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Autore: hilaryssj    13/01/2008    10 recensioni
Alexis. L'assistente manager dei Tokio Hotel. Una diciannovenne come tante, con i problemi di tutti i giorni. Capelli biondi, fisico praticamente perfetto... una cosa la differenzia da tutti: I Suoi Occhi. Talmente profondi da tendere ad un viola glaciale. Nascondono qualcosa di terribile...
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gli occhi delle Tenebre
The eyes of the Darkness

[... Ogni persona nasce con un preciso destino ...]
[... Una sola nasce per uno scopo che non è il suo ...]
[... Un Dono e al contempo una Maledizione colpiscono la Consacrata ...]
[... La Morte e la Vita si contendono l'esistenza della Dannata ...]

                                             D. S.













 La donna del mistero.









Appena il gruppo si fu dileguato nelle rispettive camere, Alexis si precipitò nella propria. Poteva finalmente godersi un pò di pace dopo il lungo viaggio.
La stanza 1104 era decisamente fantastica. Assistere delle superstar aveva anche i suoi lati positivi, dopotutto.
Non era quella che si poteva definire una suite, ma ci andava molto vicino. L'entrata era seguita da un breve corridoio dove a destra si accedeva al bagno, completo di vasca, doccia e uno specchio illuminato sufficientemente grande da riflettere almeno mezzo busto.
Passato il piccolo corridoio si accedeva alla camera da letto, una piazza e mezza per la precisione, un comodino a lato, un comò delizioso con sei cassetti e un armadio quattro stagioni grande quanto tutta la parete opposta al letto.
Il pavimento raffinatamente ricoperto da una moquette verde scuro dava un senso di superiorità al tutto in tinta perfetta con le pareti verde chiaro. Un minifrigo era posto alla sinistra del materasso, appena distaccato dal finestrone vista Berlino, e una poltroncina di cortesia riempiva un angolo vuoto accanto all’armadio dando all’arredamento il tocco finale.
Alexis ne fu soddisfatta. Le sue valige erano state scaricate ai piedi del letto, in attesa di essere disfatte, ma prima Alex  volle dare un occhiata al balcone della portafinestra.
Fece scorrere il vetro e venne travolta da una ventata gelida. L'undicesimo piano era piuttosto alto per i suoi standard, ma il silenzio che regnava a quell'altezza poteva anche farle dimenticare di essere nella capitale. I rumori cittadini arrivavano ovattati fin lassù e il fischio del vento era qualcosa di molto rilassante.
Niente l'avrebbe distolta da quella pace paradisiaca. Già sognava di rintanarsi in quel posto dopo una dura e faticosa giornata di lavoro. Distendersi sulla poltroncina lì accanto e chiudere gli occhi lasciandosi cullare dal dolce suono degli aerei in lontananza e dai suoi pensieri. Senza il minimo squillo del suo cellulare, che avrebbe accuratamente spento, nè del ticchettio dell'orologio da polso che portava...

"Ehi... non starai per caso cercando di suicidarti, vero?"

Vaffanculo!

