Lo Specchio delle
Brame
Ciao!!
Spero vi piaccia… è una shoot
abbastanza lunga ambientata nel 1991, se volete date
un’occhiata!
Natale. La
neve cadeva offuscando la pece dei tetti,
accavallandosi sulle scale e poggiandosi con gravità addosso
ai grossi abeti
che sussurravano inquieti poco lontano dal grande Castello
addormentato. Si
sveglia senza esitazione, nonostante quello fosse uno dei rari giorni
in cui
crogiolarsi nel caldo limbo tra vita e morte non sia un peccato
incolpato dalle
severe regole del preside Silente. La puntualità conta
molto, al castello, e
Severus lo sa bene. La esige dai suoi studenti, se la chiedeva sin da
bambino
perché essere sempre in tempo vuol dire mostrarsi
impeccabili. Superiori. E si
crede che il tempo non speso si possa poi recuperarlo, lui ci crede per
lo
meno. Severus sospira debolmente e si allaccia con fretta la cravatta
al collo.
Il suo sguardo indugia sulla superficie spettrale dello specchio.
Scorge i suoi
occhi, neri, foschi, lontani. Cozzano contro il bianco innevato che
avviluppa
il mondo intorno. E lui è nero. Veste di nero
perché la vita ha perso ogni
parvenza di colore ormai da molto tempo. Sono anni che non sa
apprezzare la
bellezza dell’arcobaleno. Semplicemente non esiste per lui
tutto ciò che non è
ombra. Perché lui è solo un’ombra.
Distante, pallida, silenziosa. È meno di un
fantasma.
Osserva la
camera fredda, dalle pareti di pietra in cui
sono ammassati i suoi averi: calderoni, libri, fiale di ogni colore,
eppure non
vi altro che grigio e nero lì dentro. E
un grande stendardo verde smeraldo. Verde. Il
cuore trabocca fiele. Batte un
pugno sulla superficie dello specchio, desolato. Per un attimo
è un animale
rapace, inferocito, rabbioso.
Un altro
natale senza di lei.
La mattina
passa lentamente, tra le quattro pareti della
stanza. Non vuole uscire, non vuole vedere nessuno. Non ha bisogno di
visite.
Non necessita di regali. Che idiozia, i regali! A cosa serve dimostrare
il
proprio affetto con degli stupidi oggetti inanimati? Non ce
l’ha con i regali,
quel giorno ogni cosa gli da fastidio. Il perché
è scontato. Le mattine di
Natale ad Hogwarts erano diverse, quando lui e Lily erano amici. Come
poteva
descriverle?
L’immagine
di una giovane studentessa bella come un
bocciolo di rosa in fase di fioritura, quel sorriso che le si accaniva
sul
volto, un’arma letale verso il resto del mondo, i suoi grossi
occhi verdi,
pozze colme dell’Anatema che Uccide gli baluginò
in mente. Come diceva sempre,
la sua Lily?
<<
è magico Sev! >>. Già. Per lei ogni
cosa
era meravigliosa. Anche il grugnito di Potter poteva rivelarsi
un’eccitante
fonte di stupore. Anche se per anni lui aveva creduto che fosse un
distaccato,
pacato disgusto.
lily durante
le feste era sempre di buon umore. Lo
costringeva a svegliarsi sempre agli orali meno appropriati per vedere
la brina
dell’alba sulle foglie aghiformi degli abeti. Lo costringeva
a dar gli auguri a
Vitious e al guardiacaccia Hagrid, che riempivano la Sala Grande con
grandi
decorazioni festose. Insomma, tutte quelle cose disgustose che lui
odiava con
tutto se stesso. Ma per lei, questo ed altro, gli diceva il suo cuore
rumorosamente. Ticchettava inarrestabile. Al galoppo.
Quel natale
1991 era freddo e artefatto, nonostante fosse
perfetto sotto ogni punto di vista per crear meraviglia nei cuori degli
uomini.
