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Autore: hilaryssj    02/01/2008    10 recensioni
Alexis. L'assistente manager dei Tokio Hotel. Una diciannovenne come tante, con i problemi di tutti i giorni. Capelli biondi, fisico praticamente perfetto... una cosa la differenzia da tutti: I Suoi Occhi. Talmente profondi da tendere ad un viola glaciale. Nascondono qualcosa di terribile...
Genere: Romantico, Dark, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi delle Tenebre

The eyes of the Darkness

[... Ogni persona nasce con un preciso destino ...]
[... Una sola nasce per uno scopo che non è il suo ...]
[... Un Dono e al contempo una Maledizione colpiscono la Consacrata ...]
[... La Morte e la Vita si contendono l'esistenza della Dannata ...]

                                             D. S.







L'inizio della fine







Il pullman viaggiava velocemente sulla strada principale. Le ruote battevano il cemento armato ormai da più di due ore.
Fuori da finestrino scorrevano i palazzi della periferia di Berlino alternati da piccoli caseggiati con giusto due metri quadri di giardino per ognuno. C'era poco traffico alle quattro del mattino. I lampioni per le vie erano ancora accesi e da quasi ogni finestra si scorgevano le luci dell'albero natalizio.
Mancavano tre settimane a Natale e tutti erano in fibrillazione per le imminenti vacanze. Tutti tranne lei. Alexis Frost.
Aveva finito il Liceo Classico da circa un anno. Gli esami di maturità si erano conclusi con un buon 100. Eppure non aveva voluto proseguire gli studi e andare all'Università, con grande disappunto dei genitori.
Per questo ora si trovava su quell'autobus. Totalmente contro la sua volontà.
Suo padre non ha mai accettato la sua scelta, di conseguenza ha fatto di tutto per trovarle comunque un lavoro di alta carica. O così lui dice.
Un amico stretto di famiglia aveva accettato la proposta di suo padre assumendo all'istante la figlia.
Un produttore. Uno stupido produttore l'aveva assunta. Per fare cosa poi? L'assistente manager di un gruppo musicale.
Assistente manager. Di chi? Di un gruppo di quattro deficienti che si vestono da pagliacci e battono le padelle credendo di fare Rock. Che schifo!
D'altronde che si poteva aspettare da suo padre? Avrebbe dovuto capirlo che è tutta una farsa per vendicarsi di quello che lei aveva fatto come affronto alla sua nobile famiglia. Che c'era poi di tanto sbagliato nel non proseguire gli studi?
Che vada tutto al diavolo! Natale si avvicinava... e lei era costretta a correre a Berlino per assistere quei quattro rimbecilliti.
Bhè... almeno una cosa buona in tutta questa faccenda c'era. I 200 Km di distanza fra lei e i suoi genitori non era cosa da poco!

***

"Siamo arrivati! Dite agli autisti dei TIR di parcheggiare dietro l'edificio e iniziare a scaricare i pannelli per il Soundchek... Il gruppo sta arrivando con il loro pullman... no... no, mandate la squadra delle guardie del corpo all'entrata... si, firmeranno qualche autografo davanti all'albergo. No, il team rimane qui, dove terranno il concerto dal mattino e noi li raggiungiamo in albergo non appena avremo sistemato... si, il soundchek lo fanno domani mattina. Ok ... ok, va bene ... ci penserò io... Buon Lavoro!" Chiuse la chiamata tutto agitato e diede istruzioni all'autista.

David era il manager dei Tokio Hotel. Era un uomo molto irritabile, perfettino e aveva il brutto vizio di arruffarsi sempre i capelli neri dal nervoso. Ma in fin dei conti era anche molto in gamba e conosceva bene il suo mestiere. Viaggiava sulla quarantina d'anni, ma ne dimostrava trentacinque, a parte qualche ciocca di capello grigio. Era lui che Alexis doveva seguire costantemente. Eseguire gli ordini, o meglio... i capricci delle rockstar.