Riaprì gli occhi e staccò le mani dalla ringhiera voltandosi di scatto, seguendo il suono di quella voce strafottente con cui aveva avuto a che fare poco prima.
Eccolo lì. Tranquillamente stravaccato sulla sedia sdraio, con una felpa grigia imbottita, e una sigaretta in mano. La solita espressione di superiorità che la faceva imbestialire.
"Che t'importa? Anche se volessi... non ti farebbe nè caldo nè freddo!" rispose lei, parecchio irritata.
Ma proprio le camere vicine dovevano avere?
Tom le sorrise e con un gesto delle dita lanciò il mozzicone giù dall'edificio. Si alzò continuando a fissarla, con un ghigno sghembo a disegnargli il volto. Si appoggiò al muro, dove il suo balcone finiva, verso quello della ragazza.
"Non avresti il coraggio..." rispose con noncuranza.
Quel ragazzo stava giocando con il fuoco e questo Alexis lo percepiva più forte che mai.
"Di certo non lo farei per vincere una scommessa!" ringhiò fra i denti la giovane. Era difficile mantenere il controllo con un energumeno del genere. Avrebbe potuto cambiargli i connotati con qualche pugno ben assestato, merito degli anni di Karate che aveva voluto intraprendere da piccola... peccato fosse proprio quello strafottente a pagargli lo stipendio più che lauto.
"No, certo... Mi viene da pensare che ci sia qualcosa sotto, invece... Cos'è, il ragazzo ti ha mollata?" disse con un tono che sembrava stesse prendendola in giro. Il sorriso sempre sulle labbra.
Tom era abituato a giocare con le ragazze. Per qualche strano motivo, si divertiva nel farle irritare. Come quella volta che aveva quindici anni e si era portato a letto quella moretta ben dotata di cui non ricordava nemmeno più il nome. All’epoca era la ragazza fissa di uno a scuola che il rasta non sopportava. L’aveva sedotta apposta, facendole credere di essere attratto da lei e dalle sue forme - il che non guastava - e, alla fine, aveva ceduto al suo volere, scaricando il suo fidanzato il giorno stesso. Si divertì con lei quella notte… il giorno dopo la scaricò lui.
In effetti, si poteva considerare un vero masochista, il gemello di Bill.
Quando non pensava al sesso… bhè… gli piaceva stuzzicare l’umore delle ragazze. Tanto più godeva quando erano già di per sé irritate.
Alex si girò dalla parte opposta alla sua. Lo conosceva da pochi minuti e già lo odiava con tutta sè stessa. Gli occhi iniziavano a pungerle.
L’aveva colta nel vivo senza nemmeno saperlo.
"Oh... è così?" chiese il rasta moderando il tono, rendendosi conto all’improvviso che quella non era una sua preda. Come avrebbe potuto? Era come una collega di lavoro…
Il che lo portò a pensare che i suoi giochetti funzionavano per il semplice motivo che le sue “vittime” duravano solo un giorno, dopodichè normalmente non le rivedeva mai più. E si dovette mordere la lingua calcolando che quella bionda invece l’avrebbe vista tutti i giorni per un tempo indefinito… comunque parlando di anni!
Lei prese un respiro profondo e si girò fulminandolo con lo sguardo.
“Questo è il mio lavoro… la mia vita privata non ti riguarda, Kaulitz… per quanto famoso tu possa essere… se permetti, sono affari miei!” Semplici parole. Dritte al punto. Alex non la tirava mai per le lunghe.
Lo lasciò a bocca asciutta mentre con veemenza lei sbatteva la porta finestra dopo essere rientrata. Tirò le spesse tende color panna in modo da non essere più disturbata. Si asciugò con il dorso della mano l'unica lacrima che era riuscita a solcarle il viso in quegli ultimi tre mesi. Era stanca di piangere.
Per quanto in quel tempo si era ripromessa di dimenticare, il dolore ancora la attanagliava quando ci pensava. E ora non doveva pensarci.
Guardò le quattro valige per terra che richiedevano di essere svuotate. Proprio non ne aveva voglia.
L'unica cosa che avrebbe tanto desiderato fare era un bel bagno caldo con il suo bagnoschiuma al cocco che rilasciava nell'aria e sul suo corpo una fragranza dolce-amara. Quel tepore le avrebbe fatto davvero da rigenerante. Ne aveva estremamente bisogno... passava ore nella vasca, immersa nell'acqua bollente e nelle bolle di sapone a casa. Uno dei momenti che preferiva...

Driiin Driiin... Driiin Driin...

Maledetta suoneria! Devo decidermi a cambiarla...