Nevicava, le decorazioni abbondavano, le carole natalizie echeggiavano
da
un’ala all’altra del castello, i fantasmi si
divertivano a far visita agli
studenti più malvagi di notte secondo un’antica
usanza magica che un babbano
impiccione aveva descritto in un romanzo, poco più di un
secolo prima. Era
tutto perfetto, ma un grosso specchio sembrava riflettere e disperdere
ogni
barlume di gioia, di allegria almeno per il professore di Pozioni.
Severus si
accasciò sul letto, e fece apparire un album
che aveva riposto solo un’ora prima nascondendolo nel nulla.
Aveva le occhiaie
violacee sulla pelle color cera. Non aveva dormito troppo. In effetti
ogni
notte ripercorreva la sua vita seguendo la crescita lenta e sapiente
della
bellezza di Lily. Quelle istantanee che lui gli scattava per farla
ridere, o
per darle il tormento quando andavano a scuola, adesso erano il bene
più prezioso
che possedesse. Nonostante dicesse a Silente, quel pazzoide che tutti
ritenevano geniale, di non amarla più, qualcosa gli diceva
che Lily gli
mancasse intensamente. Il suo ricordo gli ardeva nel cuore, e i tizzoni
continuavano a bruciare, la fiamma ad accrescersi ogni qual volta gli
capitasse
di scontrarsi con il bislacco figurino tutto pelle e ossa che tutti
ritenevano
un eroe. Harry Potter, o come tutti lo conoscevano a scuola
<< il figlio
di James e Lily… quello che era sopravvissuto da Tu sai Chi
>>. Non è di
certo un granchè averla
fatta franca.
Severus odia quel bambino. Se lui non fosse nato, se Lily non avesse
maledettamente amato suo figlio, se lo avesse lasciato morire, adesso
il mondo
sarebbe nelle mani di Voldemort e non ci sarebbero festività
con cui
allietarsi. Però lui non avrebbe scoperto di essersi votato
al Maestro
sbagliato, inseguendo la gloria, la fama fuggendo da lei…
non avrebbe più
dovuto scappare, l’avrebbe strappata a quell’idiota
di Potter e le avrebbe
consegnato ogni angolo del suo cuore.
<<
risparmiati le parole >> gli aveva detto
lui, quando avevano litigato l’ultima volta. Severus adesso
aveva trent’anni, e
da quindici anni quelle dannate parole lo assillavano giorno e notte. A
causa
di quella maledizione, non aveva esitato ad attaccare il principio dei
suoi
mali, l’eroe del mondo magico, così lo aveva
bombardato con domande che per il
degno figlio di Lily, sarebbero dovute sembrare degli affronti
all’intelligenza.
Ma Harry non
aveva nulla di lei. Solo quella dannata somiglianza
nello sguardo.
Lo trovava
un bambino sgraziato, vanaglorioso, esaltato
dalle attenzioni che il mondo magico gli rivolgeva. Ma erano solo i
suoi
pensieri, costantemente bollati dalle occhiatacce penetranti di
Silente. Anche
quel giorno, quando il preside, con la scusa di porgere al giovane
professore i
suoi migliori auguri, gli sussurrò evidenziando con
divertita ironia che il
figlio di Lily non era tornato dai Dursley per Natale. Era il primo
anno del
bambino, e Severus non avrebbe potuto odiarlo di più.
<<
ed io cosa dovrei fare, preside? >>
replicò cinico, alzando le spalle. La mano dalle lunghe dita
di Silente si
poggiò sulla spalla destra di Piton, e un sorriso gli
riscaldò le labbra da un
po’ gelide.
<<
dagli un’occhiata. Credo potrebbe mettersi nei
guai >>
<<
tanto per chiarirci, Albus: io non sono una
balia! Se il salvatore del mondo magico vuole spaccarsi la testa,
lasciamolo
fare! Dopotutto se è scampato a Voldemort cosa vuoi che
siano un paio di punti?
>>
<<
hai notato la bellezza dei suoi occhi? Credo che
infrangerà molti cuore, tra qualche tempo, come i suoi
genit… >>
Severus
sbattè la porta in faccia a Silente,
strillandogli buon Natale dall’altro capo, stizzito. Diamine!
