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Autore: Cocomero_    30/06/2013    1 recensioni
Harry e Eiffel, due ragazzi che si conoscono dall'età di quindici anni e che hanno condiviso tutto, le cose importanti e le stronzate. Questa è una storia d'amore, di amore profondo, di amore desiderato, di amore bramato, di amore raccontato sulle note delle canzoni dei nostri ragazzi.
Buona lettura. xmela
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Tre piccole cose prima di cominciare:
1-      Il narratore torna a descrivere solo il punto di vista di Harry.
2-      Questa volta l’OS è solo ispirata alla canzone, ne ho preso alcune frasi delle strofe tralasciando il ritornello che mi sembrava stonasse troppo.
3-      Mi hanno rimproverato di aver fatto sparire  Jo (il ragazzo di Effy); leggendo questa, ancora una volta fate finta che non esista, cioè che sia esistito e non esista più, mi stava troppo sulle palle! In fondo questa non è una FF ma una raccolta di OS, quindi mi sento libera di far sparire qualcuno senza troppi problemi, sperando che non ce ne siano per voi.




 

STAND UP

Effy si alzò, lo guardò e girandosi velocemente si mosse verso la porta; non aveva colto, non aveva capito e Harry mentre si allontanava sentiva di stare per perderla, sentiva che si stava allontanando… “Effy…”
“Effy…sono stanco di sentirmi solo…”
“Allora, non mi lasciare andare…”
 
Non ci credeva, non si aspettava una risposta del genere, rimase incantato sorridendo a guardare il volto della ragazza che si era girata fuori dalla porta; gli occhi rossi gonfi del pianto tentavano di sorridere mentre brillando si umidivano di nuovo, Effy fece un passo avanti e posò una mano sulla maniglia insicura se avanzare ancora o se fermarsi lì.
 
Harry scattò, superò i suoi pantaloni appallottolati e si buttò su di lei afferrandola al volo e abbracciandola mentre la tirava su, le loro bocche si cercarono e per la seconda volta in meno di ventiquattro ore si trovarono e toccarono; la solita sensazione allo stomaco incominciò quando le loro lingue iniziarono a rincorrersi e un irrefrenabile desiderio di sentirla ancora sua si impossessò di Harry quando Eiffel allacciò le proprie gambe intorno al suo bacino; Harry spostò le mani sotto le sue cosce per sorreggerla e la strinse forte a se muovendosi per la stanza.
 
Il materasso attutì la velocità dello slancio con cui si posarono sul letto, l loro bocche si divisero e i loro sguardi si incrociarono, il verde prato e l’azzurro cielo si mischiarono e si unirono come se non ci fosse orizzonte. Harry stava poggiato sui gomiti per non schiacciarla sotto al suo peso e le loro gambe si intrecciavano muovendosi in sincronia. Tornarono a baciarsi con ancora più foga e voglia, le bocche si unirono e poi quella di Harry, lasciando una scia di baci umidi, percorse tutto il collo della ragazza, arrivò alla clavicola e continuò sulla spalla sfilando la spallina dal reggiseno.
 
L’indumento di cotone colorato continuava a toccare il petto del ragazzo seguendo il ritmo del respiro affannoso di Effy, Harry sperava che la ragazza non riuscisse a sentire il battito del suo cuore perché, conoscendola se si fosse accorta della velocità del rimbombare avrebbe fermato tutto e l’avrebbe portato al pronto soccorso temendo un attacco cardiaco; l’amava, lui l’amava anche per questo, perché si preoccupava sempre di tutto e di tutti.
 
La bocca del ragazzo tornò su quella di lei, Harry non riusciva a respirare, gli mancava l’ossigeno mentre, con gli occhi chiusi tentava di slacciarle il reggiseno; le mani di lei, sempre fredde anche nei giorni estivi più afosi, continuavano a percorrere i muscoli della sua schiena delineandone i contorni, quel contatto mandava in estasi il ragazzo che ancora non riusciva a rendersi conto della realtà, non riusciva a crederci…
 
