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Autore: DDimples    02/07/2013    0 recensioni
Quando arrivammo a Roma fui il primo di noi sei a scendere dall’aereo, trattenendomi a stento dal baciare il terreno. Fu David a farlo. Si inginocchiò e poi si distese con eleganza sulla bella pista sporca dove c’erano passate centinaia di ruote di aerei. E naturalmente la baciò.
-Oh, ehi, David!- Esclamò Seb scendendo dall’aereo ancora assonnato. –Hai trovato finalmente una ragazza! Complimenti amico!-
-Stà zitto.- Ribatté David.
-Per favore! Cerchiamo di non attirare troppo l’attenzione.- Sbottai io.
-Rilassati Chuck.- Mi rispose Pierre sbadigliando con una calma irritante. –Siamo in vacanza!-
Già. Una rilassante vacanza. Questo doveva essere.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chuck Comeau, Jeff Stinco, Nuovo personaggio, Pierre Bouvier, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente quando vi sentite stanchi, anzi distrutti, dopo una giornata di intensa attività fisica? Ecco, in quel modo mi sentivo io. E c’era un problema. Erano solo le tre del pomeriggio.
Samuele ci aveva fatto girare mezza città in poche ore, sempre senza sosta. Verso l’una e mezzo ci eravamo fermati per mangiare un panino al volo e poi ripartire subito. In compenso però vedemmo tante belle cose: il Colosseo, la Colonna di Traiano, il Pantheon, Piazza Navona e anche tanti negozi veramente curiosi. Per me furono ore interessanti, dove, con Samuele come guida, imparai tante cose. Samuele era orgogliosissimo di mostrarci ogni singola cosa della sua città, e si fermava anche per parlarci dei piccioni. Jeff, anche lui, da persona con un minimo di cultura, aveva trovato le ore spese belle e interessanti. Pierre, Seb e David sembravano cani bastonati. All’inizio mostravano solo scarso interesse, poi cominciarono a sentire la stanchezza e allora i loro sguardi cambiarono da “Si ok, basta, possiamo andare via” a “Vi prego buttatemi sotto un tram”. Patrick fu il più indifferente di tutti. Restò tutto il tempo con la faccia incollata alla videocamera, per filmare ogni secondo della gita, e ogni tanto si allontanava per riprendere qualcosa riuscendo a fuggire alle lunghe e dettagliate spiegazioni di Samuele.
Il sole picchiava ed era un caldo tremendo, tanto che, fra tutti finimmo dieci bottigliette d’acqua. Il vento non voleva saperne di soffiare, e quindi sembrava un tempo da agosto. Io per fortuna avevo la maglietta di Patrick, dove ci stavo largo, e non soffrì tanto il caldo. Verso le cinque, per grazia di Samuele, ci fermammo in una gelateria, e ci rimpinzammo di gelato, per recuperare le energie spese durante il giorno, e devo dire che ci piacque parecchio. Poi, a fine giornata, verso le sette e mezzo, tornammo a casa in taxi, sebbene Samuele avesse proposto di tornare a piedi e noi lo avessimo fulminato con lo sguardo. Così montammo su un taxi da otto posti e osservammo in silenzio gli alberi e le case che via via sparivano dalla nostra vista.
 
 

-Avrei una proposta da farvi.- Disse Samuele mentre attraversavamo il vialetto per entrare a casa sua.
-Spara!- Esclamò Jeff, non tanto entusiasta perché stanco.
-Un mio amico dà una festa…è una casa grande, una villa! Roba da sballo! E naturalmente noi…-
-Non ci pensare! Io non ho intenzione.- Saltai su subito io. Ecco questo era il vero Samuele. Di giorno finge di essere una persona intelligente e responsabile, e la sera si fuma le canne quando vuole rimanere leggero.
-Oh, questo è quello che pensi tu, Chuck! Magari gli altri hanno voglia.- Continuò speranzoso Samuele mentre apriva la porta di casa con un mazzo di chiavi enormi. Penso che contenesse anche le chiavi della bicicletta quel coso. –Tipo, che ne dici Seb?-
Lo guardai acido. Aveva raccolto una serie di occhiate stanche che rispondevano no alla sua richiesta, e allora da vigliacco era andato a beccare il nostro punto debole: Seb. Lui si faceva trascinare ovunque, era sempre pronto per le feste e anche peggio. Ma lui, con la meraviglia di tutti, non degnò nessuno di uno sguardo, oltrepassò la soglia di casa, si sdraiò sull’unico divano (non che il letto di Pierre) e affondò la testa in un cuscino, facendoci capire che non l’avrebbe rialzata fino a mezzogiorno del giorno seguente.
 