Perché voleva
sempre riportargli in mente lei??? Come se le notti insonni non
bastassero,
adesso cospiravano tutti contro la sua sanità mentale. Si
diresse allo
specchio, appannato, e l’immagine di un uomo la cui bellezza
stava sfiorendo
come la neve rosa dal sole, gli rispose con cenni identici ai suoi. Gli
occhi
di Lily facevano impallidire perfino le superfici riflettenti. Erano
una forza
della natura. Con lei era Natale tutto l’anno.
<<
e tu Sev? Come ti senti a Natale? >> gli
domandava.
Gli bastava
fissarla un attimo per risponderle senza
esitazione << come tutti i giorni >>.
Non
c’era meraviglia nei giorni di festa. La festa
semplicemente non finiva mai. Era la monotonia a dargli una folle
voglia di
ridere. Perché tutti i giorni di monotonia erano
meravigliosi, accanto a lei.
Chiuse gli
occhi solo per un po’. Aveva sonno. Sperò solo
di sognarla, in quel giorno di neve.
Dormendo in
maniera sregolata, si ritrovò improvvisamente
desto di notte. Aprì gli occhi febbrile, e si rese conto di
aver passato gran
parte del Natale senza farsi vedere in giro. Ora le quote dei gemelli
Weasley,
che scommettevano nelle sue propensione verso le Arti Oscure a danno di
bambini
o ibridi magici, dovevano di certo essere salite alle stelle. Si
stiracchiò,
tentando di costringersi a dormire solo per altri sessanta minuti.
Mancava così
poco al 26 dicembre. Almeno, raggiungendo quella data, avrebbe smesso
di
assillarsi con i ricordi. Albus Silente doveva essere in pensiero.
Aveva fatto
male a cacciarlo, in fono lui gli passava vitto e alloggio, seppure lo
tenesse
in cattività in quella landa di tristezza, di
realtà, di vita vera. Non c’era
alcun marchio nero a legittimare la sua spocchia verso il mondo adesso.
Decise di
farsi perdonare, cominciando a passeggiare per
i corridoi in modo da raggiungere il gargoyle più famoso tra
le statue della scuola,
celando l’accesso alle stanze private di Silente.
Probabilmente ora il vecchio
pazzoide stava intrattenendo i quadri con una brillante disputa
filosofica.
Oppure anche lui piangeva, per Ariana e Aberforth. Ma questo non lo
riguardava,
così andò dritto fino al corridoio a destra del
dormitorio di Grifondoro, con
passi veloci, perché non voleva intercettare studenti, non
voleva vedere
persone superflue. Si sentiva maledettamente solo, ma ormai quel ruolo
d’ombra
gli calzava a pennello, e non sapeva privarsi della gravità
con cui lo
schiacciava, lo lacerava, lo distruggeva. Il dolore però
riaccendeva il viso di
Lily nella sua mente. A volte, temeva di scordarlo. Sarebbe stato come
tradirla, l’ennesima volta. Perdere la parte più
pura del suo animo. Quella che
aveva esitato ad uccidere, a incantare persone oscure, quello che
urlava,
mentre il marchio nero si gonfiava sopra le sue vene bluastre e
strillava di
gioia e dolore alla caduta dell’Oscuro signore. Ma poi
udì un rumore espandersi
nel corridoio. Severus alzò gli occhi al cielo, comprese che
avrebbe perso
tempo nel ricercare un Grifondoro uscito senza permesso dopo il
coprifuoco.
Infatti i suoi occhi videro il ritratto della Signora Grassa aprirsi di
lato, e
per un attimo solo, due occhi smeraldo risplenderono alla luce delle
fiaccole
accese ma già morenti. Un capogiro lo colse. Il sudore, le
lacrime, il tremore,
parvero assalirlo. Non poteva essere Lily, lei non avrebbe mai
accettato di
diventare uno spettro. O forse, e per un attimo il suo cuore
traboccò di
speranza, lei aveva scelto di attendere suo figlio lì, ad
Hogwarts? Dei piedi
sporgevano dal nulla. O era una fantasma, cosa assurda si disse, oppure
un
mantello dell’invisibilità, ancora più
impossibile, convenne Severus.
