6 marzo 1989.
“Com’è andata a
scuola, cari i miei ragazzi?
Ranma, quante finestre hai sfasciato oggi?”.
Casa Tendo. Pranzo. Tutto normale, tutto
tranquillo, tutto banale.
No, l’ultima no. E neanche la prima in realtà.
È il pranzo del giorno dei giorni.
Tanto per cominciare a scuola neanche ci siamo
andati. O meglio, ci siamo rimasti dieci minuti, poi è
successo uno dei soliti
casini e ci siamo spostati in massa.
Non più di tre ore fa io e Akane eravamo davanti
al Nekohanten.
E poi è spuntato Jun Kukkoh, Katoh... quel tizio
lì.
Al mio fianco sinistro Akane rimane impassibile
con la sua scodella di riso in mano. Penso stia pensando quello che sto
pensando io. Mangia lenta non tradendo la minima reazione, ma so
benissimo che
dentro di lei si sta scatenando il peggior maremoto emozionale della
sua vita.
Quasi rimpiango quando stava male perché l’avevo
fatta imbufalire con una parola o un gesto di troppo.
La picchetto lievemente sulla spalla. Ho bisogno
di un suo consulto.
Si volta senza dire una parola.
“Pensi che dovremmo...”.
“A me non cambia nulla”.
“Akane, è una faccenda importante. Non
credi...”.
“Te l’ho detto, è indifferente. Se vuoi
dirglielo
diglielo”.
“Scusa, vorresti sul serio tenerglielo nascosto?
Devono sapere”. Accolgo con un sospiro di sollievo interiore
l’arrivo
dell’irritazione, perché come a volte riesce a irritarmi Akane
proprio nessuno. Con un
calcio mi getta, per qualche secondo, in tempi più felici di
questo.
È gelida, glaciale nel rispondermi: “Non
è
necessario, invece. Quel che noi dovevam sapere lo sappiamo, gli altri
non
c’entrano nulla”.
“Si può sapere cosa complottate?” si
intromette
Nabiki. Se hai fiutato possibilità di guadagno fai portare
il tuo intuito dal
meccanico, si dev’essere guastato.
Decido, in un impeto di autodistruzione, di
ignorarla. Akane fa lo stesso. Sai Nabiki, i tuoi metodi non funzionano
più su
di noi. Non da quel momento.
“Beh Ranma, se davvero ci tieni a spezzare tutti i
loro cuori e ammucchiarne i rottami uno sopra l’altro fai
pure. Io non intendo
partecipare”. E ciò detto si alza, portandosi via
la ciotola.
“Figliolo... cosa sta succedendo? State
cominciando a preoccuparmi, voi due”. La voce di Soun
è profonda e spaventata come
non credo di averla mai sentita.
Mi lascio sfuggire gli occhi al cielo. Cosa mi
frullava per la testa? Come ho potuto non pensare a una situazione come
questa?
Appoggio le mani sul tavolo, stringendone il
bordo. Spero scioccamente di ricavarne forza in qualche modo.
Sarà la cosa peggiore che abbia mai fatto. E di
cose non belle ne ho combinate parecchie.
“Gente, ho un annuncio da fare. Vi prego di
sedervi comodi e di non interrompermi per nessun motivo.
Sarà già abbastanza difficile
così”.
“Andate via, non voglio vedere nessuno”.
Tsk. Ti pareva.
“Sono Ranma”.
Un attimo di silenzio.
“... entra”. Chissà perché
sospettavo questo
sviluppo.
Mi faccio avanti.
Lei è stesa sul letto, gli occhi piantati verso il
soffitto. A vederla così si potrebbe pensare che
è solo preda di una delle sue
solite crisi del cavolo. Non presenta il minimo segno che possa far
realmente
capire cosa si sta agitando là dentro. E qui dentro.
“Allora, baka? L’hai detto?”.
Un sospiro.
“Sì, l’ho fatto”.
“E...”.
“Come vuoi che abbiano reagito? Le tue sorelle si
stanno guardando in faccia fisse come due baccalà, tuo padre
ha semi-allagato
la cucina e il mio ha cominciato a prendere a testate il
muro”.
