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Autore: Nyssa    14/01/2008    6 recensioni
L'amore non è solo come una rosa che sboccia o una pesca delicata, l'amore è anche una mela selvatica dal sapore un po' asprigno che nasce al freddo e tra le spine.
L'amore è fatto di tante cose, anche di imprevisti, esattamente come quello che colpisce Draco Malfoy ed Hermione Granger durante una delle loro solite litigate, ma che cosa gli è capitato veramente? E quali sono i tanti misteri della Londra babbana (ma non troppo) che Hermione è più che mai decisa a scoprire? E quali sono gli altrettanto sconosciuti motivi che spingono (o costringono?) Draco Malfoy a seguirla?
Prima classificata al Never Ending Story Awards - Terzo Turno secondo la scelta del pubblico.
Vincitrice nelle categorie: Best Saga, Best Romance, Best Plot e Best Couple (Draco/Hermione)
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
Capitoli:
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Hermione si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia l’ennesima maglia nella valigia aperta davanti a lei

Hermione si mise le mani nei capelli prima di gettare con malagrazia l’ennesima maglia nella valigia aperta davanti a lei.

Prese dall’armadio un paio di jeans, constatò che non ci sarebbe entrata neppure piangendo arabo e li cacciò da una parte.

Guardò la sua camera che se la giocava con Harry per quella più somigliante a Waterloo, sbuffò spazientita, buttò un paio di calzini all’interno e inveì contro Canon: avrebbe pagato anche per quello, e contro Malfoy, tanto era sempre colpa sua, una in più o una in meno non cambiava le cose.

Odiava fare le valigie, non sapeva mai che cosa portarsi e che cosa lasciare e quella scelta, in quel preciso momento, sembrava insostenibile, soprattutto se supportata dalle seguenti domande:

1)      Quanto tempo stava via?

2)      Dove avrebbe alloggiato? La dicitura “attico di Raymond” era piuttosto striminzita

3)      Che cosa avrebbe dovuto fare?

Ma l’obiettivo fondamentale era: “evitare di farsi prendere in giro da Malferret”, ne aveva fin sopra i capelli dei suoi mezzosangue di qua e mezzosangue di là, soprattutto perché era piuttosto disillusa sul fatto di sopravvivere, senz’altro il biondastro non sapeva neppure cuocere un uovo al tegamino, come avrebbero fatto? Non ci teneva a fare la sua serva e cucinargli caviale e aragosta…

Scaraventò l’ennesimo maglione e guardò con aria truce una gonna invernale, poi, sbuffando, gettò dentro anche quella, avrebbe provveduto a Londra ad allargarsi tutti gli abiti…

Mentre sistemava, tirò fuori anche il baule che teneva sotto il letto, sul quale sarebbe stata benissimo la scritta “da usarsi solo in casi particolari”, beh, se non era particolare questo… lì avrebbe infilato tutto quello che non erano abiti, ovvero libri. Perché si portava libri a Londra? Beh, innanzi tutto non aveva i soldi che le uscivano dalle tasche permettendole di andare a comparsi tre nuovi volumi tutti i giorni, eppoi se leggeva si rilassava e non doveva stare a sentire le inutili chiacchiere del biondastro e pensare anche a quello che stava dicendo: se non si davano fastidio la convivenza poteva essere pacifica.

Va bene, era una vana speranza, però era bene tentare. Dimenticò per un istante maglie e calzini e, prendendo la bacchetta, si affrettò a rimpicciolire tutti i libri che aveva con se e che non fossero strettamente scolastici per farli poi entrare nel baule; da una parte, poi, sistemò quelli di scuola, il suo set di scrittura e qualcuno dei suoi film.

Chiuse il grosso baule che la roba ci stava a malapena e si dedicò nuovamente all’abbigliamento: aprì violentemente i cassetti e ne prese il loro contenuto a caso tra mutandine, maglie della pelle, canottiere e calzini e scaraventò tutto dentro la valigia che, se fosse stata viva, si sarebbe lamentata come una dannata dell’Inferno.

Una lacrima le rotolò furtiva lungo la guancia, si affrettò ad asciugarla malamente con un fazzoletto pescato nella tasca di una felpa, peccato che le lacrime traditrici non accennassero a smettere di sgorgare dagli occhi. Rinunciando a smettere di piangere come una bambina, si sedette sul letto rifatto tra il baule e la valigia, piegò le gambe sotto di sé e si coprì gli occhi con le mani mentre dava libero sfogo alla sua ansia.

Una gocciolina, poi due, tre, cinque, dieci… macchioline scure che andavano a formarsi sulla lana cardata con cura del vestito a quadri che la prof le aveva prestato. Era un tartan scozzese molto antico, lo sapeva.

Quando era arrivata a scuola, la sua professoressa di Trasfigurazione l’aveva subito colpita e così, curiosa, era andata a fare qualche ricerca nella sezione “araldica” della biblioteca.

Il clan dei McGranitt era antico e prospero, conosciuto fin dal Duecento nel mondo magico. Era numeroso e composto da maghi leali e intelligenti.

Quando Harry aveva ricevuto in dono il mantello dell’invisibilità, il primo Natale, una volta se l’era fatto prestare e aveva fatto un salto alla sezione proibita dove vi erano le storie dei maghi moderni.

