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Autore: angelady    15/01/2008    8 recensioni
Sul treno diretto a Tokio, una ragazza dai lunghi capelli biondi guardava pensierosa dal finestrino... Il ritorno di Nana Osaki dopo la lunga assenza di sei anni, affronterà i fantasmi del suo passato.
Genere: Romantico, Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nana Komatsui, Nana Osaki, Nobuo Terashima, Ren Honjo, Shinichi Okazaki
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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ATTENZIONE: I personaggi di questo racconto sono dell’anime di Ai yazawa, “NANA”. I fatti del racconto sono esclusivamente inventati, tuttavia, annuncio che potrebbero riscontrarsi alcuni spoiler.

“Sembra passato solo un attimo dall’ultima volta che ti ho guardata,

sembra soltanto ieri che ti ho conosciuta…ti rivedo ancora in quel sorriso incerto e mesto, fissa ad osservare i miei occhi, mentre i tuoi pensieri si perdevano nella immaginazione di ogni istante che avresti voluto passare con me.

Si, so il tuo piccolo segreto, perché quella sera forse sono entrato anch’io nei tuoi sogni.

Come sempre mi accendo una sigaretta, e vago con lo sguardo in cerca di un posacenere, te lo immagini ancora; noi che fumiamo le stesse sigarette, non potevamo proprio stare lontani uno dall’altra, anche se passano gli anni noi siamo sempre insieme…non è vero?

Eppure, te ne sei andata, senza lasciarmi nemmeno il ricordo di una spiegazione, ma forse la tua sofferenza era la spiegazione. Sono stato così estraneo nel perderti? Vorrei voltarmi e trovarti ancora accovacciata al mio petto, sentire il tuo respiro sulla pelle, quel respiro di cui mi nutrivo, ora sento solo freddo, e ho paura che questa sensazione non se ne andrà mai, mi sento un fiore senza petali, e tu l’acqua che mi tiene in vita…stiamo morendo insieme Nana, come avevamo promesso…o forse sono rimasto da solo.”

Sul treno diretto a Tokyo una ragazza dai lunghi capelli biondi guardava pensierosa dal finestrino, tra le dita teneva una sigaretta. L’odore del fumo le penetrava tra le narici, chiudendo gli occhi ne assaporò l’essenza che sapeva di ricordi. Si stirò stancamente le chiome all’indietro, sistemandosi sulla poltrona per stare più comoda, mentre un uomo le chiedeva se poteva sederle accanto, la ragazza gli fece un cenno si assenso, ma senza voltare il volto.

-Scusi, posso spostare i suoi bagagli qui sopra?-

Imperterrita, come senza vita guardava fuori da quel finestrino, come se stesse aspettando qualcosa, l’uomo le rifece la domanda, quasi imbarazzato. La donna si girò confusa verso di lui, scrutandolo nei minimi particolari, si chiese quando fosse arrivato e da quanto le stesse parlando.

-Come dice?-

-Se posso mettere i suoi bagagli sul posto bagagli-

-Oh-

-Poi l’aiuto io a ritirali giù quando siamo arrivati…-

-Non ce ne bisogno, grazie-

-Come vuole-

L’uomo sistemò i bagagli e poi prese comodamente posto accanto alla ragazza; era un uomo semplice, sulla quarantina, in giacca e cravatta, con il giornale a portata di mano e gli occhiali per leggere.

La ragazza si sfilò dal pacchetto un’altra sigaretta, l’uomo la scrutava affascinato, è una ragazza carina, pensava mentre si soffermava a guardare il suo vestito bianco sotto una giacca pesante, la cosa che lo colpì di più furono le sue dita che dolcemente trattenevano la sigaretta.

-Ne vuole una?-

-No grazie, non fumo-

-Beato lei, io non sono mai riuscita a togliermelo questo vizio-

-E’ così giovane…può ancora smettere-

-Hm-

-Beh…ma quasi quasi le faccio compagnia, sarà un viaggio lungo fino a Tokyo-

La donna sorrise e gli porse il pacchetto.

