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Autore: Gracedanger    29/06/2013    6 recensioni
"Fifona!" urlò a pieni polmoni dal fondo della strada. Mi voltai di scatto.
"Come scusa?"
"Hai sentito bene. Sei una fifona, Elizabeth."
Il solo fatto che non mi avesse chiamata 'Lizzie' come faceva inevitabilmente dal giorno in cui ci eravamo conosciuti, mi fece uno stranissimo effetto. Stavamo davvero litigando?"
...
E se Frankie fosse stato adottato? E se Nick fosse costretto sulla sedia a rotelle? E se Joe fosse così meraviglioso da non sospettare mai l'enorme peso che si porta dietro giorno dopo giorno? E se stare sola per Elizabeth, che si era trasferita in quella minuscola città con il suo stesso nome, non la rendesse più così felice come prima? E se avesse bisogno di qualcuno ma ci rinunciasse per più grandi motivi? E come hanno fatto due incidenti stradali a cambiare la vita di così tante persone?
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Joe Jonas, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
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“Le tre ore più lunghe della mia vita! Mai più a cena dai Sandler!”
“Joseph, dai, non siamo stati male.”
“Erano noiosissimi mamma, il padre non la smetteva più di parlare di pesca, e la madre di come cucinava i pesci che il marito pescava, non ho la più pallida idea di come abbiate fatto tutti a resistere!”
“Almeno le figlie erano simpatiche!”
“Si Joe, le figlie erano simpatiche!”
“Sta zitto, Nick! Dici così solo perché a te è capitata la più carina, la mia era una calamità naturale, con quell’apparecchio sputava ad ogni parola..”
“Joseph! Sei cattivo!”
“Scusa, mamma.. ma nemmeno Kevin è stato di compagnia, tutta la sera in silenzio, e io cosa avrei dovuto fare?”
“Mi dispiace Joe, avevo la testa da un’altra parte.”
“Eeeeeh lo so io, è quella ragazza che abita di fronte a noi, vero? Sei arrivato in seconda base almeno?”
“Joseph! Lascia stare i tuoi fratelli, immediatamente!”
“Papà, ma io non sto facendo nien..”
“PAUL, ATTENTO!”

 



 
Mi svegliai di soprassalto nel cuore della notte, con la fronte imperlata di sudore, ci vollero dieci minuti per farmi passare il fiato corto, rimasi a fissare il pavimento della mia minuscola camera.
Il solito incubo, un’altra volta.
Passai e ripassai la mano sul mio volto. Odiavo quei momenti, quando mi risvegliavo nell’oscurità di una stanza vuota, con la voglia di gridare il loro nome, pur sapendo che non potranno mai rispondermi.
Non riuscivo nemmeno più a piangere, avevo pianto troppo nei mesi dopo l’incidente, sentivo d’aver prosciugato tutta l’acqua che avevo in corpo.
Ero vuoto, impotente, e arrabbiato da due anni ormai.
Quell’incidente segnò la mia vita, mi cambiò radicalmente, ma dentro il dolore mi uccideva.
E poi era arrivata lei.
Mi sembrava davvero strano ma dal momento in cui l’avevo conosciuta Elizabeth era riuscita ad accendere in me qualcosa che non credevo più esistesse, anche se era barricata in se stessa e mi respingeva o mi rispondeva male non mi sfiorava minimamente.
Lei era diversa, e con quel comportamento mi stava solo chiedendo implicitamente aiuto.
Ogni volta che la incontravo, mi faceva venir voglia di stringerla forte.
Ma avevo paura. Avevamo paura entrambi.
Avevo già fatto del male alle persone alle quali tenevo di più al mondo.
 
“Joe!”
Nick aveva urlato il mio nome dalla stanza accanto. Saltai giù dal letto e corsi più veloce che potevo da lui. Era per terra con il viso rivolto verso il pavimento che ridacchiava.
Lo presi in braccio e lo portai sulla sedia a rotelle.
“Come hai fatto a cadere?”
“Mi agito nel sonno lo sai, per quanto posso...”
“Stai bene?”
“Si, tranquillo Joe. Un po’ di tempo fa ti saresti messo a ridere…”
“Un po’ di tempo fa ti saresti riuscito ad alzare.”
Idiota. Abbassai la testa per la vergogna.
Nick abbozzò un sorriso imbarazzato.
Lo portai in cucina e cominciai a preparare la colazione.
“Oh che meraviglia!” disse con un sorriso gentile davanti all’ennesimo piatto di pancakes bruciati.
Mi misi al tavolo con lui, provammo a mangiarli ma erano terribili, come al solito, vedendo le nostre facce, scoppiammo a ridere a crepapelle. Era il nostro rito quotidiano.
Ad un tratto il mio cellulare vibrò. Un nuovo messaggio: Lizzie. Mi chiese se volevo accompagnarla a scuola. Quel messaggio mi fece dimenticare completamente il sogno della notte prima.
“Eheh, un sorriso da mister musone, chi sarà mai colei che ha compiuto il miracolo?” chiese Nick divertito mentre le rispondevo.
Sorrisi ma non gli risposi.
“Dimmi almeno come si chiama!”
Alzai le spalle e rimasi di nuovo zitto.
“Sai dovresti cambiare il codice del tuo telefono però..”
“Cosa?”
Voltò la sedia a rotelle e se ne andò ridacchiando.
Lo sentii cantare nel corridoio.
“Lizzie e Joe seduti sopra un pino, si guardano negli occhi e si scambiano un bacino…”
Non mi irritò più di tanto anzi mi fece ridere.
Ci misi il doppio del tempo per vestirmi e lavarmi, ma che diamine mi prendeva?
Ero preoccupato del mio aspetto più del normale. Mi sembrava di avere tredici anni, ero agitato come un bambino.
Accompagnai Nick fuori di casa e andai a prendere Elizabeth.
Appena la vidi uscire dal portone il battito accellerò.
“Andiamo Joseph, è una ragazza come tutte le altre.” pensai.

E invece sapevo che era un’altra delle mie bugie.


Messaggio de
ll'autrice:
"
lizzie e joe seduti sopra un pino, si guardano negli occhi e si scambiano un bacino.." ahaahahaahahahahah ho preso ispirazione da qui http://youtu.be/kxBhHlYP30M così anche voi canterete questo motivetto tutto il giorno come sto facendo ora io. Comunque spero che la storia vi stia piacendo, anche con questi risvolti un po' tragici. Qualsiasi recensione sarebbe super gradita. Un bacio.
  
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