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Autore: MikiBarakat96    03/07/2013    1 recensioni
Seguito di "So Wrong, it's Right" (non leggete se non avete prima letto l'altra).
Un anno dopo gli eventi successi nella prima storia, Stella, la sorella di Jack, è riuscita finalmente a realizzare il suo sogno e a superare la sua paura; la sua vita va a gonfie vele, sembra che niente possa andare male e invece ancora una volta si troverà a dover decidere fra la sua carriera e l'amore.
Le recensioni sono sempre bene accette :3
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Time Bomb-.


Passarono un anno e dieci mesi dal giorno del parto e Robert cresceva a vista d’occhio. Era un bambino bellissimo, aveva degli splendidi occhi azzurri che aveva preso da mio padre e dal padre di Alex, aveva i capelli castano scuro che portava già tutti scompigliati come il papà e lo zio, e nonostante fosse ancora piccolo, era già abbastanza alto come dopotutto era naturale visto che io ed Alex eravamo molto alti. Nonostante avesse quasi due anni, ancora non aveva detto la sua prima parola, balbettava solo ogni tanto qualcosa che però era indecifrabile; inutili erano i miei tentativi di fargli dire mamma o papà.
Era agosto ed io, Alex, Robert, Zack, Jack, Rian, la crew, Debbie e Cassadee, eravamo tornati in Italia, a Roma, dove avevamo affittato una grande casa in un città vicino al mare dove passare le vacanze e dove festeggiare allegramente ogni mese di Robert. Si, era un’esagerazione, ma era bello festeggiare il piccolino che ogni mese diventava sempre più grande e sempre più adorabile, aveva un faccino birichino del quale ti innamoravi subito ed era molto dolce, si faceva coccolare da tutti e non faceva che dare abbracci e baci.
Il giorno in cui Robert compiva un anno e dieci mesi, organizzammo una piccola festicciola e invitammo anche i Simple Plan e la mia band. I miei genitori e quelli di Alex sarebbero venuti a trovarci in settimana per stare un po’ con il bambino.
La mattina, prima che arrivassero gli altri, scendemmo tutti in spiaggia come eravamo sempre soliti fare ogni mattina, per prendere un po’ il sole e soprattutto per far divertire un po’ Robert con il quale Alex, Matt e Rian si mettevano a costruire tantissimi castelli di sabbia che occupavano quasi tutta la spiaggia; si divertivano un mondo, tutti quanti. Dopo il primo bagno tutti insieme con Robert in braccio a me che, poverino, aveva ancora troppa paura dell’acqua per starci dentro, ci andammo a sdraiare tutti al sole e alcuni sotto i vari ombrelloni che avevamo portato da casa. Eravamo tantissimi, sembravamo una sorta di colonia e invece eravamo tutta una grande famiglia che abitava in una stessa casa sempre troppo affollata e sempre troppo chiassosa, non vi dico che fila c’era per il bagno al mattino quando ci dovevamo preparare tutti.
<< Avanti, non è troppo difficile >>, dissi rivolta a Robert che più che ascoltarmi stava giocherellando con il secchiello, seduto di fronte a me sull’asciugamano.
A fianco a me c’erano Alex e Jack, al fianco di Jack c’era Debbie e un po’ più avanti di Debbie c’era Cassadee che prendeva il sole sdraiata con gli occhi chiusi.
<< Magari preferisce dire Jack >>, disse Jack.
<< Jack è più difficile da dire, mamma è formata da solo due lettere diverse >>.
<< Papà è più corto >>, disse Alex.
Sbuffai. << Tanto mi sa non dirà nessuna delle tre parole >>, dissi guardando Robert che ci guardava quasi divertito come se lo stesse facendo apposta a non ripetere quello che dicevamo.
<< Mamma >>, gli ripetei per la decima volta.
Balbettò qualcosa che non assomigliava minimamente a mamma.
Sospirai.
<< Vuoi dire papà? >>, gli chiese Alex. << Avanti, ripeti… pa… pà >>.
<< Prova a dire Jack >>, lo esortò mio fratello.
Zack, in piedi alle nostre spalle, rise. << Secondo me gli state incasinando un po’ le idee >>.
<< Ha ragione, perché non provate a fargli imparare prima solo una parola? >>, intervenne Debbie.
<< Jack o zio per me va bene, basta che la sua prima parola sia un modo per chiamarmi >>.
Sia io che Alex lo guardammo storto.
<< Certo, imparerà a chiamare il suo caro zio che è svenuto nella sala parto non appena lo ha visto uscire >>, borbottò Alex.