-Comunque molto piacere, Kito Yasawa-

-Nana-

Il viaggio terminò prima del previsto, una volta arrivati alla stazione la ragazza lo salutò. Ora se ne stava seduta su una panchina con il suo bagaglio ai piedi, si guardava in giro annoiata, mentre si sfilava dal pacchetto un’altra sigaretta.

Era difficile guardarsi attorno, affrontare il proprio passato…gli era così mancato tutto quello, il suo mondo, i suoi amici. Ma a volte bisogna lasciare ciò che ti è più caro per non rovinarlo, e lei, era sprofondata in un baratro troppo scuro e profondo per rimanere a guardare rovinare tutto, così aveva deciso di seguire l’istinto, una decisione avventata che la portò lontano da tutto.

“Se chiudo gli occhi e resto da sola con me stessa sento ancora che questa città mi fa star male, e allora vorrei scappar via. Mi chiedo che cosa faccio qui se non sono ancora pronta a rivivere il passato!”

Trascinava con fatica la enorme valigia marrone, vecchia e consumata, come se avesse sempre viaggiato, e si chiedeva se fosse ancora in tempo a indietreggiare sui suoi passi, in fondo avrebbe fatto meglio a rimanere dov’era, lo sentiva dentro di se ogni passo che faceva, quella voce nella sua testa le imponeva di tornare indietro.

E se per una volta avesse fatto il contrario di ciò che le pareva giusto, forse avrebbe ottenuto dei risultati, si, sarebbe rimasta e avrebbe affrontato il passato, dopo di che, poteva anche morire.

Era talmente immersa fra i suoi pensieri che non si accorse di essere arrivata vicino alla casa di un uomo che una volta, era stato un grande amico, il destino, pensò, alzando gli occhi notò che le griglie della tapparella erano socchiuse; dalla finestra si poteva vedere sulla strada. Si sfilò l’ennesima sigaretta, e sorrise tristemente a quel pensiero, se Yasu l’avesse vista da quella finestra sicuramente non l’avrebbe riconosciuta…o peggio, avrebbe fatto finta di niente.

Come faceva male, pensare che un tempo per ogni problema, per ogni lacrima repressa avrebbe potuto suonare il suo campanello e sfogare tutto tra le sue braccia, e ora che sentiva il bisogno di piangere, era sola.

Improvvisamente un auto le sfrecciò affianco, mancandola per poco, Nana si strinse tra se chiudendo gli occhi, pregando che in quel momento la vettura tornasse indietro e la investisse, poi si rannicchiò a terra, stringendosi la testa con le mani, mille immagini, ricordi, scorrevano davanti a lei. Se ne era andata per non essere abbandonata, per evitare di piangere e di soffrire, per stare bene, eppure ora era abbandonata a se stessa, era sola, e questa realtà faceva più male del passato.

-Eih, ragazzina! Tutto ok?-

Non alzò il volto per guardare chi fosse l’uomo che le teneva strette le mani, forse non l’aveva nemmeno sentito. Il suo corpo tremava dai singhiozzi che non riusciva a frenare, le sue mani erano sudate…ne sarebbe valsa la pena di soffrire così tanto tempo fa, invece di scappare? Forse oggi sarebbero diverse tante cose, la voce dell’uomo la richiamò, Nana alzò lo sguardo sorpresa.

********

Negli ultimi anni la vita di Ren Honjo si era divisa tra la perdita della donna che amava e le riunioni per tossici dipendenti. Era sveglio già da un po’, non dormiva mai molto da tempo; dormire lo faceva pensare troppo, e quando pensava a lei non aveva più motivi di esistere, non se non poteva stringerla a se, e sentirla cantare ancora una volta, per lui, questo accadeva ogni volta che chiudeva gli occhi.

Stava davanti alla vetrata del soggiorno con una tazza di caffè in mano, non aveva cessato un solo istante di fissare la pioggia cadere, il caffè era ormai freddo nella tazza. Il suo sguardo era in trance, niente coglieva la sua attenzione, solo la leggera figura della pioggia che sfilava sotto i suoi occhi, si strinse scosso da un improvviso brivido, faceva freddo quella mattina, si allontanò dalla vetrata trascinandosi sul divano, si accese una sigaretta e chiuse gli occhi, ascoltando il respiro del suo corpo, era come galleggiare sulle onde del mare.

