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Autore: C h a r l o t    02/07/2013    1 recensioni
Un ambizioso e forse pretenzioso tentativo di scrivere Ragazzo Da Parete dalla prospettiva di Patrick.
So che non ci riuscirò, ma spero potrete apprezzarla comunque!
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Patrick, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler!
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«Oggi fa un caldo tremendo, Patrick, non portarti dietro la giacca!» mi dice Lily, la mamma di Sam.
Effettivamente oggi c’è un bel sole splendente e il cielo è terso.
Dopo aver salutato i nostri genitori saltiamo sul pickup di Sam, non è neppure uscita dal vialetto che esordisce con un: «Beh, com’è che sei così sorridente questa mattina?» mentre lo dice fa una faccia buffa, a metà tra il malizioso e il divertito.
La guardo e solo allora mi accorgo che è vero, non ho fatto altro che sorridere da quando sono uscito dal quel bagno, ieri sera.
È stato così bello rivederlo dopo quasi una settimana di sguardi fugaci, mi mancavano le sue labbra, e il suo profumo.
Non ho bisogno di rispondere alla domanda di mia sorella, sa perfettamente il motivo del mio incessante sorriso, ed è felice per me.
Arriviamo a scuola giusto in tempo, la campanella suona non appena chiudiamo a chiave la macchina.ù
Una volta entrato, la realtà mi ripiomba addosso: io sono Niente, uno che dopo aver scoperto la musica “giusta” è stato declassato dalla scala gerarchica scolastica e che è innamorato del quarterback, ma lui non può neanche guardarmi quando siamo rinchiusi in queste quattro dannatissime mura.
Perché la società non capisce, perché la società è limitata.
Ci incontriamo per i corridoi mentre ci dirigiamo ognuno nelle proprie aule, lui non mi guarda nemmeno, ci sono i suoi due amici o, come amo definirli io, le sue “scimmie ammaestrate”.
Percepisco come una fitta al cuore, quanto odio il fatto di non poterci salutare, di non poterci nemmeno guardare.
Arrivo nell’aula della signorina Johnson e mi siedo.
Non presto molta attenzione alle sue spiegazioni su William Shakespeare, perché sono troppo occupato a guardare fuori dalla finestra, sperando di vederlo passare mentre si allena.
Curiosa come cosa, dal momento che il campo da football è dall’altra parte della scuola.
Mi ritrovo senza neanche accorgermene, a disegnare numerose “B” sul foglio che tecnicamente avrebbe dovuto ospitare i miei appunti di letteratura inglese, ma sono così soprappensiero che non riuscirei neanche a dire come mi chiamo.
«Bene, adesso per esempio il signor Patrick potrebbe riassumerci ciò che abbiamo detto fino ad ora» mi risveglio dalla mia trance e mi accorgo che la professoressa è esattamente di fianco a me e sta osservando il mio quaderno, su cui c’è scritto tutto meno che la lezione su Shakespeare.
Con gli occhi persi nel vuoto non cerco nemmeno di risponderle: «Continua così, mio caro, e quella lettera sarà l’unico voto che ti darò per il resto di quest’anno, e non ti conviene visto che sei all’ultimo» dice questa frase con un tono gelido, e non ha nemmeno tutti i torti, infondo.
Solitamente le risponderei in modo del tutto sarcastico, da persona apparentemente incurante del mondo quale sono, ma oggi no. Oggi sono triste, come se per la prima volta avessi realizzato che in questo mondo non c’è spazio per l’amore tra me e Brad.
La lezione finisce e decido che per la prossima ora me ne starò sugli spalti del campo da football, a fumare un po’.
Non ho nessuna intenzione di andare da quello psicopatico di matematica, proprio per niente.
Aspiro nervosamente il fumo che invade i miei polmoni, era quello che ci voleva.
Noto che vicino a me ci sono fin troppi mozziconi di sigaretta, sarebbe il caso di smettere, sto fumando troppo in questo periodo.
Non potevo uscire un’ora prima? Se fossi uscito invece di perdere tempo con Shakespeare, avrei potuto vederlo allenarsi, proprio qui, davanti a me.
Il sole picchia forte sugli spalti senza nessuna copertura, e il mio abbigliamento scuro non aiuta. Credo di essermi scottato le spalle.
Decido quindi di tornare dentro la scuola, in tempo per il pranzo.
Riempio il mio vassoio con un paio di fette di pizza e una lattina di Cola e raggiungo il nostro tavolo.
Mary Elisabeth sta graffettando insieme le pagine del Punk Rocky, il suo fanzine.
«Ehi, si può sapere dove sei finito nell’ora di matematica? Ho dovuto coprirti. Mi devi un favore» mi risponde lei in tono scontroso, io le sorrido e non me la prendo molto per il suo modo di fare, ci sono abituato e se non fosse così, non sarebbe la nostra Mary Elisabeth.
Sam invece capisce che c’è qualcosa che non va, lei capisce sempre tutto. Mi guarda e mi appoggia una mano sulla spalla, il suo sguardo è dolce e comprensivo, so che a lei posso dire tutto, così decido che una volta arrivati a casa le racconterò per filo e per segno tutte le mie ultime sensazioni.
