Zio
Natale
-non
ci sei per capirmi-
[ II atto ]
Mi
squilla il telefono. Sono i messaggi di auguri, tutti uguali. Auguri di
un Buon
Natale. Ma mi spiegate cose c’è di buono in un
Natale che si fa solo perché
altrimenti tuo nonno si arrabbia? Quello che ogni anno vivo io di
certo, non si
può definire un Felice Natale. Neanche più una
tradizione. Questi eventi
esistono per radunare la cosi detta famiglia, no? E questa famiglia tu
la vedi
tutti i santi giorni, che senso ha allora questa sottospecie di
riunione di
condominio dove nessuno sopporta nessuno. Alla fine tutto si fa per non
sentire
rogne… sì, si può dire che
è così.
Mi
vesto con un paio di pantaloni di una tuta, ma che si possono
confondere bene
con un paio di un certo tessuto, quindi sembrano eleganti, quando poco
vicino
alla tasca sinistra hanno una corona stile medioevale e una croce greca
verde
con dei strani riflessi e i contorni dorati, una maglia qualunque. La
prima che
trovo. E le immancabili scarpe che mi ha portato la cara zia pazza da
Barcellona; rosse, coi strass dello stesso colore, del fuoco disegnato
ai lati
e una pallina per due lati con le ali. Che ricorda molto il Boccino
d’Oro che
io amo. Mi lego i capelli che fanno un po’ compassione e
dallo specchio vedo le
punte rosso fuoco che danzano da una parte all’altra, come
quelle di Leto, il
cantante dei 3STM nel video di From Yestarday. Davvero un bravo
cantante, oltre
che attore.
Mia
madre mi urla che mi trucco da nonna perchè non
c’è più tempo: ci credo! Ti
svegli alle undici e mezza e poi dici che è tardi e che
è colpa mia! Sfido io
che tuo padre ti tratti ancora come una bimbetta a
quarant’anni e passa.
Mi
metto il giubottino corto nero, ci metto il cellulare, i trucchi e il
profumo
Cavalli alla vaniglia nella borsa di mamma, ci tolgo un pacchetto di
Lion che
metto su un mobile all’entrata e controllo che la famosa
letterina di Natale
per il nonno sia ancora integra. Di che parlo? Ma della letterina che
ogni anno
viene messa sotto il piatto fondo di mio nonno e che lui ogni anno fa
finta di
non aspettarsela. La cosa è molto semplice; mia madre e mia
zia scrivono e io
leggo come se fosse mia e mi becco i soldi… questo fino a
qualche anno fa, dopo
di che ho preso in mano le redini di questo piccolo e monotono carro e
mi sono
messa ogni anno a scrivere io. Alla fine sono sempre le solite quattro
cose
buttate lì, giusto per fare piacere. Le due sorelle
più che altro lo facevano
per i soldi e… sì: leccavano al capezzolo del
potere. Peccato che a me non me
ne importi un beneamato di tutto questo, ma credo che sia facile
parlare per me
che ho avuto tutto da subito. Tutto; tranne le solite cose che contano
veramente. Quali, si sanno. Quando io e mia madre arriviamo a casa dei
nonni,
io mi chiudo in stanza loro e mia madre va ad aiutare ad apparecchiare.
Ovvero;
lei sta seduta e io apparecchio, ecco la sua concezione del lavoro. Sta
sfruttatrice! Non l’ho mai denunciata al Telefono Arcobaleno
per pura bontà.
Poi mi ricordo che devo scrivere in bella copia la letterina e quindi
prendo un
foglio di carta, una penna che magicamente scrive e…
Capita
che ridi pensando brutta e cattiva la vita.
Piangi
pensando bello e buono il mondo.
Sei
apatico pensando agli amici, angeli con ali invisibili, a chi ami e a
chi ti è
vicino.
Perchè
cose che si hanno quotidianamente… non ci si accorge della
fortuna che si ha.
A
parer comune, le parole sono più forti e taglienti di una
lama affilata.
Le
mani abolite.
Perché
pesanti quasi quanto le parole.
Ma
è
ignaro al popolo che è meglio l’odio che
l’indifferenza.
Non
si sussurra.
Perché
i sussurri sono più insopportabili delle parole.
Inutile
appioppare scuse penose per aver comprensione dagli altri.
E’
Natale, siamo tutti più buoni.
Ma
sapete che vi dico? E’ comodo così.
Si
è
buoni per qualche giorno e poi basta. Coscienza apposto.
Invece,
a pensarci bene;
Ma
non è meglio fare le cose per bene e non a metà?
Siamo
buoni tutto l’anno e non se ne parla più!
Ma
che parlo a fare? E voi; zii e nonni, che ascoltate a fare. Applaudite;
ma
avete almeno capito cosa vi voglio dire?
Ma
madre, a capo tavola davanti a me dall’altra parte ha capito,
e non batte le
mani. A metà lettera l’ho sentita.
-Puro
riferimento, eh?- ma solo io l’ho sentita, perchè
lei non ha mosso le labbra.
Che io sia una Legilimens; posso leggere nel pensiero altrui,
oltretutto senza
neanche sforzarmi? Mi ero bloccata a dire;
-Che
c’è?- verso di lei, ma tutti parvero stupiti.
Mio
nonno, a capo tavola, con un braccio attorno al mio fianco, che gli
avrei
volentieri tagliato, mi fa –Nessuno ha parlato Gin, tesoro-
Dio; ogni volte che
dice “ Gin, tesoro “ è un punto a suo
favore. Non so perché; ma ogni volta che
lo dice ha vinto. Su cosa lo ignoro. Io so solo che ho perso e io,
detesto
perdere.
Mia
madre ha i gomiti sul tavolo. Ci fissiamo. Le mani sul mento,
-Evidentemente
mi ha letto nel pensiero-.
Ho
sempre ragione…
E
tutta questa gente dovrebbe lavarsi meglio le orecchie, prima di uscire
di
casa.
Ma
lui mi avrebbe capito, come sempre. Lui mi capisce. Lui…
II atto
Fine