Rotolando sulle lenzuola , ormai stropicciate, Eiffel si portò sopra, seduta a cavalcioni sul bacino di Harry si slacciò il reggiseno e poggiando le mani ai lati della testa del ragazzo si avvicinò al suo viso facendo sfiorare di nuovo le loro bocche; Harry non aveva mai visto niente di così bello, il sorriso che le incurvava le labbra faceva risplendere e brillare i suoi occhi celesti, tutto il suo corpo sembrava voler gridare al mondo “Sono tua”, lui avrebbe voluto gridare al mondo “Sono suo”…
 
“Te la ricordi la stanza dei giochi del nido dove andavamo da piccoli?” un flebile si sussurrato sulle sue labbra fece capire ad Harry che poteva andare avanti: “Io mi ricordo anche la porta, perfettamente, di legno, liscia, celeste, lo stesso celeste degli occhi della bambina che una volta è entrata e che da quel giorno aspettavo con ansia. Dal primo momento che ti ho vista tuto è cambiato, a quell’età credevo che sarei diventato un cacciatore di leoni, o un Powerrangers, che avrei vissuto su un albero nella jungla come Tarzan o sotto terra come le Tartarughe Ninja; non ci credo più  a tutte queste cose ma credo ancora nella sensazione che provai e nella successiva promessa che mi feci, di non andarmene mai, di non abbandonarti mai, di non lasciarti mai andare via, di diventare un NOI, qualsiasi fosse il prezzo da pagare. ”
 
Il sorriso che si spalancò sulla bocca di Effy fu enorme, tenendosi i capelli con le mani si avvicinò definitivamente, le loro labbra si incastrarono con foga e le loro lingue si unirono con desiderio, le mani di Harry corsero sulla schiena di lei e la strinsero a lui come se avesse paura di vederla scappare.
Per quel sorriso avrebbe fatto di tutto, avrebbe attraversato un deserto, avrebbe traversato a nuoto tutti gli oceani, non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce ma il suo più grande desiderio era vedere quel sorriso percorrere una navata di una chiesa vestito di bianco, magari quella chiesetta isolata dal mondo che avevano incontrato in uno dei loro tanti viaggi nel sud della Francia.
Le lunghe dita di Eiffel immerse nei suoi ricci riscossero Harry dal suo sogno preferito, ricapovolse la situazione e si ritrovò di nuovo sopra al corpo della sua migliore amica, le mani di lei afferrarono le sue spalle stringendole e poi corsero lungo la schiena verso l’elastico dei boxer.
 
Improvvisamente il rumore della porta sbattuta al piano sottostante li sorprese e li fece immobilizzare, si guardarono con gli occhi sbarrati e terrorizzati e scattarono di corsa in piedi alla ricerca dei rispettivi vestiti;
“Siamo tornate!!! Effy sei qui? Tua madre chiede se per cena stai a casa” la voce della signora Cox risuonò dalle scale, Harry si rialzò dal pavimento dopo aver trovato la camicia sotto al letto e corse verso l’armadio aprendolo e tirando fuori due magliette pulite e due pantaloncini da sport, ne infilò velocemente un paio e porse gli altri a Eiffel che, dopo aver recuperato il reggiseno dal divano tentava di allacciarlo rispondendo alla madre dell’amico: “Si, sono qui, siamo in camera”.
 
Uscendo dal collo della maglietta, infilata al contrario per la fretta, lo sguardo di Harry cadde sul vassoio con la colazione ormai fredda posato sulla scrivania: “Ciao mamma! Stiamo facendo colazione”. Sollevò da terra il vestito dell’amica, lo sistemò meglio che poteva e lo appoggiò sul bracciolo del divano, prese al volo una delle tante magliette buttate per terra e coprì i vetri della cornice in frantumi; Eiffel si fece una coda veloce, afferrò una tazzina con il caffè freddo e sopprimendo una smorfia di disgusto per il sapore amaro la bevve tutta d’un fiato per poi buttarsi di peso sul divano; Harry si impossessò dell’altra e si sedette velocemente sulla sedia della scrivania.
 