Afferrò il cellulare che vibrava dalla tasca davanti della sua borsa e premette il verde.
Non ebbe nemmeno il tempo di chiedere chi era che una voce molto arrabbiata e piuttosto alta le arrivò all'orecchio stordendola.
"Dove diamine ti eri cacciata, Alex? ... E' da mezz'ora che cerco di rintracciarti!"
David... non poteva non essere lui. La sua ipertensione attraversava persino la cornetta.
Alex sospirò confusa.
"Sono in albergo, come mi avevi detto. Probabilmente non c'era campo prima... che è successo?" chiese sentendo un rumore assordante provenire dal telefono del manager.
"Qui va tutto bene, quasi... ma i ragazzi sono saliti nelle loro camere?"
"Si... e per la cronaca... i gemelli si sono messi a litigare per la..."
"Sisi... non importa..." la zittì lui e proseguendo "Tu comunque che ci fai ancora in albergo?"
"Bhè... pensavo di farmi una doccia e di disfare le valige... poi probabilmente andare a pranzo, visto che la colazione è saltata..." non sapeva perchè, ma quella risposta non andava bene...
"ALEXIS!"...ecco, appunto... "Ora non ho tempo di sgridarti... comunque le tue cosette da donna le farai più tardi... ora devi fare quelle commissioni che ti ho assegnato prima!"
Cosette da donna? Cioè... farsi un bagno era un crimine commesso solo dalle donne, ora? Alex preferiva evitare di rispondere per non peggiorare la situazione.
"Ma... David... oggi?" chiese sull'orlo dell'esasperazione.
"Si, oggi! Quando pensavi di farle? ... Oddio... no, non toccarlo ..." Alex stava cercando di assimilare tutto mentre il suo datore di lavoro dava ordini agli operatori dall'altro capo dell'apparecchio.
"... Senti, ragazza... prima di stasera fai quelle due o tre cose e poi potrai rilassarti! Cerca comunque di avere sempre il cellulare a portata di mano! Ciao."
"Ma...." troppo tardi. David aveva chiuso la conversazione.
Alex rimase un attimo immobile cercando di decidere sul da farsi.
Sbuffò sonoramente, completamente infastidita da quell'assurda situazione.
Afferrò di malavoglia la sua inseparabile tracolla nera e il giubbotto che si era tolta poco prima, infilò il cellulare nella tasca e prese la chiave della stanza dal comodino sul quale l'aveva appoggiata.
Era stanca, esasperata e affamata. Eppure doveva stare agli ordini di quel vecchio... anzi… doveva sottostare ai desideri di quattro bimbi troppo cresciuti che erano troppo impegnati a giocare con i videogiochi per fare le loro commissioni.
Dio, quanto gli odiava. Il rasta soprattutto. Credevano di essere delle Divinità da servire e riverire solo perchè avevano ottenuto un contratto importante? Che ipocriti!
Mise la mano sulla maniglia e spalancò la porta per uscire. Con stupore e con la forte tentazione di scagliare un pugno in faccia a quel bel faccino truccato, Alexis si trovò davanti al cantante della Band che, presumeva stasse per bussare proprio alla sua porta.
"Oh... ehm... che tempismo!" balbettò Bill sorridendo.
Non aveva ancora finito di imprecare contro David che si presentava già un altro problema. Alex lo guardava con gli occhi socchiusi.  Qualcosa che voleva dire che cazzo vuole questo, adesso?
"Che vuoi?" chiese cercando di tenere a freno più possibile la lingua.
In qualche modo, il moro aveva recepito lo stato d'animo della ragazza perchè cercò di non sentirsi offeso da quell'atteggiamento. Probabilmente se le avesse detto qualcosa sarebbe finita male. Molto male.
"Ehm... ecco... stavi uscendo per caso?" le chiese cercando di essere il più rilassato possibile. Quello sguardo gli incuoteva timore a dir poco.
"Si" ... e non per una gita di piacere, brutto deficiente... stava per aggiungere, ma preferì mordersi per l'ennesima volta la lingua.
"Ah... ehm... bhè..." Bill sentiva che qualcosa in quella ragazza non andava. Poteva sentire la sua rabbia scaturire da ogni centimentro del suo corpo. Sembrava una bomba nucleare sul punto di esplodere nelle sembianze di una innocua ragazza dagli occhi di ghiaccio.
"Allora, mi vuoi dire perchè sei venuto da me?" disse lei cercando di respirare normalmente. Era un dato di fatto quello. Non riusciva a controllarsi molto quando era arrabbiata... o meglio, incazzata nera.
Bill trovò finalmente coraggio... "Il mio I-Pod si è rotto... mi serve molto prima del concerto perchè mi rilassa... non è che potresti passare in qualche negozio per farlo riparare?" ... Alex sembrava impassibile a quella richiesta.
Passarono pochi attimi di assoluto silenzio dove lei lo atterrò solo con quello sguardo penetrante e tagliente di cui era capace.
"No" rispose semplicemente. Chiuse a chiave la sua porta e lo oltrepassò dirigendosi all'ascensore, lasciandolo allibito davanti a quella negazione esplicita.

