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Autore: Dazel    30/06/2013    18 recensioni
Tutte le storie d'amore hanno bisogno di prendersi il loro tempo, eppure, a volte nascono sentimenti anche lì dove di tempo non ce n'è.
Un viaggio di cinque giorni in una città straniera farà incontrare Jonghyun, membro di una rock band sul lastrico, e Kibum, un aspirante stilista trasferitosi in occidente per tentare la fortuna.
Basteranno cinque giorni per innamorarsi di qualcuno? E una volta giunti al termine, si sarà davvero pronti a dire addio alla persona che si è scoperto di amare?
JongKey | 2min (accenni).
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cinque giorni. [5/5] - Epilogo

Jonghyun desiderò con tutto sé stesso che non si trattasse della sua vita, ma di una rocambolesca e appassionata storia d'amore, come quelle di cui erano piene i libri harmony di sua madre. Una di quelle in cui era normale che il protagonista, il giorno dell'addio e della partenza, venisse fermato dalla persona amata che in lacrime gli avrebbe chiesto di restare, con la consapevolezza di starsi imbarcando in una dolce follia.

 

Jonghyun non voleva voltarsi, camminava dritto e metteva un piede davanti all'altro meccanicamente. Le cuffie infilate nelle orecchie riproducevano una vecchia canzone rock, mentre la visiera del suo cappello gli teneva saldamente fermo il ciuffo. Forse non si girava solo per non rompere la sua speranza, perché voleva illudersi fino alla fine che Kibum fosse qualche metro dietro di lui e che presto, prestissimo, da un secondo all'altro, lo avrebbe chiamato e gli avrebbe chiesto di restare, abbracciandolo e baciandolo, con gli occhi lucidi per l'emozione.

 

Jonghyun emise un sospiro tremolante, perché era un'assurdità, ma se fosse avvenuto, allora accidenti se sarebbe restato. Sarebbe restato anche tutta la vita in quel posto assurdo, in cui non capiva la lingua e non aveva futuro, solo perché proprio in quella città straniera aveva trovato la sua ragione di esistere. E forse era romantico, sdolcinato, mieloso e patetico, ma Jonghyun lo sapeva che non gli sarebbe capitato mai più di incontrare una persona come Kibum, qualcuno che riuscisse a farlo sentire allo stesso modo, che gli facesse provare quelle emozioni che gli avevano fatto traboccare il cuore. Kibum era la persona perfetta per lui, la sua metà, la sua musa, e lo aveva capito in cinque giorni, per puro caso, a chissà quanti chilometri di distanza da casa sua.

 

Era un'ingiustizia, uno scherzo più che crudele del destino.

 

«Jonghyun, tutto okay?» domandò Jinki mettendogli una mano sulla spalla e Jonghyun tirò le labbra in un sorriso sforzato, privo di gioia o eccitazione per l'imminente viaggio di ritorno a casa. E pensare che sarebbe ripartito nel momento stesso in cui ci aveva messo piede per la prima volta, in quell'aeroporto, mentre ora il suo cuore, la sua anima, ogni cosa di lui desiderava ardentemente restare.

«Ti ha dato il suo numero, no? Sono certo che vi risentirete. Non devi abbatterti. Non è un vero e proprio addio.»

 

Come poteva essere altrimenti? Visto dagli occhi di Jonghyun, quello era un addio bello e buono. Forse durante i primi tempi avrebbero potuto chiamarsi, magari anche tutti i giorni, ma poi le chiamate sarebbero diventati messaggi, e i messaggi sarebbero diminuiti drasticamente nel corso del tempo. Le loro vite sarebbero cambiate, avrebbe conosciuto nuove persone, fatto nuove esperienze, e infine si sarebbero dimenticato l'uno dell'altro. Tutti i sentimenti che provava sarebbero svaniti presto e Jonghyun ne era consapevole, sebbene non lo volesse.

 

Era ingiusto.

