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Autore: firelight_96    02/07/2013    1 recensioni
Flavia ha 17 anni ed è una liceale. Nutre una profonda passione, quella per la danza. La sua è una vita semplice, normale e soprattutto monotona.
Uno dei suoi talloni d'Achille è la timidezza che la condiziona in tutto ciò che fa e la spinge a considerare se stessa un inetto. Avrebbe gettato la spugna se solo non avesse incontrato...
Riuscirà a superare questo problema? E soprattutto: chi sarà il pennello che l'aiuterà a dipingere la tela della sua vita?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Capitolo 4         


 

                                    RIGOROSAMENTE VERDE











 
Ero stesa sul letto, col telecomando nella mano destra e il diario in quella sinistra.
Cambiavo canale come un ebete alla ricerca di qualcosa d’interessante da guardare e solo mezz’ora più tardi, dopo aver spulciato tra i cinquecento canali e il dito iniziò a farmi male , mi decisi a pigiare quel pulsante rosso in alto a sinistra.
Nel frattempo il diario mi cadde dalla mano e non mi sforzai minimamente di andare a raccoglierlo e soprattutto di aprirlo. Confesso, avevo paura del contenuto. Non volevo proprio starmene lì a studiare.
Alla fine presi coraggio e aprii quella dannata agenda che, più che un  oggetto nel quale riportare i compiti da fare per casa, pareva un vocabolario tanti erano gli esercizi che ci rifilavano ogni giorno.
Sgranai gli occhi quando vidi , sotto il venerdì, non che il giorno successivo, la scritta ( rigorosamente in caratteri cubitali) ‘ASSEMBLEA D’ ISTITUTO’ tradotto in lingua degli studenti : ozio per tutta la giornata.
L’assemblea d’ istituto era una benedizione che veniva concessa a noi studenti una volta al mese nel quale si dovrebbe parlare delle problematiche della scuola eccetera. Appunto, dovrebbe. Beh, almeno un punto a nostro favore.


-Flavia, anticipati i compiti per sabato!- gridò mia madre dall’ altra stanza. La raggiunsi, aprii il diario e la osservai seria, riabbassai lo sguardo e scoppiai a ridere.
Io? Anticiparmi i compiti? Quella si che era una bella battuta.
Certo, a scuola me la cavavo ma , ogni volta che si poteva evitare di fare versioni di greco e la stechiometria di chimica, lo facevo con piacere.
Insomma, non ero una di quelle persone che si anticipavano i compiti, ecco.
Decisi così di spassarmela al massimo.
Quando mi sarebbe capitato un altro giorno come quelli? Chissà, sicuramente il mese prossimo, in occasione dell’assemblea successiva.
Optai dunque nell’accendere il pc e connettermi su face book. Ero più che sicura che avrei passato l’intero pomeriggio incollata a quello schermo. No, vabbè, l’intero pomeriggio no, sarei dovuta andare a fare le prove.
Ci sarebbe stato anche Alessandro.
 

Alessandro.
 
Quel pomeriggio ci saremmo dovuti incontrare per provare, l’ultima volta prima della performance davanti ad Antonio e agli altri, l’operato di un intera settimana di lavoro.
Quella era stata una settimana pesante, anzi pesantissima.
Perché Antonio ci aveva assegnato quel compito? Voleva rovinarmi la vita? Ci era riuscito alla grande.
Non c’erano stati momenti in cui io e quel Caprone del mio compagno non avevamo  litigato.
C’erano momenti in cui volevo strangolarlo.


Bugia.

Tutto bugia, tranne sul fatto che a volte vorrei strangolarlo,sia chiaro.
La settimana era passata così in fretta che non ero ancora riuscita a imprimermi nella mente ‘Io, Caprone, amici.’
I pomeriggi trascorsi con quell’ essere erano stati belli. Ci eravamo divertiti tanto, avevamo lavorato sodo e ( mi duole ammetterlo) era stato un ottimo compagno.
Avevamo addirittura preso in giro Sara. La imitava talmente bene che il giorno precedente gliela feci ripetere per ben dieci volte.
 