***

Odiava suo padre. Dio solo poteva sapere quanto. L'aveva incastrata per bene. Ora, se lasciava il suo attuale lavoro avrebbe dato prova di non esserne all'altezza, se avesse continuato... bhè... o sarebbe andata in esaurimento nervoso o l'avrebbero comunque licenziata. Non era tagliata per qual genere di cose. Prendere ordini era una cosa che la faceva imbestialire. Essere cortese da chi prendeva ordini era quasi impossibile per lei.
Forse era un tantino orgogliosa. Si. Decisamente orgogliosa. E ne andava fiera.
Avrebbe odiato il mondo intero se solo ne avesse avuto la forza. Detestava la sua vita come detestava il rosa shokking.
All'età di tredici anni aveva strappato tutte le fotografie di quand'era piccola, quando sua madre la vestiva come una barbie. Gonna rosa, maglietta rosa dei cartoni animati, scarpette rosa e cuffietta in tinta. Gli unici colori che le piacevano erano il nero, il bianco, il viola e il rosso. E vestiva solo quelli.
Camminava per le strade di Berlino assorta nei suoi pensieri, come al solito. Erano le quattro del pomeriggio e aveva appena finito di fare quelle due o tre commissioni, come aveva detto David. Il che comprendeva comprare quell'inutile dvd dei Metallica, confermare il trasporto del tavolo da ping pong fino al palazzetto e ordinare anche il calcetto, aveva dovuto passare a comprare gli asciugamani, cosa che trovò stupida, dovette passare in sartoria per ritirare la giacca che il frontman aveva pensato bene di farsi glitterare la scritta sulla schiena e, come se non bastasse, il manager le aveva telefonato circa quattro volte per assegnarle altre commissioni da eseguire. Morale della favola: Non conoscendo Berlino ci impiegò praticamente tutta la giornata per trovare le varie sedi con una cartina della città praticamente inutile visto che dovette chiedere informazioni una decina di volte, i pacchi che era andata a ritirare per quei quattro rincitrulliti pesavano come mattoni e, come cigliegina sulla torta, non aveva avuto tempo nemmeno per pranzare.
Ora che stava arrancando, sfinita visto la sua lunga camminata, verso l'albergo l'unica cosa che riusciva ancora a pensare era di mandare al diavolo tutto e dare le dimissioni. Pensava di trasferirsi in qualche altro paese. L'Italia non era male... si mangiava bene, le persone erano gentili e il lavoro non mancava... ma ovviamente lei non sapeva un fico secco di quella lingua.
Tornare dai suoi genitori era fuori discussione.
Oh, ma che stava pensando? Era inutile cercare una via di fuga. L'orgoglio glielo impediva. Avrebbe dimostrato a suo padre di che pasta era fatta. Fargli vedere che non serviva una laurea per fare l'assistente di un manager da strapazzo.
Dopo alcuni minuti arrivò finalmente in albergo. Prese di filato l'ascensore ed entrò in camera. Lanciò tutte le borse che trascinava sul pavimento e si lasciò cadere sul letto. La prima cosa che le venne in mente era un bel panino con formaggio, pomodoro e insalata. Stava svenendo dalla fame!
Aprì il minifrigo speranzosa, ma trovò solo due birre, una tonica e lattine di coca cola. Richiuse lo sportello, prese il cuscino accanto e se lo premette sulla faccia attutendo l'urlo di disperazione che non ce la fece più a reprimere.

Driiii Driiin... Driiin Driin...

Era tentata di prendere quel maledetto aggeggio e lanciarlo fuori dalla finestra. Lo estrasse dalla tasca e vide sulla schermata "David".

No... no... ti prego, basta!

"Pronto?" rispose con un grugnito
"Alex... dove sei?"
"Sono appena rientrata in albergo..." disse sperando ardentemente che quella fosse solo una chiamata senza nessuno scopo preciso.
"Bene... hai preso tutto quello che c'era sulla lista?"
"Si... tutto quello che mi hai chiesto..."
"Fantastico! Il nuovo pannello sta arrivando da Monaco... bene bene... il tavolo da ping pong?"
"Un furgone lo porterà lì al palazzetto domattina..." Forse c'era qualche speranza di essere finalmente libera quella sera.
"Perfetto! Ottimo lavoro! Senti, Alex... ti ho mandato un nostro collaboratore a ritirare quelle due o tre cosucce che hai preso... le porterà lui qui... ti aspetta appena fuori dall'Hotel... dopodichè per stasera sei libera!"

Dio, ti ringrazio!