Undici erano i fratelli di Minerva McGranitt e portavano quasi tutti nomi delle divinità, e poi c’era lei, ultima e unica femmina: Minerva.

Tutti e undici i figli maschi erano stati grandi e valorosi, decorati dal Ministero, insigniti di alte onorificenze. Suo padre e i suoi quindici fratelli avevano combattuto nella Rivolta dei Goblin Oscuri del 1901 e i suoi fratelli nella guerra contro Voldemort, peccato che fossero rimasti tutti uccisi.

Era rimasta solo lei.

Studiò il ricamo a righini della tela, sapeva che era vietato indossare il tartan per chi non apparteneva al clan, era una colpa punibile con la morte perché significava che si era tradita la fiducia del capo e dei suoi fedeli. Chissà cosa avrebbe detto il vecchio papà McGranitt vedendo sua figlia donarle un abito con il motivo della loro famiglia e permetterle di portarlo.

 

Sorrise tra se, ma questo non servì a placare l’inquietudine che la tormentava, la paura, il senso di frustrazione: perché a lei?

Adesso doveva lasciare i suoi amici, abbandonare la scuola in fretta e furia poco prima di Natale e scappare a Londra nell’”attico di Raymond”.

Doveva lasciare Harry e Ron, ma anche Ginny, Luna, Susan e perfino quei due pasticcioni giornalisti dei fratelli Canon che erano i maggiori responsabili di quel disastro, anche se non erano stati loro a mettere la bomba.

Per questo piangeva, come avrebbe fatto?

Senza amici, sola e con Malfoy…

-          Smettila di piagnucolare – le disse una voce quasi con cattiveria

Si voltò e nel vano della porta la figuretta infantile di Draco la guardava con malcelato disprezzo, le braccia incrociate sul petto, le spalle appoggiate allo stipite della porta

-          Vattene da camera mia, stupida serpe, lasciami in pace, lasciami sola!

-          Sapevo che avresti fatto così – disse rude – come tutte le altre, ti saresti messa a frignare, inconsolabile, povera me, povera me…

-          Che diamine vuoi da me?! – strillò malamente – perché devi farmi questo?

-          Non sono io che faccio qualcosa a te, prenditela con quei maledetti che hanno preparato la pozione, io non ti ho costretta a fare niente

-          E che dannazione vuoi ancora qui, allora?

Senza dire una parola, Draco voltò le spalle e lasciò il dormitorio mentre Piton lo aspettava fuori della porta della Sala Comune Gryffindor, forse troppo schifato per metterci piede.

Perché era venuto? Che accidenti voleva ancora? Che voleva da lei?

Asciugò una lacrima e la disperazione si trasformò in rabbia.

Scagliò un vaso per terra e questo andò in mille pezzi seminando i cocci sul tappeto davanti al comò, bagnando con l’acqua che conteneva il parquet antico e riversando le tre rose che aveva ricevuto per il compleanno, ormai un po’ appassite, dai colori macchiati di marrone, di marcio, come il sangue dei purosangue, come i mezzosangue… diversi eppure simili.

Prese la bacchetta che aveva appoggiato sul comodino e lo ricompose subito, poi tornò ai bagagli.

Non poteva farci niente e se avesse continuato a piangere non avrebbe smesso fino a sera.

Non poteva rivedere Harry e gli altri mentre era in quello stato, le dispiaceva infinitamente non poterli salutare, abbracciarsi prima di perdersi di vista per un po’ era qualcosa a cui teneva moltissimo…

Le sarebbero mancati, tantissimo.

 

*          *          *

 

Draco versione bambino ed Hermione erano sulla soglia di Hogwarts in attesa che le carrozze senza cavalli arrivassero per portarli alla stazione di Londra.

Dalla finestra del suo studio che dava proprio sullo spiazzo, Silente stava guardando preoccupato i due studenti che si allontanavano, preoccupato uno e… preoccupato anche l’altro.

 

Se avesse potuto, Draco avrebbe preso una sigaretta dalla tasca dei pantaloni e se la sarebbe accesa mentre aspettava. Ma aveva promesso alla McGranitt che non avrebbe fumato finchè era in quello stato perché gli faceva particolarmente male. E al diavolo anche la prof! Non aveva mai sentito una voglia così di mettersi a fumare.

Dal giorno prima, ovvero da quando aveva fatto quell’incursione senza senso in camera sua, la Granger non gli rivolgeva più la parola, guardava dritto davanti a se e, se per caso girava la testa, faceva finta di osservare oltre, beh, visto che era alto un metro e mezzo scarso non era poi così difficile… e dire che, se avesse avuto ancora diciotto anni l’avrebbe squadrata dall’alto in basso, le dava almeno dieci centimetri buoni, adesso, invece, era in quella dannatissima, maledettissima e imbarazzante situazione.

Era evidente che voleva fumare, fumare come un camino! Non aveva neppure potuto vedere Blaise e farsi dare qualcosa perché c’era sempre Piton a piantonare la stanza e da lì non era uscito.

Passare un periodo con la mezzosangue non gli girava per niente e, soprattutto, non gli sarebbe piaciuto trascorrere del tempo nel mondo babbano.

Ovviamente Silente aveva detto loro di limitare l’utilizzo delle magie al minimo indispensabile, giusto riordinare e roba simile, niente patronus e niente maledizioni, possibilmente senza perdono.