Pensavo a questo mentre mi connettevo sul social network più in voga dell’ intera specie umana.
Venni richiamata sul pianeta Terra da un rumore fin troppo conosciuto. Mi avevano contattata.
Curiosa di sapere chi mi stesse cercando, mossi lo sguardo in basso a destra dove si era aperta una piccola finestra: Giorgia.
 

Giorgia era una mia compagna di scuola. Le volevo bene, sì, ma era strana ed era talmente secchiona che dire che studiasse tutti i libri a memoria è un eufemismo.
 
‘Bianchi, già finito di studiare? Sei veloce!’ Mi chiamava sempre per cognome quando voleva prendermi in giro.
 
‘Certo Esposito. Perché tu no?’
 
‘Ma come, dici davvero? Io devo ancora anticiparmi i compiti per lunedì’.  Ecco, avete presente quando ho detto che non ero il tipo che si anticipava i compiti? Giorgia era il mio esatto opposto.
 
‘Giorgia ma che scherzi? Credevo mi conoscessi abbastanza da capire che ti stavo prendendo in giro!’
 
‘In effetti mi sembrava un po’ strano’.
 
Questo fu solo l’inizio di una lunga conversazione. Mi divertivo da matti a prenderla in giro e le inviavo così le foto di ragazzi (poveretti non è colpa loro se sono nati così) brutti e ridevo dietro lo schermo immaginando la sua espressione ogni qual volta apriva i link.
Era davvero strana.
La pelle bianca, come il latte.
Sembra uscita da una di quelle puntate in bianco e nero de ‘La famiglia Adams’. Se avessero fatto i casting, l’avrebbero presa senza la necessità di partecipare ai provini. Sembra nata per far quello.
Non si vestiva proprio maluccio ma inseriva sempre qualcosa nel suo outfit che rovinava tutto ed era un pugno nell’ occhio come uno di quei bracciali strani che usa di solito oppure quella cinta che non userebbe neanche uno di quei casi disperati che vanno da Enzo e Carla in ‘Ma come ti vesti?’.
L’indumento che mi fece rimanere di stucco , però, fu un cappotto , un cappotto rigorosamente nero che arrivava a metà gamba con vari ghirigori strani, a mo’ di mago. Gliel’ avevo visto indosso solo una volta, a Natale. Credo lo usasse solo nelle occasioni importanti.
Iniziai a credere che frequentasse una scuola di magia, di nascosto. Aveva un fiuto per certe cose, un fiuto che solo coloro che praticano la magia possono avere.
Inquietante è l’aggettivo giusto per definirla.
 
Come avevo immaginato, avevo passato quasi due ore al pc e ringraziai mentalmente Giorgia per essere quel tipo che proprio non si può non prendere in giro.
 

‘Prego.’
 
Ci rimasi secca.
Prego? Era come se mi avesse letto nel pensiero.
Inquietante.
Quella sembrava esser la prova di tutte le mie supposizioni riguardo alla scuola di magia.
Andai a rileggere la conversazione e notai, per fortuna, che quel ‘ prego’ era la risposta ad un qualcosa che le avevo chiesto prima.
Tirai un respiro di sollievo, spensi il computer e scossi la testa.
Ero diventata matta, altro che Giorgia!
 

 
Ero alla ‘Born to dance’ e girovagavo per l’intera sala con l’intento di trovare lo scotch. Ero arrivata un quarto d’ora prima, giusto perché non volevo sentire mia madre che continuava a ripetermi ‘Flavia, anticipa i compiti per sabato!’.
Antonio aveva lasciato una scatola sul tavolo, piena di foto. Essendo gli unici che facevamo le prove alla ‘Born to dance’ ( le altre coppie avevano trovato un posto tutto loro a disposizione), l’insegnante ci aveva chiesto di appendere le foto di noi tutti. Ce n’erano a bizzeffe. Erano circa cinquanta, se non di più. Nonostante le mie continue richieste ( proprio non volevo che fossero appese mie foto, non sono per niente fotogenica) non vollero sapere di darmela vinta e, sapendo di non poter competere contro tutti loro, decisi di acconsentire a testa bassa. Presi così una scala e dopo aver trovato quello che cercavo, salii su di essa e incominciai ad attaccare le foto lungo le pareti.
Ad un tratto sentii la porta aprirsi. Dopo qualche secondo una sensazione. Ancora quella sensazione strana. Uno sguardo nuovo che scrutava, uno sguardo caldo.
Non era la prima volta che avevo quella sensazione. Quando l’avevo sentita?
Ci pensai un po’ su, poi ricordai.
Venerdì.
Quel venerdì in cui ero più che nera.
Quel venerdì in cui Antonio ci aveva assegnato il famoso ‘compito’.
Quel venerdì  avevo creduto che fosse solo un sintomo dell’ ira.
Ma non era ira.
Quel giovedì ero più che serena.
Cos’era allora?
Forse Alessandro.
Lo immaginai entrare in quella sala. Alto, fisico d’atleta, perfetto.
Immaginai la sua mano possente spingere la maniglia. Immaginai il suo sorriso. Immaginai i suoi occhi color miele e i suoi capelli rigorosamente biondi.
Non sentendo alcun saluto (cosa alquanto strana) e nessun rumore, decisi di girarmi.
Avevo dimenticato un piccolo dettaglio. La scala.