"Alex, tra poco dovremo scendere... Prendi la tua borsa e cerca di starmi dietro, almeno all'inizio..."

Natale non era una festa che Alexis adorava particolarmente, però di solito le piaceva preparare gli addobbi e godersi quell'atmosfera di festa. Invece quell'anno non riusciva a sentire niente di tutto questo. C'era qualcosa nell'aria. Non sapeva perchè, ma era strano...

"Alex?"

Guardò il cielo dal finestrino. Si stava schiarendo, ma non vedeva il sole. Quel giorno sarebbe stato nuvoloso...

"Alexis!" urlò David alla ragazza.

"Eh?" disse risvegliandosi dai suoi pensieri.

"Hai sentito cos'ho detto?" chiese impaziente, trafficando con delle scartoffie sul tavolino.

"Ehm... che siamo arrivati?" azzardò lei.

David parve scoppiare da un momento all'altro talmente diventò rosso. Quella mattina era decisamente nervoso.

"Bontà divina, Alex... devi darmi retta! Prendi la tua maledetta borsa e seguimi!" sbraitò afferrando la valigetta nera e scendendo dal bus.

La diciannovenne si sitemò velocemente la tracolla. Prese la molletta sul tavolino e fermò i lunghi capelli biondi in modo che non le dassero fastidio. Ecco una cosa che adorava.
I suoi lucenti capelli dorati, lunghi fino alla vita. Scalati, leggermente mossi, con una morbida frangetta, anch'essa finemente scalata ad addolcirle il viso. Uno dei suoi pochi vanti e che naturalmente nessuno notava.

In quel parcheggio ci saranno stati minimo tre gradi sotto lo zero. Tirava un leggero vento da nord che ghiacciava fin le ossa.

Alexis si strinse più che poteva nel suo giubbotto imbottito nero. Le piaceva il nero. Il suo guardaroba era quasi completamente di quel colore. La cinta borchiata che portava le fissava i jeans a vita bassa. Una vita molto stretta.
Nascose la maggior parte del viso dietro lo sciarpone di lana bianco per ripararsi dal gelo e seguì il manager.  

Dopo di loro, altri quattro camion si fermarono davanti al palazzetto dove si sarebbe tenuto il concerto fra tre giorni. Era il secondo tour dei Tokio Hotel. Dovevano promuovere il loro secondo Album. E siccome Berlino era la capitale della loro patria... bhè... tutto doveva essere perfetto.
Entrarono dalla porta del Backstage e attraversarono il corridoio di moquette. David aprì una porta color legno e vi entrò sicuro seguito dalla ragazza. Si aggirava come un autonoma fra quelle stanze. C'era stato altre volte per altri concerti, sicuramente.
La camera dov'erano era vuota. Priva di finestre, completa solo da una scarsa mobilia comprendente alcune casse vuote, un attaccapanni e due divanetti vedre chiaro.
Il manager si guardò intorno, serio. Alex lo scrutava per registrare ogni sua mossa e abitudine. Infondo, doveva imparare.

"Molto bene. Alex, prendi appunti..." disse rivolto alla ragazza.
Lei senza indugiare tirò fuori dalla borsa in jeans nera che aveva a tracolla un block notes e penna.

"Dunque... questa è la stanza dove i ragazzi staranno prima e dopo lo show. Quindi ci serve il termosifone portatile, la ventola, due chitarre di Tom nel caso volesse provare, due di Georg, le bacchette di Gustav, un televisore, i loro I-Pod, un set di asciugamani e il tavolo da ping pong... dovrebbe essere tutto per ora... Alexis, segnato tutto?" chiese alla fine dell'elenco.

Lei annuì poco convinta e lo seguì anche nelle altre stanze quasi tutte uguali. Ad ognuna veniva assegnato un nome e l'utilizzo. Quella dei cameramen, quella dei giornalisti, quella degli strumenti, del sorround, dei monitor... insomma, tutto controllava ogni centimetro del palco che ancora doveva essere allestito.

