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Autore: Cip_    29/06/2013    9 recensioni
“Why, Sir, you find no man, at all intellectual, who is willing to leave London. No, Sir, when a man is tired of London, he is tired of life; for there is in London all that life can afford.”
— Samuel Johnson
Ero alla continua ricerca di qualcosa che mi avrebbe cambiato la vita, alla disperata ricerca di segnali che ormai avevo imparato a collezionare da tempo, come piccoli tasselli dispersi di un puzzle ancora incompleto. Non dimenticherò mai quell’estate.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Niall Horan, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Secondo


“Degli amori mancati per un soffio non ne parla mai nessuno. Nessuno capisce che non sempre si continua a vivere come prima se pure il proiettile ti schiva e cambia traiettoria, che ciò che ferisce a volte non è mai accaduto, non sempre è il prodotto di una fine. È solo troppo difficile da raccontare per essere credibile e così diventa un segreto che muore con te.”                    
— Massimo Biasotti

Apro gli occhi. Il soffitto è chiaro, luminoso come il resto del monolocale. Non ho avuto bisogno di una sveglia, perché ogni volta che vengo qui è l’emozione a svegliarmi. Non che io abbia davvero chiuso occhio la sera prima.. Sollevo il lenzuolo leggero che ho usato per proteggermi da un minimo abbassamento di temperatura, cerco le mie pantofole e, come ogni volta, mi avvicino alla grande finestra che illumina tutta la stanza. Ormai è un rito per me, la prima cosa che faccio appena sveglia è quella di avvicinarmi alla finestra, guardare il cielo, le strade ed i passanti, spalancare le imposte e lasciarmi avvolgere dalla brezza mattutina. Questa volta il cielo è limpido, qualche nuvola sparsa qua e là. L’aria londinese mi coglie in pieno, mi cattura. E’ l’inizio di una nuova giornata, e davanti a me ho le tipiche case bianche, con le ringhiere nere, alte e sottili, o ancora delle palazzine basse, mattoni che si incrociano, che vanno dal marrone al rosso o arancio chiaro. Mi era mancato tutto questo. Mi dirigo verso l’angolo cucina, la mattina non riesco mai a svegliarmi del tutto senza preparare un buon caffè. Credo che sia una delle cose che più amo dell’Italia. E’ anche l’odore forte e intenso del caffè italiano che riesce a svegliarmi, solitamente. Ma un caffè meno forte e più annacquato serve oggi a ricordami che ormai l’Italia è lontana, sono finalmente a Londra.
Cammino per le strade in silenzio, macchina fotografica al collo e occhi attenti. Amo catturare ogni singolo dettaglio della città che si è appena svegliata, non voglio lasciarmi sfuggire nulla. Ci metto poco ad ambientarmi anche in quelle vie, sono già stata a Kensington prima d’ora, ed è una delle mie zone preferite. Decido di camminare senza una meta ben precisa, lasciandomi guidare dall’istinto e dalle emozioni, nonostante abbia una forte paura di dove queste ultime possano condurmi. Londra è una miniera di ricordi per me, di posti dove ho lasciato il cuore tanto tempo fa, senza mai riaverlo indietro, senza speranza, senza neanche una scelta.

Dopo qualche ora decido finalmente di lasciarmi guidare dal mio cuore. Non ho dubbi, so già dove mi porterà. Non ho alcun dubbio al riguardo. E più cammino, più mi rendo conto di quanto ho desiderato tornare in questo posto, e di quanto mi piaccia camminare da sola per le strade di Londra. So che questo posto non è un granché, ma so anche che lì è cambiato tutto, iniziato tutto e anche finito tutto. Primo sguardo, primo incontro, prime parole scambiate. Alcuni dicono che basta un secondo per innamorarsi. Altri dicono che prima di innamorarsi di qualcuno bisogna conoscere realmente quella persona. Io ho sempre pensato che forse lo amavo già, prima di incontrarlo.

