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Autore: _Char    01/07/2013    1 recensioni
Non avevo mai visto un ragazzo dai suoi stessi tratti. Erano ben delineati, che richiamavano quasi i tratti stranieri, come quelli degli spagnoli. Seducenti, ammalianti. Era uno di quelli per cui saresti uscita dalla classe fino al corridoio per vederlo. Uno di quelli che ti calamitano con lo sguardo. Con cui avresti voluto fare l’amore subito. No. Non amore. Sesso. Focoso, caldo, passionale, in cui s’intrecciavano gemiti e sospiri.
Sesso. Sesso puro.
Rimasi senza parole, sentendomi morire. Cosa stavo facendo?? Andavo a sbavare dietro a un tizio che non avevo mai visto in vita mia?
Ero confusa, troppo. Non ero abituata ad emozioni così forti. Nessun ragazzo fino ad allora era riuscito a risvegliarmi tutti gli ormoni in una sola volta, con un solo sguardo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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                                                                       CAPITOLO 19

 

 

-Non ti vedo così da quando sei andata in overdose di adrenalina alla festa di Gemma. E dopo quell'episodio l'altra unica volta che mi hai cercata è stato per dirmi che avevi fatto sesso con Francesco. Cosa stai per combinare, stavolta?- la voce petulante di Margherita non prometteva niente di buono.
-Non mettertici pure tu, Margherita- dissi senza espressione, la guancia spalmata al tavolo a cui eravamo sedute.
Rialzai la testa, sentendo il suo sguardo su di me.
-Non c'è niente su cui scherzare, stavolta- dissi fermamente.
-Con te ogni volta non c'è da scherzare- mi corresse a tono, -Comunque non mi hai convocata qui alle otto e mezza di mattina per litigare, presumo- mi rabbonì, dandomi una controllata ai nervi che sentivo esplodere.
-No, infatti- affermai, alzandomi nervosa dalla sedia per iniziare a camminare per la stanza.
Margherita mi seguiva con lo sguardo.
-Sputa il rospo, che succede?- sbottò.
Mi ci volle un momento prima di fermarmi al ripiano in legno della cucina.
-Mi sono vista con un ragazzo- buttai lì la faccenda senza mezzi termini.
La sua faccia si contrasse in un'espressione attonita.
-Prima di defenestrarmi, perché so che vuoi defenestrarmi, permettimi di darti spiegazioni- fermai il suo sbigottimento con un cenno di mano, riprendendo la parola.
-Ma che...- non riuscì a trattenersi, stavolta stranita.
-Ci siamo incontrati al caffè ieri sera- la intercettai prima che potesse continuare, -È successo tutto per caso, io stavo andando via ma ci siamo incontrati per un malinteso; alla fine è andata che abbiamo preso un caffè insieme, parlando un po'-
Il mio tono vuoto pari a quello di una telecronaca giornalistica le fece intendere che non mi ero entusiasmata come aveva presumibilmente supposto.
Mi guardò fermamente.
-Un caffè insieme- ripeté, atona.
-Sì- confermai con lo stesso tono.
-Ed è stato per caso-
-A quanto sembra- incrociai le braccia.
-Bene- sbottò, -sono proprio fiera di te, Bianca. Cos'altro hai in mente di fare? Dirgli anche dove abiti?-
Mi pietrificai a quelle parole, in modo troppo istintivo; non le ci volle più di un secondo per interpretare la mia espressione.
Rimase un momento scioccata.
-No...- fece poi, incredula, -tu hai... l'hai portato a casa tua??-
-Non l'avrei mai fatto!- mi difesi, scattando a rispondere per discolparmi.