Alex intanto si chiedeva per quale motivo c'era bisogno di un tavolo da ping pong nella stanza del gruppo. Insomma... c'era già tanto lavoro da fare in quei tre giorni. Oltre a quello avrebbero dovuto anche soddisfare le richieste più patetiche di quei ragazzini?

Probabilmente si. Alla lista dovette anche aggiungere il calcetto da tavolo e il nuovo CD dei Metallica. Pare che Gutav abbia telefonato a David perchè ha saputo che era uscito il nuovo Album del suo gruppo preferito... gli ha chiesto di averlo per rilassarsi prima della loro performance.

Alex cercò di non lasciarsi sfuggire una risatina. Si chiedeva quale altra assurdità quei ragazzi tirassero fuori per riempire David di lavoro extra. Era chiaro che il loro manager avrebbe esaudito ogni loro superficiale o meno richesta. Dopotutto erano loro che gli pagavano lo stipendio. Alexis si divertiva un mondo a vederlo trafficare come un matto per soddisfare i desideri delle star. Non era cattiva, ma quel lavoro personalmente lo odiava a dir poco. Forse per colpa di suo padre... fatto stava che vedere tutte quelle persone al servizio di quattro ragazzini che dicevano "si" ad ogni capriccio era davvero uno spasso per lei.

"Forza, Alex..." disse esasperato David, completamente sfasato dal gran lavoro che lo aspettava "Ora possiamo andare in albergo."

***

Si sbagliava.

Maledetti ragazzini!

Con suo grande stupore David assegnò a lei alcuni semplici compiti... Ascoltare le
richieste della Band e far si che ogni cosa chiedano venga fatta. Ecco i suoi semplici compiti.

Dannati bambini!

"Ma... David... pensavo fosse compito tuo questo... insomma, io sono solo una tirocinante... non dovrei semplicemente seguire ciò che fai tu?" disse disperata cercando un modo per scagionarsi da quelle inutili e stupide "faccende".

"Alexis, tesoro... forse dovresti rivedere la tua classifica dei lavori. Tu sei la mia assistente. Ciò vuol dire che io dirigo quello che gli altri devono fare. Io mi fido ciecamente di te. Sei uscita con praticamente il massimo dei voti all'esame di maturità... dovresti essere più intelligente di quello che pensa tuo padre. Quindi tu farai ciò che io ti ordino di fare... o ciò che i ragazzi ti chiedono..." la zittì prima che potesse ribattere
"Questo è tutto."

La loro auto, gentilmente offerta dalla troup della Band, si fermò davanti all'entrata dell'Hotel. Ovviamente un cinque stelle.
Delle transenne tutte intorno bloccavano l'assalto delle fan. Ragazzine urlanti con enormi cartelloni "Bill sei il mio angelo" e robe del genere.

Oche.

Al suo fianco, David maneggiava un palmare estremamente agitato. Altro lavoro? Alexis sperava vivamente non ci fossero più sgradevoli sorprese. Il cellulare dell'uomo prese a squillare freneticamente dal suo taschino.

Oh, no.

"Pronto? ... Si... come sarebbe a dire non riuscite? ... Bhè non potevate stare più attenti? ... Si... si, va bene... ho capito. Da Monaco? Si... si, ci penso io. Arrivo subito. D'accordo, a dopo." chiuse la chiamata con uno strano colorito porpora.

"Che è successo?" azzardò un interessamento la diciannovenne.

David sospirò. Cattivo segno.

"Hanno rotto un pannello nel trasporto. Dovremo ordinarne uno d'urgenza... da Monaco."

"Monaco? Ma... non arriverà mai in così poco tempo!" esclamò stupita.