L’unica maledizione che aveva voglia di lanciare in quel momento era equamente divisa tra i creatori di quella pozione cretina e il vecchio rimbecillito.

E comunque era già qualcosa se riusciva a fare un incantesimo, non era certo che la sua bacchetta lo riconoscesse ancora come il suo padrone, le bacchette sono infide quanto i loro proprietari e se la sua gli somigliava tanto come niente, probabilmente avrebbe voltato le spalle e fatto finta di non funzionare finchè non fosse tornato alla sua età anagrafica corretta.

In lontananza vide arrivare la loro carrozza, anche l’idea di stare insieme a quella babbanofila non gli piaceva per niente, soprattutto vista la sua reazione del giorno prima; non che la condannasse per quella, probabilmente ogni ragazza avrebbe fatto così, ma dopotutto lei era Hermione Granger, il braccio destro di San Potter, disposta alla morte per la salvezza del mondo magico… dov’era finito il suo coraggio? Quello che aveva ostentato in tutti quegli anni di combattimenti tra auror e mangiamorte, tra bene e male… dov’era finito, tutt’a un tratto?

 

Hagrid, il guardaboschi della scuola, si fece accanto al landò scuro come pece, frenò i cavalli un po’ imbizzarriti e poi aprì la portiera.

Si fermò e studiò il muso demoniaco del tiro a sei che li avrebbe condotti fino al mondo babbano: li vedeva. Non era una novità, semplicemente non ci aveva mai fatto caso, non ci aveva mai dato peso.

La mezzosangue era concentrata sul muso scuro delle stesse bestie e le guardava negli occhi rossi come sangue, rapita, probabilmente li vedeva anche lei.

Chi aveva perso per poter vedere quelle creature?

Sapeva che solo le persone che avevano provato un grande dolore o una perdita lacerante potevano distinguere le paurose forme dei Threstal… chissà chi. Chissà chi era per lei. Chissà chi dei tanti era per lui.

 

Senza aspettare molto, salì sulla carrozza prima di lei e si accomodò sul sedile nel senso di marcia, sistemò il paltò nero sul divanetto rosso borgogna e allentò il fiocco bianco che la Chips gli continuava a fare per tutto il tempo che era rimasto a scuola, vecchia bisbetica.

La grifondoro, ancora su un altro pianeta, salì i tre gradini, rischiò d’inciampare, chiuse gli occhi e si accomodò di fronte a lui lanciandogli solo uno sguardo superficiale, dopodiché le iridi grandi e ambrate volarono fuori del finestrino dove il panorama era ancora fermo e consueto e si disinteressò completamente di lui.

Non se ne preoccupò più di tanto, fare conversazione con una come lei era qualcosa di fondamentalmente inutile, prevalentemente per il fatto che finivano per litigare anche parlando di succo di zucca e non ci teneva a farsi le tre ore con il blaterio della Caposcuola nelle orecchie.

 

Ripensò a Blaise, poveraccio anche lui, suo padre era stato accusato di favoreggiamento e corruzione dal Ministero, ma gli Zabini erano forse gli unici serpeverde a non essere coinvolti in quella faccenda di Voldemort e della Causa.

 

Rivide Malfoy Manor, grande, maestosa, imponente nella sua costruzione gotica fatta di torri longilinee che volavano verso il cielo, scure come carbone, nere come l’inferno.

E la vide avvolta dalle fiamme, mentre bruciava, bruciava in eterno.

Si costrinse a spostare lo sguardo.

 

Studiò fuori mentre i cavalli si muovevano e facevano ondeggiare il veicolo, un occhio fu colpito da un boccolo color cioccolato che ricadeva dolcemente sulla tempia della sua compagna con ingenua naturalezza, lei non se ne preoccupava, la mano sinistra appoggiata al finestrino che reggeva il mento, la destra abbandonata in grembo a toccare i finimenti della sua Giratempo.

Sorrise e per una volta non era un sorriso di scherno. Poi si concentrò fuori, o meglio, dentro di se.

C’erano troppe cose a cui doveva pensare, non poteva permettersi di ammirare tranquillo il paesaggio fatto di prati e muretti a secco, erica e cavalli, brughiera e campagna, troppe cose richiedevano urgentemente la sua attenzione, troppe cose erano ormai un problema suo.

 

*          *          *

 

Per tutta la durata del viaggio non aveva fatto altro che scrutare le nuvole oltre il finestrino e sbirciare di sottecchi l’altro passeggero: stava immobile, le mani che reggevano il mento, gli occhi azzurri lontani mille miglia, anche se, guardandolo in maniera affrettata, si sarebbe detto che stesse semplicemente ammirando il paesaggio. Ma non era così. Lo conosceva da sette anni e, anche se non si erano mai avvicinati come amici, sapeva riconoscere certe cose, forse perché anche lei, ogni tanto, si comportava in quel modo.

Si sentiva un po’ in colpa per come l’aveva trattato il giorno innanzi, dopotutto lui non si era comportato male, non più di tanto, non più del solito, almeno. Chissà poi perché era andato in camera sua… non lo sapeva perché, nella furia di proteggere il suo orgoglio dalle acide parole che lui poteva pronunciare, si era trincerata anche lei dietro un muro, una muraglia di insulti per non fargli vedere quanto era triste, per nascondergli le lacrime che, comunque, lui le aveva visto.