-E allora perché quella faccia?? Ti conosco troppo bene per riconoscere quando ho ragione, e questo è uno di quei casi!- esclamò risentita e anche un po' autoritaria, -Adesso rispondimi seriamente: questo tizio, chiunque egli sia, sa dove abiti?-
Scandì le ultime tre parole per bene, quasi a volermi imprimermi il loro significato nella mente.
Scossi nervosamente la testa e mi diressi ai fornelli, dove giaceva la caffettiera del caffè ancora mezza piena, per versarmi un'altra tazza di puro concentrato di caffeina al fine di tenermi reattiva a quell'apocalisse: non mi sarebbe dispiaciuto fronteggiare un cobra piuttosto che l'irritazione di Margherita, sopratutto se di prima mattina quando in genere si è tutti premurosi e amorevoli.
-Bianca!- scattò alzando la voce, -smettila con questo cazzo di caffè, ascoltami!! Lui sa dove abiti?-ripeté, inflessibile.
Il mio sguardo si fermò sulla sua immagine.
Dopo alcuni secondi di silenzio si arrivò al dunque.
-Ah, magnifico- sbottò sarcastica, schiaffando i palmi delle mani sulle cosce con fare rassegnato, -proprio fantastico, Bianca, non ti smentisci mai!-
-A fare cosa? A fare la puttana che si porta a casa ogni tipo di ragazzo?!- alzai arrabbiata la voce, innervosita da tutta quella teatralità.
-Così fai intendere che sia!- esclamò rapida, aumentando anche lei la fermezza nella voce, -senti Bianca, fortuna Dio che ti conosco, altrimenti non saprei più che pensare di te. Adesso, no, adesso spiegami come per la miseria ti è successo di portarti a casa uno sconosciuto appena lasciata con un pezzo di ragazzo come Francesco, spiegamelo perché io non capisco!-
-Non l'ho portato a casa- puntualizzai seccamente, -a stento l'ho fatto arrivare qua davanti. Non mi fido di lui, cosa credi. Non sono così ingenua che do confidenza al primo che si dimostra gentile e carino-
Oh porca... carino.
Carino.
Mi imprecai maledizioni da sola al solo vedere l'espressione di Margherita farsi più acuta e penetrante:
-E come altro è, questo sconosciuto? Alto, moro, occhi intensi, uno pseudo Orlando Bloom immagino?- continuò beffarda.
-Tutto il contrario- dissi senza mezzi termini, senza dilungarmi troppo, -niente a che vedere con un playboy-
-Ah già dimenticavo, ormai hai abbandonato quelle preferenze- mi lanciò una frecciatina, inviperita.
-Si può sapere che ti prende?- scattai ancora, fulminandola con lo sguardo, -non dovresti nemmeno farmi da mammina, dopo quello che mi hai fatto!!-
I modi autoritari di Margherita si spensero dopo che ebbi toccato quel tasto.
E capii che nonostante tutto non potevo parlarle in quel modo: avevo bisogno di lei. Avevo bisogno di qualcuno che mi trattenesse dallo sbattere la testa contro il muro, perché non sapevo più cosa fare. E Margherita era sempre stata con me in quelle situazioni.
-Scusami...- mormorai a bassa voce.
-No- scosse la testa con un cenno di mano, -hai ragione. Anch'io ho sbagliato-
La sua voce risoluta mi fece capire che aveva già chiuso la faccenda.
E io non volevo di certo riaprirla adesso.
-Ci sono stati troppi casini ultimamente- riprese a parlare con tono fermo, -quindi cerchiamo di metterli alla luce in modo chiaro. Ancora non capisco cosa diavolo ha questo nuovo Orlando Bloom di così speciale da averti fatto perdere la testa così di colpo rispetto a Francesco- continuò.
Non replicai, sentendo un fiume di parole gorgogliare dentro di me ma incapace di dirle una per volta in un ordine sensato.
-Lui è diverso- dissi poi, -e se lo conoscessi capiresti perché mi sento così confusa adesso-
Sperai che con quelle parole ci desse un taglio a quella scenata; in parte, aiutò a sminuire la tensione.