Eppure il
colore biancastro del suo viso malaticcio
assunse toni purpurei, e Severus si disilluse con velocità,
decidendo di
seguire la speranza e di lasciare a marcire la ragione, incarcerandola
in
qualche angolo della mente. Doveva crederci, e forse… ma
parlarne avrebbe
portato male.
I piedi
camminavano incerti, come se non conoscessero la
strada. Non facevano rumore, né ombre si stagliavano contro
il pavimento,
sembravano eterei, ma allo stesso tempo solidi, massicci. Voleva
saperne di
più, ma non poteva far rumore. Avvicinarsi alla fonte della
sua curiosità
doveva essere un atto silenzioso e lento. Preciso.
<<
la precisione in Pozioni è il segreto >>
gli ripeteva lei, quando prendeva con cui si era accaparrata le
simpatie di
Lumacorno. I professori andavano fieri di Lily Evans la Grifondoro
Mezzosangue.
Lui
l’adorava. L’adora.
Senza
rendersene conto, ecco una mano spuntare dal nulla.
Poteva essere la sua? << Alohomora >>
udì. Una vocina ancora
titubante. Per nulla melodiosa, si disse. Comprese che quella sagoma
mezza
trasparente non fosse la sua lei. Era l’incubo peggiore.
Harry James Potter
stava infrangendo le regole della scuola a Natale. Degno di suo padre.
Sacrilego, in memoria della retta madre. Disgustoso, per Piton.
Voleva
andarsene, ma aveva fatto un giuramento con
Silente. E non era un voto infrangibile, era lealtà a
tenerlo legato al
professore. Lui aveva cercato di salvare i Potter, non di annientarli.
E così
doveva seguire Harry, senza fiatare, provvedere alla sua
incolumità quando il
cuore grondava sangue e gli sussurrava di strangolarlo. Nessuno avrebbe
visto.
Nessuno avrebbe saputo.
Quando
potè aprire il pomello incantato e scorgere la
grande sala spoglia in cui Potter aveva deciso di bighellonare, non
seppe
chiudere la bocca normalmente, come entrando in stato comatoso. Harry
stava
singhiozzando di fronte ad una grande superficie riflettente. Uno
specchio
vecchio e lavorato. Un cimelio di Silente forse. Piton si chiese se
stesse
piangendo per quanto fosse brutto, ma un pallone gonfiato come lui non
sapeva
sottovalutarsi.
<<
mamma… papà >> sussurrò
Harry,
accarezzando lo specchio come se sul serio ci fossero due visi, poco
dietro di
lui << vi amo >>
Severus
strisciò silenzioso verso il centro della stanza,
con la veste scura svolazzante ed invisibile. Cosa vedeva Potter? Aveva
le
visioni? Si avvicinò allo specchio, e osservò
scetticamente la superficie
argentea e…
<<
Severus, ma a cosa pensi? >>
Un bisbiglio
ritornò a galla, dalla marea di discorsi
stupidi, intelligenti, sognanti, depressi, amichevoli tenuti con la sua
compagna di Pozioni. La sua migliore amica. La donna della sua vita.
L’ombra
del suo cuore. La luce della sua esistenza. L’amore e la
morte.
Lily
brillava nella luce dei suoi quindici anni. era come
l’ultima volta in cui l’aveva scorta lieta. Gli si
era aggrappata al torace, lo
stringeva con affetto. E lui, come sempre, rosso in volto, stupito, al
contempo
scioccato e felice, si lasciava abbracciare. Come al solito era lui
quello
debole. La donnetta della situazione. Il remissivo. Il colore
sconfiggeva di
nuovo il nero.
<<
Lily >> boccheggiò, scordandosi perfino
che Harry potesse udirlo. Dopo un attimo la ragazza cambiò
forma, divenne
donna. Una donna con in braccio un neonato. Era stata
l’ultima immagine che
aveva rubato dalla vita di Lily. Si ricordava di averla spiata, una
sera di
undici anni prima. Era bellissima, e reale come allora. E distante
più che mai,
seppure fossero divisi solo da Harry. E dallo specchio. La Lily della
realtà
gli era passata accanto allora, senza vederlo, senza percepire la sua
presenza.