L’improvviso suonare del campanello lo distolse dall’atonia dei suoi pensieri, riportandolo alla realtà. Si alzò stancamente, scarnendo la cenere della sigaretta che era caduta sui jeans, e andò ad aprire, non era importante chi fosse, non gli importava, sapeva che non sarebbe mai potuto essere lei.

-Che vuoi a quest’ora Take-chan?-

-Sono le 11 Ren, non ricordi che avevamo un appuntamento?-

-Oh, si, è vero…entra-

-Tutto bene?-

Teneva lo sguardo fisso al di fuori della porta, come per sperare che da un momento all’altro potesse spuntare dopo cinque anni la donna che non riusciva a dimenticare.

-Ren?-

-Si tutto come al solito-

-Bene, allora andiamo a vedere per quel lavoro?-

-Oggi non sono dell’umore, magari domani…-

-Ma che dici? Per trovarti quel lavoro ho dovuto sudare sette camice…è un mese che te ne parlo. Si può sapere che ti prende?-

-Non mi va di uscire…-

-Non ti va mai di fare niente. Resti disoccupato a vita?-

-Prima o poi troverò un lavoro…-

-Ren, finiscila con questa storia, rimettiti in sesto-

-In sesto? Che ho che non va?-

-Me lo chiedi pure? Ma…guardati attorno, la tua casa è peggio di una discarica, non mangi, dormi poco, sei senza lavoro da più di due mesi…ti sembra il modo di vivere?-

-Non è colpa mia se la fabbrica dove lavoravo ha chiuso i battenti…-

-Ma sono passati quasi tre mesi, e non ti sei preoccupato di cercarne un altro, con cosa speri di campare?-

-I soldi non mi mancano…-

-Certo, finchè si tratta di andare a donne…-

Si prese una birra fresca dal frigo, poi ne prese un'altra e la offrì all’amico che si stava accomodando sul divano.

-Ok, andiamo a vedere per quel lavoro…-

-Si…-

-Che, hai sentito Takumi ultimamente?-

-No, è un pezzo che non lo vedo, penso che sia dalla sorella, lo sai che sta divorziando?-

-Sono solo separati-

-Mi ha detto che Nana ha chiesto il divorzio, almeno, qualche tempo fa mi aveva detto così-

-E la bambina?-

-Solitamente la affidano alla madre…quindi non saprei-

Ren abbassò lo sguardo pensando al sorriso di Takumi quando teneva fra le braccia la sua bambina.

Bevve un altro sorso di birra dalla lattina, rimurginando su quel pensiero.

Ripensò a tutte le volte in cui avrebbe desiderato anche lui avere un figlio da amare e crescere, chissà se sarebbe stato un buon padre, avrebbe sorriso anche lui nel tenere in braccio un figlio suo, sarebbe stato felice. Gli era sempre mancata una famiglia, e l’idea che il matrimonio di Takumi stava finendo lo feriva.

“Il tuo sorriso ancora mi colpisce, al solo pensiero. Se avessi saputo che te ne saresti andata avrei fatto di tutto a finchè diventassimo una famiglia, con un figlio nostro…che pensiero egoista.”

Teke-chan appoggiò la lattina vuota sul tavolino di vetro che stava davanti al divano e si diresse verso la porta, Ren lo seguiva con la coda dell’occhio, mentre continuava a sorseggiare la sua birra.

-Allora andiamo?-

Ren lo fissò un istante, poi sorridendogli prese la giacca di pelle e lo raggiunse sulla porta, sfilando dalla tasca dei jeans il pacchetto di sigarette vuoto lo accartocciò e lo gettò a vuoto nella stanza.

-Andiamo andiamo…-

“Si, era un pensiero egoista e capriccioso,pensare di tenerti legata a me con un figlio che non volevi, e sicuramente mi avresti odiato per questo, ma almeno ti avrei avuta ancora accanto a me…”

  
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