-Sentiamo, com'è questo tizio?- sbottò, arrendendosi al mio tono di voce più che realmente volenterosa di assecondarmi.
-Lui è gentile, cortese, niente a che vedere con quelli che conosci- dissi, guardandola seria in viso per farle intendere che non ero in vena di parlare frivolamente, -E nonostante non ci conoscessimo ha fatto di tutto per consolarmi, senza conoscere la mia storia-
Aggrottò le sopracciglia.
-Okay, ma non mi sembra sufficiente per poterti buttare di nuovo a capofitto in una relazione- bofonchiò restia.
-Non ne ho l'intenzione- la intercettai non appena sentii quelle parole uscire dalle sue labbra, con un moto di rapidità che stupì anche me, -ma... non ho potuto fare a meno che sentire qualcosa ieri sera, quando se ne è andato. Nulla di che, però... ecco era come quella sensazione di non desiderare cose spiacevoli per una persona. Se ad esempio fosse caduto e si fosse fatto male mi sarebbe dispiaciuto, ecco...-
Stavolta Margherita mi guardava diversamente. Sinceramente senza parole.
-Margherita io non mi sto innamorando- misi stancamente in chiaro la situazione, -non voglio nemmeno che succeda. Non adesso almeno. Semplicemente, Roberto è arrivato in un momento sbagliato con una bella entrata in scena. Tutto qui-
Mi sarei potuta anche convincere maggiormente a quelle parole se non fossero seguite quelle di Margherita.
-Roberto? Adesso lo chiami anche per nome?- mi fece notare.
-Oh porca puttana Margherita, smettila!- esclamai, sentendo i nervi riaffiorarmi sulla pelle, -non mettertici pure tu! Pensavo che avresti cercato di capirmi, invece di giudicare soltanto cosa ho fatto e cosa avrei potuto fare!-
-Se tu fossi al posto mio che faresti?- capovolse la situazione senza darsi per vinta, -ti sembrerebbe normale?-
Rimasi in silenzio, per la seconda volta.
Stavolta si zittì anche lei.
Non incrociammo lo sguardo se non dopo un po', quando lei riprese l'iniziativa di parlare.
-So che quando finisce una storia- disse abbassando la voce in un tono più controllato, -ci si sente persi... Si ha un crollo, si sta male, si soffre... Ma non così, Bianca- rialzò lo sguardo, incontrando subito i miei occhi, -non riesco a trovare un motivo per cui di punto in bianco tu ti stia interessando ad un altro subito dopo quello che è successo con Francesco. Non dovresti nemmeno fidarti dei ragazzi, se stare con lui ti ha insegnato qualcosa. Magari potrebbe farti bene, se davvero è riuscito a non farti pensare a lui per il tempo che è stato con te; così come potrebbe farti male-
Rimasi ammutolita, a braccia incrociate.
-Di certo, non è amore. È come un antidolorifico, una sorta di narcotico insomma. Ti fa annebbiare la ragione per farti sentire meglio, ma non prenderla troppo sul serio questa storia. È un po' come una medicina: un po', nelle giuste dosi, ti fa star bene, ma se presa troppo scattano gli effetti collaterali. Di certo non puoi essere seriamente innamorata di lui, di questo mi rendo conto e te ne rendi conto anche tu- mi guardò negli occhi come per sottolineare quelle parole.
-Che cosa dovrei fare, insomma?- tentai di chiudere la discussione, tesa e stanca allo stesso tempo.
-Lascia decidere il tuo istinto. Fa ciò che senti di fare. Ma non dimenticarti che non è la cura, è solo una terapia d'urto. Non potrà essere la rinascita definitiva. Non adesso- rispose a mo' di fare filosofico.
Abbassai lo sguardo e feci un cenno di testa.
-Sì, lo penso anch'io-