Ebbene si, il giorno del parto avevo visto bene, ad un certo punto era davvero entrato Jack che a detta di Matt era voluto entrare per assistere dicendo che era forte e che ce la poteva fare, ma non appena era entrato aveva visto tutto il sangue, si era impressionato e aveva perso i sensi allarmando i dottori che però, visto il momento delicato in cui erano, lo avevano lasciato svenuto e avevano solo chiamato soccorsi, per fortuna c’era stata Debbie che lo aveva fatto riprendere e lo aveva portato fuori. Avrei tanto voluto ricordarmelo perché di sicuro se lo avessi visto mi sarei fatta un sacco di risate come me le facevo ogni volta che gli altri ne parlavano.
Jack intrecciò le braccia al petto. << Uffa! Per quanto ancora mi rinfaccerete questa storia? >>, chiese.
<< Finché sarà divertente >>, dissi scoppiando a ridere seguita da Alex, Zack e anche Debbie che Jack guardò storto e lei stringendosi nelle spalle si difese dicendo: << Mi dispiace Jack, ma è stato davvero un momento comico e ora che non siamo più in una situazione di tensione è divertente ricordarlo >>.
<< Siete insopportabili >>, sbuffò Jack.
Alex gli si avvicinò e gli diede qualche pacca sulla spalla. << Avanti Jack, lo sai che scherziamo, non te la prendere >>.
Jack ignorò le parole di Alex e voltò il viso dall’altra parte con indifferenza. A difesa dello zio, Robert si alzò e gli andò vicino per abbracciarlo.
<< Oddio che amore >>, disse Debbie.
Jack sorrise e rispose all’abbraccio. << Grazie Robert, almeno qui qualcuno mi capisce e mi vuole bene >>.
Alex e Zack lo spinsero scherzosamente. << Lo sai che ti vogliamo bene anche noi >>, disse Zack mettendogli un braccio intorno al collo per avvicinarlo a se e così sfregargli amichevolmente i capelli.
Jack scoppiò a ridere e subito dopo iniziò a protestare e a pregare Zack di lasciarlo, ma la morsa del bassista era forte e inutili erano i tentativi di Jack di sottrarsi a quella presa ferrea che alla fine accettò.
Robert tornò da me ora che aveva portato a termine il suo compito e come se non fosse successo nulla, tornò a giocare con la sabbia e con il secchiello.
<< Non dirai nessuna parola che io ti dirò, vero? >>, gli chiesi.
Si limitò ad alzare gli occhi azzurrini verso di me e a sorridermi prima di tornare a giocare.
Sospirai. << Va bene, allora sarà bene che mi metta l’animo in pace e aspetti che tu ti decida a dire qualsiasi cosa >>, dissi.
Balbettando sempre in quella sua lingua a me sconosciuta, mi porse a fatica il secchiello nel quale iniziò a metterci dentro la sabbia che sfuggiva dalla sua piccola mano facendolo innervosire. Era adorabile quando corrugava la fronte indispettito.
<< Rian?! >>, sentì chiamare Cassadee. << Rian! Vieni qui! >>.
Il batterista, dalla riva, arrivò da noi correndo sulla sabbia. << Dimmi >>.
<< Ri… >>, sussurrò Robert.
Lo guardai perplessa. << Cosa? >>, chiesi.
<< Ri… an… Ri… Ri… >>, balbettò.
Cosa voleva dire?
<< Rian! >>, esclamò improvvisamente rivolgendomi un sorriso largissimo con cui sembrava volesse dirmi: << Vedi, finalmente ho parlato >>.
Il batterista si girò a guardarmi. << Mi hai chiamato? >>, mi chiese.
Passai lo sguardo incredulo da lui a Robert e poi tornai a guardare lui e dissi: << Non sono stata io >>.
Gli altri si girarono verso di noi a guardarci perplessi.
<< Rian! >>, esclamò di nuovo Robert allegro.
<< Rian? >>, chiese Jack scioccato.
<< Ha detto Rian? >>, chiese Alex con gli occhi fissi sul piccolo.
<< Ha detto il mio nome! >>, esclamò Rian emozionato.
<< Rian >>, ripeté ancora Robert.
<< Incredibile, tre ore a ripetere parole e cosa va a dire: Rian! >>, sbuffò Jack.
Zack si strinse nelle spalle. << È il suo omonimo >>.
Rian si chinò a prendere in braccio Robert che girandosi verso di lui spalancò le braccia, esclamò di nuovo il suo nome e abbracciò il batterista allacciandogli le braccia al collo.
Sorrisi. << Almeno ha detto la sua prima parola >>.
