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Autore: Zia Palla    01/07/2013    1 recensioni
Tratto dalla storia: “– E tu? Tu cosa provi? – gli domandò Harry, dopo parecchio.
– Io? Io preferirei non provare niente. Né dolore, né tristezza, né amore, né felicità. – rispose, guardando fisso di fronte a sé. Harry tirò su col naso, impedendosi di piangere e sedette accanto a lui.
– Ma proviamo tutte queste cose perché siamo vivi, giusto? Tu lo dici sempre. – mormorò, mentre la voce gli si spezzava con un singhiozzo. Louis asciugò una piccola lacrima sfuggita al controllo di Harry e sorrise lievemente.”
Louis Tomlinson ha tutto dalla vita: una carriera promettente, una ragazza splendida e soldi a palate e, a sentir ciò, sembra che la sua esistenza sia perfetta, ma Louis Tomlinson ha anche un migliore amico con cui condivide un rapporto indefinito e strano, un ruolo stressante, tre amici pazzoidi e le idee poco chiare.
Una settimana. Una settimana decisiva per la vita di Louis e quella di chi lo circonda. Una settimana per vederlo com’è in realtà. Otto capitoli per questa settimana e otto capitoli per vedere l’altro lato della medaglia, l’altro lato del successo.
#It's a Larry!
Partecipa al concorso: "Red Carpet: fanfiction da Oscar [Multifandom e Original Contest] sul forum di Efp.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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#3. Get it right.

Track: Get it right, Glee Cast
“What have I done
I wish I could run away from this ship going under
Just trying to help
Hurt everyone else