“Grazie, David… buon lavoro!”
Si salutarono con un “ciao” veloce e chiusero la chiamata.
Alexis si lasciò sfuggire per la prima volta in quel giorno infernale un sospiro di sollievo. In quel momento, la parola ‘Libera’ le sembrò il vocabolo più bello inventato dalla mente umana.
Balzò giù dal letto, prese al volo le borse abbandonate sul pavimento e in pochi secondi fu sulla strada. Non si preoccupò nemmeno di coprirsi con la giacca, l’auto del loro team l’aspettava parcheggiata a qualche metro dall’entrata. Consegnò i pacchi e rientrò subito nella Hall dell’Hotel.
Mentre si avviava all’ascensore si rese conto che stava sorridendo. Pregustava già il suo bagno caldo, una buona pizza che avrebbe sicuramente ordinato non appena entrata in camera e le canzoni degli Evanescense nelle orecchie. E dopo magari avrebbe trovato l’ispirazione che stava cercando da giorni e si sarebbe finalmente attaccata al suo fedele computer.
Salì sul primo ascensore libero e premette il numero del suo piano continuando a fantasticare sul relax che si sarebbe concessa.

Al diavolo le valige… possono aspettare!

Il tintinnio sordo dell’abitacolo suonò, avvertendo la ragazza di aver raggiunto l’undicesimo piano. Le porte si aprirono e Alex prese il corridoio di sinistra per arrivare alla sua stanza.
Girò l’angolo e sussultò nel trovarsi di fronte al viso che odiava più di tutti al mondo dopo suo padre.
“Ciao!” la salutò stranamente allegro il rasta.
“Ciao…” rimandò svogliatamente lei, oltrepassandolo.
Tom la fermò trattenendola per il polso. Forse non si rendeva conto dello stato d’animo della ragazza…
E questo che vuole, adesso?
“Aspetta…” disse, cercando di tenere un tono dispiaciuto “Senti… mi dispiace per quello che ho detto sul balcone… non avevo capito che stavi veramente male.”
Alex lo guardò negli occhi rendendosi conto che quelle erano una sottospecie di scuse.
“Hai ragione… non sono affari miei e non era mia intenzione ferirti…” continuò con voce bassa.
Era strano quel ragazzo. Più di quanto Alex avesse potuto credere, ma, per qualche strana ragione, gli credette.
“Bhè… da quello che mi hai detto prima, sembrava tutt’altro che un insulto non intenzionato!” gli rispose freddamente, come volesse metterlo alla prova.
“Lo so… a volte parlo senza pensare. Non voglio farmi odiare… poi dovremo convivere per molto tempo… non mi sembra il caso di punzecchiarci ogni volta.”
Era la cosa più sensata che Alex avesse sentito dire in tutto il giorno. Era sincero. La sue espressione non mentiva.
“Che dici, Alexis… tregua?” le chiese il rasta, sorridendo.
“Immagino di si…” rispose ricambiando il sorriso.
Forse si sbagliava su quel ragazzo. E’ vero, la prima impressione è quella che conta, ma è anche giusto conoscere le persone prima di giudicarle.
Il fatto che le abbia chiesto scusa significava che in fondo del buono c’era in lui.
Certo, anche il suo stato d’animo piuttosto benevolo in quel momento lo aveva aiutato…
“Bene… senti, stasera, dopo cena, noi della band facciamo una specie di torneo alla Playstation… ti va di unirti a noi?” domandò speranzoso.
Forse voleva farsi perdonare come si deve e ad Alex venne quasi voglia di accettare, ma era davvero esausta e tutto ciò che desiderava era rimanere da sola con sé stessa.
“Ti ringrazio… ma sono stanca e non me la sento di fare le ore piccole… domani mi aspetta un duro lavoro…” cercò di rifiutare cortesemente.
“Eddai… magari solo per una birra insieme… il gruppo deve conoscerti meglio, dopotutto.” non desisteva il ragazzo.
Alexis parve indecisa. Non amava particolarmente parlare di sé, della sua vita, ma era vero. Dovevano pur conoscerla e lei soprattutto aveva bisogno di saperne un po’ di più di questa band.
“Magari solo per un bicchiere…” rispose ricambiando il sorriso.
“Fantastico! Comunque ceni con noi, vero?” domandò ancora.
“Non credo… ordinerò in camera. Devo rimettermi in sesto… David mi ha fatto correre, oggi… e…” Non riuscì a concludere la frase che la colpì un forte mal di testa improvviso.
Un urlo sordo le rimbombava in testa come un assordante fischio intenso.
Si premette le tempie con le mani, incapace di spiegarsi cosa le stesse succedendo.
“Alexis… ti senti bene?” le chiese Tom, notando il pallore della giovane.
Iniziò a sentire le gambe cedere, tremare sotto il suo peso e dei brividi di freddo percorrerle tutto il corpo come in preda alla febbre.
“S-si… sto bene… è solo… solo un malessere passeggero…” riuscì a biascicare fra i tremiti.
Il rasta le si avvicinò stranito. Non sembrava affatto stesse bene. Le sfiorò appena il braccio, ma Alexis si scostò immediatamente.
“Non mi toccare!” mormorò con una voce flebile, rauca… una voce così fredda che Tom quasi non la riconobbe.
“Scusa, ma… tu stai male.” disse quasi timoroso.
Iniziò a tossire violentemente. Faticava a respirare e il dolore alla testa la costrinse a sostenersi alla parete.
“Alex…” Tom era preoccupato. L’aveva vista diventare bianca nell’arco di pochi secondi e le sue vene erano di un pericoloso colore violaceo.
La vide barcollare e fece qualche passo verso di lei.
“Ti ho detto… di non toccarmi!”
Improvvisamente qualsiasi cosa a contatto con il suo corpo le dava un  immenso fastidio. Persino i vestiti li sentiva pizzicare.
Boccheggiava cercando aria. Qualcosa risaliva dal suo stomaco, bruciava come acido e infine arrivò alla bocca. Un miscuglio viscido, amaro, caldo. Sangue.
In quel momento rabbrividì di paura.
Si portò una mano alla bocca, spaventata. Si toccò le labbra e guardò il dito sporco di liquido vermiglio.