Sto per addentare una fetta di pizza quando vedo arrivare i Devils, nonché la nostra squadra di football.
Osservo tutti i miei compagni che, alla loro entrata, li acclamano come se avessero riportato la pace nel mondo, trovo che sia leggermente esagerato dal momento che si sono solo allenati per un’amichevole che ci sarà tra qualche giorno.
Il mio sguardo si fissa sul quarterback, perché spero vivamente che mi guardi anche lui, come quella sera al Big Boy.
Ho bisogno dei suoi occhi per tranquillizzarmi e farmi capire che è tutto ok, che anche se non possiamo mostrarci al mondo per come siamo, andrà tutto bene.
Ho bisogno di un bacio, lungo o corto che sia, di una carezza.
Ho bisogno di sentirmi chiamare “Niente” da lui. Perché odierò anche questo soprannome che ormai ho dalle medie ma, quando lo dice lui, lo amo.
Perché lui pronuncia quella parola con una dolcezza spropositata, so che non lo dice per offendermi, è un gioco tra noi due.
In sostanza: adoro quando mi chiama Niente, ma è concesso solo a lui, neanche mia sorella può farlo.
Mi passa di fianco ed è allora che decido che o la va o la spacca, devo almeno provarci: «Ciao Brad» la mia voce sembra quasi amplificata.
Davvero Niente ha osato rivolgere la parola a Brad Heys, il ragazzo più in vista della scuola? I miei occhi incrociano i suoi, che subito cambiano direzione in preda ad una specie di attacco d’ansia.
L’attimo che è intercorso dal mio saluto alla reazione generale mi è parso infinito, come se il tempo si fosse fermato e tutti gli occhi fossero puntati su di me.
La mia speranza che Brad ricambiasse viene immediatamente frantumata dalla fragorosa risata dei suoi compagni di squadra: «Cos’è Brad, ti sei fatto il moroso? Fai strage di cuori da entrambe le parti!» poi, pensando che non fosse abbastanza, si sono rivolti a me: «Ehi Niente, non ti è ancora passata la cotta per Heys? Inizi a diventare petulante» si danno leggere gomitate a vicenda, per farsi forza e per sottolineare l’argutezza della battuta.
A questo punto sono così giù di morale e imbarazzato, che non riesco a immaginare come la situazione potrebbe andare peggio, non può.
E invece…
Non so esattamente come io abbia fatto a trattenere le lacrime, dopo aver visto il mio ragazzo ridacchiare alla squallida battuta fatta da uno dei più stupidi e decerebrati individui nella scuola.
È allora che ho distolto lo sguardo, sapendo che non sarei riuscito a resistere ancora. Finalmente quegli energumeni se ne vanno ed io esordisco con un: «Io me ne vado, ci vediamo dopo» mi alzo dal tavolo senza aver toccato cibo.
La giornata finisce ed io posso tornarmene a casa, non voglio parlare con nessuno, eccetto forse Sam.
Sto per avviarmi al parcheggio quando sento due ragazzi che parlano tra di loro: «Hai sentito di quel tipo strano? Ha picchiato Sean fuori dalla palestra!»
«Sì, pazzesco! Ho sentito dire che sembrava un tipo tranquillo e invece gli ha fatto davvero male»
«Infatti, mi hanno detto che è al primo anno, frequenta la stessa classe di Niente, hai presente?»
Faccio finta di non sentire il nome che hanno usato per definirmi, se fosse stata una giornata migliore avrei fatto pagare loro la loro abbondanza di “originalità”.
Mentre scendo gli ultimi gradini della scalinata penso a chi abbia potuto fare una cosa simile, e l’unica persona che mi viene in mente è quello strano ragazzino che mi fissava a laboratorio.
Non sembra aggressivo ed è al primo anno. Non che mi importi, sto solo cercando un modo per distrarmi.
Arrivo al pickup e salgo in macchina aspettando mia sorella, sto per accendere la radio quando sento un bisbiglio: «Ehi, Patrick» mi giro e vedo Brad appoggiato con la schiena al veicolo che guarda davanti a sé.
«Cosa c’è?» non vorrei essere così scontroso, ma un po’ ce l’ho con lui.
«Scusa per prima, non volevo ferirti» sento nella sua voce tutta la sincerità possibile, non posso fare a meno di perdonarlo.
«No, tranquillo. Forse sono stato io ad esagerare»
«Non è colpa tua, è colpa mia e di tutto il resto del mondo. Senti, ci vediamo stasera?» mi si illumina il viso quando gli sento porre questa domanda.
«Certo, solito posto?»
«Solito posto, Niente»
«Allora a dopo, quarterback».
Assurdo come una sola frase possa cambiare una giornata, uno dei numerosi effetti dell’amore, presumo.


IMPORTANTE: questa storia è sì frutto della mia fantasia, ma non sarei mai e poi mai riuscita ad andare avanti se non fosse stato per Chiara, una mia compagna di classe che mi ha dato idee geniali per continuare. Quindi un po' di merito va anche a lei.

Oh, e grazie mille per le recensioni e per le visualizzazioni! :3

  
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