 

Terapia d'urto. Non la rinascita definitiva.”
Pensavo a questo quando, la mattina seguente a quella domenica, mi ritrovai a incrociare lo sguardo di Francesco per una frazione di secondo, una volta che misi piede in classe.
Per un momento ebbi l'impressione di perdermi nuovamente nei suoi occhi, ma non appena me ne accorsi sviai altrove lo sguardo stizzita: cadere nuovamente in quel pozzo sarebbe stato come inabissarsi in un fondale alla ricerca di qualcosa che non avrebbe mai potuto esserci.
Il suo cuore.
Gli avevo dato la chiave del mio, ma lui l'aveva usata per chiuderlo in un forziere, per dargli uno sguardo solo per ammirarlo, come le dame un tempo custodivano i loro gioielli per poi ammirarli alla sera, nella loro camera, gingillandosi del loro luccichio e del loro valore.
Ma io non ero un monile, non ero un soprammobile.
Il suo sguardo mi lacerò come una lama, sebbene tentassi di nasconderlo; feriscono più due occhi a guardarsi che la lama di un coltello affilato.
Potevo leggere nei suoi occhi il mio stesso odio; mi sedetti al banco, fissandolo di sbieco, e distolsi lo sguardo solamente quando la mia occhiata inviperita gli arrivò a destinazione.
Per il resto della mattinata mi sforzai di ignorarlo, fingendo di non vederlo nemmeno per caso, ma sentivo il suo sguardo bruciare come fuoco sulla mia pelle ogni volta che ero consapevole mi stesse fissando.
Al termine delle lezioni (totalmente ignorate anch'esse), la mia rabbia e la mia frustrazione ebbero modo di esprimersi per un improvviso incontro.
-Bianca!- sentii richiamarmi da un'allegra voce familiare, -Bianca!-
Mi guardai attorno, a orecchie tese, e riconobbi il volto di Roberto in mezzo a quello degli altri studenti; non appena si accorse della mia reazione si avvicinò tra la calca di ragazzi.
-Hai un momento?- chiese, affabile come me lo ricordavo.
-Certo- sorrisi in risposta. Fui così rapida a rispondere senza pensarci troppo anche perché sapevo che Francesco non era molto distante, e quella era un'occasione più che opportuna per lanciargli una frecciatina. Avrebbe imparato cosa significava vedere la persona che un tempo gli stava a cuore flirtare con un altro ragazzo davanti ai suoi occhi.
-Hai finito anche tu adesso?- continuò cordialmente.
-A quanto pare- risposi ironica.
-Senti... beh, sono un po' imbarazzato a dirlo- disse poi con tono meno sicuro, portandosi una mano sul collo, -ma quel pomeriggio sono stato bene, insieme a te-
-Anche a me ha fatto piacere- gli sorrisi leggermente per incoraggiarlo, accorgendomi solo dopo quelle parole di stare iniziando ad essere un po' troppo confidenziale. “Terapia d'urto, Bianca, non è la cura” mi ripresi severamente, tenendo a freno le emozioni con la rigida cinghia della psiche e della logica.
-Allora... ti andrebbe di passare un altro po' di tempo insieme?- arrivò al punto, cercando una mia risposta sul mio viso.
-Quando?- sorrisi dolcemente.
-Adesso?- rispose lui quasi subito, al che scoppiammo a ridere entrambi un po' imbarazzati, -Scusa, non volevo essere precipitoso- si corresse poi.
-Non mi hai infastidita- lo rassicurai. Anzi, era quello che volevo sentirti dire.
-Allora... ti va bene?- chiese infine, guardandomi speranzoso.
-Certo- abbozzai un altro sorriso, allietata da quella domanda.
E sperai con tutta l'anima che Francesco ci stesse vedendo in quel momento.

 