Sangue.


Completamente paralizzata cadde in ginocchio, sentendo un peso gigantesco premere contro di lei.
Tom sussultò vedendola incespicare e senza preoccuparsi di ciò che diceva le andò vicino e la sorresse. Il suo tocco la fece bruciare, come se la sua pelle potesse incendiarsi da un momento all’altro. Non riusciva a parlare, strozzata dal liquido vermiglio che le riempiva la bocca e continuava a sgorgarle dallo stomaco in una maniera terrificante. Si dimenava cercando di allontanarlo, ma lui non la mollava e tentava di alzarla senza risultato.
Con difficoltà, Alexis aprì gli occhi e fu allora che la vide.
L’ombra. Quel mantello nero. Quella figura misteriosa che le aveva procurato la stessa sensazione la mattina. Era ferma. Immobile a qualche metro da lei.
La testa incappucciata si mosse leggermente. Alzò il capo e Alexis perse un battito del cuore. Una donna.
Un volto di una donna la stava fissando e per qualche strana ragione, Alex parve di conoscerla.
Eppure era sicura di non averla mai vista. Quei lineamenti così puliti, perfetti, lindi. Sembrava una bambola di ceramica.
Ciuffi biondo platino le circondavano il viso addolcendolo.
Gli occhi profondi, penetranti. Viola.
In pochi secondi la sua testa cessò di pulsare. I brividi l’abbandonarono e il sangue in bocca scomparve all’improvviso rilasciandole un gusto neutro in bocca.
La donna si dissolse nell’atmosfera.
“Alexis… Alex stai bene?” chiese Tom, sentendo i nervi della giovane rilassarsi sotto le sue dita.
“S-si… si, Tom … sto bene.” mormorò assente. Pensava ancora a lei.
“Che ti è preso? Mi hai fatto spaventare a morte!”
“Ma… l’hai vista anche tu, vero?” chiese lei fissando il punto dove poco prima c’era quella donna misteriosa.
“Chi?” il rasta alzò un sopracciglio, non capendo.
“Quella… quell’ombra scura! Era proprio lì, davanti a noi!” cercò di spiegare lei, indicando con il dito il punto esatto.
“Un’ombra scura? Alex credo che tu abbia bisogno di un po’ di risposo.”
“Ti dico che era qui! Come hai fatto a non vederla?” ribattè la bionda. Era sicura di ciò che aveva visto e lo poteva provare.
“Guarda! Non mi sono immaginata niente! Lo vedi questo?” chiese mettendogli la sua mano davanti agli occhi. Quella con cui si era pulita la bocca dal sangue.
“La tua mano?” Tom non riusciva a capire. Credeva che quella ragazza stesse dando di matto.
Alexis adottò un espressione strana e ritirò la mano. Con stupore si accorse che il dito era pulito.
Me lo sono immaginato?
Tom scosse la testa, stranito, e l'aiutò ad alzarsi sempre sorregendola per timore che potesse perdere di nuovo l'equilibrio.
“Alexis… facciamo così… Ora vai in camera e ti riposi. Hai delle occhiaie da paura!” ammise ridacchiando “… ceni con calma e poi ci raggiungi, giusto per presentarci meglio.”
La ragazza era ancora in semi-trans e seguì distrattamente le parole del rasta.
Era talmente esausta da avere le allucinazioni? Oppure semplicemente troppo affamata…
Sarebbe stato anche lecito se il sapore del sangue non fosse stato così reale che poteva ancora sentirne il viscido retrogusto in bocca.
Si sentiva stupida, confusa e irritata al tempo stesso. Spesso la sua mente giocava brutti scherzi, talvolta finiva per confondere la realtà con la fantasia, soprattutto da piccola. Eppure quella volta era diverso. Era certa di averla vista!
Dopotutto non poteva biasimare il suo stomaco brontolante…