"Deve arrivare... ascolta, io devo ritornare velocemente al palazzetto. I ragazzi ci aspettano nella Hall. Pensa tu a tutto. Ci sentiamo per telefono..." disse con rammarico.

Alex lo guardava immobile. "Ma... ma io non posso..."

"Alexis... ho detto di pensarci tu! Devi ripeterti quello che ti ho detto poco fa?"

Messaggio chiaro e preciso. Tagliente forse. Fatto stava che la macchina ripartì lasciandola in balia di urla adolescienziali e un monte di problemi sulle spalle.
I fattorini dell'albergo portarono dentro le sue valigie e quelle di David. Lei non riusciva a mouvere un muscolo. Che avrebbe dovuto fare?
Si guardò intorno e fotografi impazziti le scattarono una miriade di flash. Si voltò dall'altra parte ancora più confusa. Alzò lo sguardo sentendo un'improvvisa voglia di scappare. Maledì suo padre tante di quelle volte in quei pochi secondi che non riuscì nemmeno a contarle. La folla si dimenava creando una massa inconsistente di persone davanti a lei. Qualcosa però attirò la sua attenzione. Qualcosa di strano, di insolito. Un'ombra. O meglio, un mantello. Nero. Le provocò una strana sensazione. Lo stomaco si contorse e il cuore perse un colpo. Un dejavu forse. Non sapeva nemmeno lei cosa poteva essere. Quella vista durò pochi attimi. Poi si dissolse tra le ragazze tedesche come fumo al vento.

"Signorina?"

"Cosa?" domandò ancora non del tutto ripresa.

"Le consiglio di entrare... I paparazzi non sono ben accetti qui." le riferì il fattorino.

Alexis prese un lungo respiro e attraversò la porta girevole. Era evidente che suo padre sapeva a cosa lei sarebbe andata incontro. Probabilmente l'aveva fatto apposta per convincerla a riprendere gli studi. Bhè... non gliel'avrebbe data vinta. Non questa volta.

Attraversò la Hall dell'Hotel e si diresse alla reception dove quattro ragazzi erano fermi. Li riconobbe subito. Erano loro.

"Ciao." disse, salutandoli.

"E tu chi sei?" domandò Tom Kaulitz, quello che Alexis riconobbe come il chitarrista... forse.

"Sono l'assistente di David... Alexis." si presentò porgendo la mano al rasta. "Ah..." rispose lui ricembiando un pò sconcertato.

Stai calma... stai calma.

Ah... Ah? ... Ah! Ma che cavolo. Nessuno gli ha insegnato la buona educazione a questo cretino?

"Di solito in queste situazioni si dice 'piacere'... e ci si presenta a sua volta." spiegò con quanto più autocontrollo avesse in corpo la ragazza.

"Che bisogno c'è di presentarmi? Tutti mi conoscono." rispose sorridendo.

Che faccia tosta.

"Piacere, Bill..." si presentò il gemello vicino.

Bhè... uno su due era già un buon risultato.

Anche gli altri non furono poi così maleducati a presentarsi. Certo però che bisognava avere un bel coraggio ad andare in giro conciati in quel modo. Insomma... Quel Bill era davvero fuori dal comune.

"Quindi tu sei la ragazza di David." concluse Tom.

La ragazza di... Oh, mio Dio!

"No!" esclamò schifata "Ma come ti salta in mente? Abbiamo minimo venticinque anni di differenza... Come fai a credere che..."

"Ehi, rilassati... Intendevo dire che sei la sua nuova assistente..." esordì con più enfasi.

"Ah... bhè... purtroppo si."

"Perchè purtroppo?" chiese Georg "Lo sappiamo che a volte può essere un pò brusco, ma è pur sempre uno in gamba."

"Non è questo... non importa. Non fatemi domande. Questo non fa parte del mio lavoro." disse più fredda.

Chiese al direttore le chiavi delle loro stanze sotto gli occhi straniti della Band e le distribuì.