 

-Che facciamo, lo lasciamo lì?- Domandò David qualche ora più tardi, alludendo a Seb, mentre stava divorando selvaggiamente uno spicchio di pizza.
-Beh, che vuoi fare, hai intenzione di portarlo di peso nel suo letto?! Spiegamelo!- Ribatté Pierre, ultra contento di poter dormire in un letto e non sul divano.
-Forse dovremmo svegliarlo e dirgli che sono arrivate le pizze…- Azzardai io.
-Svegliarlo?! No, vuole dormire non gli interessa di mangiare!- Esclamò Patrick, mentre stava risucchiando la mozzarella da un pezzo di pizza ed aveva già messo gli occhi sulla scatola che conteneva quella di Seb. –Ce la dividiamo. Un po’ per uno.-
Poiché quella pizza era buona decidemmo che “per lui” era meglio non svegliarlo. E in poco tempo, ognuno di noi finì la sua pizza e si prese un sesto della pizza di Seb.
-Allora, cosa ci farai fare domani?- Chiese Jeff mentre tagliava a spicchi più sottili la sua parte della pizza di Seb.
-Beh…domani me lo direte voi…io vi programmo solo la serata! Maxi festa…e no! Non puoi rifiutare Chuck!- Rispose Samuele, dopo aver visto come lo guardavo. –Andiamo! Sarà una festa stupenda! Giulio Baratti è il proprietario della villa, che ha persino due piscine. Capite ragazzi? Due piscine! È il figlio di un politico, penso, e ha due ville tutte per se! Quella gli è stata regalata per il suo diciottesimo compleanno, cinque anni fa!-
-E come fai a conoscerlo?- Domandai io.
-Conoscerlo? A che serve! A quelle feste si potrebbe imbucare anche un coccodrillo, sballati come sono non se ne accorgerebbero nemmeno. E poi lo sa anche Giulio, che naturalmente ci sarà un sacco di gente che non conosce. Funziona così! Lui lo dice ai suoi amici, che a loro volta lo dicono ai loro amici… e così via!- Spiegò tranquillo Samuele.
-Già…e poi ti ritrovi mezza Roma in casa…- Concluse Pierre a bassa voce. Non aveva intenzione di svegliare Seb, aveva intenzione di dormire nel letto quella notte.
-Esatto! Ma quando sei ricco sfondato non te ne accorgi nemmeno. E poi voi dovrete abituarvi! Siete i Simple Past! Sapete…-
-Plan, Samuele, Simple Plan.- Lo corresse Jeff.
-Oh, fa lo stesso! Volevo dire, sapete a quante feste dovrete andare, quando sarete rock star! Io vi ci vedo fra un paio d’anni, a girare per il mondo e tutte le sere in discoteca, a bere o a pomiciare con una ragazza diversa tutte le sere.-
-Beh, quando gireremo per il mondo ne riparleremo!- Esclamai io, inorridito a quell’idea della pomiciata diversa ogni sera. –Adesso me ne vado a letto!-
-A letto?- Esclamò Samuele, più che deluso, sconvolto. –Ma sono solo le dieci e mezzo!-
-Beh, non è che oggi è stata una giornata rilassante! E poi ricordati che noi abbiamo viaggiato tutta la notte e dormito poco.- Risposi.
-Io ho dormito.- Disse tranquillo Pierre.
-Già.- Dissi io. –Comoda la mia spalla Pierre? A me fa ancora male!-
Pierre abbassò lo sguardo.
-Andiamo Chuck! Un altro po’ e basta, poi ce ne andiamo a letto tutti!- Propose Samuele.
Fu così che accettai. E meno male. Uscimmo fuori per prendere una boccata d’aria, e non appena varcammo la soglia di casa, Samuele si accese una sigaretta. Mi accorsi in tempo che Pierre ne aveva presa una da Samuele e gli stava chiedendo l’accendino, e gliela sfilai di bocca. Era da tempo che stavo cercando di convincere Pierre a smettere di fumare, e ci ero quasi riuscito. Quella sigaretta avrebbe vanificato tutti i miei sforzi.
-Andiamo, Chuck, solo per stasera!- Mi supplicò Pierre.
-Eh no!- Risposi io, ricordandomi della mia fatica per tenerlo lontano dalle sigarette. Fu una cosa rapida, come una ceretta. Chiesi il suo consenso per aiutarlo a smettere di fumare, e quando mi dette l’ok presi tutti i pacchetti di sigarette che aveva in quel momento e glieli nascosi. Fu difficile sopportarlo in quei giorni, e qualche volta mi ha anche minacciato, ma lo feci per il suo bene e basta. Fu Jeff a prenderne un’altra e ad iniziare a fumarla, e così mi ripromisi che, finito con Pierre, sarei passato a lui.
 


Quando ebbero finito le sigarette, rientrammo dentro, anche perché cominciava a fare freddo fuori. Si misero a giocare a carte, nella tavola di cucina, anche se Pierre li aveva supplicati di non farlo, per paura che si svegliasse Seb. Siccome non lo ascoltarono, lui se ne andò a letto, di modo che se  Seb si fosse svegliato, avrebbe trovato il letto occupato. Io lo seguì, e in una frazione di secondo mi infilai fra le lenzuola un po’ ruvide che però profumavano di lavanda. Non mi addormentai subito. Rimasi un po’ a pensare alla giornata passata, e alla festa che ci attendeva la sera seguente. Io odiavo le feste, sempre odiate. Anche quando ero un’adolescente e i miei amici andavano in discoteca o alle feste io rimanevo a casa. Quando invitavano anche me, stavo in ansia per tutto il giorno. E così mi sentivo in quel momento.
Sentì, un’ora o due più tardi, Jeff e Patrick entrare in camera, e con punto riguardo nel fare un po’ di silenzio, li sentì paralare e sparare cavolate. Poi pian piano le voci si fecero per me sempre più lontane, fino a che non le sentì più, e mi addormentai.
 
  
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