“Dovete sempre farvi notare, voi Saotome”.
“Buon sangue non mente. E non voglio neanche
pensare a quando mia madre rientrerà dal suo
viaggio...”.
Copro parte della distanza che ci separa. Sento
freddo e vorrei...
La osservo per lunghi momenti mentre lei, molto
poco educatamente, mi evita.
Akane, santi kami. Sfogati. Reprimere tutto ti
farà scoppiare.
“Non puoi continuare così. Se dopo neanche mezza
giornata ti sei indurita in questo modo... non oso pensare a come sarai
ridotta
fra una settimana. O fra un mese”.
“Chissenefrega. Potrei non essere neanche più qui,
fra un mese”.
“D’accordo, ma il discorso è comunque
valido. E
poi, perdona se mi tocca fare il maestrino della situazione, ma si
parla anche
di un combattimento. Non puoi permetterti di presentarti
così disturbata, perderesti.
Se vuoi posso...”.
Si alza di scatto, fa i tre passi che ci separano
e mi guarda con gli occhi ingolfati di lacrime.
Non posso dire che mi faccia piacere, ma in uno
strano modo è comunque un passo avanti.
“Cosa vuoi fare tu? Allenarmi? Insegnarmi a...
uccidere un altro essere umano? Taci Ranma, farai un favore a
entrambi”.
E alè. Bentornata, stizza.
“Akane, non ti permetto di comportarti come una
bambina viziata. Stammi bene a sentire: se ti credi una ragazzina
speciale
perché oh, nessuno può
capire quello che
sto passando ti pregherei di fissarmi dritto nelle palle
degli occhi e di
dirmelo ad alta voce. O di alzare la cornetta del telefono e di
chiamare
l’Ucchan per farti insultare da Ukyo e Ryoga. O il
Nekohanten. O casa Kuno. Non
sei sola in tutto questo. Sette anime dannate, non una. E fare la finta
coraggiosa
tutta d’un pezzo finirà con il logorarti pian
piano, riducendoti a poco più di
una larva che sopravvive meccanicamente. Non avere timore dei tuoi
sentimenti,
non chiuderli in un angolo per prenderli a frustate. Accoglili.
Accettali. Perlomeno
convivici. O loro, infastiditi dal tuo continuo ignorarli, ti
distruggeranno
per ripicca. Naturalmente, con tutto questo, non ti sto suggerendo di
essere
felice per quanto ci succederà. Nemmeno io riesco ad avere
tanta faccia tosta.
Dico solo che, se hai paura, nessuno ti rimprovererà se ti
metti a piangere. Se
hai qualcosa da rinfacciare a qualcuno fallo finché sei in
tempo, invece di
portartelo nella tomba. Se hai voglia di fare una pazzia lasciati
andare, a
un’eroina si concedono dei colpi di testa”.
Ma... ma che...
Neanche ho finito che me la ritrovo avvinghiata al
petto.
“Ranmaaaaaaaaaaaaaaaa! Sono terrorizzata! Non
voglio morire! Non voglio! Non voglio! Non voglio!”.
“E chi è che vorrebbe morire?” ribatto,
onesto. So che
non è una frase particolarmente profonda, ma si fa quel che
si può.
Passano parecchi minuti in cui rimaniamo
cristallizzati in queste posizioni.
Poi, senza il minimo preavviso, si stacca. Mi
afferra la nuca con le mani. Mi trascina a sé.
Mi bacia.
A-A-A-A-A-A-A-A-Akane...
Cosa... cosa... cosa...
No, questo non sta succedendo. Non sono in camera
di quel rozzo maschiaccio di Akane Tendo mentre lei mi sta... sta...
baciando...
Quando finalmente rompe il contatto...
“Non te lo aspettavi, eh?”. Vedi un po’
tu se me
lo aspettavo.
“D-Decisamente no”.
Sorride nel sentirmi rispondere così. E, qui lo
dico e qui lo nego, quel sorriso mi era mancato da matti.
“S-Si... si può sapere...”.
Scioglie l’intreccio delle dita da dietro il mio
collo, fa un passo indietro e poi mi regala una linguaccia.
