
Inoltre, appena finiva era costretto ad andare da una certa Temari, che lo obbligava a lavori forzati.
I suoi fratelli avevano appena deciso di trasferirsi a Tokyo, lasciandosi alle spalle il loro passato difficoltoso.
Volevano avere un nuovo inizio, buttandosi in una attività a conduzione familiare: avevano aperto un bar, in una sala molto grande che poteva ospitare anche musica dal vivo.
Per questo motivo, fra i due non era scorso buon sangue: Temari aiutava con tutte le proprie forze i suoi fratelli minori, ma chissà per quale assurdo motivo costringeva anche il Nara a tutto quello sfiancamento, nonostante sapesse bene quando lui odiasse sforzarsi.
Per il momento era riuscito a bloccare i suoi studi per diventare commissario, ma ciò non giustificava l’indole da sovrana della Sabaku No.
Era nervoso, nervoso perché non capiva tutto quel lavoro se poi alla fine non avevano nemmeno il tempo di vedersi, magari da soli.
Infatti, nonostante cercasse sempre di imbrigliarlo in quella subdola rete di lavoro, lei stessa se ne lavava le mani.
Riceveva sempre chiamate ad orari stranissimi, per non parlare delle visite improvvise, ed ovviamente, come ogni donna, si chiudeva per ore in bagno.
Doveva ammettere che, nonostante dedicasse poco tempo a quel nuovo inizio, lei era probabilmente quella che ci metteva più impegno e olio di gomito, svolgendo più mansioni di loro tutti messi insieme.
Ma lui era comunque notevolmente irritato, sia perché succube di un’arpia che nemmeno vedeva per ringraziarlo come doveva, sia perché sapeva che tutti gli impegni fossero per il suo “lavoro”.
Una profonda consapevolezza cresceva in lui, facendosi spazio in fondo allo stomaco ed impadronendosi poco a poco del suo petto, salendo fino ad arrivare al cervello, che ormai stava andando in cortocircuito.
Sì, perché lei lo faceva impazzire.
Sapeva, in poche parole, che Sabaku No Temari non avrebbe mai rinunciato a prostituirsi, nonostante fosse un argomento di discussione piuttosto frequente fra i due.
Per di più, lei si era sempre giustificata alludendo al fatto che non aveva la possibilità di far altro, ma ora che le si presentava l'occasione, per altro in famiglia, lei non sembrava nemmeno pensare all’eventualità di rinunciare a quell’impiego per lavorare coi fratelli.
-E’ l’unica cosa che so fare bene, Crybaby. – gli aveva detto spesso lei, alludendo alla sua bravura con malizia nonostante il discorso fosse profondamente serio.
-Non fare l’idiota, Temari. – aveva risposto lui allora, consapevole che quando si sforzava di chiamarla per nome era specialmente per una profonda rabbia interiore e per poterla, in un certo senso, richiamare un po’ all’ordine.
 Lei continuava però ad ostinarsi e a fuggire dalle discussioni e da lui stesso, andando chissà dove.
Shikamaru ricordava di come, una notte di tanto tempo prima, lei le avesse detto la famosa frase “in amore vince chi fugge”, affermando che in effetti era una tecnica da lei molto usata.
Stavolta però lui le avrebbe dimostrato quanto fosse falsa ed irrazionale questa credenza, poteva giurarci.
 