Going back to the corner where I first saw you

Sto per uscire dalla metropolitana. C’è qualche negozio, siamo ad Hammersmith. Riconosco le stesse catene: Claire’s, Starbucks, Tesco. Ho quasi paura di mettere il naso fuori dalla metropolitana. Mi faccio coraggio. Cammino, poi alzo gli occhi. Il traffico è rumoroso, ma non ci sono più i lavori in corso di una volta. Attraverso velocemente la strada. Mi costringo a guardare l’edificio che si innalza davanti ai miei occhi. E’ un teatro, ma non uno antico. O almeno da fuori non sembra. E’ magico, almeno per me. Ha le classiche insegne chiare e luminose, con su scritto il nome e l’ora del prossimo spettacolo, a caratteri rossi e blu. Fuori non c’è anima viva, nessuna transenna, né persone in fila. No, certo che no. Cerco di ricacciare indietro le lacrime, mentre i ricordi si fanno sempre più vividi nella mia mente. Non pensavo che ritornare mi avrebbe fatto così male, ma era una tappa obbligatoria, non può mancare. E all’improvviso mi ricordo ogni cosa di quel giorno, perfino quei particolari che credevo di aver dimenticato. Ogni piccolo dettaglio prende forma e colore, di nuovo, nella mia testa. Il mio cappottino nero coi bottoni dorati, preso in prestito dall’armadio di mia mamma. Le mie scarpe blu, innocenti anche se rialzate e per niente volgari, perfettamente abbinate al vestito scelto per l’occasione, anch’esso blu. Il giacchino nero che da quel giorno non ho più messo. Incredibile come il profumo di una persona in così poco tempo possa rimanere su un capo di abbigliamento che adesso si trova nel mio armadio e non è mai più uscito da lì. Mi ha fatto compagnia durante molte notti insonni, per circa qualche settimana, dopodiché anche lui ha perso ogni ricordo, e il profumo che per tanti giorni aveva conservato per me è sparito. Nonostante fosse gennaio non avevo affatto freddo. Non avevo idea di come la mia vita sarebbe cambiata per sempre, o forse sì. Ricordo le mie mani tremanti e a detta di tutti avevo gli occhi che brillavano. Ricordo la felicità, quella felicità che non puoi ancora vedere, toccare. Quella felicità che precede un momento che insegui da tanto tempo. E la paura, anche. Ricordo ogni cosa di quel giorno. Il colore del cielo mattutino, ogni fermata della metropolitana. I lavori in corso fuori dal teatro. La mia borsa marrone e nera, con alcuni dettagli dorati. Il cuore in gola ad ogni singolo minuto che passava. Non voglio ricordare, voglio solo tornare indietro. Sapevo che non ne sarei uscita e sapevo che mi sarei fatta male ma non mi era importato granché.

Avevo già deciso tutto mesi prima, nella mia testa. Ero già disposta a tutto pur  di farlo accadere e così era stato. Non avevo mai desiderato tanto qualcosa in vita mia, e forse adesso capisco perché non riesco più a ottenere niente di ciò di cui ho bisogno realmente. Perché alla fine è ed era questo il mio motto, no? Se davvero vuoi qualcosa vai e lotta per ottenerla, senza pensare alle conseguenze. Come chi si avvicina troppo al sole e poi si scotta, quelle bruciature che ti segnano e non vanno mai via. Lui è rimasto così, indelebile per giorni, settimane, mesi e addirittura anni, quasi due anni della mia vita.
Avevo diciassette anni ed ero ancora una ragazzina, si cresce meno velocemente di quanto si possa credere quando si è adolescenti. Non ero affatto matura, ero la sognatrice di sempre. E qual è il guaio peggiore per chi sogna se non quello di avvicinarsi ai propri sogni più del dovuto, senza mai raggiungerli veramente?
Non pensavo che sarei cambiata di una virgola o che mi sarei spenta così. E nonostante il vuoto, le lacrime e la tristezza, avevo sempre quel barlume di speranza negli occhi che le persone attribuiscono a lui.
 
Ho sempre ritenuto difficile l’essere innamorati di qualcuno. Difficile ancor di più ritenersi innamorati di qualcuno che non si ha mai avuto veramente, e che non si potrà mai avere. Qualcuno distante anni luce da me, la cui vita può scorrere parallela alla mia, senza però far si che si scontrino mai i nostri cammini. E forse mento a me stessa se dico così, ma non sono mai riuscita a rassegnarmi del tutto. E starei meglio se non lo avessi mai visto, se non avessi mai sperato, sognato e fantasticato. Starei ancora meglio se non avessi mai pianto, se non fossi mai crollata, se non avessi speso ore della mia vita ad immaginare cosa avrei potuto dirgli se solo lo avessi rivisto, o a contare ogni giorno i kilometri e le ore che la vita poneva tra di noi.
Ma non avrei idea di come sarebbe la mia vita adesso se non l’avessi mai incontrato.
 