-Bianca? Posso farti una domanda un po'... indiscreta?-
Stavamo camminando per la strada, senza una meta precisa, seguendo il corso dei marciapiedi e dell'asfalto.
Volsi il viso verso di lui, aspettando che continuasse.
-Dimmi- lo sollecitai per distoglierlo dall'imbarazzo. O forse era solo un incipit di introduzione. Non capii bene cosa volesse esprimere con quel tono.
-Potrei sapere... chi era il tuo ragazzo?- mi guardò in viso in cerca di una mia reazione.
Divenni istintivamente più restia, e non risposi. Potevo dirglielo? Sembrava essere affidabile... d'altra parte però, se non fosse stato per quel pomeriggio al bar, non potevo dire nemmeno di conoscerlo.
Roberto interpretò il mio silenzio, percependo la mia tensione.
-Non importa, se non vuoi dirmelo... Non credo sia...-
-No no, figurati- mi affrettai a interromperlo con garbo, -è solo che... non sto più dando importanza alla faccenda e preferirei non parlarne-
Sì, proprio non ci stai dando importanza, Bianca, c'è mancato poco che ci cadessi di nuovo dentro stamattina; sai proprio come ignorare con nonchalance, dovresti tenere un corso.
Scossi la testa per mandare via quelle ridicole osservazioni del mio amato cervello, e tornai alla realtà incontrando l'espressione perplessa sul volto di Roberto.
-D'accordo, non c'è problema- commentò, ma sembrava un po' deluso dalla mia risposta.
Iniziai a pensare che dopotutto non c'era motivo di tenerglielo nascosto così gelosamente, dato che avrei dovuto davvero non dargli più importanza, quando la sua voce mi richiamò dalle mie riflessioni.
-Conosci quel tipo?- la domanda mi suonò un po' perplessa.
Rialzai lo sguardo dal marciapiede.
-Chi?-
-Quello lì, ti sta fissando da quando abbiamo imboccato la strada-
Spostai lo sguardo nel punto indicato dal mento di Roberto e persi un battito.
Francesco.
Ovviamente chi altri potevo incontrare, quando mi ero decisa a dimenticarlo con tutte le mie forze?
Non ebbi modo di spostare altrove lo sguardo con decisione come avevo fatto quella mattina perché sentivo i miei occhi totalmente rubati dalla sua immagine, capace soltanto di restare a guardare.
Spostava lo sguardo da me a una ragazza al suo fianco, soffermandosi ad osservarmi per alcuni momenti; ma i suoi occhi non rivelavano nessun interessamento. Che fosse un abile seduttore glielo riconoscevo, ma addirittura passare da Carlotta ad una ragazza qualunque non l'avevo neanche calcolato.
Mi guardava con sfida, insidioso, quasi a provocarmi a guardarlo ancora.
Roberto continuava a guardarci entrambi senza capire, alla ricerca di qualche collegamento.
-È lui?- azzardò infine, intuendo la situazione.
Ma non lo stavo ascoltando.
Francesco rialzò ancora lo sguardo su di me: sembrava non fare minimamente caso al fatto che mi trovavo insieme ad un altro ragazzo, ma i suoi occhi serbavano rancore nei miei confronti.
Lo fissai stizzita, odiandolo come non mai.
La ragazza affianco a lui gli disse qualcosa, e lui tornò a rivolgerle il viso.
Tra loro ci fu un breve scambio di battute, poi la ragazza gli portò la mano accanto alla fronte, come per fargli una carezza, e lo vidi sorridere in risposta al suo sorriso.
Sentii ribollirmi il sangue dalla rabbia; lui non aveva problemi a rimorchiarsi una sconosciuta praticamente da un giorno all'altro, io invece a stento riuscivo ad uscire con un ragazzo che mi ritrovavo a pensare di nuovo a lui, mentre lui mi aveva completamente dimenticata.
-Bianca- mi richiamò inaspettatamente Roberto, con un tono semi serio, -lascialo perdere-
Mi voltai verso di lui, perplessa.
-Ho visto come lo guardi- continuò, serio, -E lui non ti merita-
Tornai a guardare Francesco, che stavolta non sembrava nemmeno far caso alla mia presenza.
Soltanto allora realizzai quanto mi avesse appena detto Roberto; presa com'ero non mi ero neanche accorta del peso di quella frase.
Non seppi se darmi prima dell'idiota o sentirmi imbarazzata per quell'uscita inaspettata.
-Oh beh... gr-grazie- balbettai stupidamente la prima cosa che mi venne in mente.
Il sorriso tornò a materializzarsi sul viso di Roberto.
-Ti va qualcosa da bere?- propose affabilmente, forse per sminuire la tensione.
-Ti ringrazio- mormorai un po' imbarazzata.
-Okay, aspetta qui- disse, prima di infilarsi in un bar situato poco avanti al posto in cui ci eravamo fermati. 
Dopo un po' che mi costrinsi a tenere la schiena alla scena melensa di Francesco e di quell'anonima sconosciuta tutta sorrisi e smancerie iniziai a guardarmi attorno, attendendo che Roberto ritornasse; stranamente, quando mi girai nella loro direzione non vidi nessuno.
Mi sorpresi quindi a cercare un certo qualcuno ovunque posassi gli occhi.
Piantala Bianca” mi rabbonii da sola gelidamente, “ti ha fatto soffrire e ti ha pure cornificata con Carlotta in persona. Non dovrebbe nemmeno esistere per te”