Per puro caso, l’occasione di vendicarsi di Temari l’ebbe proprio quella sera, di ritorno a casa.
Non era mai stato un tipo particolarmente vendicativo, anzi, solo pensarci un tempo gli procurava un notevole mal di testa.
Purtroppo però, quello che era successo con Ino lo aveva colpito nel profondo, arrivando a cambiarlo quasi completamente e nel contempo a fargli scoprire parti di se stesso che non aveva ancora conosciuto.
Quando quella stessa sera vide per strada una Ino dall’aria piuttosto sconvolta aspettarlo, decise a mente fredda di sfruttare quella occasione. L’altra bionda lo avrebbe sicuramente scoperto, lo sapeva.
Si fermò, nella notte buia della periferia di Tokyo, ad un metro dalla ragazza.
Si guardò un attimo intorno, senza darlo a vedere. Intravide immediatamente le “tipiche ragazze di sobborgo” agli angoli delle strade.
Le colleghe di Temari lo conoscevano bene, almeno di vista, ed incontrò i loro sguardi. Avrebbero sicuramente detto alla ragazza cosa stava succedendo quella notte.
Poi portò lo sguardo sulla ragazza di fronte a sé.
Poche volte aveva visto Ino in quello stato. Quando erano ancora amici, lei era sempre molto solare e sfacciata, esuberante, un poco prepotente per stuzzicarlo.
Solo quando Inoichi, suo padre, aveva avuto quella grave malattia superata dopo due faticosissimi anni, aveva visto quella luce nostalgica negli occhi cerulei di lei, accompagnati dal quel mezzo sorriso che si tramutava troppo spesso in una smorfia di dolore.
Adesso aveva quella stessa identica espressione.
Non più esuberanza, non più prepotenza; solo lei, in uno di quei momenti che le distruggevano anche l’anima, oltre al trucco solitamente sistemato con cura.
Notò infatti che quella notte non era nemmeno truccata, ma acqua e sapone.
Non che si truccasse in modo esagerato, come era invece abituata a fare solitamente Temari, ma non aveva nemmeno “uno sbaffo di fard”, pensò, ricordando la frase che gli ripeteva spesso in gioventù.
Aveva il viso arrossato e gli occhi un poco gonfi, e si annotò mentalmente di ricordarle in futuro che era inutile usare il collirio per cercare di alleviare le sue notti insonni e i pianti.
-Mendokuse. – disse senza accorgersene, più come conclusione dei propri pensieri che per salutarla.
Lei gli sorrise, con quel sorriso smorto, triste e accigliato, ma con quella nota sincera nell’essere davvero felice di quel nomignolo abituale che aveva accompagnato da sempre il tempo trascorso insieme.
-Strano incontrarsi qui, per strada, in piena notte. – disse beffarda, con un pizzico di sarcasmo che non guastava. E poi, con una smorfia strana e schifata sul viso –Cerchi la tua ragazza?
Shikamaru sorrise, fra sé. Amava quella parte di Ino: sempre con quell’ironia sventata, che la ricopriva come fosse un riccio e che usava continuamente pur di non far arrivare le persone lì, nella parte più sensibile di lei stessa.
Poi si rese conto di aver formulato quel pensiero nel modo più sbagliato possibile: aveva constatato che amava, ancora una volta, quasi senza accorgersene.
Quel sentimento gli annebbiava il cervello e lo distraeva da tutto ciò che era davvero importante, ovvero mantenersi sano e salvo, privo di ferite d’amore.
Come poteva lasciare che qualcosa di tanto irrazionale gli facesse perdere il controllo, proprio a lui, che era quello fermamente convinto che non ci fosse problema irrisolvibile usando un po’ di logica?
Come mai il suo corpo non riusciva ad impedire che qualcosa di ben lontano dal suo cervello prendesse il sopravvento sulla sua capacità di pensiero?
Mentre pensava a tutto questo, Ino ebbe un fremito nel vedere la sua mascella contrarsi, ma venne sfiorata dal piacevole pensiero che in fondo, se riusciva a farlo arrabbiare, voleva dire che non gli era del tutto indifferente.
Inoltre, amore e odio erano sempre sentimenti contrastanti ma fin troppo simili, perciò si poteva passare da una all’altra senza troppe difficoltà, anzi, senza accorgersene.
Le bastava che lui non si dimostrasse apertamente contrario ad ogni tipo di contatto con lei, perché se lui non la ignorava, allora aveva ancora possibilità di riconquistarlo in qualche modo.  
Già, ma qual era il modo?
-Cosa vuoi da me, Ino? – chiese alla fine lui con voce roca, distogliendo lo sguardo da lei e guardando con improvviso interesse i propri piedi, pur di darsi un contegno.
In effetti, se lo chiedeva anche lei.
Da quel pomeriggio nel giardino di casa Hyuga, lei si era talmente tanto demoralizzata da non riuscire più nemmeno a dare una mano al negozio.
Dalle sue mani, che tremavano costantemente, non usciva più un mazzolino decente da giorni. Evitava anche ti potare le sue amate orchidee, che pure non necessitavano di un grandissimo sforzo.
Era impallidita, non dormiva da giorni ed era anche dimagrita. Non che questo non le giovasse, avrebbe pensato successivamente, con quella punta di vanità che la spingeva ad essere sempre perfetta da ogni punto di vista, anche se, ne era consapevole, alla fine era brava in ben poche cose.
La botta finale gliela aveva data Sakura, confidandole con rabbia ciò che era riuscita a strappare dalle labbra serrate di Sasuke, ovvero che il Nara quel pomeriggio era andato subito da Temari, per… sfogarsi un po’.
In quei giorni era praticamente andata fuori di testa, passando da momenti di grande ottimismo a periodi in cui invece non sopportava la vista di nessuno.
Era successo tutto in fretta e furia e la sua speranza aveva notevolmente vacillato, ma vederlo poi mentre cercava con le unghie e con i denti di assicurarsi un futuro promettente con gli Origin, anche abbandonando parzialmente gli studi per diventare Commissario, aveva fatto tornare in lei quella voglia estenuante di stargli accanto in un momento così importante della sua vita.
Ecco cosa voleva: stargli vicino, riprovarci, ma non più come amica. Oramai i suoi sentimenti erano troppo sicuri e forti per poter segregarli in un cantuccio in attesa del momento giusto.
Tutto ora e subito, si disse mentalmente, ben sapendo con quanta poca pazienza era nata.
Tutto e solo per me, ripensò, consapevole di non poter resistere un attimo di più alla gelosia che s’impadroniva di lei più spesso di quanto avesse immaginato.
Ecco cosa voleva da lui.
-Un’altra possibilità. – disse allora, più sicura che mai dei propri sentimenti.
Shikamaru fu stupito a sentire quelle parole ma soprattutto dal tono sincero e pacato con cui le pronunciò, pensando invece che lei fosse pronta a gridargli contro per qualsiasi futilità.
Ci rifletté, trattenendosi dall’intrecciare la mani come faceva sempre quando aveva davvero bisogno di pensare alla soluzione giusta.
Temari lo verrà sicuramente a sapere, ponderò, osservando ancora una volta le prostitute nei d’intorni che lo tenevano d’occhio con insistenza, così gliela farò pagare per benenon è poi detto che facendola entrare in casa si faccia qualcosa di più oltre che parlare.
Alzò lo sguardo su Ino e per un attimo la sua sicurezza vacillò incrociando quei suoi occhi azzurri, tanto amati, come il suo cielo doveva ammettere, intrisi di sicurezza e desiderio.
Decise volutamente di non cogliere quel brillio innamorato nei suoi occhi cielo, mentre mentalmente tappò quella vocina in fondo al suo conscio che suggeriva sussurrando che, in realtà, non era per vendicarsi che stava aprendo la porta di casa alla ragazza che più lo aveva fatto soffrire e alla donna che più aveva amato.
 
