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Autore: fanny_rimes    02/07/2013    4 recensioni
In paese girava voce che a Roxbury si fosse fermato il Demonio. Tra i bambini, ma anche tra i più grandi, si era diffusa una macabra filastrocca che oramai tutti conoscevano a memoria:
Quando ti abbraccia, il tuo cuore si tramuta in pietra
Arriva di notte quando sei tutto solo
E quando sussurra, il tuo sangue si fa gelido
Farai meglio a nasconderti prima che ti trovi.
Il mio primissimo tentativo di scrivere una sorta di sovrannaturale/horror.
Spero vi piaccia almeno un po' ^^
[Prima classificata al secondo turno del concorso a turni: "Survival Contest" indetto da fa92]
[SECONDA classificata al "Preraffaelliti Contest", indetto da Carmilla Lilith]
Genere: Dark, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Quando i primi fuochi d’artificio scoppiarono nel cielo stellato, Elisabeth aveva appena raggiunto i suoi compagni di classe accanto al falò scoppiettante.
«Credevo che tuo padre non ti lasciasse venire!» esclamò Rob scolandosi qualcosa di non identificato da un bicchiere di carta.
«Ed io credevo di non essere più capace di scivolare giù dalla finestra di camera mia attraverso l’albero di arance, e invece…» ammiccò divertita in direzione del suo migliore amico.
«E le sbarre alle finestre?»
Elisabeth tirò fuori dalla tasca dei jeans una piccola chiave d’ottone. «Cassetto della biancheria di mia madre» dichiarò sorridente.
Rob, nel frattempo, aveva rimediato da bere anche per lei. «Agli alberi d’arance e ai genitori che non sono capaci di trovare nascondigli decenti!» annunciò, sollevando il suo bicchiere in aria proprio mentre una pioggia di stelle dorate colorava il cielo.
Beth bevve tutto d’un fiato quella che sembrava vodka alla frutta. «Adoro la notte di Guy Fawkes2» confessò. «Non me la sarei persa per niente al mondo.» Si avvicinò un po’ di più al fuoco, tendendo le mani per scaldarsi. La temperatura era calata e, nella fretta di uscire, aveva dimenticato di prendere il suo golfino.
«Hai freddo?» Rob si avvicinò alle sue spalle, appoggiandovi il suo giubbotto di pelle e strofinandole le braccia con i palmi per mandare via la pelle d’oca.
In quel momento, Beth avvertì un brivido lungo la nuca, come se qualcuno la stesse osservando da lontano. Voltò la testa verso il bosco e le parve di scorgere un’ombra scura nascosta tra gli alberi.
A pochi metri da loro, alcune famiglie si erano sistemate su delle coperte, nell’attesa che il grande falò al centro della piazza fosse pronto ad ardere il fantoccio di Guy.
Poco distante, alcuni bambini giocavano a spaventarsi. Una di loro, avvicinandosi al fratellino con finta aria minacciosa, iniziò a canticchiare la nenia ormai conosciuta da tutti in paese:
 
When she embraces, your heart turns to stone
She comes at night when you’re all alone
And when she whispers, your blood shall run cold
You better hide before she finds you.

