Che piacevoli i vuoti di memoria, il premio che si trova sempre sul fondo di ogni bottiglia di vodka
Quando
Amy scese a fare
colazione, la mattina seguente, trovò il gruppo immerso in
una fitta
conversazione con la proprietaria della locanda, Ameiko Kaijitsu.
L’ex
avventuriera, membro di una delle famiglie più potenti di
Sandpoint, aveva
offerto agli eroi della città vitto e alloggio per una
settimana e ora le
persone che avevano aiutato Amy a sconfiggere i goblin erano sedute
attorno a
un tavolo e pendevano dalle labbra della locandiera.
«Buongiorno»
salutò la
ladra con un sorriso.
Il
primo a risponderle
fu Robert, che immediatamente le fece posto sulla panca; il mago Jerle,
invece,
le rivolse uno sguardo poco interessato, mentre Ygritte si
limitò a emettere un
grugnito.
«La
signorina Kaijitsu
ci stava parlando di un fatto increscioso avvenuto questa
notte…»
«Oh,
andiamo!» scattò Stefania, roteando lo sguardo
verso l’alto. «“Signorina
Kaijitsu”?
“Fatto increscioso”? Sei un guerriero o un
paladino, tu?!»
Marta
affondò la testa nelle braccia: non avevano ancora iniziato
e già Stefania
aveva trovato un pretesto per sbraitare contro qualcuno.
Per
tutta risposta, Roberto sfoderò un ghigno divertito.
«Un guerriero non conosce
forse le buone maniere?» chiese, allargando le braccia.
Sapendo
che sarebbe partita una discussione di almeno dieci minuti –
Roberto era in
grado di tenere testa a Stefania e lei detestava non avere
l’ultima parola –
Marta si tappò le orecchie e fissò il poster di Sine Requie che quel pomeriggio qualcuno
aveva appeso alla parete.
Le faceva ancora male la testa per tutta la vodka che aveva bevuto due
sere
prima, ma non era stupida: sapeva che il vero motivo
dell’emicrania non era il
dopo sbornia, bensì la consapevolezza di ciò che
aveva fatto in preda
all’alcol.
“Ho
chiamato Matteo” si ripeté per
l’ennesima volta, soffocando un sospiro di
disapprovazione. “Gli ho chiesto di uscire con me. Ma come
cavolo mi è venuto
in mente?!”
Non
ricordava con esattezza come si fosse svolta l’umiliazione,
però aveva ben
impresso il rifiuto di Matteo. D’accordo, era notte fonda
– le pareva, almeno –
e d’accordo, doveva essere stata insopportabile da ubriaca,
ma le parole del
ragazzo erano state fin troppo lapidarie. Per quel motivo il pomeriggio
seguente si era recata da Roberto, con una maglietta che aveva
sgraffignato a
Teresa, da cui era rimasta a dormire; aveva scoperto che Roberto non
era male,
si era anche divertita in sua compagnia, forse voleva solo ripetere
l’esperienza.
“O
scacciare Matteo dalla mente, ammettiamolo.”
Possibile
che dovesse umiliarsi ogni volta che perdeva la testa per qualcuno?
Come quando
aveva sedici anni… Per fortuna era passato del tempo da
allora – parecchio
tempo, considerate le differenze tra la se stessa di adesso e quella
del liceo
– e nessuna delle persone in quella stanza l’aveva
conosciuta prima del
cambiamento. L’istinto masochista, tuttavia, si ostinava a
fare capolino di
tanto in tanto, costringendola a comportarsi in modo stupido e
affrettato.
Avrebbe
preferito che il suo grande amore
fosse un Silente, uno di quegli alieni di cui ci si dimentica non
appena si
distoglie lo sguardo; il problema, però, era che Matteo
rimaneva lì, non
importava quanti poster di Sine Requie
fissasse, e lei non era il Dottore né River Song: non poteva
distruggerlo.
«Questa
notte la tomba
del vecchio sacerdote è stata profanata»
spiegò Ameiko. «E il corpo…
sparito.»
