Fanfic su attori > Robert Pattinson
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Autore: Starsshine    01/07/2013    1 recensioni
Sarah e Robert. Lei psicologa, lui attore. Si incontrano, o meglio lui va da lei. Lui ha bisogno di lei, come lei di lui. Sullo sfondo una meravigliosa città: Londra.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piacere a tutti, a quelli belli e a quelli brutti (senza offesa), questa è la mia nuova ff ed io sono una pseudo - autrice che fa girare i propri neuroni immaginando storie impossibili, ma, è questo quello che ci piace e che mi piace.

Sono Federica e come in ogni storia che inizia posso dire: buona lettura!

Ps: non ho diritti su questa storia e non scrivo a scopo di lucro.

Ps 2: Ringrazio Asia, la prima persona che ha commentato e tutti quelli/e che continuano a leggere. Spero che vi possa piacere anche questo nuovo capitolo.

Baci e al prossimo capitolo!

Federica.

 

 

Aprii lentamente gli occhi.

Il sole mi colpì in pieno viso.

Chiusi gli occhi in risposta alla reazione.

Mi raggomitolai dentro le coperte, presi il cuscino e lo misi sopra la testa.

“Non voglio alzarmi” mugugnai.

Allungai la mano verso il comodino, quando toccai il mio iPhone, lo presi in mano, feci una piccola pressione sul tasto “Home”. Lo schermo si illumino, dandomi ulteriore fastidio alla vista.

Ore 7.30.

“Oh mamma mia. Sono in ritardo”

Mi alzai di scatto, dandomi una veloce guardata allo specchio. I capelli erano diventati una massa unica di riccioli che sprizzavano in giro per loro conto, il viso era leggermente pallido e delle strane rughe d'espressione erano presenti sulla mia fronte....

“Venti quattro anni e incominci ad avere le rughe d'espressione? Bene....”

Mi soffermai ancora una volta sui miei capelli: “Non volete collaborare? Bene, allora vi lascio così per tutta la giornata, a costo di sembrare una pazza appena uscita da qualche manicomio”.

Mangiai di corsa un Plum Cake, mentre la BBC trasmetteva le ultime notizie. Versai del caffè, quando alcune gocce scivolarono sulla mia mano.

“Ah! Scotta!”

Corsi verso il lavabo della cucina, dove feci scendere un getto d'acqua che riportò la mia mano allo stato normale.

Buttai uno sguardo verso l'orologio: 7:50.

“Devo andare”

Mi fiondai in macchina. Accesi la radio:

“Il bel Robert Pattz vende casa a Los Angeles dove aveva vissuto per due anni con la sua amata Bella, Kristen Stewart. Dove sarà diretto il giovane vampiro di Twilight?”

Lasciai scorrere la voce del giovane deejay senza farci caso, canticchiando “Can't Say No” di Conor Maynard.

“Il ragazzo farà strada.” dissi tra me e me.

 

“In ritardo Cooper?”

Mi voltai verso la persona che aveva pronunciato quelle semplici tre parole, che mi fecero pensare solo a lei...

“Eveline, che piacere. Sì, sono in ritardo.”

“Come mai?”

“Ti interessa?” domandai guardandola negli occhi, dando alla voce una leggera inclinazione da persona infastidita da quella domanda.

“Chiedevo”.

“Comunque, ho fatto tardi perché sono uscita ieri sera e sono tornata alle due” le risposi sfilandomi la sciarpa il e cappello.

Girai i tacchi e andai a passi lenti verso il mio ufficio, sapendo che la giornata di oggi sarebbe stata molto piena.

Camminai tranquillamente quando voltai lo sguardo verso la lunga fila di persone parlanti che avrei dovuto affrontare in giornata, quando il mio sguardo si poso su Mr. R.

Entrai nel mio ufficio e richiusi la porta dietro le mie spalle.

Presi il foglio degli appuntamenti, che come ogni mattina Annie mi aveva stampato e aveva lasciato sulla mia scrivania, mi alzai dalla sedia e camminai a passi lunghi verso la porta.

Afferrai il pomello laccato oro, lo spostai verso destra lasciando che il meccanismo interno fece il resto. Schiarii la voce e preparai uno dei miei sorrisi migliori.

“Buongiorno a tutti! Oggi iniziamo con...” lasciai scorrere gli occhi lungo il foglio, leggendo la prima riga: 8.30 Mr. R.

“Mr. R., oggi tocca a lei”.

Il ragazzo si alzò, camminando lentamente verso l' ufficio.

Entrò e si sedette sulla poltrona di pelle nera.

“Fatto tardi?”

“Sì. Ieri sera sono uscito con un amico e sono tornato tardi”, rispose schiarendosi la voce con un colpo di tosse.

“Come si chiama il suo amico?” domandai, mentre prendevo carta e penna.

“Si chiama Tom, abbiamo la stessa età.”

Notai che si era rilassato, le gambe si erano distese e le mani erano appoggiate sul bordo della scrivania.

Evidentemente parlare di Tom lo faceva sentire a suo agio.

“Quanti anni ha?”

“Venti sei”.

“Immagino che siate cresciuti insieme”.

“Come fai a saperlo?”

“Non sei tu quello che fai le domande”.

“Invece ,tu non mi hai risposto”.

“Sei tu quello che mi deve rispondere, non io.”

Lo zittii.

Respirò profondamente.

“Se rispondessi alla tua domanda invitandoti a cena”.

“A cena?”

“Sì, a cena.”

“Sono la tua psicologa”.

“Ed io il tuo paziente”.

Mi passai una mano tra i capelli.

Rimasi in silenzio.

“C'è scritto da qualche parte che un paziente non può invitare a cena la propria dottoressa?”

Respirai profondamente.

“Credo di no.”

“Bene. Allora da me stasera, alle otto” disse alzandosi dalla poltrona.

“Dove abiti?” domandai, imbarazzata, mentre mi sistemavo il camice.

“Cavary Streets, numero 1256”

“A stasera”.

“A stasera”.

Richiuse piano la porta dietro di sé.

Mi lasciai cadere sulla poltrona.

“Oh mamma, sono appena stata invitata ad uscire con un ragazzo, mio paziente, ed io sono il suo medico..... Oh mamma, sembra di stare dentro un episodio di Grey's Anatomy” pensai.

 

 

   
 
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