Non appena feci per muovermi il piede andò storto e caddi. Chiusi gli occhi pensando all’esito di quella caduta. Rimasi con gli occhi chiusi per qualche nanosecondo, fin quando non sentii un tocco. Qualcuno mi aveva afferrato.
Qualcuno mi aveva salvata.
Quella strana sensazione era sempre più vicina ed il cuore iniziò a battere forte.
Aprii gli occhi e non immaginate la mia sorpresa quando mi persi in quella distesa di verde. Erano gli occhi più belli che io avessi mai visto. Restai li, con le sue braccia che circondavano il mio stretto girovita, per qualche minuto sospesa a mezz’aria. Sentivo il suo sguardo nel mio. Era lui. Quella fonte di calore.
Quel verde.
Saremmo restati così per un altro paio di minuti , chi lo sa, forse anche per ore, se solo qualcuno non ci avesse interrotto.

-Scimmia! Possibile che non posso lasciarti un attimo da sola che subito cerchi di rimorchiare mio cugino?-
‘Merda’ pensai. Vi avevo già detto che c’erano volte in cui volevo strangolarlo? Ecco, questa era una di quelle.
-T-Tuo cugino?-  chiesi.
-Sì, mio cugino. Lo so, lo so, sono più bello io.- disse con aria modesta. – ma come, ti butti nelle braccia di un ragazzo senza neanche presentarti? Certo che non ti credevo così gattamorta - continuò.
Feci per rispondere ma le parole mi morirono in gola. Proprio non riuscivo a reagire. Iniziai a temere di Giorgia: che non mi avesse lanciato un’ incantesimo per vendicarsi di averla presa in giro?
Ero diventata un ottima amica di E.T. e, ultimamente, andavo spesso a trovarlo. Quella volta, a riportarmi sul Pianeta Terra, fu il cugino che, sempre osservandomi negli occhi, mi porse la mano e accompagnato da un sorriso a trentadue denti, disse – Piacere, Francesco.-
Era estremamente bello.
Afferrai la sua mano e mi persi ancora una volta in quel verde.
Aveva una mano calda quanto il suo sguardo. Una presa forte. Doveva essere un ragazzo molto determinato e coraggioso.
-Flavia- risposi ricambiando il sorriso, cercando di sfornane uno dei migliori anche se, ne sono più che sicura, ne usci uno da ebete.
-Ahh e… Flavia, mio cugino è IMPEGNATO.- ci interruppe nuovamente Alessandro scandendo bene l’ultima parola.

 
Accendemmo lo stereo. Solo al pensiero di dover ballare sapendo della presenza di un Francesco che non passava certo inosservato, incominciai a sudare e fui tentata nel chiamare Giorgia e chiederle di farmi sparire. Purtroppo però era troppo tardi ed Alessandro afferrò il mio polso trascinandomi in centro pista.
Francesco nel frattempo si sedette sulla sedia dalla quale aveva la visuale di tutto l’edificio. Nonostante ciò estrasse dalla tasca dei pantaloni il telefono , l’ultimo modello dell’ iphone e a mezz’ aria incominciò ad armeggiarlo serio. Mi tranquillizzai, ero più serena ed avevo maggiore possibilità di non sbagliare la coreografia.