Chissà che cosa aveva pensato…

Sospirò mentre il senso di colpa cresceva un minuto dopo l’altro, perché? Beh, lo sapeva perché.

Si era comportata male con una persona che, forse, non era venuta per colpirla.

Impossibile, non c’era stata occasione nella quale Malferret si era risparmiato una parolina al vetriolo per lei.

Perché si sentiva così agitata?

Era per quel silenzio innaturale, artefatto, dove in genere tra loro volavano parole dure, terribili, ma sincere.

Quel silenzio non era sincero: c’era rimasto male?

Difficile che uno come lui, Draco Malfoy, potesse aver sentito un sentimento simile.

-          Senti, - disse rompendo la quiete e vide il muro che lui aveva eretto intorno a sé abbassarsi gradualmente con circospezione – mi dispiace

-          Mm… - fu tutto quello che rispose dopo averla fissata qualche istante ed essere poi tornato ai suoi pensieri, lei si accigliò un poco, si era addirittura presa la briga di scusarsi con un tipo simile e tutto quello che aveva da dire era “Mm…”?

Stava per replicare che era buona educazione rispondere con cortesia a delle scuse quando la carrozza ebbe uno scossone attraversando i vecchi muri di pietra della Stazione di Londra, con il loro stile vagamente liberty, le vetrate e i rosone di ferro e acciaio che avevano rappresentato l’epoca della rivoluzione industriale.

I Threstal atterrarono non proprio di buona grazia sulle mattonelle che, il primo di settembre, erano calpestate da centinaia di maghi e streghe, ma che, al momento, era pulite e lucide.

Il binario 9 e ¾ era fuori servizio tutto l’anno e faceva da pensilina solo per l’inizio e la fine dell’anno accademico a Hogwarts, per il resto era impossibile accedervi visto che l’unico treno magico era l’Espresso che, al momento, se ne stava in letargo a Scuola.

-          Eccoci arrivati, ragazzi! – cinguettò allegro il guardaboschi che aveva fatto da vetturino – siamo arrivati a Londra!

Senza dire più di una parola, Malfoy si alzò in piedi, riannodò il fiocco spiegazzato, distese le pieghe dei pantaloni e si affrettò a scendere senza rivolgere uno sguardo o una parola alla sua compagna di viaggio.

Hermione lo guardò male e scese a sua volta mentre Hagrid slacciava le cinghie che fissavano i bagagli sul tetto e posava le quattro valigie sulle mattonelle.

-          Sapete come si esce dalla stazione – disse ai due – mi raccomando…

E poi, rivoltò a Hermione, ma appena sussurrando aggiunse un

-          Se prova a farti del male o a farti piangere di nuovo dimmelo che ci penso io… - e le diede una gomitata significativa che quasi la stese per terra. Lei si affrettò ad annuire.

Sorrise e si affrettò a mettere il baule e le valigie sul carrello che stava aspettando.

-          Ehi mezzosangue, come si fa ad arrivare alla topaia di Raymond? – chiese il biondastro guardandosi attorno

-          Bisogna uscire dalla stazione e prendere un taxi – specificò

-          Taxi? E che cos’è? – lei parve rifletterci

-          Un’invenzione babbana simile ad una carrozza senza cavalli, tu la paghi e lui ti porta dove vuoi, la guida un autista

-          Un vetturino?

-          Pressappoco

Lui annuì.

-          Stammi vicino e vediamo di non perderci – puntualizzò lei

-          Posso starti solo tre metri distante, non credo che riuscirei a sbarazzarmi di te… - disse lui e la Caposcuola fu grata che la loro conversazione fosse tornata ai consueti battibecchi

-          Per una volta fingerò di non aver sentito – disse serena e gli rivolse un sorriso solare che lo stupì non poco.

 

*          *          *

 

Hermione stava camminando per le gallerie a vetri di King’s Cross, la più grande e bella stazione della capitale. I passeggeri dei treni, nonostante gli aerei avessero soppiantato i vecchi trasferimenti via rotaia, erano ancora numerosissimi e la folla si accalcava per la strada e negli angoli, gruppetti chiacchieravano raccontandosi esperienze ed avventure, molti partivano per le vacanze di Natale ormai imminenti.

Si potevano udire lingue differenti: inglese, francese, italiano, russo, uno slang americano e qualche canadese dall’accento inconfondibile Nuova Scozia, qualche vero scozzese con la pronuncia tipica, irlandesi, cinesi, indiani… etnie e culture si mescolavano formando una tavolozza infinita di tonalità che riempiva la mente e i sensi, mentre i profumi di terre lontane, esotiche, fredde, calde, città e foreste colmava le narici e le fattezze tipiche si miscelavano armoniosamente.

Un netturbino dalla classica tuta verde mela passava rapido uno spazzolone per terra nel tentativo di recuperare rifiuti e cartacce che ritornavano, immancabilmente, appena aveva svoltato l’angolo o era scomparso dietro una colonna.

La biglietteria era presa d’assalto e un gruppetto di giovani sostava lì di fianco nella tipica tenuta con capelli attorcigliati in teccine scomposte e inanellate, abiti molto particolari, qualche cresta, qualche animale, molti colori, tante borchie e tanti anelli.