“L’hai detto tu di abbandonarmi agli eccessi, mi
pare. Mi è balenato questo e ho seguito il tuo consiglio. Lo
devo proprio
ammettere: avevi ragione. Ora mi sento un po’ più
sollevata. E in pace con me
stessa”.
“Mamamamamamamamamamamamamamama...”.
“Zut. Non ti sarai dimenticato quello che ti ho
detto in confidenza poche ore fa, spero. Sarebbe poco carino da parte
tua”.
Dimenticarmi... del fatto che... ha detto... che
mi vuole bene? Non mi sembra di essermi fatto togliere metà
cervello dalla
testa.
“E allora ho sciolto le briglie. Mentre ti
stringevo mi sono chiesta se sarebbe stato appropriato, se ti saresti
arrabbiato, se... se... se... e poi ho mandato tutto al diavolo. Poco
tempo,
poca voglia di rimandare, tanta voglia di esternare. Le parole sono
belle, i
fatti di più”.
Davvero... non so che rispondere, neanche so se
voglio rispondere qualcosa...
Sono seriamente sconvolto. Più di quando ho
poggiato la mano su quel robo che galleggiava per aria.
Ma sapete come sono i proverbi: fatto trenta,
facciamo trentuno.
Akane, difatti, si avvicina alla porta che era
rimasta appena aperta... e la chiude. A doppia mandata.
R-r-r-ragazza... c-c-c-o-o-o-s-s-s-a-a-a...
“E se ti dicessi che non ho finito, con le
follie?”.
Credo... di stare... per svenire...
"Bene, i vostri
contratti sono chiusi. E posso già rivelarvi il nome del
primo partecipante”.
Sono appena uscito dalla sua camera.
Cammino
ciondolando, frastornato.
Quel che è appena successo...
Mi ha preso... sbattuto sul letto... tolto a forza
la blusa...
Sembrava quasi un animale affamato. Molto
affamato.
No ok, non mi sto pentendo di averle fatto quel
discorso. Non lo sto facendo. È stato comunque... piacevole.
Decisamente.
“Già
che ci
sono, visto che siete ancora tutti qui, vi comunico le
regole che
sono poche e facilmente assimilabili. La cosa più importante
è che chi non
combatte in prima persona non si deve intromettere in nessun modo nel
duello.
Se dovesse succedere equivarrebbe a una squalifica,
cioè a una sconfitta. E
sapete cosa ciò implica”.
È solo che... cazzo, non me lo
aspettavo proprio.
Alla faccia della follia, Tendo. Se fosse accaduto
in condizioni normali, senza questa spada del Torneo che ci pende sulla
testa,
una notizia del genere avrebbe fatto il giro di Nerima in neanche dieci
minuti
e adesso avremmo frotte di persone fuori da casa che vogliono la mia o
la tua
testa.
Senza contare i parenti serpenti che avrebbero
origliato, registrato e forse ripreso il tutto.
Questa cittadina avrebbe probabilmente finito di
vivere in pace.
Un dito alzato
verso me e Akane. Oh dio, sul serio? No, non lei per prima. No.
“Tocca a te,
Ranma Saotome”.
Cervello, puoi smetterla di rivangare il
momento
in cui mi hanno detto che sto per crepare. Guarda che tendo a
ricordarmelo da
me, sai com’è.
E poi non devi sovrapporre l’immagine di...
quello... con ‘sta cosa. Crea un effetto strano, come se
buttassi un cane sopra
a un gatto. Oh insomma, contrasta. Cozza. Quella roba lì.
Bah. Mi arrabbio, con me stesso e con lei. Ci è
servito questo per lasciarci un po’ andare. Un po’
tanto, se proprio vogliamo
dirla tutta. Ma è lo stesso, non significa che siamo stati
meno stupidi.
Solo la morte riesce a sconfiggere l’ottusità di
Ranma Saotome e Akane Tendo. Huzzah.
Mi dirigo verso un posto a casaccio. Ho bisogno di
prendere aria e non pensare a nulla e possibilmente non dare i numeri.
DRIIIIIIN. DRIIIIIIN. DRIIIIIIN. DRIIIIIIN.