«È
orribile» mormorò
Amy, avvertendo un brivido percorrerle la schiena.
«Non
avete idea di chi
possa essere stato?» domandò Jerle, abbassando il
cappuccio rosso.
Ameiko
scosse la testa.
«Lo sceriffo non ha ancora arrestato nessuno. In
realtà si chiedeva se voi…»
«Noi
uccidiamo» la
interruppe Ygritte. «Gli eroi non indagano.»
«Mi
sembra ovvio: io non posso usare “increscioso”, ma
il tuo barbaro conosce il
verbo “indagare”!»
«Andiamo
avanti» li riprese Matteo, prima che Stefania potesse aprire
bocca. Era
visibilmente infastidito, ma Marta non sapeva dire se per i continui
battibecchi tra i due giocatori o per la telefonata notturna.
“Non
mi ha ancora mai guardata” constatò. “Merda.”
«Non
si preoccupi,
Ameiko,» la rassicurò Amy, «possiamo
pensarci noi.» Si avvicinò all’orecchio
di
Ygritte e sussurrò: «Ci sarà
sicuramente un compenso, e poi potrai fare a pezzi
gli sciacalli che hanno profanato la tomba.»
Il
barbaro grugnì
ancora, dando il suo assenso.
«Vi
recate dallo sceriffo,» narrò Matteo,
«che vi conferma ciò che Ameiko vi ha
raccontato a colazione.»
«Gli
chiedo se hanno trovato delle tracce, delle impronte di
scarpe» disse Leonardo.
«Potrebbero essere umani o goblin.»
«I
famosi goblin che rubano cadaveri» sogghignò
Roberto, facendo ridere anche
Stefania.
Marta
stava cercando di seguire il loro ragionamento – dei giocatori, non dei personaggi.
Stefania si attaccava con
Roberto, tuttavia era dalla sua parte quando la vittima degli scherni
era
Leonardo. La mente di una donna era contorta, ma quella di Stefania era
un
labirinto di Dedalo.
Mentre
rifletteva, incontrò lo sguardo di Roberto, che gli sorrise
complice, come se
tra loro ci fosse un segreto che gli altri non avrebbero mai dovuto
scoprire.
Si riferiva al modo in cui le aveva parlato al Giardino degli Aranci o
alle
passioni e ai desideri che le aveva rivelato? O – Marta si
sentì contorcere lo
stomaco – alla relazione che c’era tra loro?
Quale
relazione, poi? Erano usciti un paio di volte, niente di
più, potevano
definirsi “conoscenti che pianificano di diventare
amici.”
“Che
definizione del cavolo.”
Già,
avrebbe potuto scacciare quell’ulteriore preoccupazione in
pochi secondi, ma
doveva ammettere che era corsa da lui dopo il rifiuto di Matteo, invece
di
tornare a casa e guardarsi un’intera stagione di Friends.
La
situazione si faceva sempre più complicata.
Non
appena gli eroi di
Sandpoint ebbero varcato l’entrata della cripta,
l’orrore si manifestò ai loro
occhi: due scheletri giacevano accanto alle pareti, ma bastò
la loro entrata
per farli animare. Li attendevano, era certo.
«Amy,
dietro di me!»
esclamò Robert, mentre Jerle lanciava una palla di fuoco
contro lo scheletro
più vicino.
L’avversario
fu preso
in pieno, ma il guerriero dovette farsi avanti per annientarlo
completamente.
Amy tese la fionda e tirò il sasso, raggiungendo
però solo l’orecchio di
Robert. Lo scheletro ancora in piedi utilizzò la spada e
graffiò l’armatura del
guerriero, fortunatamente senza ferirlo.
Venne
il turno di
Ygritte, che tranciò in due il nemico, uccidendolo; come se
non bastasse diede
un calcio ai resti del suo corpo.
«Sei
ferita?» chiese
Robert a Amy, che scosse la testa.
«No,
io… Scusami, non
volevo colpirti!»
Il
guerriero le rivolse
un rapido sorriso. «Non è stato niente,
può succedere.»
Jerle
strappò il
mantello dal primo scheletro, analizzandolo.