 
Ino non stette molto ad arrovellarsi sul perché lui l’avesse accompagnata in casa tanto docilmente, senza nemmeno discuterne in precedenza.
Semplicemente, si fidò pienamente. Cos’altro poteva fare, quando era stata lei la causa stessa di tutti i casini irrisolti fra loro?
Si guardò intorno.
La casa di Shikamaru era tutta sua, ed ammirò molto questo fatto. Aveva un ingresso stretto ma accogliente, un piccolo salotto un po’ disordinato, con una porta che dava sul bagno, una che dava sulla cucina e una sulla sua stanza. Poi c’erano le scale, che andavano al seminterrato, che lui stesso le aveva brevemente spiegato fosse una sala prove occasionale dove stare con i ragazzi.
Con non chalance, si abbandonò sul divano, esausta. Quando era arrivata lì, in piena notte, il corpo le fremeva per l’adrenalina, ma ora che si era calmata e aveva visto come lui accettasse di buon grado quella sua visita, si era calmata, sentendo finalmente su di sé la stanchezza di una settimana a dir poco terribile.
Il ragazzo trafficò con alcune bottiglie e alla fine le porse un bicchiere di whisky con del ghiaccio, sedendosi scompostamente su una poltrona poco distante da lei.
-Wow, whisky americano, vedo che ci trattiamo bene! – commento lei, alzando di poco il bicchiere per osservare il liquido attraverso la luce.
-Parla proprio la ragazza nata in un castello. – rispose seccamente lui.
-Ehi! – rise lei, scherzando –Non essere ipocrita, tu vivi da solo!
-Vivere da solo in una piccola casa è molto diverso dal vivere in un castello di duecento stanze, sai?
-Andiamo, Shika, non fare l’inacidito che odia le classi sociali. – disse, per poi rabbuiarsi gentilmente –E poi sai che dopo l’infarto che ha avuto mio padre le cose sono state notevolmente più difficili…
-Dobbiamo parlare di questo proprio ora? – l’interruppe seccato lui, infastidito.
Lei lo guardò di sottecchi, un poco intimidita da quell’improvvisa rabbia di lui.
-No, hai ragione, ti chiedo scusa. – mormorò, prendendo un gran sorso dal proprio bicchiere.
Lui sospirò, tornando alla calma.
-Scusa tu. È solo che.. è strano. – si sistemò meglio sulla poltrona e chiuse gli occhi, con fare stanco –Come sta Inoichi?
-Considerato che l’infarto è stato cinque anni fa e ci ha messo ben più di due a riprendersi, direi bene. – mormorò, sconsolata –Oramai si occupa solo di cercare di formare nuovi fiori cercando di intrecciarne di diversi nella serra a casa, e devo dire che riesce a creare spesso delle vere meraviglie.
-Non ha più ripreso a lavorare in uno dei vostri negozi? – chiese lui, preoccupandosi sinceramente.
La ragazza negò debolmente col capo.
-Ormai è mamma ad occuparsi di tutto. Poche volte gli permette di occuparsi dell’impero Yamanaka. Ha paura che ricapiti, sai… lo stress per gli affari, le filiali… è preoccupata. – bevve il resto del Whisky tutto in un sorso, con fare drammatico –E anche io.
-Non succederà. – la rassicurò lui, un poco seccato di dover essere proprio lui a farlo.
-Shikaku è passato a trovarlo proprio l’altra mattina, di sfuggita. Si sono sempre voluti molto bene, i nostri padri. – disse, sorridendogli grata.
-Da quando ne ho memoria, sono sempre stati legati. – annuì lui, per poi perdersi chissà come in un fiume di sensazioni. L’effetto dell’alcool, pensò –Mio padre ha sempre avuto tempo per tutti, e poco per me. Nonostante tutto è riuscito ad essere un buon padre, se si può considerare un buon figlio un’idiota che non sa decidere fra l’essere un rispettabile commissario o un temuto batterista.
Ino rise. –Io né ti rispetto, né ti temo, Shikamaru Nara! – disse, alzando il bicchiere ormai vuoto per prenderlo un poco in giro.