Invece nello specchio lo salutò, allegra e naturale come al
solito. E gli
sorrise. e attese che lui, tra le lacrime, ricambiasse. Poi
indicò Harry,
quello grande e il neonato. Due esseri differenti, uniti solo dal
sangue della
Mezzosangue che aveva vinto la morte nonostante tutti si ostinassero a
compiangerla. Proteggi Harry, gli disse con gli occhi verdissimi.
Proteggi
l’ultima parte di anima che ti resta. Proteggi il mondo
magico, Sev. Io ti ho
perdonato da tempo ormai. Perdonati Sev. Perdonati e ama Harry come
fosse tuo
figlio.
Severus
annuì, sorridendo tra le lacrime. Harry osservava
il suo viso disilluso, inconsapevolmente. Quando si era sfilato il
mantello
dell’invisibilità? E da quando ne possedeva uno?
Gli venne solo voglia di
abbracciarlo, di ficcarsi con lui nello specchio e di raggiungere lei.
Ma
sapeva che quella era solo una fantasticheria irrealizzabile.
Quattro
occhi verdi lo fissavano. Bellissimi, identici.
Sinceri. E lui non capì più niente. Si
smaterializza, sa che a Natale non ci
sono protezioni che reggono. Tutti hanno diritto di muoversi come
vogliono al
castello. E lui vuole solo spaccare ogni cosa.
Uno
schiocco
veloce, una lacrima traditrice e si ritrovò sulla poltrona
soffice di uno
studio conosciuto quanto le sue tasche.
Una scrivania colma di cianfrusaglie a dividerlo dal suo peggior nemico.
Dal suo migliore amico.
Il suo unico alleato, colui che mai aveva smesso di credere nel
ragazzino dai
capelli unti che era. L’unico che aveva capito
perché avesse accettato pozioni,
per restare aggrappato al passato, tra i calderoni bollenti che
profumavano di
lei. L’unico che sapeva perché volesse ad ogni
costo allontanarsi dalle
segrete, perché il fantasma di Lily era sia una benedizione
che una
maledizione, e non riusciva a capire quale lato dovesse far vincere
sull’altro.
<< Potter è fuori dal
dormitorio>> esordì l’uomo, alzando
gli occhi
foschi, incrociando le pozze azzurre schermate solo dagli occhiali a
mezza luna
del preside Albus Silente.
<< lo sospettavo. Certe volte mi sento nei panni della
Cooman>> replicò
il preside, pacato.<< a giudicare da come mi osservi,
deve aver scoperto
qualcosa di inaspettato. >>
Piton si alzò di scatto. Tremava dalla testa ai piedi.
Sussultava come un
epilettico.
<< cosa ti prende, Severus? >>
Con le lacrime agli occhi scagliò la sedia contro il
pavimento, poi avventò gli
oggetti sulla scrivania del preside e li gettò per terra,
non gli interessava
di far danni che non sarebbe stato in grado di risarcire. Gli
interessava solo
distruggere ogni cosa in quella stanza, ogni elemento reale.
Perché nessuno gli
aveva detto che c’era un mezzo per restare in contatto con
lei? Con la donna
che amava, nonostante la morte? Perché Silente lo trattava
alla stregua di una
marionetta, e lo trattava come un bambino? Lui era grande dal giorno in
cui
aveva distrutto la vita di un’innocente famiglia di
Godric’s Hollow, undici
anni prima.
I mangiamorte si erano saziati allora, ridicolizzando e schernendo
quella dolce
creatura indifesa, quella donna battagliera che non aveva preteso
nient’altro
che la felicità. Che aveva preferito perire per amore,
piuttosto che per viltà.
E lui, invece aveva sofferto costantemente senza poterla vedere. Per
undici
lunghissimi anni.
Così lui buttava all’aria i convenevoli di
Silente, e le stronzate con cui lo
avrebbe rassicurato per l’ennesima volta, e ogni parvenza di
alleanza a quel
mostro serpentesco senza cuore che riusciva ad uccidere anche senza
muovere un
dito, solo con un discorso.