 

Eppure, nonostante tutto, continuò a sperarci lo stesso. Ci sperò quando arrivato davanti agli uomini in divisa dei controlli, posò il suo borsone di pelle a tracolla a terra e gli consegnò il passaporto con il biglietto, ci sperò mentre passava il metal detector, e continuò a sperarci anche mentre il suo bagaglio a mano passava sotto i raggi. Ci sperò intensamente, con tutto sé stesso, finché anche gli altri non finirono e passarono i controlli. A quel punto, sperarci divenne davvero impossibile.

 

Jonghyun restò in silenzio per tutto il tempo dell'imbarco, non parlò nemmeno quando arrivò il momento di scegliere i posti ai quali sedersi. Qualsiasi cosa gli andava bene, tanto, se era fortunato avrebbe dormito per la metà del tempo e mangiato per la restante. Taemin e Minho, contrariamente a quanto si sarebbe aspettato, non si sedettero vicini. Minho affiancò Jonghyun, guardandolo con quella sua espressione preoccupata e corrucciata. Di solito a Jonghyun piaceva che Minho si preoccupasse per gli altri, ma in quel momento lo trovava irritante. Aveva il cuore a pezzi e voleva essere lasciato in pace, era chiedere troppo?

 

«Cosa vi siete detti, sta mattina?» Jonghyun sbuffò rumorosamente, esprimendo tutto il suo disappunto. Non aveva nessuna intenzione di parlarne, quelli erano affari suoi. E poi, non voleva rischiare di mettersi a piangere come un bambino su un aereo con così tanti coreani a bordo. Se fossero diventati famosi (e se lo aspettava, ci mancava solo che dopo un viaggio così sofferto per ottenere un po' di fama, fallissero miseramente!) allora non avrebbe mai voluto che qualcuno lassù lo riconoscesse e pensasse a lui come un frignone. Minho però sembrava deciso a farsi raccontare ogni cosa e Jonghyun non era mai stato particolarmente bravo a resistere a lungo. Sospirò, frustrato, e disse: «Mi ha detto se ero uno di quelli che soffre il mal d'aria. Mi ha detto di non preoccuparmi troppo, che volare al giorno d'oggi è molto più sicuro che viaggiare in auto. La Corea gli manca un sacco, sono fortunato a viverci. Mi ha detto che prima che io arrivassi, non aveva avuto molto spesso occasione di parlare la propria lingua, che gli mancava poter parlare con naturalezza, essere in mezzo alla sua gente.»

 

Jonghyun prese una pausa. «Gli ho chiesto di partire con me. Ho una casa, forse non un lavoro sicuro, ma se fosse venuto in Corea con me, allora me lo sarei cercato. Io ho sempre odiato la vita monotona da ufficio, lo sai, ma Minho... Credo davvero che lo avrei fatto per lui, lo sai? Avrei accettato di buon grado lo stare dietro a un computer per otto ore al giorno, se tornando a casa lo avessi trovato sul divano con una rivista in mano, a mangiare patatine con la televisione accesa. Sarei stato davvero felice.»

 

Minho non disse nulla per qualche istante. Non sapeva se era il caso di chiedere oltre, ma tirarsi indietro a quel punto sarebbe stata una scelta persino peggiore. «Lui cosa ti ha risposto?»

 

Jonghyun chiuse gli occhi e alzò le spalle. Era evidente che stesse cercando di trattenere dentro di sé tutti i sentimenti che stava provando. Minho avrebbe tanto voluto fare qualcosa per tirarlo su, ma non poteva. «Ha detto che non era giusto che rinunciassimo ai nostri sogni. Lui vuole ancora diventare uno stilista famoso, ha dedicato tutta la sua vita a questo e non vuole rinunciare. Ha detto addio alla sua famiglia e ai suoi amici per seguire questo obiettivo, è partito ed è andato dall'altra parte del mondo per realizzarlo. Non può abbandonare le cose a metà. La sua strada è quella, e secondo lui, la mia è a Seoul, su un palco. Dice che se ci metto passione, allora riuscirò in tutto quello che voglio. Non so se ha ragione.»