«Qualcuno
è stato qui» notò
Ygritte, dopo aver osservato le impronte che portavano fuori dalla
cripta. «Non
siamo noi e non possono essere stati gli scheletri… Sono
impronte umanoidi.»
«Dobbiamo
andare dal
Gran Sacerdote.»
«Ci
andiamo subito o perdiamo tempo ad analizzare il mantello?»
chiese Stefania,
incrociando le braccia dietro la nuca.
«Ehi,
non è una perdita di tempo!» esclamò
Leonardo.
«A
proposito di perdere tempo, Ygritte,»
ghignò Roberto, «ci hai messo un bel po’
prima di entrare in campo.»
«Non
è colpa mia: dadi schifosi. E tu, invece? “Sei
ferita?” Come devo ripetertelo?
Sei un rozzo guerriero di provincia, non un paladino!»
«Siete
voi barbari a essere rozzi, piccolina.»
Stefania
avvampò. «Non chiamarmi…»
«Ninfadora»
concluse automaticamente Marta. E, automaticamente, portò lo
sguardo su Matteo
per vedere se avesse colto la citazione.
L’aveva
fatto, ma nell’attimo in cui i loro occhi si incontrarono il
game master tornò
a concentrarsi sul manuale, visibilmente irritato.
♠
“Procede
meravigliosamente” constatò Roberto, appoggiando
la testa sulla mano in una
posa sognante. “Dev’essere successo qualcosa che
non so fra quei due… e devo
approfittarne il prima possibile.”
L’unico
neo del suo piano era l’ignoranza riguardo il motivo che
spingeva Marta e
Matteo a non incrociare gli sguardi: si erano sentiti, prima che lei
comparisse
davanti all’officina di Roberto? Sì, doveva essere
così, ma cosa potevano
essersi detti?
Detestava
non saperlo, lo vedeva come un
limite
alla storia che aveva intenzione di scrivere, ma in fondo uno scrittore
non
viveva di immaginazione? Stava già cominciando la prima
bozza ed era orgoglioso
di come si stesse presentando: nemmeno un accenno al sesso e credeva
che non ci
sarebbe stato per diversi capitoli.
E
nella vita reale?
“Beh,”
pensò, soffermandosi sulle dita di Marta che si
intrecciavano con i corti
capelli rossi, “non vedo l’ora.”
«Quanto
avete in carisma?» chiese Matteo, riportandolo alla
realtà. Ah, ignaro game
master, se solo avesse saputo cosa il destino – nome in
codice: Roberto Trani –
aveva in serbo per lui!
«Quattordici»
rispose Marta.
«Nove.»
«Mh,
ma dai? Non me lo sarei mai aspettato!» rise Roberto alla
risposta di Stefania.
«E tu, Leo?»
«Sedici.»
«Come
al solito, gli elfi devono splendere sempre…»
«Roberto?»
Si
dondolò sulla sedia, fingendo di non avere udito la domanda;
poi, dopo qualche
momento, rispose: «Diciotto.»
Per
poco Stefania non sputò l’acqua che stava bevendo.
«Diciotto? Ma sei un
guerriero o cosa?!»
«Oh,
piccola barbara…» Roberto rimase in silenzio,
riflettendo rapidamente sul modo
di approfittarne per far colpo su Marta. «Non giudicare in
continuazione i
guerrieri come se fossi una di noi. Tu non sai niente, Stefania
Danesi.»
Notò
di avere ottenuto l’effetto desiderato: Marta gli stava
sorridendo, mentre
Stefania, che doveva aver intuito il suo gioco, non replicò,
ma si rivolse a
Matteo: «A che ti serve saperlo?»
«Beh,
questo è un gioco in cui bisogna interpretare, piuttosto che
combattere.»
«Che
noia.»
«E
se è Robert il personaggio con maggiore
carisma…»
«Siete…
siete voi… gli
eroi di Sandpoint?»
Roberto
si voltò, sentendosi
tirare un braccio: di fronte a lui, affannata e spaventata,
c’era una ragazza
per la quale l’aggettivo “meravigliosa”
non sarebbe bastato. Lo fissava,
agitata, senza curarsi dei seni che minacciavano di uscire dal vestito
scollato.