 
Louis aveva deciso di farlo all’improvviso, senza sapere perché. Secondo lui, erano quelli i gesti più belli, quelli fatti senza preavviso ed era per questo che sapeva che Harry lo avrebbe apprezzato. Si era messo in macchina senza cambiarsi, era rimasto con la vestaglia e il pigiama, con lo stesso abbigliamento che aveva quando era uscito di casa sua per andare da Harry. A pensarci era sicuro di puzzare un po’, ma sapeva che a Harry non sarebbe importato. Lui sapeva tutto di Harry, lo conosceva come il palmo della sua mano. Guiderò tutta la notte, senza dormire, se è questo ciò che serve, pensò, sorridendo tra sé e sé. Sapeva che Harry lo avrebbe perdonato, lo faceva sempre.
Comunque, alla fine lo fece: guidò tutta la notte e la mattina del 25 dicembre era lì, di fronte casa di Harry, ad Holmes Chapel. Sbadigliò, senza preoccuparsi di mettere la mano davanti alla bocca, perché lui era fatto così e in certe occasioni non ci pensava all’educazione, soprattutto se era solo in macchina, dopo aver guidato per ore. Faceva molto freddo e non poteva accedere il riscaldamento quando l’auto era spenta, così, dato che era un po’ presto per bussare alla porta di casa Styles, si strinse nella vestaglia e cercò di dormire un po’.
Non ricordò mai cosa accadde dopo il secondo sbadiglio, finché qualcuno non picchiettò sul vetro del finestrino.
Louis si svegliò di soprassalto, battendo la testa sul tettuccio dell’auto.
 Stupida macchina, pensò, con disprezzo, mentre colui o colei che lo aveva svegliato ridacchiava. Il risolino gli era arrivato leggermente ovattato a causa del finestrino chiuso, così, sfidando il freddo,  decise di aprire direttamente la portiera, per vedere chi aveva osato disturbare il suo sonno. Si ritrovò davanti Gemma, la sorella maggiore di Harry, con una luce divertita negli occhi di un colore indefinito tra il verde e il marrone e le punte rosa dei capelli che fuoriuscivano dal delizioso cappello bianco.
– Gemma! – la salutò lui, sorridendo. Lei ricambiò il sorriso.
– Buon Natale, Louis! E buon compleanno, anche se un po’ in ritardo. – gli disse la ragazza, scansandosi un po’ in modo da farlo passare. Louis scese dalla macchina, mettendo i piedi, che calzavano solo le ciabatte, nella neve. Lo scosse un brivido di freddo e Gemma, essendosene accorta, lo invitò ad entrare, scortandolo verso la porta.
– Io stavo uscendo, ma Harry è dentro ad aprire i regali. La mamma è uscita mezz’ora fa, siete soli. – disse la ragazza, chiudendosi la porta alle spalle, non prima di avergli rivolto un sorriso malizioso. Louis non la picchiò solo perché era una ragazza ed era sua amica, ma anche perché era troppo tardi.
 Gemma aveva ragione: lui e Harry erano soli. Era arrivato il fatidico momento.
Prese un respiro, poi un altro. E poi un altro ancora.
Infine si sentì pronto, si levò la vestaglia, l’appese all’appendi abiti e entrò in salotto.
Harry era lì, che lo guardava divertito.
 – Mi chiedevo quanto tempo ancora saresti rimasto nell’ingresso. – sussurrò il riccio, rimanendo seduto accanto all’albero di Natale. Louis si avvicinò, scalciando i piedi in modo da  levarsi le pantofole. Arrivò vicino all’amico e si sedette a terra.
 – Sono un idiota. – mormorò, senza guardare Harry in faccia.
– Lo so. – rispose lui. Questa risposta costrinse Louis ad alzare lo sguardo: non era da Harry rispondere così, con quel tono serio. Purtroppo anche l’espressione del viso era seria e non c’era più un’ ombra del divertimento di poco prima.
– Io…– cominciò Louis, senza saper bene cosa dire, ma Harry lo fermò con un gesto della mano.
 – Hai idea di quanto siano preoccupate Eleonor e tua madre? – lo aggredì, continuando comunque a tenere un tono di voce basso. Questa era una delle cose che più lo sorprendeva di Harry: riusciva a sgridarti anche sussurrando.
– Non vorrai farmi la paternale, vero? – gli disse, retorico e sarcastico, alzando gli occhi al cielo.
– No, voglio parlare di quando hai mandato a quel paese quella povera fan! – disse Harry, alzandosi in piedi e dirigendosi in cucina. Louis sapeva che Harry lo aveva fatto solo per tenere le mani un po’ impegnate, per impedirsi di perdere definitivamente la calma.
– Vogliamo parlare ancora di questo? È successo mesi fa. – gridò, scocciato come non mai. Non ne poteva più di sentir parlare di quell’argomento, tutti lo avevano già sgridato abbastanza.
– Perché lo hai fatto? – gli chiese, per l’ennesima volta.
E Louis diede, per l’ennesima volta, la stessa risposta.
– Ci pensi a quanto sia umiliante per Eleonor? –
– Umiliante per Eleonor o per te? – domandò Harry, regalandogli uno sguardo gelido. E fu a quel punto che Louis capì. Harry non era più lo stesso, lui non lo riconosceva e la cosa più sconfortante era che fosse accaduto tutto sotto i suoi stessi occhi.
– Che ti è successo? – chiese, quasi scioccamente.
– Cosa è successo a me? Sei tu che sei cambiato. – gli urlò contro l’amico.
– Ma io già lo so. È colpa di quella troietta! La maledetta Swift! – gridò, ricordando quei riccioli biondo platino che aveva imparato a odiare.
– O forse è colpa nostra. Siamo noi che non ci siamo mai conosciuti davvero. – disse Harry, con la poca calma che ancora aveva in corpo. A quel punto Louis si alzò di scatto, rinfilò le pantofole e si precipitò fuori. Si stava mettendo in fretta e furia la vestaglia, mentre correva tra la neve fresca, che gli solleticava i peli delle caviglie scalze. Era quasi arrivato all’auto, quando Harry gli gridò dietro.
 – Dove stai andando? –
– Lontano da te! –
Rimasero qualche secondo a guardarsi, tutt’e due con il fiato grosso. Poi Louis si voltò e aprì la portiera.
– Buon Natale! – urlò, un secondo prima di salire in macchina. Una volta aver messo in moto, schiacciò il piede sull’acceleratore e partì. Sarebbe troppo bello dire che non si voltò indietro.
A metà percorso si fermò ed accostò al ciglio della strada. Spense il motore. Mise le braccia e la testa sul manubrio. Rimase lì un’ora, a chiedersi se avrebbe mai fatto qualcosa di giusto
.

Conosco la città come il palmo della mia mano.
Ehi, ma è nuovo!
(cit. Robots)

   
 
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