Il ragazzo buttò uno sguardo veloce per la stanza, per controllare che fosse tutto normale e poi si soffermò sul volto della ragazza seduta sul divano, la sua espressione era un misto di terrore, ansia, felicità e gioia, gli occhi erano sbarrati per il pericolo che avevano corso ma la bocca non smetteva di sorridere verso di lui. Senza pensarci Harry mosse le labbra e sussurrò: “Ti amo”; il terrore fu sostituito dalla sorpresa nelle iridi celesti e le labbra si stavano muovendo per rispondere quando la porta della Camera si aprì facendo entrare Anne ancora vestita da ufficio: “Come è andata ragazzi? Effy, com’è che non hai dormito qui sta notte?”
 
Tra le braccia della signora Cox spiccavano le lenzuola colorate del divano ancora perfettamente piegate… “Mh…non abbiamo fatto tanto tardi e ho preferito tornare a casa, sono passata adesso solo  per svegliarlo!” La risposta perentoria di Eiffel fece sospirare di sollievo Harry, che alla domanda della madre si era bloccato in preda all’ansia.
“Che fate oggi? Noi dobbiamo tornare in ufficio fra due ore, questa consegna ci sta distruggendo…Effy, mamma chiede se ci sei a cena che se riusciamo a liberarci mangiamo insieme”
“Si, ci sono a cena, oggi…”
“Stiamo per uscire, ci facciamo un giro, ne approfittiamo per salutare un po’ di amici prima che partano per le vacanze!” rispose Harry.
 
Annuendo Anne salutò i due ragazzi e sparì dietro la porta per raggiungere la sua camera. Harry si alzò voltandosi con un sorriso di scuse verso Eiffel e sussurrò: “Bagno…” dirigendosi verso la stanza. Quando uscì trovò la ragazza intenta a buttare gli ultimi frammenti di vetro, le prese la mano e si diresse verso la porta sorridendo; stava per attraversarla quando Effy lo fermò e lo fece girare verso di lei: “Hai la maglietta al contrario…” se la sfilò e mentre se la rinfilava sentì la ragazza sussurrare: “Anche io ti amo” e prima che potesse riaprire gli occhi dopo aver passato il colletto della maglia si ritrovò di nuovo a baciare quelle labbra tanto desiderate.
 
Le solite farfalle ormai familiari esplosero nello stomaco di Harry, lui interruppe il bacio e ridendo si precipitò giù per le scale verso il garage trascinandosi dietro la ragazza. Entrarono in macchina e chiusero gli sportelli contemporaneamente ancora ridacchiano; “Dove la porto signorina? La porto verso le stelle come le ho promesso anni fa? Mi dia la possibilità e potremo raggiungere la luna!” disse Harry afferrando il volante, una mano dietro al collo lo distrasse dall’inizio della manovra e lo attirò verso un altro bacio veloce; le parole di Eiffel gli solleticarono le labbra: “Grazie, ma penso che il parco possa bastare”
 
La luce di metà mattina passava attraverso le foglie dell’albero sotto cui si erano sdraiati per ripararsi dal sole già incandescente di metà giugno; Harry si sentiva felice e finalmente tranquillo mentre, seduto sull’erba, giocava con i capelli di Effy che, sdraiata, aveva la testa posata sulle sue gambe. Lo sguardo del ragazzo fu distratto da uno stormo di anatre che passarono sopra la loro testa; non avevano parlato di niente, avevano passato le ultime due ore così, a guardarsi, baciarsi e sorridere come aspettava da anni, come se lo facessero da anni; l’angolino un po’ appartato li nascondeva dallo sguardo curioso dei passanti e Harry non desiderava altro che la presenza di Effy accanto a lui, sperando che quel momento non finisse mai.
 
“Non mi lasciare…”
La richiesta sussurrata dalla ragazza spezzò il silenzio, gli occhi di Harry corsero sul suo viso; quante volte Effy era entrata in camera sua piangendo dopo essere stata delusa da un ragazzo, quante volte era stato ore a consolarla, quante volte era stato male vedendo le lacrime rigare le guance dell’amica; non le avrebbe più permesso di piangere, non l’avrebbe mai abbandonata, avrebbe provato ad aggiustare il suo cuore spezzato, avrebbe provato a rimetterne insieme i pezzi con l’amore, ci sarebbe riuscito… avrebbe fatto di tutto per lei.

“Non potrei mai farlo,  io sono qui perché hai rubato il mio cuore”

  
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