La testa prese a pulsare leggermente, disorientata da ciò che aveva appena subito -forse non del tutto vero- e dalla patetica accondiscienza con cui il chitarrista le stava parlando.
Non lo capiva che essere compatita le dava il voltastomaco? Nessuno lo capiva.
Era insopportabile lo sguardo di pietà che le riservava. Degno di una bella risposta per le rime!
“Senti, Tom…” disse, seria, bloccando le sue generose quanto stupide preoccupazioni “Sto bene. Ho solo avuto un mancamento… a volte mi succede.”
“Hai mai provato da un dottore? Forse ti mancano alcune vitamine…”
La ragazza sbuffò incerta. Lo guardò con un sopracciglio alzato, segno che non voleva sentire altro.
“No… Te l’ho detto. Sto bene. A che ora stasera?” chiese cambiando argomento e augurandosi che anche il rasta facesse lo stesso.
“Ok… verso le nove e mezza?”
“Perfetto. Nella suite di Bill, giusto?”
“Si. Ha un megaschermo spettacolare in salotto! Vedrai che spasso!” esclamò già pregustando il divertimento.
“Già…” rispose con molta meno enfasi “Bhè… io vado in camera. A stasera.” lo salutò con un cenno.
Lui ricambiò e la lasciò entrare in stanza.
Appena richiuse la porta a chiave si lasciò cadere a terra. E pianse.
Lasciò che tutto il dolore fuoriuscisse dal suo corpo, le lacrime sgorgavano incessantemente mentre davanti a lei scorrevano ancora quelle immagini tremende.
Chi era quella donna?
Non riusciva a smettere di pensarci. Sapeva solo che, nel momento esatto in cui i suoi occhi avevano incontrato quelli identici della figura misteriosa, fu come una scossa elettrica. Un dolore lancinante. E subito un susseguirsi di immagini del suo passato presero a scorrerle davanti alla visuale, come un film dell’orrore.
Solo quel giorno.
Quel 20 giugno maledetto di due anni fa che aveva cercato in tutti i modi di rimuovere dai suoi ricordi. Ora era tornato vivido in lei.
Rivide ogni particolare di ciò che successe. Riprovò ogni emozione.
La felicità, la notte, la strada, il semaforo, il camion, le urla, il terrore, il suo viso che la guardò un’ultima volta, l’ultimo bagliore di luce… il buio.
Per lui fu eterno.
La cicatrice che Alexis portava sul fianco aveva ripreso a bruciare.
Stesa sulla moquette, singhiozzante, non riusciva a spiegarsi molte cose. Perché d’un colpo solo tutto la riportò a quel giorno? Perché quelle sensazioni?
Poi quel sangue. Quel gusto amaro e dolcissimo che le aveva invaso la bocca poco prima, Alexis ne era quasi certa, era di lui.



“Tu appartieni a noi, Alex. Ciò che sei fa parte del nostro passato. Accetta il tuo destino e abbandona la tua anima mortale.”






... Continua... !?!





Ciao a tutti! ^-^ ... Eccomi tornata con il 2° capitolo! Scusate se ci ho messo un pò ma vi confesso che scriverlo è stato un pò difficile e complicato...
Comunque... tornando a noi... sono stramegafelice che il primo chappy vi sia piaciuo così tanto! Vi giuro non credevo in un simile interessamento! *-*
Ci sono rimasta di sasso quando ho visto tutte quelle recensioni... eheh...
Bhè... innanzitutto vi ringrazio tutti insieme!
Siete troppo gentili! ^-^ (Ma non smettete, vi prego! *-*)

Poi, vorrei precisare che le brevi frasette che metto sempre alla fine di ogni cap non sono altro che piccoli stracci del continuo della storia. Diciamo che è un modo per incuriosirvi di più ^-^ non hanno niente a che fare con la vicenda della stesso capitolo!