«Calmatevi»
tentò di
tranquillizzarla il guerriero, posandole entrambe le mani sulle spalle.
La
ragazza parve rilassarsi a quel tocco.
«Cos’è successo?»
«Mi
chiamo Shayliss,
sono la figlia del proprietario dell’emporio» si
presentò.
«Il
mio nome è Robert,
e sono al vostro servizio.»
Shayliss
azzardò un
sorriso, tornando presto seria. «Robert, vi prego, venite con
me! C’è qualcosa
nella mia cantina che… oh,
divinità…»
«Se
proprio insiste…» Roberto si strinse nelle spalle.
«Ok, la seguo.»
«Se
fosse stata uno sgorbio non l’avresti aiutata»
sbuffò Stefania.
“Certo
che no” avrebbe voluto concordare Roberto, ma decise che non
sarebbe stata la
scelta più saggia in presenza di Marta.
«Prova
a chiedermi aiuto.»
«Ygritte
non lo farebbe mai.»
«Allora
non lo saprai mai.»
«La
donna,» riprese Matteo, «ti conduce alla sua
abitazione…»
«Là
sotto.» Shayliss
indicò una porta aperta, dietro la quale si intravedeva una
scala.
«L’avete
lasciata
spalancata?» chiese Robert, aggrottando le sopracciglia.
«O la creatura è
scappata?»
«No,
è stata una mia
dimenticanza…»
Sembra
piuttosto calma,
in quel momento, per una persona con un probabile mostro che girava per
casa –
forse si era già messo sotto le coperte. Robert
cacciò quel pensiero e sguainò
la spada, procedendo nel buio.
«Restate
indietro.» Con
la poca luce che filtrava dalla finestrella in cima alla cantina, il
guerriero
riuscì a riconoscere dozzine di scaffali su cui erano
accatastati libri, erbe e
vivande. Qualcosa gli scivolò accanto al piede, ma
scoprì presto che si
trattava di un innocuo topolino della grandezza di un bicchiere.
Si
voltò per risalire e
comunicare alla bella Shayliss che le sue paure erano immotivate, ma si
ritrovò
la ragazza alle spalle. Avrebbe volentieri messo la spada fra di loro,
se solo
una mano dalle dita affusolate non glielo avesse impedito, stringendoli
il
polso.
“Dev’essere
una
trappola” ebbe appena il tempo di pensare, prima che Shayliss
posasse le
carnose labbra sulle sue. “Oh, beh, al diavolo!”
Lasciò
che la ragazza
lo baciasse sul volto e sul collo, mentre gli toglieva
l’armatura con esperta
scioltezza; Robert le sollevò la gonna e indugiò
con le dita sulle morbide
cosce, finché…
«Che
sta succedendo
laggiù?!»
«Suo
padre vi ha scoperti!» esclamò Matteo, facendo
sussultare perfino il vero
Roberto.
«Ma
non è giusto!» protestò lui.
Scrutò la pagina del manuale che il game master
aveva di fronte. «Fa’ un po’ vedere
l’immagine di questa… Oh, cavolo! Beh,
è
bella forte. Come ho potuto pensare che fosse un’innocente
vergine in cerca
d’aiuto?»
«Shayliss
squittisce: “Cielo, mio padre!”»
Perfino
Marta scoppiò a ridere per il tono in cui Matteo lo disse,
mentre fingeva di
coprirsi con una gonna invisibile.
«Oh,
cielo, tuo padre!»
gli fece eco Robert, sbrigandosi a riallacciare l’armatura e
a correre oltre
l’uomo che gli intralciava il passaggio.
«Chi
sei tu? Che stavi
facendo a mia figlia?!»
«Gran
bella figlia» si
complimentò il guerriero con un sorriso, prima di scappare
dalla casa con il
negoziante alle calcagna.
«Ma
è accaduto veramente?» chiese Stefania,
visibilmente disgustata. «Non pensavo
avessi il gusto per l’osceno,
master.»