 
Beth si sentì improvvisamente mancare: le girava la testa e il suo corpo era attraversato da brividi come se avesse la febbre. Si passò una mano sulla fronte e si accorse che era imperlata di sudore gelido.
«Stai bene? Sei pallida.» Rob le rivolse un’occhiata preoccupata.
«Sì» mormorò. «Forse dovrei allontanarmi un po’ dal fuoco.»
Fece qualche passo nella direzione del bosco, poi si appoggiò contro il tronco di un albero, alla ricerca di quell’ombra misteriosa. Dopo gli ultimi avvenimenti, a nessuno sarebbe venuto in mente di avventurarsi lì dentro di notte… ma forse era solo qualche ragazzino ubriaco.
«Vuoi che ti accompagni a casa?» Rob l’aveva raggiunta e continuava a fissare preoccupato il suo viso pallido.
Beth scosse la testa, poi avvertì un rumore alle sue spalle, come di qualcuno che si faceva largo tra le foglie, e voltò la testa di scatto.
Il bosco quella sera era stranamente silenzioso: non si udivano le cicale né i gufi bubolare; sembrava che nemmeno le foglie mosse dal vento facessero rumore.
Quando Beth tornò a guardare l’amico, Rob era sparito.
Avvertì una goccia di sudore gelido scorrerle lungo la spina dorsale e lo stomaco si contrasse. Poi, senza pensare, prese un profondo respiro e si addentrò nel bosco.
Immersa tra gli alberi, il silenzio era ancora più inquietante; sembrava che qualcuno avesse apposto una gigantesca campana di vetro, esiliando all’esterno il resto del mondo. Beth poteva vedere i lampi di luce in lontananza che rischiaravano il cielo, ma non riusciva a sentire né i fischi né gli scoppi dei fuochi d’artificio.
Più s’immergeva nella vegetazione, più il panico si faceva strada dentro di lei. Non riusciva a togliersi dalla testa quella dannata filastrocca agghiacciante.
Pestò una radice, che scricchiolò sotto la sua scarpa, facendola sobbalzare. Vide due piccoli occhietti gialli fare capolino da una tana nel tronco di un albero e immaginò che ci fossero molti altri animali lì intorno… allora perché nessuno di loro emetteva alcun suono?
Era ormai quasi al centro del bosco, dove la vegetazione era talmente fitta da impedire di penetrare anche ai raggi della luna, quando finalmente udì qualcosa: sembrava un lamento.
Prese a correre in direzione di quel suono; più si avvicinava, più era sicura che quello che udiva fosse un pianto: c’era un ragazzo che piangeva.

Scavalcò un tronco caduto, si strappò il giubbotto impigliandosi a un ramo sporgente. Le mani erano graffiate nei punti in cui avevano cercato di farsi largo tra le foglie e i rovi. Quando giunse in una piccola radura, quasi completamente buia, il fiato le si mozzò in gola.
Rob era disteso al suolo, ricoperto di foglie, terra umida e… sangue.
Aveva un lungo taglio che partiva dall’orecchio destro e si perdeva oltre lo scollo della maglietta, completamente macchiata.
Era rannicchiato in posizione fetale, le mani strette intorno al collo nel vano tentativo di calmare il dolore e piangeva sommessamente, come se non avesse abbastanza fiato in gola da gridare.
Quando Beth gli sfiorò una spalla, sussultò violentemente.
«Rob, sono Elisabeth. Cos’è successo?» Continuava ad alternare lo sguardo dalla ferita al bosco attorno a loro, attenta a cogliere un qualche movimento.
Il ragazzo non rispose, continuando a lamentarsi.
«Rob, dobbiamo andarcene di qui!» Provò invano a tirarlo su, ma il ragazzo gemette di dolore. Le lacrime iniziarono a scorrerle copiose sul viso, appannandole la vista.
«Rob, ti prego!» Le sembrava tutto così surreale, come se fosse un altro dei suoi sogni.
Invece era vero: Rob stava morendo sul serio.
In un attimo di lucidità, infilò le mani nelle tasche, alla ricerca del suo cellulare. Digitò in fretta le tre cifre sul display, macchiando l’apparecchio d’impronte vermiglie.
«Sono Elisabeth Davis» esclamò, tentando di controllare la voce. «Ho bisogno di un’ambulanza, nel bosco. C’è un ragazzo ferito, sta perdendo moto sangue.»
«Cos’è successo?» chiese la voce dall’altro capo.
«Non lo so!»
«Cerchi di tamponare la ferita, i paramedici stanno già arrivando.»
Beth si sfilò il giubbotto dalle spalle, poi lo premette forte contro la ferita dell’amico.
«Sta’ tranquillo, Rob, stanno venendo ad aiutarci.»
Sembrava passata un’eternità quando i paramedici arrivarono. Non c’era alcun sentiero che portasse all’interno del bosco e Rob fu caricato sulla lettiga e portato via a piedi attraverso la vegetazione.
Beth li seguiva in coda, accanto ad uno degli uomini, che continuava a farle domande a cui lei non sapeva rispondere.
Mentre attraversavano il bosco, illuminato solo dalla fioca luce della luna e da alcune torce elettriche, Beth continuava ad avere la sensazione di essere osservata. Erano quasi giunti all’ambulanza, quando quel fastidioso formicolio alla nuca si fece più intenso. Si voltò di colpo e scorse, appena dietro un cespuglio, qualcosa che le fece mozzare il fiato in gola: un’ombra amorfa e due occhi scarlatti che la fissavano. Strappò una delle torce elettriche dalle mani di un paramedico, puntandola in quella direzione, ma quando il fascio di luce illuminò la zona, l’ombra sembrava essersi volatilizzata nel nulla.
 

