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Autore: Maiwe    02/07/2013    3 recensioni
La storia di Thranduil e Legolas, dalla loro fuga dal Doriath alla IV Era.
Una mia visione delle loro vite ispirata ai vari Racconti tolkeniani, cercando di rispondere alle tante domande che avvolgono le loro figure, così importanti eppure così schive e poco inclini a farsi raccontare.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Legolas, Nuovo personaggio, Thranduil, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Salve! Chiedo scusa per l'attesa, colpa degli esami e del lavoro... no, colpa anche mia, che me la son presa comoda!

Comunque, ecco qua: nuovo capitolo!

Una breve precisazione: questo capitolo è, chiaramente, un salto avanti nel tempo, e mi scuso se magari qualcuno si aspettava momenti più "intimi", legati cioè a qualche retroscena non raccontato e più quotidiano. Ma sentivo il bisogno di saltare direttamente a qui. Fino ad ora abbiamo visto i due protagonisti fianco a fianco... credo sia arrivato il momento di osservarli alle prese con altre questioni, sempre più grandi, e sempre più grandi di loro.

Perciò, scusate, soprattutto per il leggero filo rosso di angst che corre per tutto il capitolo! XD

Fatemi sapere cosa ne pensate, qualsiasi commento e recensione è ben accetta! 


Un bacio

Maiwe.

P.S.: Questo capitolo concorre come songfiction nel contest indetto dalle Muse e dal forum "Pseudopolis Yard", la "Settimana tematica #1: songfictions".



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"Home"


Canzone scelta: Home – Mumford and sons

Fandom scelto: LoR/Hobbit

Personaggi scelti: Legolas, Thranduil.

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Spirava una brezza lieve, adatta a un addio.

Non era uno di quei giorni particolarmente belli, quelli in cui splende il sole a picco e fende le nuvole, né particolarmente brutto; non pioveva, quantomeno, ma non tirava neanche vento forte, e come può uno partire, se non c'è vento forte che lo possa sospingere nella direzione giusta?

Ti affacciasti alla porta della grande terrazza che tanto amavo quando ero bambino, e ti fermasti lì, in piedi, appoggiandoti leggermente allo stipite.

Avevo le spalle incurvate, e lo sguardo basso. Non volevo partire. Ma sentivo di doverlo fare, ne avevo bisogno, in fondo. Avevo sempre desiderato un distacco - credo fosse naturale – ma, allo stesso tempo, mi spaventava dovermene andare, mi spaventava come un bufera.

Tu abbassasti la testa e rimanesti in silenzio per un po', anche tu sempre più curvo. Finalmente, parlasti, e non so cosa mi immaginassi che ci saremmo detti, ma le tue parole mi colsero di sorpresa:

"Ricordati di riferire il messaggio".

"Certamente", sussurrai, la voce ridotta a un filo: probabilmente se ne era già andata, già aveva superato le montagne, ad ovest, e magari aveva anche visto, dall'alto, il mare. Non me lo ricordavo, il mare.

Il silenzio ci avvolse, pareva che anche le foglie avessero smesso di muoversi. Finché, eccolo: il vento si levò d'un tratto. Spirava nella direzione giusta. Eccolo, il vento dell'ovest. Forte, quasi minaccioso.

Mi voltai nuovamente verso di te, e li vidi: i tuoi occhi lucidi. Non ce la facevi a dirmi addio.

Non era detto, in fondo, che lo fosse, no?, cercai di dirti. Ma niente mi uscì dalle labbra, e mi sentii scosso. Deciso a voltarmi, lo sguardo basso e sfuggente, sussurrai un "Tornerò presto, vedrai. Sarò a casa presto. Non temere".

Ti limitasti a sorridere, in risposta, e facesti un leggero cenno del capo.

"Vai."

Scesi in fretta le scale che, dalla terrazza, conducevano direttamente verso la via elfica. Fuori.

Mi voltai per un istante quando fui a metà strada, e tu eri ancora lì, appoggiato allo stipite, il vento che soffiava malinconico e spingeva dentro casa vecchie foglie e polvere, polvere grigia; foglie secche e umidità.

Ti avrei rivisto solamente tredici mesi dopo, e sarei tornato come un'altra persona. Sarei tornato definitivamente adulto.

  
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