Hermione si limitò a lanciare loro un’occhiata e proseguì per poi ritrovarsi a passargli di fronte mentre tentava di uscire dall’atrio sospinta dalla folla

-          Ehi, avete visto la mammina? – indicò uno additando la strega che camminava nervosamente, Malfoy, al suo fianco, cominciò ad alzare il sopracciglio in un tic assai familiare e che non lasciava presagire niente di buono: quei tipi non gli stavano simpatici perché lo credevano il figlio della mezzosangue, quindi uno schifoso babbanofilo a sua volta, e poi perché si erano permessi di insultarla, questo non andava. Perché? Beh, solo lui aveva questo privilegio assoluto, non l’aveva delegato neppure ai suoi fidati compagni Tiger, Goyle e Nott, quello era il suo territorio e quello che era suo se lo teneva. Eppoi lui e la Granger erano insieme in quella faccenda.

E quei tipi continuavano a stargli sempre meno simpatici…

Uno del gruppetto si alzò avvicinandosi in una mise del tutto inadeguata al clima invernale che si respirava a metà dicembre, con tanto di canottiera di cotone e camicia a quadri con maniche strappate. I jeans avevano visto decisamente periodi migliori e stavano implorando un passaggio in lavatrice mentre gli anfibi slacciati facevano tintinnare il loro corredo di anelli che toccavano il pavimento. Qualche catena e qualche borchia e il gioco era fatto.

Lo sconosciuto la tirò per un braccio voltandola verso di sé con una familiarità che a lei non piacque per niente e, se non fosse stata in mezzo a tanta gente, gli avrebbe volentieri lanciato qualche bell’incantesimo, a cominciare da un’incendia sulla cresta mezza nera e mezza rossa che spiccava sulla testa del bullo.

La cosa che l’attirava meno, poi, era la faccia ricoperta di acne che lo rendeva molto più simile ad un piatto di porridge che ad un essere umano, decisamente la pulizia non era il suo forte… il grosso orecchino a borchia che gli pendeva dal naso, poi, la affascinava ancora meno e anche quella specie di forchetta incastrata sul sopracciglio le dava parecchio da ridire.

Il ragazzo, che non doveva avere più di venticinque anni le sorrise mettendo in mostra una sfilza di denti giallognoli che avevano bisogno di un buon dentista con molta, molta pazienza, effettivamente anche un parrucchiere non sarebbe stato da scartare…

-          Cariiiina… - sibilò nello spazio tra i due incisivi che non avevano ricevuto le cure di un apparecchio odontoiatrico - non mi stupisce che così giovane abbia già un figlio di quest’età – e alluse al mini-Malfoy che le camminava quasi affianco e che, al momento, si stava trattenendo dallo schiantarlo per non compromettere la copertura – deve essere una che si dà parecchio da fare…

A quel punto, però, gli sarebbe scoppiato da ridere…

-          Sono sicuro che allarga facilmente le gambe, una così… e si avvicinò ancora.

Ok, erano in qualche vignetta comica: la Granger che allarga le gambe? Neppure nei sogni più impossibili di quel tipo sarebbe potuto accadere, la tanto cara e dolce santarellina Granger era l’emblema stesso della purezza e della castità, degna di entrare in un monastero di clausura.

O forse ci era vissuta fin’ora per essere così.

-          Ehi babbano, giù le mani – disse mentre questo le afferrava la mezzosangue come una proprietà; l’aria da “Draco malfoy seccato” non si confaceva molto ad un fanciullo dell’età a cui era ridotto, ma lasciò comunque interdetto l’ipotetico molestatore della Grifondoro

-          Come mi hai chiamato, scusa? – chiese questo

-          Ho detto babbano, ma se preferisci dico merda – rispose rigido come un palo, l’altro sbattè gli occhi

-          Ehi ragazzi, avete sentito il piccoletto? – ghignò all’indirizzo del resto dei compagni troppo occupati ad intaccare la riserva di coca-cola e canne per dargli a mente, poi spostò gli occhi di un insignificante verde spento su quelli azzurri del ragazzino

-          Stai buono, bimbo – lo rabbonì tentando di accarezzargli la testa – io e la tua mamma adesso andiamo a prepararti un bel fratellino – e ghignò ancora, peccato che l’espressione di Draco non fosse altrettanto serena, anzi! Poi il caratteristico ghigno di famiglia si dipinse sulle sue labbra strette, deformandole in una smorfia assai comune

-          Non ho bisogno di fratellini con un padre insignificante come te, lurido babbanofilo – sibilò pericolosamente, tanto che lo sconosciuto punk ebbe un attimo di incertezza e qualche problema a deglutire

-          Dico, ma con chi l’hai fatto questo ragazzino pulcioso? – chiese il ventenne alla ragazza

-          Col diavolo in persona – rispose assottigliando gli occhi ambrati ad una fessura e, prima che lui potesse aggiungere qualcosa, la punta della bacchetta si posò appena sulla pelle scoperta del collo mentre lei mormorava sottovoce “oblivion, quando si fosse svegliato non avrebbe ricordato molto

-          Potevi almeno schiantarlo dopo quel che ti aveva detto – le fece notare con superiorità lo Slytherin

-          Se si sveglierà sarà troppo fatto per ricordarsi anche solo quale delle tante droghe s’è fatto oggi – rispose lei dirigendosi verso la porta con sopra lampeggiante la scritta EXIT.