Probabilmente se fumassi mi accenderei una sigaretta. Mi siederei su uno dei gradini, sporchi e grigi, fuori dal teatro e fulminerei con lo sguardo tutti i passanti che mi guarderebbero male, per poi imprecare e prendermela con me stessa. Finirei per piangere.
Ma invece non faccio nulla di tutto ciò se non sedermi per terra a gambe incrociate, per sentirmi ancora più stupida. Come se non fossi sentita già abbastanza stupida in tutto questo tempo. Come se già ogni persona che conosco non mi avesse fatto capire quanto fosse stupido, sbagliato ed impossibile e quanto prima avrei già dovuto smettere.
 

***

Across the room your silhouette starts to make its way to me

Mi tremano le mani. Sono frastornata. Siamo in tanti in questa stanza, e per me siete tutti davvero speciali. Alzo gli occhi e faccio un bel respiro. Un passo, un altro passo. Ti guardo. “Ho una cosa per te” mormoro. E poi pronuncio anche il tuo nome. Finalmente ho catturato la tua attenzione, faccio parte dei tuoi pensieri anche se solo per poco tempo. I tuoi occhi si posano su di me. Sei curioso, forse un po’ incredulo. “Per me?” chiedi. Vorrei abbracciarti, vorrei un abbraccio come si deve ma forse non ne ho il coraggio. Vieni verso di me e lo faccio anche io. Ci incontriamo a metà strada, ho in mano la busta che ho preparato per te. La apriamo insieme ed ecco che quel piccolo oggetto fa il suo primo volo verso il pavimento. Ti chini a raccoglierlo o forse sono io, non ricordo. E’ in ottone, color oro. E’ un plettro. Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Sei stupito, ti appoggi ad uno dei divani di pelle nera ed io con te. E’ quasi surreale, non credi? Lo fai cadere, ancora e ancora. Ridiamo. Non l’hai ancora guardato per bene così ti faccio notare le cinque lettere incise sulla superficie. Una enne, una i, una a e per finire due elle. Sei stupito, posso leggere lo stupore nei tuoi occhi, come quello di un bambino felice che riceve il suo regalo preferito alla vigilia di Natale. “C’è il mio nome” esclami. Ti alzi in piedi e chiami gli altri per farglielo vedere. Sei davvero entusiasta, più di quanto avessi mai potuto immaginare. Ed io me ne sto lì, incredula, orgogliosa e felice, incantata come non mai, aspettando che torni da me. Vieni a sederti di nuovo accanto a me, stiamo in disparte, mi regali un po’ del tuo tempo. Parliamo di tutto, di me, di te, di musica specialmente. Mi chiedi se puoi mettere al collo il plettro che ti ho regalato, se puoi farne una collana. E nonostante tu non lo farai mai, io ti ho già perdonato. Sono forse gli attimi più belli di tutta la mia vita, in cui per la prima volta so di essere dove devo essere.
Ci allontaniamo un minuto ma quella breve lontananza viene presto spezzata dalla tua voce. Mi sento chiamare per nome, stai chiamando proprio me. Il mio nome pronunciato da te ha tutto un altro effetto, sai? Mi dici di andare da te, e cosa più bella, lo fai nella mia lingua, “Vieni qui”. Non perdo tempo e ti raggiungo subito, ancora intimorita. Mi abbracci, ma non è l’abbraccio che vorrò da te in futuro, quell’abbraccio che desideri quando una persona ti manca come l’aria, per troppo tempo, e non puoi fare più niente per riportarla indietro. Sei tu ad abbracciare me ed io ti sto accanto. Sto benissimo, lo sai? Non andrei mai più via. Mi accarezzi le spalle per rassicurarmi. Sei dolce. Ti guardo, so che mi capisci e riesci anche a leggermi dentro. Ti abbraccio anche io e allora tu mi sorridi e mi abbracci più forte.

***


E non posso fare a meno di pensare ad una delle mie canzoni preferite dei The Script, quelli che piacciono anche a te. Le parole della prima strofa di quella canzone così preziosa e personale per me rimbombano nella mia testa. E credimi se ti dico che se avessi un po’ di coraggio lo farei veramente. Mi accamperei davvero qui. Non avrei paura di niente, né della pioggia né del freddo. Niente è come la paura di averti ormai perso e di non poterti riabbracciare mai più. Mi accamperei qui, in mezzo alla strada, non mi allontanerei un solo attimo. Resterei qui, in attesa di farmi trovare da qualcuno. E perché no, anche da te. Perché se solo scrivessi un cartello in cui dico che ti sto cercando ed avessi in mano una tua foto, allora non passerei più inosservata. Ma lo farei davvero, pur di farmi notare da te, pur di finire sui telegiornali. E potrebbero anche apostrofarmi come pazza, ossessionata. Nessuno capirebbe veramente, tranne te. Perché sono soltanto innamorata.
   
 
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