"I vostri bagagli sono già nelle rispettive camere..." spiegò ai ragazzi che però non ascoltavano granchè. Ecco un'altra cosa che la irritava e si dovette promettere di rimanere più calma possibile.

Dopo un minuto si zittì da sola credendo di fare la babysitter e non l'assistente manager di un gruppo famoso. I due gemelli avevano iniziato a 'discutere' per la camera 1102.

Non potevo fare la barista?

"Che problema c'è?" chiese sull'orlo di menare qualcuno.

"Bill ha di nuovo la suite... Perchè sempre lui, non è giusto! Non si potrebbe fare a turno?" piagnucolò Tom cercando di strappare la chiave dalle mani del fratello.

Oddio!

"Scusa chi di noi due è il frontman del gruppo?"

"Questo non vuol dire niente! Anche io faccio la mia parte... Georg e Gustav, pure..."

"Si, ma io devo avere più riguardo visto che sono la voce della Band..."

Alex si masaggiò le tempie. Le stava scoppiando la testa. Il primo giorno del disastro!

"Vorrei vedere se senza una buona chitarra sei ancora qualcuno!"

"Perchè tu senza la mia voce saresti ancora il Sex Gott amato dalle nostre fan? Non credo!"

Basta!

"Fatela finita!" urlò con quanto fiato avesse in corpo, zittendo tutti all'istante "Se proprio dovete litigare fatelo da qualche altra parte! Quando ci sono io NO! Volete la suite? Fate testa o croce e non se ne parla più! Sono stata abbastanza chiara?"

I quattro rimasero immobili a fissarla mentre firmava alcuni fogli sul bancone. Appena ristabilì il contatto visivo con loro, annuirono senza proferir parola.

"Bene. All'ascensore, muovetevi!" sbraitò seguendoli.

Le sembrava di essere ritornata sedicenne. Quando ancora andava a guardare i figli dei vicini il sabato sera a sei euro e mezzo l'ora. I Tokio Hotel erano decisamente più grandi, ma il cervello era pari a quello di un bambino dell'asilo.

Sarebbe stata una lunga settimana quella! Molto lunga!

E ne mancavano ancora tre prima delle vancanze!

Scosse la testa dolorante, cercando di non pensare all'inferno che l'attendeva.
Salirono tutti sullo stesso ascensore, lei per ultima e schiacciò con veemenza il tasto numero undici.
Quell'abitacolo era piuttosto grande, ma non per cinque persone.
Presto si ritrovò quasi appiccicata al cantante che, per la cronaca, non la smetteva di fissare i suoi occhi.
Si ritrovò ad arrossire per quella situazione. Quel diciottenne era parecchio strano...

"Sai... prima non avevo notato i tuoi occhi..." mormorò continuando a fissarle le iridi

"Sono strani. Hanno un colore particolare... tendono al viola... e luccicano come se stessi piangendo."

Si. I suoi occhi erano molto particolari. Erano un pò il suo vanto. Le piacevano molto. In pochi però li notavano... bisognava essere piuttosto vicini per vederli con chiarezza.

"Nascondono qualcosa. Non a tutti capitano degli occhi così! Sei molto fortunata!" esordì uscendo dall'ascensore che era arrivato a destinazione, lasciando la ragazza spiazzata.


"Fortuna o maledizione nascondono un segreto entrambi. Divisi da un filo sottile, fanno la differenza tra prodigio o tragedia."









Continua...!?!






Ciao a tutti!
Sono Hilary... questa è la mia prima ff che pubblico in questo fandom.
Come avrete capito, sono una ragazza che adora il mistero. ^-^

Questa fic mi è venuta in mente mentre facevo la doccia XD

Spero vi sia piaciuto il primo cap...

Fatemelo sapere, vi prego.

Vale la pena continuarla???

A voi la scelta! XD



Un Bacio


Hilaryssj








  
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