 
Dopo poco più di mezz’ ora finimmo e Alessandro s’ infilò negli spogliatoi per cambiarsi. Rimanemmo da soli. Feci finta di continuare ad attaccare foto anche se sapevo che da lì a poco avrei fatto qualche figura di merda. Sentii dei passi avvicinarsi sempre più e soffermandosi al mio fianco incominciò a vedere le foto che avevo appeso, interessato. Vidi il suo sguardo posarsi su una foto e gli si dipinse sulle labbra un sorriso che riuscì a gestire molto bene. Seguii la traiettoria dei suoi occhi e per poco non scoppiai dalla vergogna quando mi accorsi che, la foto che stava da un po’ osservando, ritraeva me , Antonella e Lorenzo in una posa strana.
Ero imbarazzata e quel silenzio non faceva altro che alimentare il tutto.
-Non ti sei ancora rassegnata , eh?- disse rompendo il silenzio e continuando ad osservare le foto.
-N-no- risposi sorridendo rossa come un peperone. Capacità di nascondere le proprie emozioni? Zero. Ottimo Flavia.
Per la prima volta in quella nostra ‘lunga’ conversazione, staccò gli occhi dalla parete e li puntò su di me. Ricambiai lo sguardo e continuò dicendo – Avresti dovuto vederti, sembravi un sacco di patate!- scoppiamo a ridere entrambi.
Che denti, perfetti. Che sorriso. Era perfetto.

 
Sentimmo la porta dello spogliatoio chiudersi e prima che Alessandro potesse raggiungerci , Francesco si piegò un po’ ( era ad occhio e croce più del metro e ottanta. Quasi venti centimetri di differenza) e con l’indice toccò l’ estremità del mio naso e disse quasi con una punta di preoccupazione nella sua voce – Mi raccomando, attenta.-
Detto questo mi salutò con un cenno della mano e sparì assieme a quel Caprone del cugino.
Lo osservai allontanarsi fotografando la sua immagine nella mia mente.
Quanto mi piacevano i suoi capelli neri. Okay, dovete sapere che ho un debole per i capelli maschili. Non tutti, sia chiaro.

 
Tornai a casa più che stordita.
La testa non faceva altro che rimbombarmi.
Quel verde. Porca miseria quel verde.
Tutta quell’ immagine si smontava non appena mi tornava in mente un piccolo particolare, per niente superfluo.
‘IMPEGNATO’.
Tutti si stavano prendendo gioco di me quella sera, persino Madre Natura.
Appena varcai il cancello di casa intravidi quella macchina che tanto odiavo, la panda : verde.
Varcai la soglia e trovai per cena l’insalata: verde.

 
-Hai capito Flavia?-
Accennai un sì con la testa.
-E cosa ho detto?- si precipitò nel chiedere mia sorella, poco convinta che l’avessi ascoltata.
-uhm?-
-Ecco, lo sapevo, non hai ascoltato neanche una parola di quello che ho detto!-

 
Mi connessi su face book e vidi che una mia compagna di classe mi aveva inviato la foto del suo nuovo acquisto. Una maglia. Verde.
Mi infilai le cuffie. La musica che mi aveva fatto sempre da sedativo, sarebbe riuscita a calmarmi anche quella volta. Almeno così credevo.
Ascoltai ‘paint it black’ sperando che anche i miei pensieri si dipingessero di nero ma i Rolling Stones fecero da culla a quel verde insistente.
Basta, non c’era niente da fare.

 
 
-Sto male.- dissi
-Tesoro cos’ hai?- chiese Antonella preoccupata dall’altra parte della cornetta.
-Ho le allucinazioni-
- E cosa vedi?-

-Verde.-
 
 









 
Angolo autrice:
 
Ciao ragazze, come va?
Eccomi qui con la continuazione. Spero di non avervi fatto aspettare molto. Come leggerete, se lo farete, ci sarà un colpo di scena. Cosa ne pensate?
E cosa ne pensate di Giorgia? Strana ,eh?
Spero vi sia piaciuto.
Vorrei ringraziare tutti quelli che mi seguono, che mi sostengono e che recensiscono.
Un bacione, alla prossima :D

 
 
 
 
  
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