«Non
si tratta di volgarità, è Roberto che ha voluto
giocarla così» si difese
Matteo, agitando tra le mani una decina di dadi. Roberto non era sicuro
se lo
stesse facendo per puro sollazzo o se volesse tirarli per far cadere il
cadavere di una viverna su Ygritte. «E ho solo seguito il
manuale.»
“Sei
così bravo a farti dare ‘ordini’, voglio
vedere come ti comporterai con il mio
piano.”
«D’accordo,
d’accordo, credo di essere uscito indenne da
lì,» esclamò Roberto, «ora
possiamo continuare? Sai, master, temo che i miei compagni si stiano
annoiando…»
♠
Leonardo
non si stava annoiando, era semplicemente infastidito
dal modo di ruolare dei suoi compagni: chi di loro non stava
interpretando se
stesso? In fondo non gli interessava neanche più di tanto,
ognuno era libero di
giocare come preferiva, però trovava snervante alzare gli
occhi dalla scheda
del suo personaggio e trovarsi catapultato nella realtà
tanto rapidamente.
E
trovava snervante il reale carattere dei giocatori.
Nulla
da dire su Marta, gli era sempre sembrata una brava ragazza, ma Roberto
faceva
il possibile per attrarla a sé, senza che Leonardo riuscisse
a capirne il
motivo; era abbastanza evidente che non provasse niente per lei, e
allora
perché continuare quella farsa? Gli dava fastidio anche il
continuo bisticciare
con Stefania che, di punto in bianco, si tramutava in alleanza quando
l’oggetto
delle battute era lui. Erano andati avanti così per tutta la
sessione,
attaccandosi e poi alleandosi, con uno scambio di sogghigni e sguardi
divertiti
che Leonardo non trovava affatto divertenti.
Il
giorno precedente era stato bene con Stefania, aveva perfino scoperto
che era
in grado di rilassarsi – seppure per pochi minuti. In quei
momenti, quando la
sua fronte si stendeva e scomparivano i solchi simili a rughe che la
rendevano
arcigna e la invecchiavano di cinque anni, Stefania poteva essere una
piacevole
compagnia; tutto ciò durava poco, ma Leonardo aveva sperato
in un cambiamento
nel loro rapporto. Forse, stupidamente, si era in anticipo dato il
merito di
essere la prima persona a mettere Stefania Danesi a proprio agio.
«Jerle,
che fai?»
La
testa di Leonardo scattò in alto, mentre il ragazzo tentava
di capire a che
punto fossero della sessione. «Scusa,
cos’è successo?»
«E
il nostro bell’elfo si era perso nel mondo dei
sogni!» lo canzonò Stefania,
tirando un dado da venti facce. «Diciotto: a quanto pare
avevo ragione, stavi
pensando alla rossa che ha tentato di farsi Robert.»
«Avresti
voluto essere al mio posto, eh? Ti capisco, ti
capisco…» rincarò la dose
Roberto. «Ma puoi pensarci una volta a casa, staresti anche
più comodo.»
Quelle
parole fecero ribollire il sangue nelle vene di Leonardo. Insinuare una
cosa
del genere su di lui? Si disse di
stare calmo: loro non lo conoscevano – non così a
fondo – e sbraitargli contro
l’avrebbe solo fatto sembrare fuori di testa.
«Stavo
riflettendo su chi abbia potuto depredare il corpo del
sacerdote» rispose
invece.
«Questa
nuova conoscenza potrebbe aiutarci, forse» disse Marta, che
Leonardo notò
intenta a battere ritmicamente la punta della dita sul tavolo, come se
fosse
nervosa.
«Questa…?»
«Il
conte Aldern Foxgrove,» spiegò Matteo,
«l’uomo che vi ha invitati a caccia ieri
sera.»
«Ah,
è vero!»
«Siete
appena giunti al Bosco delle Zecche…»
«Che
nome entusiasmante!» esclamò Roberto.
Il
conte si avvicinò al
cavallo di Amy e le tese una mano per aiutarla a scendere.