Nel mentre, del ghiaccio schizzò fuori dal bicchiere, finendo inevitabilmente sulla sua maglia.
Scattò in piedi.
-Ma guada che ho combinato! – esclamò infastidita, cercando immediatamente qualcosa con cui pulirsi.
Lui le indicò seccato il bagno, consapevole che non ne sarebbe uscita mai più, e lei ci si fiondò letteralmente dentro.
Prese a strofinare la macchia con un asciugamano, non ottenendo altro che allargarla. Intanto il moro si affacciò sulla porta, per osservare divertito la scena.
-Oh, Shikamaru, sei la causa di tutti i miei guai!- quasi urlò lei, stizzita, per poi rendersi conto dell’irruenza e della profonda verità di quella frase, pentendosene amaramente.
Si morse un labbro, mentre le lacrime cominciavano ad annebbiarle la vista.
Lui le si avvicinò, porgendole un altro strofinaccio, poco utile in realtà.
Lei alzò lo sguardò, per prenderlo mentre lui glielo offriva, e due calde lacrime le rigarono il viso.
-Ma sei anche la cura a tutti i miei mali.- sussurrò, mentre il viso le diventava più rosso.
-Non puoi piangere per una macchia, Mendosukee. – affermò lui, anche se nel profondo era colpito da quella reazione.
-Non è per questo…- Ino quasi rise, fra le lacrime –Io non ti ho mai ringraziato davvero per tutto quello che hai fatto per me, Shikamaru. Ci sei sempre stato, e beh.. grazie, davvero.
Lui sgranò gli occhi, fissandola stupito. Era la prima volta che sentiva dirle grazie, invece che scusa o urla, e fu piacevolmente colpito nel notare che infondo lei era cambiata davvero, in meglio.
Non seppe dire cosa in quel momento lo spinse a farlo, o forse cercò a tutti i costi di reprimere quella ormai troppo familiare consapevolezza dei propri sentimenti, che mai col cervello avrebbe potuto accettare e capire.
Fatto sta che si avvicinò maggiormente a lei, cercando per la prima volta dopo tanto un contatto.
La baciò, con una frenesia e una passione che non riusciva più a contenere dentro di sè, mentre intanto le asciugava le lacrime e, con un gesto secco, le liberava i capelli dall’alta coda in cui erano soliti venire legati.
La spinse verso il bancone del bagno tenendola stretta, con le mani perse nei suoi lunghi capelli.
La sollevò per i glutei e cominciò a baciarle il collo, mordendolo poi con forza, pur di farle capire in quel gesto quanto dolore gli avesse inferto tempo prima.
Le tolse la maglia quasi stizzito, mentre lei contraccambiava incredula i suoi baci e sospirava mentre lui scendeva sui suoi seni.
Ancora una volta l’afferrò, con passione, insinuandosi nelle sue gambe e tenendole stretta, per portarla in camera da letto senza smettere di baciarla, desiderandola come non mai.
Fecero l’amore, per la seconda volta insieme. Lui decisamente più esperto di lei, la guidava e s’impadroniva di lei, del suo corpo, del suo cuore, della sua anima.
Fu completamente diverso dalla prima volta.
Stavolta era consapevole, più maturo, più reale. Anni prima erano stupidi e immaturi, mangiavano fragole sui prati e vivevano in modo assolutamente spensierato.
Ora, ora che tutto era cambiato, avevano fatto la cosa più malevola… ovvero loro, insieme, non più i due bambini, ma i due adulti che facevano l’amore.
Ino però notò un cambiamento che lui probabilmente esitava a cogliere, a capire.
L’amore l’uno per l’altro era cambiato.
Ora era forte, a tratti cattivo, a momenti sapientemente dolce, ma estremamente disperato.
Un amore disperato il loro, che esitava a nascere, che si nascondeva nelle menti e nel buio della notte di una strada di periferia, mentre fuori imperava un vento che sembrava potesse parlare.
Lui, semplicemente, non se lo seppe spiegare. L’alcool, si disse.
 