Era maledetto, e la sua dannazione doveva scaraventarsi come
l’anatema che
uccide su chiunque lo amasse. Su Silente, perché non ancora
si convinceva che
fosse un fallito, in realtà.
<< prego, serviti pure! Pare che faccia bene allo
spirito, far saltare in
aria i miei oggetti>> disse pacato Silente, con le mani
serrate
elegantemente. Gli occhi di Severus si riempivano di angoscia ogni
volta che si
rendeva conto di comportarsi in maniera ridicola
<<
come
vedi, tu e Potter non siete poi così
diversi>>continuò il Preside,
allegro.
<< LA SMETTA!! >> gridò Piton,
lanciando un grosso tomo di difesa
contro le arti oscure per terra, con un tonfo assordante seguito dalle
strida
dei quadri appesi alle pareti, svegliati dal fracasso.
<< NE HO ABBASTANZA!>>
continuò strillando e lasciando cadere
qualche lacrima.
<< pure noi>> gracchiò Phineas
Nigellus con la voce roca per il
repentino risveglio.
Piton lo scrutò truce e scagliò contro la cornice
un pesante vassoio d’argento
con un colpo di bacchetta.
<< su, calmati Severus. Vedo che stai tremando! Cosa ti
ha turbato?>>
<< quello specchio! Ecco cosa! >>
strillò continuando a prendere a
calci tutto ciò che gli sbarrasse la strada <<
e poi… diavolo, LEGGA LA
MIA MENTE! IO NON LE DIRò NULLA!>>
<< non sono un tipo da usare questi mezzucci. Se vuoi
rispondimi, io non
leggerò i tuoi segreti. Ma per caso hai visto lei,
lì dentro?>>
Piton roteò gli occhi è si accasciò
per terra.
Ora piangeva senza vergogna.
<< la vedeva anche Potter. >>
<< per Grifondoro! Sa dello specchio delle brame!
>> Silente
riusciva sempre ad afferrare la realtà tra un singhiozzo e
l’altro senza
scomporsi nonostante la voce tradisse il suo ribrezzo <<
non ti sarai
mica tradito? Cioè, lui sa che lo hai seguito? Non si fida
di te, non ancora>>
Piton buttò all’aria un ennesimo
oggetto<< sa dire solo questo?? Mi faschifo,
Albus! Si è servito di Lily non solo allora, ma
l’ha uccisa stanotte,come ha
fatto Voldemort , una seconda volta, più atrocemente di
quanto l’Oscuro signore
abbia mai fatto! Usa la sua immagine per farci del male! Che razza di
preside è
uno del genere? >>
<< se ti accomodi>> sospirò
Silente, facendo apparire una piccola
sedia dal nulla << ti posso assicurare che non ho potere
sullo specchio. Riflette
solo il desiderio più intimo di chi lo osserva. E da quanto
desumo, tu e Harry
bramate la stessa cosa, >> Piton tremando si
accucciò sulla sedia appena
comparsa. Gli occhi improvvisamente lucidi apparivano colmi come pozze
di
speranza << sul… dice sul serio?
>>
<< lo giuro, Severus. Comunque sia, questo potrebbe
essere un
insegnamento per te.>> sentenziò il preside,
giocherellando con una penna
finita accanto a lui durante la crisi distruttiva del professore di
pozioni.
<< ah si? E quale sarebbe? Che sono così
idiota da credere che Lily possa
trovarsi ancora qui, almeno a Natale? >>
Gli occhi di Silente trafissero quelli saccenti e disillusi
dell’uomo nascosto
sotto le mille maschere di cera con cui viaggiava da anni Severus Piton.
<< il tuo cuore non è rinsecchito e arido come
tu credi. È là sotto,
dietro il ferro arrugginito e insanguinato del mangia morte, oltre le
piccole
rughe che mostrano le sofferenze che hai dovuto sopportare fino ad ora.