Per chi ha letto questo cap... immagino che nessuno di voi, o almeno la maggior parte, abbia capito molto dell'ultimo pezzo. Vi chiederete chi sia questo "lui"... cosa centrino il buio, il camion, le urla, ecc...
Tranquilli! Capirete più avanti! (In ogni caso sappiate che "lui" non è Tom! ^-^).

Ora... visto che non mi vengono in mente altre cose da spiegare, passo ai ringraziamenti di chi ha recensito ^-^ ! (Grazie ragazzi/e... ve ne sono immensamente grata!):::::

Barbycam: Tesorina mia!!! Oddio... mi fai felice con questa rece! Davvero! Sapere che le mie storie ti piacciono è sempre un piacere for me ^-^!! Ti voglio un kasino di bene! Grazie grazie grazie! kissone!!!

xXxSilenCexXx : Madonnina santissima! Lo sai che mi hai fatto prendere un colpo??? uhuhuhuhuh... addirittura??? Ti piace così tanto che mi faresti santa?? ahahahaha... grazie 10000! La tua recensione mi ha fatto davvero piacere! ...E se ti è piaciuto così tanto l'inizio... ti anticipo che il seguito sarà ancora più succoso! kissotto... bacio bacio!

nihal_chan : Eh non ti sbagli Nihal della Terra del Vento! ^-^ ... Confesso che Licia Troisi mi ha fatto sognare con le sue 2 trilogie! In un certo senso gli occhi viola li ho veramente presi dal Cavaliere di Drago per eccellenza! ^-^ Però ti assicuro che la trama è tutt'altro! Grazie per la rece! continyua a seguirmi!! *-* kisskisskisskisskisskiss

CaTtY : Grazie 1000!!! Sono contenta che ti sia piaciuta! ... e ovviamente non potevo non andare a leggere la tua ff sotto invito! ^-^ come avrai già letto dalla recensione che ti ho lasciato, mi è piaciuta molto! ^-^ Io continuo a seguirti... non scordarti della mia ficcy però ! ç_ç ... un bacione enorme!!! kiskisskisskisskisskisskiss    *-* XD

#°Kairi°# : Davvero credi che io scriva bene?!?!?!?! °-° ... Hai bisogno di un paio di occhiali allora! uhuhuhuhuhhahahahahah.... no skerzo! Grazie di cuore! Sul serio non mi sento così brava, ma se lo dici tu potrei anche crederci! ^-^ ... Ti ringrazio ancora! Sono contentissima! kissksskisskisskiss

hEiLig FuR iMmEr : Uhhhh ... quante domande!!! Mi piacerebbe risponderti a tutte, ma così non ci sarebbe più gusto a leggere, vero? Allora... il mantello nero era della donna misteriosa, come hai visto in questo cap... ma non è finita ovviamente! uhuh... Cosa centrano gli occhi viola di Alexis?? Bhè... non posso dirtelo, ma centrano MOLTO! Soprattutto perchè anche la donna misteriosa li aveva uguali, ma questo lo capirai più avanti! Grazie per la rece! 10000000000 bacini!!! kisss

sara : Ciaux tesorina! Ma glassie! Grazie grazie grazie per la rece! *me felicissima*!!! kisssssssssssss

miss miyu 91 : Ammorrreeeee!!!! Ma quanto mi fanno felice le tue recensioni!!! Non immagini nemmeno! Sei pazza a seguire una fic che nemmeno ti piace solo per me! *ma mi fai troppo felice* ... grazie di cuore!!!!! Grazie grazie grazie grazie grazie!!!!... ecc ecc... uhuhuhuhuh... uno stramegasuperultraiperbacio&abbraccio! kissssssssssssssssssssssssss

gamba di legno : Ma grazieeee!!!! ^-^ che dire? Sono felice per la tua rece!! *-* ... Thank you! Danke shon! Merci.... scusa non conosco altre lingue in cui ringraziarti eheheheh... a presto! kisskisskiss

LiSa90 : Ma grazieeeeeeeee!!! Anche tu con gli occhi viola eh? ihih ... tranquilla! Nel seguito lo scoprirai cosa centreranno! kisssssssssssssssss



- Ok ... Allora vi è piaciuto questo cap??? Siete ancora più curiosi di prima?? Vi prego, fatemi sapere cosa ne pensate! Grazie! kisssssssssssssssssssss-




Hilaryssj vi da un grosso bacione a tutti!!! ^-^








    

  
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