 

«Penso che ce l'abbia, su tutto. Sarebbe stato una follia partire e venire a Seoul. Ha sacrificato molto, non è così? Sarebbe stato egoistico da parte tua forzarlo a una cosa del genere. Soprattutto perché voi...» si morse il labbro, indeciso se continuare. «Non ti ho mai visto preso così da una persona e, sinceramente, non riesco a capire come sia potuto succede. Ti sei innamorato di un ragazzo in soli cinque giorni, Jonghyun. Come è possibile una cosa del genere?»

 

Jonghyun sospirò profondamente, affossando la testa tra le spalle. «Non lo so... Pensavo di fare del sesso occasionale e divertirmi, e invece ci sono rimasto sotto.»

 

«Mi dispiace tanto, hyung. Davvero.»

 

Jonghyun sorrise. «Non importa. Piuttosto, a me dispiace come ho trattato te e Taemin, ieri. Scusatemi. Ero invidioso e arrabbiato perché voi potete davvero farcela. Mi sentivo come se fosse una presa in giro, perché io non avevo alcuna possibilità, mentre voi sì. Se volete stare assieme, allora sappi che io approvo, capito?»

 

«Le cose sono un po' più complicate di così, in realtà.» Minho spostò lo sguardo davanti a sé. «Grazie, hyung.»

 

La hostess iniziò il suo discorso ai passeggeri, indicando le uscite di sicurezza e intimando tutti ad allacciarsi bene le cinture e spegnere i dispositivi elettronici. Jonghyun tirò fuori il suo cellulare e lo sbloccò, sorpreso di trovarci un nuovo messaggio, e ancora più sorpreso riconoscendo il mittente come Kibum. Lo aprì immediatamente, con il cuore che batteva forte nel petto. Era un messaggio corto, ma estremamente chiaro.

 

E comunque, ti amo anche io, stupido.

 

Jonghyun sorrise e non riuscì più a contenersi, cominciando a singhiozzare come un bambino. Minho si girò, allarmato. «H-Hyung?! Hyung va tutto bene?! Yah, Kim Jonghyun!»

 

Jonghyun si mise a ridere pur continuando a lacrimare e stringendo forte il cellulare nelle sue mani. Forse doveva sentirsi triste e depresso, ma ora, improvvisamente, stava bene.

 

Non era mai stato più felice di così in tutta la sua vita.

 

Ne era sicuro.

 

Quello non sarebbe stato un addio.

 

- FINE -

Ok, ok, fermatevi. Per favore, posate l'ascia di guerra e i forconi perché, nonostante qua sopra ci sia scritto “fine”, la storia non si conclude affatto qui.

Quando iniziai a scrivere questa fanfiction, l'avevo immaginata come una breve storia auto conclusiva, una oneshot, in pratica. Le cose però si dilungarono e capii che tenere tutto in un unico capitolo non era il caso, così decisi di suddividerla e creare una mini long fic. Circa al secondo capitolo però, avevo così tante idee nella testa da essermi resa conto che questa storia breve non potesse terminare in soli cinque capitoli, ma allo stesso tempo che quello che veniva dopo aveva ben poco a che vedere con la trama di “Cinque Giorni”, per tanto, vi chiedo di considerarla un lungo prologo. Ci sarà un seguito, al momento lo sto postando solo su AsianFanfiction con un titolo provvisorio e sono alla stesura del sesto capitolo. Non appena terminerò di scriverla la correggerò e pubblicherò anche qui, quindi per favore, siate pazienti!

Vi ringrazio di avermi seguita e sostenuta in questi mesi e spero che possiate farlo con piacere anche in futuro.

Un bacione,

A.

   
 
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