«La
ringrazio» sorrise
la ladra, mettendo in pratica le doti carismatiche che aveva acquisito
con gli
anni e che le aveva già fatto guadagnare la fiducia di
malcapitati avventori di
Sandpoint.
«Non
posso lasciare che
roviniate il vostro bel vestito.»
Ygritte,
alle loro
spalle, grugnì e si lanciò giù dal suo
cavallo, rischiando però di cadere
contro il suolo: la sera prima, alla locanda della Lampreda dove
avevano
conosciuto il conte Foxgrove, mentre i suoi compagni si godevano la
zuppa di
astice lei si era cimentata nell’impresa di bere
l’acqua della vasca vicino
all’ingresso. A giudicare dal peso del sacchetto pieno di
monete d’argento che
aveva vinto, in molti dovevano averci provato, senza però
riuscire a resistere
dal fiondarsi in bagno prima di concludere la prova. Diversi clienti
della
locanda le avevano allora offerto da bere e andare a caccia dopo una
sbornia
non era la cosa più saggia che una persona potesse fare
– ma lei era un
barbaro, e i barbari non conoscevano la parola
“saggezza”.
«Dov’è
questo cinghiale
che dobbiamo ammazzare?» chiese, estraendo lo spadone dal
fodero che teneva
sulla schiena.
«Non
credo ci stia
aspettando» le rispose Jerle, preparando arco e frecce. Era
un mago, ma non
amava girare disarmato, era ancora agli inizi e preferiva non rimanere
senza
incantesimi nel momento cruciale. «E non credo neanche che
sia possibile
cacciare con quell’arma.»
Ygritte
si avvicinò e
lo sovrastò. «Ho ucciso una viverna con Jiquireah,
posso strapparci le budella
a un cinghiale.»
Forse
fu l’immagine di Stefania che torreggiava minacciosa su di
lui a convincere
Leonardo a chiudere lì il discorso.
«Ehm…
Cacciamo, allora?»
Trascorsero
due ore nel bosco alla ricerca di animali da portare ad Ameiko per
ringraziarla
del soggiorno offerto nella sua locanda e finalmente, quando i loro
stomaci
stavano iniziando a brontolare, erano riuscita a trovare e a uccidere
un
cinghiale – grazie a Robert, ma nessuno
volle farlo notare a Ygritte. Strano, aveva pensato Leonardo, convinto
che
Roberto ne avrebbe approfittato per fare a Stefania qualche battuta
sulla poca
utilità che aveva avuto il suo personaggio; si accorse solo
dopo che il ragazzo
era troppo impegnato a studiare il modo in cui il game master, nelle
vesti di
Aldern, tentava suo malgrado di mostrarsi gentile con Amy.
Se
n’era accorto anche lui: Matteo sembrava riluttante a
rivolgere la parola a
Marta e per tutto il tempo in cui il conte aveva cordialmente discorso
con Amy
i due non si erano mai guardati negli occhi. Stefania aveva poggiato la
testa
sul palmo della mano, rivolgendo uno sguardo sospettoso a entrambi.
Volevano
forse darla a bere a qualcuno?
«Bene,
direi che per oggi abbiamo finito qui» annunciò
Matteo, chiudendo il manuale.
«Solo
un misero combattimento e due – quattro
idioti che flirtano?»
«I
combattimenti arriveranno, Ste.»
«Uff,
lo spero.»
Stavano
mettendo tutti via le proprie cose quando Leonardo trovò il
coraggio di
poggiare una mano sulle spalle di Stefania. «Possiamo
dirglielo ora» sussurrò.
«Bene,
fallo» disse lei, ritornando a liberare il tavolo dai propri
dadi.
“Sembra
facile.”
Leonardo
detestava parlare in pubblico e detestava ancora di più
essere al centro
dell’attenzione, per questo aveva contato
sull’aiuto di Stefania – che, per la
milionesima volta in quella serata, lo aveva deluso. Restò
comunque in piedi
accanto a lei, sperando così di non essere l’unico
a cui i presenti avrebbero
rivolto lo sguardo.