-          Fatto? – ripeté la serpe

-          Drogato – specificò la Gryffindor, la droga era qualcosa che circolava anche nel mondo magico, anche se non come nel mondo babbano e si limitava ad oppiacei e funghi allucinogeni più qualche canna. I maghi erano fortunati, riflettè, a non sapere, sospettare e avere LSD, ecstasy, eroina e simili…

 

*          *          *

 

Una folata d’aria gelida investì la Caposcuola non appena mise piede fuori della stazione.

Draco rabbrividì nella giacca e guardò con aria truce il mondo babbano che si apriva di fronte a lui: non gli piaceva, troppo caotico e confusionario, perfino peggio di Diagon Alley il giorno prima dell’inizio della scuola, eppoi puzzava terribilmente di bruciato.

Una serie di carrozze colorate, dalla forma insolita e senza cavalli era ferma accanto al marciapiede, mentre altre file si muovevano rapide affianco a queste, mostrando una grande varietà di persone; qualcuno stava leggendo un quotidiano abbastanza simile a quelli che conosceva, anche se le figure di copertina erano immobili nei loro toni grigiastri.

Dire che aveva freddo era come dire che Lady Godiva era poco vestita.

Rabbrividì ancora e adocchiò una strana scatola luminosa che segnava l’ora, la guardò scettico cercando di capire, ma senza successo.

La mezzosangue si mosse verso la folla di persone in divisa nera e rizzò la schiena per darsi il contegno di una signora, quelli dovevano essere i taxi di cui aveva parlato.

-          Posso aiutarla? – le chiese uno dei vetturini

-          Hyde Park – disse lei copiando le movenze delle donne in carriera, l’uomo annuì, le aprì la portiera e cominciò ad ammassare le valigie nel bagagliaio con una certa fatica e aiutato da due colleghi.

Ops, si era dimenticata di aver ammassato nel baule praticamente l’intera biblioteca di Hogwarts, effettivamente doveva pesare un po’…

 

Dopo venti minuti, finalmente, i bagagli suoi e di Malferret erano sistemati e l’autista, un po’ sudato nonostante il periodo dell’anno, si sedette al volante e accese il motore facendo partire il veicolo

-          Perché andiamo in Hyde Park? – le domandò lo Slytherin seduto accanto a lei – non dovevamo andare in Clarendon Road?

-          È proprio lì accanto – le disse la riccia controllando l’oscena borsetta di pelle che la McGranitt le aveva affidato

-          Clarendon Road? – le chiese l’autista

-         

La vettura sbandò un poco sotto il peso dei bagagli mentre l’autista sorpassava forse un po’ troppo velocemente uno degli autobus rossi a due piani che erano il simbolo della Londra turistica. Poi fece un cenno ad un altro tassista che correva nella direzione opposta e si riconcentrò sulla guida.

 

L’attraversamento dell’Hyde Park in macchina sotto Natale era splendido con i prati in parte coperti di neve, i soliti musicisti nelle aiole che suonavano qualche canzonetta, i bambini che lanciavano briciole ai cigni degli stagni e le solite persone che non avevano niente da fare e passeggiavano tranquille.

 

La macchina inchiodò e Hermione si chiese chi poteva aver dato la patente a quella specie di pirata della strada, Malfoy, dal canto suo, era scioccato dal metodo di guida che, tra un po’, gli faceva pure venire il mal di mare da tanto ondeggiava e sbandava l’automobile.

A metà di Claredon c’era uno dei più lussuosi condomini di tutta la City, al primo sguardo poteva sembrare un albergo, ma in realtà era costituito da lussuosi appartamenti con vista direttamente sulla zona verde della città.

Rimanendo a bocca aperta di fronte all’ingresso, la mezzosangue guardò scettica le due coppe bronzee che troneggiavano ai lati del portone d’ingresso piantonato da un ragazzo in livrea: come facesse Raymond a permettersi simili lussi era tutto da vedere e gli attici in genere sono molto costosi.

Due piante ornamentali tagliate a cespuglio tondo si aprivano dalle bocche svasate delle coppe facendo un ottimo contrasto con la passiera rossa e il colore dorato del supporto.

Si diede un contegno e controllò il numero civico accanto alla maniglia mentre il ragazzino della porta aiutava il tassista a scaricare i bauli.

L’ingresso era praticamente circondato da targhe di importanti avvocati e commercialisti, notai e uomini di legge, principi del foro che difendevano persone con una certa disponibilità economica, li aveva sentiti nominare su riviste e giornali in casi molto importanti come l’esposizione della DeBeers e le feste natalizie di Harrods; fece per poggiare la mano sulla porta per aprirla quando, correndo, il ragazzino si affrettò a spalancarla per lei, rosso di vergogna per non essersi accorto prima delle sue intenzioni.

Malfoy lo guardò, il mondo babbano faceva schifo e quei “taxi” ancora di più, ma il servizio del posto dove sarebbero rimasti sembrava promettere qualcosa di adeguato al suo status.

L’atrio in stile vittoriano prevedeva anche una reception dove, al momento, stazionava un portiere con divisa simile a quella del ragazzino e la ragazza notò una terza figura che fiancheggiava l’ascensore a vetri su cui erano segnati in placca dorata tredici piani… tipico di Raymond abitare proprio al tredicesimo…

Si avvicinò cercando di ricordare cosa le aveva detto il professore prima di partire

Inventa un nome a caso e ricordalo.