 
 
Un errore. Non poteva che essere un errore.
Certo, un piacevolissimo errore
, si disse, mentre silenziosamente si alzava per non svegliare la bella addormentata assopita accanto a lui.
Il sole brillava già, quando si rese conto di aver passato la notte intera con Ino.
Una notte meravigliosa, ricca di emozioni forti, di un amore diverso da qualsiasi altro, che in men che non si dica aveva cancellato con facilità la stanchezza repressa di quegli ultimi giorni.
Eppure, nonostante si sentisse così bene nel guardarla dormire, con i capelli scompigliati sparsi ovunque, le labbra delicate semichiuse e i seni scoperti, non riuscì a farsi sopraffare completamente da quella visione eterea.
La ragione aveva ripreso a dominare sui sentimenti, che oramai era inutile nascondere.
Alcool? No, non era stato quello. Voglia di vendicarsi di Temari? Era scomparsa già mentre parlavano tranquillamente in soggiorno.
Ammise che lo aveva fatto per sé, per accontentare quella parte che continuava ad amarla con tutto se stesso, e che moriva dalla voglia di ricordare quanto fosse bello fare l’amore con chi ami davvero.
Ma l’altra parte di sé, quella più razionale, non voleva fare di nuovo i conti con un amore che era troppo capace di ferirlo, di avere tutto quel potere emotivo su di lui.
Cominciò a tornare stanco. Forse, avrebbe dovuto semplicemente dire di sì ad ogni cosa, lasciandosi scorrere i problemi addosso.
Ma lui era un uomo ed in quanto tale doveva essere capace di mantenere il controllo su ogni cosa, cercando di uscirne sempre fuori illeso. Non importava se sarebbe dovuto rimanere solo, per farlo.
Capiva che forse quello era un atteggiamento più da militare che da un mezzo rocker e un mezzo commissario, ma erano stati i fatti a portarlo a quella scelta.
Era molto meglio abbandonarsi a quell’amore illecito e stravagante, ma che in fondo riusciva a controllare alla perfezione.
Provava amore verso Temari, lo sapeva ed era confuso da questo, ma comprendeva bene quanto fosse in realtà un amore diverso da quello per Ino, seppur di eguale importanza.
Almeno ai suoi occhi.
 