«Cosa diavolo credevi di fare?» Le urla di suo padre riecheggiarono nella stanza da letto.
«Io… volevo solo andare a quella festa!»
«Ma io te l’avevo proibito!»
Beth non riusciva a credere che la sua voce potesse alzarsi ancora di qualche tono. «Era solo una festa» protestò. «C’erano decine di persone…»
«E Rob è quasi morto lo stesso.» La sua espressione era mutata. Sembrava stanco e spaventato nello stesso tempo. Beth scorse le rughe profonde che gli contornavano gli occhi e le labbra piegate in una smorfia preoccupata.
Il sindaco si sedette sul bordo del letto su cui lei era rannicchiata. «Poteva succedere qualcosa di peggio, lo capisci? Se ti accadesse qualcosa, Elisabeth… ne morirei anch’io.»
Beth sentì gli occhi riempirsi di lacrime.
«Tutto questo…» continuò l’uomo indicando le sbarre alla finestra, «Non è per tenerti prigioniera, ma per proteggerti.» Le prese dolcemente la mano.
«Difendermi da cosa? Chi è che ha fatto questo a Rob?»
Suo padre assunse un’espressione turbata. «Lui dice che è stato un animale…»
«No!» Beth scattò a sedere. «Non era un animale, papà, io l’ho visto. C’era un uomo nascosto tra gli alberi.»
Il sindaco scosse la testa. «Quella ferita non è stata provocata da un’arma.» Parlava piano, intuendo che la ragazza era scioccata. «I medici dicono che sembrano segni di artigli.»
La ragazza scosse violentemente la testa.
«Eri spaventata, tesoro» insisté l’uomo.
Beth aveva le guance rigate dalle lacrime. Si sentiva impotente se nemmeno suo padre le credeva. «Papà, ti prego. Io l’ho visto» singhiozzò.
«Eri sconvolta, piccola, e capisco che tu creda di averlo visto.»
«No, tu non capisci!»
«Credo che sia meglio che tu ti riposi, Beth. È stata una lunga serata.» Le carezzò i capelli, come faceva sempre quando lei era piccola, poi si diresse fuori dalla stanza. «E non dimenticarti di chiudere le finestre.»
Beth annuì, ma avrebbe voluto urlare. Provò a ricacciare indietro le lacrime, tentando di non pensare a quanto si sentisse spaventata e amareggiata.
Infilò le mani nelle tasche anteriori dei jeans, poi in quelle posteriori, poi ancora sul davanti.
Niente. La piccola chiave d’ottone era sparita.



NOTA 2: Viene celebrata la sventata Congiura delle Polveri, quando un gruppo di cattolici (comprendente anche Guy Fawkes) progettò di far saltare il Palazzo di Westminster.
Oggi la ricorrenza non ha più alcun significato politico-religioso ed è diventata un'occasione per fare festa. Nei parchi di paesi e città viene allestito un falò e viene posto sopra di esso un fantoccio chiamatoGuy.
Le persone si radunano nelle piazze e possono assistere a bellissimi spettacoli pirotecnici con fuochi d'artificio di ogni genere.

 

   
 
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