È là e
nessuno potrà impedirgli di battere e di amare. Di amarla
anche se ha scelto un
altro, anche ora che riposa in un mondo di cui ignoriamo il nome e le
fattezze,
solo le persone nobili d’animo possono superare le barriere
della paura ed
amare oltre ogni ostacolo>>
Piton abbassò il capo. Di nuovo, le lacrime gli rigavano le
guance rasate male.
<< cosa volevi dirmi? >>
<<
nulla
preside. Solo buon Natale. Vorrei andare a letto, se lei è
d’accordo>>
disse senza mostrarsi per nulla lieto
<< domani andrò a prelevare Potter, e gli
parlerò dello Specchio, spero
che riuscirai a nascondere sempre
il tuo
affetto per lui sotto la maschera di disprezzo che stai indossando con
risoluzione. È difficile, fingersi diversi. Perfino Lily lo
ha capito. Mi parlava
spesso di essersi sbagliata nel averti cancellato dalla sua vita. Lei in fondo ti amava >>
Severus
lasciò
cadere un singhiozzo << mi spiace per averle distrutto
l’ufficio>>
sobbalzò, ancora con il capo fisso sul
pavimento<< ma non volevo sul
serio… >>
<< lo so. Prendi un po’ di queste api frizzole,
ti faranno bene>>
<< no grazie >>
<< suvvia, potrebbe essere l’ultima volta che
ci capiterà di assaggiarne
un pezzo, ed ogni cosa è più saporita, se la si
sta per assaggiare con il
timore che sia l’ultima occasione >>
Piton se ne ficcò una in bocca per assecondarlo
<< quindi no è possibile
che io possa imbattermi nella copia di Evans, giusto?>>
<< assolutamente no, purtroppo >>
replicò pacato il preside
<< bene>>. Resta in silenzio e prende
un’altra caramella. <<
come mai andrà da Potter di persona?>>
Silente scuote il capo<< deve capire, devi capire, che lo
specchio
ammalia, incanta, si impadronisce della nostra ragione. Ma il desiderio
consuma
l’animo, lo disgrega, senza che si ottenga alcun frutto da
tante pene. Lily vi
ama, ma non può più dimostrarvelo, con sorrisi o
parole. Non voleva restare, in
fondo. Della morte non bisogna aver paura. >>
Piton
si alza e
lo fissa truce << io non ho paura!>>
E in un attimo scompare.
Non prima di scorgere il sorriso
raggiante del preside.
Quando
riapre gli
occhi le è accanto.
Il cimitero gracchia di una risata silenziosa ed afona, avvolgendolo
nel manto
scuro della notte ma senza turbarlo.
Lui non ha paura.
Lily e James, gli sono accanto. Il cimitero sembra un posto
piacevole,
accanto a quei due. Godric’s Hollow è sempre stato
un bel posto, in cui avere
natali felici.
Le loro tombe sembrano serene, come se non volessero vendetta, guerra o
cos’altro, solo la pace nel mondo magico. Solo un amore per
loro figlio.
Lui è l’unico che può darglielo.
<< oh, Lily. Lo faccio per te. Ti ricordi come
è stato difficile imparare
a volerci bene? Ogni cosa sembrava contro di noi, eppure noi
l’abbiamo
superata. Anche se per seguire il tuo destino io e te ci siamo divisi,
cadendo
ognuno in una trappola mortale, il filo dell’amicizia non
è stato reciso, può
essersi sfilacciato, indebolito, ma non distrutto. Perché io
ti tengo legata in
un mondo che è immune al tempo o ai capricci
dell’essere umano.
Un limbo sconosciuto a chi non è capace di amare
perché è talmente enorme la
sua potenza che gli scettici non saprebbero nemmeno immaginarsela.
Un posto coperto dalle mie maschere, nascosto alle cicatrici o agli
occhi dei
curiosi. Un luogo in cui posso dimenticare che il tuo amore respirava
per un
altro e posso perfino amare tuo figlio.
Lo
sai, l’ho
capito stasera: amo Harry come se fosse figlio mio, dolce creatura,
perché dal
tuo ventre si è originato. Anche se all’apparenza,
posso odiarlo per lo stesso
motivo.