Digli che ti mando io.

Comportati come se fossi in un 5 stelle superior.

Ok, con quelle premesse non poteva certo stare tranquilla, soprattutto sul “comportarsi come in un 5 stelle sup.”!

Si avvicinò e non servì neppure far tintinnare il campanello d’argento posto sul marmo verde del banco perché l’uomo, un po’ anzianotto, si avvicinò quasi giubilante ai due visitatori

-          Posso aiutarla? – chiese a sua volta accennando un inchinò col capo

-          Sono la signora… Drake – disse ricordando il primo cognome che le capitava, l’uomo annuì – mi manda il signor Raymond

-          Ah, certo, la signora Drake – l’uomo sorrise come se fosse ovvio che si chiamasse Drake, Hermione lo guardò come se stessero per ricoverarlo d’urgenza alla neuro – certo certo, il signor Raymond me ne ha parlato tramite lettera – lei annuì – siete i suoi ospiti? – aggiunse

-          Sì – rispose evasiva, ospiti? In un attico 5 stelle? Doveva avere proprio tanti soldi…

-          Ma certo, che sbadato… e il bimbo? – si sporse indicando la testolina bionda e un po’ imbronciata del ragazzino che la affiancava

Grazie al cielo in quel momento il ragazzino dell’ingresso e il tassista arrivarono con i suoi bagagli facendo anche cadere una delle valigie, il fattorino sembrava che stesse rischiando il licenziamento da quanto era sinceramente dispiaciuto per essersi lasciato sfuggire dalle mani una delle borse .

-          Spero che suo figlio si sia divertito in Hyde Park – chiese il vetturino prendendo i soldi che lei gli porgeva – è un posto splendido e d’inverno è un incanto.

Malfoy suo figlio?

Neppure nei peggiori incubi…

-          Ce lo riporterò nei prossimi giorni – promise all’interessato

Lei e la serpe si scambiarono un’occhiata che la diceva lunga sul fatto che li considerassero madre e figlio, lui la squadrò malamente, lei fu tentata di fargli una linguaccia, peccato che quello non fosse il comportamento adatto ad una signora da 5 stelle sup.

Rivolse un’occhiata di congedo al vetturino e tornò alla reception

-          Suo figlio? – chiese l’uomo del banco

-          Ehm… - dire di sì era come tirarsi la zappa sui piedi

-          Spero allora di vedere presto il signor Drake – ammise l’impiegato, interessato

Impossibile, non esisteva una signora Drake, figuriamoci un signor Drake, ovviamente a meno che Ron non entrasse di soppiatto nell’ufficio del preside, arrivasse la Londra di nascosto, la sposasse sotto falso nome e poi andasse all’hotel, chiaro… e comunque impossibile.

-          Chissà – disse sbrigativa

-          Hans vi accompagnerà al piano, Pete invece si provvederà di trasportare i vostri bagagli. Integri. – disse indicando prima il ragazzo dell’ascensore e poi quello che prima stazionava dalla porta

Lei annuì e si diresse verso la cabina numerata.

 

Doveva essere davvero un posto di lusso quella specie di condominio… sul retro aveva intravisto una piscina e l’atrio era invaso da piante tropicali molto costose che, senz’altro, necessitavano di molte cure.

L’ascensore era responsabilità di un inserviente a parte che, a occhio, non doveva dimostrare più della loro vera età, ovvero sui diciassette, diciotto anni. Quando si arrivava al piano, un campanello tintinnava facendo il caratteristico “din”, ma non il suono metallico di tutti gli ascensori, bensì un rumore dolce e leggero che avrebbe fatto riconoscere immediatamente una casa di lusso da una che non lo è.

Senza ombra di dubbio Raymond pagava parecchio di spese di amministrazione… caspita, ma se insegnare babbanologia a Hogwarts era così redditizio ci andava anche lei!

 

La lancetta si fermò sul numero 13, l’ultimo.

Il ragazzino in divisa si premurò di aprire le porte e rivolgere loro un inchino mentre li faceva uscire e conduceva alla porta.

La stanza, dove sopra era appeso in caratteri raffinati il numero 63, era l’ultima dell’abitazione, proprio sul sottotetto, il cosiddetto “attico”.

Il garzone di nome Hans, come aveva detto il portiere, aprì la porta con una chiave magnetica e di fronte a loro l’appartamento del prof prese forma.

Le finestre davano direttamente su Hyde Park, fornendo una invidiabile vista sul verde e sulla City, il poggiolo era stretto, ma delizioso e delle fluente tende di cotone coprivano le due portafinestra.

La stanza non era molto grande, se paragonata allo sfarzo del resto del palazzo, probabilmente era l’abitazione più modesta, ma ad ogni modo carina. I bagagli erano sistemati di fronte alla porta e Hans si premurò di portare dentro le valigie a due per volta finchè non dovette richiedere l’aiuto di Pete per trasportare il baule della riccia che finse di interessarsi all’arredamento per mascherare l’imbarazzo; Malfoy la guardò dandole della scema e poi scrutò intorno a se: come facessero i babbani a vivere in spazi tanto ristretti era un interrogativo che lo assillava già da un bel po’ e che si manifestava in diverse persone che conosceva. La cosa non gli piaceva, la stanza, comunque, era quasi passabile.