Rimasi a fissare altezzosamente un punto morto nel vuoto, come se potessi dimostrare la mia superiorità e la mia indifferenza in quel modo assurdo; o forse cercavo soltanto un appiglio a cui aggrapparmi per farmi forza.
Inutile dire quindi che non riuscii minimamente a concentrarmi e a restare ferma in quel modo, e fu forse per questo che quando un rumore dietro di me si fece più nitido e insistente ero totalmente reattiva a reagire. Un rumore di passi. Che si avvicinavano nella mia direzione. Non mi sarebbe nemmeno servito girarmi per capire chi fosse.
Mi voltai, assumendo un'espressione ferma e decisa nel vedere gli occhi di Francesco minacciare i miei con la sua presenza.
-Ah, guarda chi si rivede- sbottai con sarcasmo, incrociando le braccia sul petto, -Che cosa vuoi?-
-So perché mi fissi così- ignorò la mia provocazione, ma non riuscì a nascondere la stizza facendomi capire che gli stava costando un certo sforzo a non replicare a tono, -e sai, sarebbe carino da parte tua piantarla con queste cazzate-
Lo fissai con odio.
-La colpa è tua- sibilai, -dovresti essere abituato ad avere sbattuta una porta in faccia, è la tua specialità essere lo stronzo della situazione-
Feci per allontanarmi via da lui ma mi bloccò rapidamente per l'avambraccio con decisione, tenendomi ferma davanti a lui.
-Non ci hai messo molto a rimorchiarti qualcuno- commentò seccamente dando un'occhiata al bar.
Lo fulminai con lo sguardo.
-E tu allora?- chiesi con tono tagliente, -come mai tutto solo adesso? Che c'è, Carlotta è troppo avara con la sua virtù? O forse quella ragazzina melensa non ti soddisfa abbastanza?-
-Allora ti da ancora fastidio se me ne vado con un'altra- commentò suadente con un sorrisetto bastardo nascosto all'angolo del labbro destro.
Mi morsi le labbra dal nervoso.
-Ti avevo detto di non farti più vedere da me- sibilai sentendomi il sangue alla testa, -quale parola di “vattene affanculo” non ti è chiara??-
-Smettila di provocarmi- soffiò con voce gutturale, avvicinandosi pericolosamente al mio collo. Il calore del suo corpo mi rapì i sensi, offuscandomi la ragione.
-Sai bene quanto me che più mi fissi con quello sguardo più desidero prenderti ora, qui, in mezzo alla strada e sentire i tuoi gemiti entrarmi nelle orecchie...- sussurrò maliardo.
Sentii cedermi alla sua voce suadente, riprovando per un istante le stesse sensazioni che mi avevano totalmente rapito nel corso di quei mesi.
-Una volta ti ho chiesto una possibilità. E me l'hai concessa. Poi mi hai chiesto un po' di tempo. E te l'ho dato. Ma adesso, non m'importa cosa diamine sia successo, io ti desidero... E so che sotto sotto non hai mai smesso di desiderarmi anche tu...-
Le sue labbra ormai mi parlavano a un millimetro dall'orecchio, il suo respiro che mi sfiorava il collo, facendomi rabbrividire a fior di pelle.
-Perché non te ne vai da quella puttana, ci sono una marea di ragazze che aprirebbero le gambe solo per te...- lo provocai, ma in cuor mio speravo che non provasse nemmeno a farlo.
-Perché io voglio te- stavolta fece quasi toccare le sue labbra sul mio collo, provocandomi un brivido inaspettato, -le altre ragazze muoiono dalla voglia che me le scopi. Tu invece non cedi, non vuoi più neanche vedermi... Perché sai che ti saprei far raggiungere il paradiso solo con un tocco...- mi provocò di rimando.
Lo odiavo per come si era comportato, con tutta l'anima, ma non potevo fare a meno di provare un'attrattiva verso di lui. E per questo mi stavo detestando come non mai.
-Ancora una volta, Bianca- sussurrò maliardo, guardandomi negli occhi desideroso, -non ti chiedo nient'altro. Sai che lo vuoi...-
-Io non provo più niente per te- capii che non ero riuscita ad essere convincente dal tono insicuro con cui avevo pronunciato quelle parole, tentando di apparire ferma e decisa allo stesso tempo, -e se proprio vuoi saperlo mi sto vedendo con un ragazzo ora. Che mi ha fatto capire quanto sei stronzo e meschino- sottolineai le ultime parole con un tono incisivo, guardandolo fermamente.
-Non m'interessa- disse di rimando, -e comunque non potrai resistere a lungo... Perché tu mi vuoi-
-Non sarò la tua puttana, Francesco- riuscii a dire con tono più freddo.
-Staremo a vedere- chiuse la faccenda con tono deciso, allontanandosi da me proprio nel momento in cui Roberto tornava con due bibite dal bar.
-È successo qualcosa?- domandò perplesso.
-No- risposi fermamente, -è tutto apposto-
Ti odio Francesco. Ti odio.

 

 

 

Un piccolo appunto per scusarmi riguardo un disguido di trama e titolo con chi ha avuto modo di leggere il capitolo precedente in un primo momento, è piuttosto imbarazzate per me aver dovuto apportare modifiche solo dopo averlo postato. Ma in fondo, "errare humanum est" :)
Alla prossima lettura,
_Char

 

  
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