Ma l’equilibrio è talmente instabile e cangiante,
e stretto ed impercettibile
che nessuno potrà scoprire qual è la
verità.
Mia Lily, su questa tua tomba rosa dagli acquazzoni e dalle lacrime di
coloro a
cui tu concedesti il tuo cuore, affido il mio destino e le mie lacrime.
Tormentami se scorderò la retta via.
Appari di notte, se il mio coraggio vacilla.
Sorridimi se sarò in grado di agire senza sbagliare
Uccidimi, se fallirò e lascerò svanire i progetti
di Silente
Sei il mio angelo custode, l’unica di cui mi sia potuto
innamorare. E come tuo
fedele, seguirò per tutta la vita la dottrina che tu mi hai
insegnato: coraggio
estremo ed intelletto saldo. Ed amore, su tutti i sentimenti e le
ragioni.
Lily, ti amo e non posso dirti perché, o per come,
è così e basta, e devi
accettarlo e commiserarmi. O magari sorriderne e arrossirne, e
scherzare sul
fatto paradossale che un ragazzo come me, che pronuncia Mezzosangue
ogni cinque
secondi, sia rimasto intrappolato in un amore irrealizzabile proprio da
una
donna come te.
Sei morta a vent’anni, e da venti anni hai tutto me stesso.
Mi sento quasi una madre, per Harry, nonostante lo abbia sempre
trattato con
sufficienza. Ma non volevo che capisse. A tempo debito saprà.
Lily, aiutami tu, perché la mia unica paura è
quella di smarrire la tua mano
inconsistente come un’ombra eppure così pesante da
sentirmela sul groppo dal
momento in cui sei andata via. Perdonami, è stata tutta
colpa mia, perdonami
almeno tu, perché io non potrò mai farlo. Mi
odio, e se non fosse per quanto ho
promesso, ora sarei già un cadavere che scivola lungo il
Tamigi, come conviene
ai suicidi colpevoli.
Ma non posso abbandonare ora la vita, sarebbe come uccidere te di
nuovo. Con le
mie mani. Con le mie scelte sbagliate.
Scusami Lily, prego che tu capisca e che mi possa perdonare.
Ti prego Lily.
Piton si alza dall’erba bagnata su cui si era seduto e bacia
la lapide gelida
della tomba della sua piccola amata. Che strano, qualcuno deve aver
portato dei
gigli freschi, sicuramente è opera di Silente. Anche lui ne
fa apparire alcuni
e li posiziona in mezzo ai due consorti, alla donna che ama e
all’uomo che è
stato degno di sposarla.
Si alza e sorride.
La luna è ancora in cielo, ma presto spunterà il
sole e spazzerà via le
lacrime, e la speranza abiterà in lui. Nonostante non
potrà mai fingere di aver
dimenticato l’unico sentimento che non l’ha ancora
trasformato in mostro, si
alza e si promette di non angosciarsi più.
Combatterà per Lily, perché lui non
ha paura di cadere, né di vincere.
Combatterà per Silente e per Harry, le uniche persone che in
qualche modo si
prendono cura di lui spronandolo ad essere una persona migliore.
Ma lo farà seguendo le regole, perché non deve
perdere la partita.
Voldemort non è sconfitto, è molto debole, ma lui
sa che risorgerà. Sa anche
che presto cadrà, se gioca bene le sue carte. Ha scartine in
abbondanza, ma
deve accontentarsi e usare l’ingegno.
<< buon natale Lily >> mormora con la voce
roca, ma gli occhi li
mostra fieri e colmi di speranza.
Da quanti anni non prova una sorta di felicità
nell’animo?
Non se lo ricorda più. Non vuole nemmeno saperlo.
Il signore oscuro cadrà, per mano del bambino nato sul
finire del settimo mese.
Il figlio di Lily e James , figlio della sua rabbia e del suo amore.
Sorgerà il prescelto e salverà il mondo dalle
tenebre.
E porterà alla vita anche l’anima di Severus,
è una promessa.
Si incammina verso il castello con un sorriso, stringendo in mano un
grosso,
splendido giglio bagnato delle sue lacrime.