Su un lato una cucina a piastre con lavandino, di fianco una libreria che occupava tutta la parete, il piccolo soggiorno con tavolino, il letto addossato ad una delle pareti, la cabina armadio e, nascosta dietro a questa, la porta del bagno.

Guardò intorno e il vento fece ondeggiare le tende dando all’ambiente un’atmosfera piacevolmente fresca e ventilata

-          Temo che sarà più dura di quel che credessi – ammise sospirando e andando in perlustrazione

-          Senti chi parla, pensi che mi faccia piacere essere scambiata per tua madre? – gli domandò la Gryffindor mettendosi le mani sui fianchi

-          Ehi, guarda che è più insultante avere una piccola mezzosangue pezzente come madre! – la rimbrottò lui, per niente contento di quella osservazione

-          Grazie al cielo quelli della tua razza sono in via di estinzione – mormorò lei tra i denti prima che la discussione sfociasse nella consueta e abituale litigata giornaliera…

-          E da quando ti interessi di antropologia? – le domandò lui altrettanto a bassa voce

-          Da quando non riesco più a liberarmi di te – rispose

-          Credimi, se potessi non mi vedresti più!

-          Ah!

E sempre rimuginando, il biondastro si diresse verso il bagno, peccato che i braccialetti avessero cominciato a brillare mentre si avvicinava ai tre metri e fu sospinto indietro.

Sopprimendo un’imprecazione sulle labbra, diede uno strattone che fece vacillare la sua compagna, costretta a camminare per non essere scaraventata a terra.

Decisamente sarebbe stata molto peggio di quanto avesse preventivato.

 

*          *          *

 

Spazio autrice: ciao!

Finalmente la scena si sposta… dopo aver scritto un’intera fic ambientata a Hogwarts ho spostato un po’ l’ambientazione, ma state tranquilli, tra un po’ di capitoli si tornerà a scuola.

Innanzi tutto chiedo umilmente scusa se ho fatto qualche genere di errore di tipo geografico, Londra è una città che mi piace molto, ma sfortunatamente non ho ancora avuto la fortuna di visitarla, quindi non la conosco molto bene, spero comunque di non aver sparato qualche strafalcione dei miei…

Bene, su questo capitolo non c’è molto da dire, un po’ di litigi, la partenza… sapete che il mio rapporto con le partenze è piuttosto conflittuale, bene, casualmente è capitato lo stesso nella storia…

Aspetto di sapere che cosa ne pensate, nel frattempo vi ringrazio tantissimo per avermi lasciato le bellissime recensioni e per aver aggiunto la storia tra i preferiti, spero che sia all’altezza delle aspettative, anche se l’impostazione è abbastanza diversa da quella precedente, ma non preoccupativi, si complicherà man mano che il tempo passa.

Ciao!

Nyssa

 

fra fave: effettivamente anche nella mia mente Malfoy sembra più piccolo dei 10 anni che gli ho attribuito, però la faccia da bambino imbronciato mi ricorda moltissimo quella che aveva il mio cuginetto ai tempi dei tempi…

Il primo arrivo a Londra è stato già costellato di battibecchi e imprevisti, però sto ancora progettando il proseguimento… spero che ti piaccia anche il terzo capitolo, aspetto di sapere… ciao! Un bacio! Nyssa

 

herm83: temo che ci vorrà ancora un cappy o due prima della scena da baby-sitter, però anche io me la stavo immaginando in questi giorni… che sia una peste, invece, è un dato di fatto ^^

Spero che ti piaccia anche il terzo cappy, ciao e a presto! Un abbraccio, Nyssa

 

Shavanna: fiuuuu meno male, vivo nel terrore di riproporre la stessa storia, grazie al cielo non è così, qui Herm fa un po’ meno la santa, diciamo che, se nell’altro capitolo era Draco quello che mi somigliava, sempre alle prese con delle pressanti crisi di personalità, qui è lei che ho ispirato a me in larga parte, ma ci sarà modo di approfondire il personaggio nei prossimi capitoli, adesso credo che sia un po’ presto, anche se ho già fatto qualche accenno.

Mi auguro che ti piaccia anche il nuovo aggiornamento, aspetto di sapere… nel frattempo ti ringrazio per seguire così assiduamente le mie storie, ciao e un bacione! Nyssa

 

potterina_88: è bello ritrovare qualcuno dei vecchi lettori anche nelle nuove storie, sono molto felice e grazie per il bentornato!

Ti do ragione, Herm era già grande quando è arrivata a Hogwarts e si è dovuta scontrare con pregiudizi che l’hanno resa ancora più adulta… beh, chissà che questa non sia un’occasione per vivere un po’ di quell’adolescenza che le è stata negata *//*

Mi fa piacere sapere che la storia è originale, come ho già detto, vivo nell’ansia di riproporre qualcosa che avevo già messo nell’altra, essendo stata la prima, vi ho esaurito in parte la mia fantasia creativa, ma mi sono resa conto di poter sfornare ancora qualcosa sufficiente per ultimare questa (anche se ce ne vorrà….)

Aspetto di sapere cosa ne dici questo cappy, anche se è un po’ di passaggio, ciao e un bacio! Nyssa

   
 
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