«Devo
dirvi una cosa» dichiarò, dopo essersi schiarito
la voce. Marta e Roberto lo
fissarono, Matteo impiegò qualche secondo di più:
sembrava che quella sera
tutti fossero persi nei propri pensieri. «Io e Stefania
stiamo partecipando a
un gruppo di cosplay di Game of Thrones
e… ecco… alcune persone hanno dovuto rifiutare
per impegni dell’ultimo minuto.
So che il Romics è alle porte, però ci chiedevamo
se voi voleste…»
«Vi
va di mascherarvi con noi?» concluse Stefania, probabilmente
stanca della
lentezza del suo discorso. «Leonardo non è troppo
male a cucire.»
«È
un’ottima idea!» esclamò Marta, battendo
le mani. «Non ho ancora preparato
niente, temevo di non poter venire in cosplay quest’anno.
«Ci
sto anch’io» disse Roberto.
Matteo
tentennò. «Non lo so, Leo… Non ho mai
fatto un cosplay, credo che non mi
sentirei a mio…»
«Oh,
ma tu devi venire» lo interruppe Stefania, scoccando
però un fugace sguardo a
Roberto. «Sei perfetto per Ned Stark.»
Non
fu tanto il tono imperioso della ragazza, pensò Leonardo,
quando le sue parole
a persuadere Matteo: lo vide spalancare la bocca e aggrottare le
sopracciglia,
riflettendo.
«D’accordo,
proverò a farlo.»
«Ci
dai la tua parola?»
«Lo
farò.»
Raramente
Stefania doveva avere avuto un’espressione tanto raggiante,
sembrava essersi
presa l’idea del cosplay più a cuore di lui.
«Bene, Roberto, tu sarai
Ditocorto!»
«Un
ruolo perfetto per me.»
Stavano
uscendo dal Sotterraneo del Drow
quando Marta chiese: «E io?»
Leonardo,
che aveva silenziosamente delegato a Stefania il compito di assegnare i
ruoli,
la sentì rispondere distrattamente: «Oh, giusto.
Tu sarai Catelyn, la moglie di
Ned.»
Senza
capirne il motivo, Leonardo notò allo stesso tempo le
espressioni spaventate
sui volti di Matteo e Marta e lo scambio d’intesa fra
Stefania e un soddisfatto
Roberto.
SETTIMO CAPITOLO
Il titolo è una
citazione da The Big Bang Theory.
MARTA:
- Silente e River
Song: personaggi di Doctor Who.
- “Non chiamarmi
Ninfadora”: citazione di Harry
Potter.
ROBERTO:
- I punteggi delle
caratteristiche (come in questo caso il Carisma) possono, alla
creazione del
personaggio, arrivare a un massimo di 18/20.
LEONARDO:
- Ditocorto (Petyr
Baelish), personaggio di ASOIAF, è stato innamorato fin da
ragazzo di Catelyn
Tully Stark.
SPAZIO AUTRICE
Prima di tutto mi
scuso per il ritardo pazzesco. Poi mi scuso ancora, perché
il prossimo capitolo
non arriverà prima di tre settimane: ho deciso di rivedere
tutto dall’inizio,
di segnarmi ogni dettaglio e di farmi un breve riassunto dei futuri
capitoli,
perché altrimenti rischierei di far avvenire certe
situazioni prima di altre
(oltre a perdermi diversi particolari, ché ho una memoria
terribile); da quel
momento in poi, aggiornerò ogni due settimane,
perché è una “maratona” per
me
(e per voi che seguite la storia) postare ogni settimana – e
non ci riesco mai.
Passando al
capitolo, mi dispiace che sia proprio questo a collocarsi nel mezzo
della
pausa: non sono andata avanti di molto con la narrazione –
diciamo per niente –
ma ho voluto parlare anche del gioco di ruolo, avendo esso dato il
titolo alla
storia; si ripeterà, ma probabilmente prenderà lo
spazio di un solo POV (e non
di tutto il capitolo, come in questo caso).
Spero che vi sia
comunque piaciuto, alla prossima! ^^
Medusa