 
Quel giorno Shikamaru scomparve, dando forfè. Le registrazioni furono bloccate da questa sua mancanza, ma Naruto capiva bene la confusione che stesse avendo, per cui lasciò correre.
E poi, in pratica avevano davvero finito. Toccava a Sasori sistemare le canzoni, non più loro, che servivano solo in caso di emergenza. Il giorno dopo, con tutta probabilità, avrebbero fatto il loro esordio.
Shikamaru e Naruto stettero al telefono per delle ore a parlare, talmente tante che Hinata prese seriamente in considerazione l’idea di andare personalmente a controllare che tutti i lavori e gli affari andassero bene, piuttosto che chiamare i suoi subordinati.
Non si stupì nel constatare quanto Naruto fosse importante per ogni membro del gruppo, tanto da considerarlo oltre al loro leader come un ottimo confidente, che sapeva ascoltarli e capirli, magari tirarli su con una sana risata.
Si rese conto che era estremamente felice per lui, anzi, notevolmente fiera, ed arrossì nel riconoscere che non sapeva se poteva davvero avere il diritto di essere orgogliosa di lui, dato che non aveva ben capito se considerarsi o no la sua ragazza.
Non ne avevano parlato affatto, eppure erano rimasti vicini. Nella fretta di tutto ciò che stava accadendo, non si erano neppure più abbracciati.
Lui non le aveva detto niente al riguardo. Diamine!
Arrossì però nel ricordare ciò che Naruto aveva detto a Sasori, quasi possessivo. Ma... era talmente confusa!
Quando chiuse la telefonata, lui le disse che avevano deciso di ritrovarsi quella sera per suonare dal vecchio Asuma, dove avevano suonato fino a poco tempo prima.
Lei non aveva obbiettato, naturalmente, soprattutto poi nel vederlo inforcare la chitarra, deciso a scrivere una canzone su tutto quello che gli aveva detto Shikamaru, sotto preciso ordine di lui.
Gli aveva offerto anche molte frasi che avrebbe desiderato avere. A lui restava da sistemare il testo ed arricchirlo, creando anche il giusto spartito da suonare.
 
Quella sera, per una volta, i ruoli si invertirono un poco.
Naruto, Sasuke, e Kiba, suonavano le chitarre acustiche da seduti, tutti insieme. Shikamaru, seduto in mezzo a loro, batteva a tempo su un tamburellino da mano.
Cantò proprio lui, con una tristezza infinita, quella canzone che sembrava davvero perfetta, per lui e per quella situazione.
 
 
Io mi riposo un attimo
Andate avanti voi
La terra è ancora umida
Mi sdraio per un po’
E penserò ai miei vividi
Disturbi della grande corsa all’oro
 
Ricordi dodici anni fa?
Noi mangiavamo fragole
E il fungo più malefico
Lo abbiamo fatto noi
Distesa sopra un prato che non c’è
L’alba stamattina giuro è verde…
 
Bisogna dire sì
A tutta questa brava gente
Bisogna dire sì
Diventa tutto più efficiente
 
Prima del grande giorno,
c’è forse ancora un sorso per noi…
 
il figlio del disordine
l’hanno chiamato uomo
l’immensa solitudine
è nata insieme all’uovo
E niente più bambini nella pancia
Ultime notizie dalla Francia
 
 Bisogna dire sì
A tutta questa brava gente
Bisogna dire sì
Diventa tutto più efficiente
 
Prima del grande giorno,
volevo dire…!
 
 
{Cos’è che volevi dire, Shikamaru?
Cos’è che hai avuto paura di dire? Di ammettere?}








:3  Ma sono così contenta!
Devo ringraziare le nove persone che hanno recensito, 
soprattutto quelle che solo recentemente si sono aggiunte
al numeroso gruppo di fan. GRAZIE!!
Che dire su questo capitolone, interamente ShikaIno...
beh, ormai ho capito su che strada proseguire col triangolo,
ma direi che si è scritta quasi da sola. I personaggi si sono
evoluti da soli nelle mie mani, ed io non potevo far altro
che assecondarli. Shikamaru è ovviamente confuso per quello
che è successo, anche se è stata una cosa che era lui a volere.
Per tanto tempo a cercato di seporre i propri sentimenti,
ma all'evidenza (dopo ciò che hanno fatto!) non poteva negare.
Non c'è nemmeno bisogno di dire che la decisione di non rinunciare
a prostituirsi da parte di Temari ha giocato il suo ruolo,
allontanandoli un pò. C'è un clima di confusione quindi per quanto
riguarda questa coppia, e devo dire che la canzone proprio parlava
dal punto di vista di Shikamaru, stanco ormai, che steso su un prato d'erba
pensa alla sua personale corsa "all'oro", che ovviamente rappresenta i 
capelli biondi. Il NaruHina si è un poco bloccato, perchè ovviamente Naruto
è un dimenticone che non si è ricordato di chiarirsi con Hinata,
pensando che fosse tutto ovvio, ma lei poverina è alla sua prima esperienza!
Non c'è molto altro da spiegare credo, ma se avete domande 
non esitate a farle. Vi ringrazio per le recensioni, spero che
i vostri esami siano finiti e che possiate tornare a commentare
la mia storia :D
Un bacione! :*

   
 
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