Nessuno, eh? E va bene, per stavolta risponderò
io.
“Casa Tendo. Chi è?”.
Non un rumore, almeno per qualche secondo. Poi
sento un colpo di tosse chiaramente finto.
“Saotome? Sei tu?”.
“Kuno?”.
“In persona, sì. E cercavo proprio te”.
“Si può sapere perché? Attacchi briga
anche via
telefono, adesso?”.
“Attaccare briga? Mi sottovaluti. Volevo
solo porti le mie più genuine condoglianze per quanto ti
accadrà a breve e le
mie più autentiche scuse per gli equivoci del passato,
quando a torto ti
consideravo un malvagio stregone dedito alla magia nera. Se lo fossi
stato
davvero non avresti mai avuto l’ardire di accettare la
scriteriata proposta di
quel ciarlatano e saresti fuggito ricoprendoti di vergogna e disonore,
esattamente come hanno fatto il vecchio invasato e la disgrazia
ambulante che
ho la sfortuna di annoverare come sorella”.
“... Kuno, gli alieni ti hanno succhiato il vuoto
pneumatico dalla testa e ci hanno inserito del senno? Ecco
sì, attaccami pure
il virus della parlata fuori moda”.
“Non capisco il tuo immotivato sarcasmo. Inoltre,
se proprio ci tieni così tanto a esserne ragguagliato, il
Tuono Blu sa
riconoscere e apprezzare coloro che dimostrano il suo stesso coraggio e
la sua
stessa abnegazione. Mi rendo conto che non può riparare
tutti i nostri disguidi
e qui pro quo, ma ero fermamente intenzionato a dirti che ti sei
guadagnato la
mia stima e il mio rispetto con quell’atto cavalleresco e di
altissimo valore”.
...
Qualcuno mi svegli da questa sottospecie di incubo
strano.
“Bene. Assolto il mio compito, credo che mi
ritirerò in raccoglimento spirituale nelle mie stanze. Per
quel che può valere
adesso: mi dispiace, Ranma. A rivederci alla congiuntura della
tenzone”.
TUTUTUTUTUTUTU.
Osservo instupidito la cornetta. Cosa ho appena
sentito?
Mi sembra di aver letto da qualche parte che la
consapevolezza della fine fa seriamente rivalutare i propri standard.
Ora ne ho
la conferma pratica.
“Ah, quindi funziona
così? Tutti assieme
appassionatamente con la libertà di tifare?”.
“Corretto,
Ranma Saotome. Ai tuoi compagni sarà
vietato interferire, ma potranno comunque mostrare il loro supporto nei
tuoi
confronti con fischi e schiamazzi”.
“Ma quanta
gentilezza. E di’ un po’, cosa ci fa
qui lei?”.
“Xian-Pu mi
ha chiesto, con tutti i crismi dell’ufficialità,
di poter essere presente agli scontri e non ho alcun motivo di negare
il suo desiderio. D’altronde lei è a conoscenza del
funzionamento del Torneo e, in
quanto indirettamente parte in causa, ha ogni diritto di poter
assistere. Come,
se lo volessero, lo avrebbero i vostri genitori e fratelli e sorelle e
cugini e
via discorrendo”.
“Non
nominare la parola sorelle di fronte ad Akane”.
“E
perché non dovrei?”.
“Non lo vuoi
sapere”.
“Ti
sconsiglio di minacciarmi, Ranma Saotome”.
“Finitela,
machi della domenica. E Ranma... grazie”.
“Figurati,
Akane. Anzi, già che siamo in
argomento: salutameli tutti”.
“L’hai
fatto prima che partissimo, tordo. Tranne
quel deficiente di tuo padre”.
“Rifallo
comunque. Non è mai abbastanza”.
“Signorsì
signore. Altro da riferire?”.
“Uhm,
sì. Una sola cosa”.
“Cosa?”.
“Di’
a mia madre che il sangue del suo sangue è
finalmente diventato uomo anche da un punto di vista più
fisico... con te...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“...”.
“Si vede
proprio che sto andando a morire. Nessuno
di voi ha cercato di scotennarmi”.
l'alba della vita
di fronte alla morte
io sono rimasto solo