Zack si alzò. << Ci vuole una foto per questo momento >>, disse correndo verso la sua borsa dove aveva messo a riparo la macchinetta dai granelli di sabbia.
Zack scattò una foto ai due Robert.
Verso ora di pranzo, io, Debbie, Alex, Robert e Cassadee, ritornammo a casa per metterci a cucinare quello che sarebbe dovuto essere un pranzo abbondante per ventiquattro persone compresi i bambini, si, dico bambini perché con i Simple Plan sarebbero venute anche Lachelle e la piccola Lennon che aveva già compiuto due anni.
La casa era a due piani, bianca, molto spaziosa, con camere abbastanza grandi da poter contenere massimo cinque letti, due armadi, una scrivania, una libreria e qualche poltrona. I bagni erano solo due, uno al piano di sotto ed uno al piano di sopra dove si trovavano tutte le camere. Al primo piano, invece, si trovava la cucina, la sala da pranzo, il salotto e una sorta di studio che era pieno di cianfrusaglie. Il giardino intorno alla casa era molto ampio infatti fu proprio in giardino che apparecchiammo il lungo tavolo per il pranzo, sotto un gazebo di plastica bianco. Sebastian e Peyton erano venuti insieme a noi, ovviamente, e mentre noi cucinavamo, tennero compagnia a Robert che si divertiva un mondo a rincorrerli per tutto il giardino. Alex alla fine, annoiato dal cucinare, uscì in giardino con Robert a giocare con i cani. Faceva tenerezza vederli giocare tutti e quattro insieme.
Quando ormai eravamo a metà preparazione, sentì un clacson che suonava e affacciandomi alla finestra vidi una sorta di pullmino che si stava parcheggiando davanti alla casa. Pierre sbucò dal finestrino del guidatore e salutò Alex con una mano.
<< Sono arrivati i Simple Plan >>, annunciai prima di uscire di corsa dalla casa per andare ad accogliere la mia band preferita.
<< Buon pomeriggio! >>, esclamò Jeff in italiano scendendo dal pullmino con indosso degli occhiali da sole neri e una maglietta grigia che recitava “I LOVE ITALY!”.
<< Buon pomeriggio a te Jeff >>, dissi in italiano mentre gli aprivo il cancelletto della recinzione che chiudeva il giardino.
<< Come stai? >>, mi chiese Jeff sempre in italiano.
<< Bene, bene e tu? >>.
<< Benissimo! Amo l’Italia e prima di venire qui ho fatto un corso per imparare l’italiano >>.
<< Oh… è davvero un bel corso! >>, dissi constatando che parlava davvero molto bene l’italiano a parte per qualche piccolissimo errore di accento. << Parli perfettamente l' italiano >>.
<< Grazie mille >>.
Alex, che nel mentre aveva seguito tutto lo scambio di battute con espressione perplessa, ci chiese in inglese: << Potete tradurre? >>.
Io e Jeff scoppiammo a ridere. << Non abbiamo detto nulla d’importante, tranquillo >>, rispose Jeff che si avvicinò a salutarlo.
<< Tell! >>, esclamò Sebastian che corse ad abbracciarmi senza neanche darmi il tempo di rispondere al “saluto”.
<< Mi sei mancata tantissimo! Come stai? >>, mi chiese sciogliendo l’abbraccio.
<< Benissimo e tu? >>.
<< Bene, bene, lo sai che sto avendo successo con le mie nuove canzoni da solista? >>.
<< Ma è fantastico! Complimenti >>, lo abbracciai nuovamente.
David affiancò Sebastian e mi sventolò davanti al naso un cd che a prima vista non riconobbi. << Guarda che cosa stavamo sentendo mentre venivamo qui >>, mi disse.
Osservai più attentamente il cd e lo riconobbi. << Oh Dio! Ma è il mio nuovo cd! >>, esclamai.
<< Davvero un bel lavoro >>, si complimentò Chuck affiancando i due amici.
<< Grazie, ma il merito è anche della mia band >>, dissi.
<< Non vedo l’ora di incontrarli per parlare con loro di composizioni >>, disse Sebastian.
<< Dovrebbero arrivare tra poco >>, dissi.
I ragazzi entrarono nel giardino e andarono a salutare Alex che ora teneva in braccio Robert che spaventato dell’arrivo di tutti quegli estranei era corso al sicuro da lui.
<< Ecco la mammina! >>, esclamò Pierre mentre veniva verso di me seguito da quella che doveva essere Lachelle: una ragazza alta, con i capelli biondi, lunghi e lisci, magra e con gli occhi marroni. Per mano a Lachelle c’era Lennon paffutella e carinissima che indossava un vestitino rosa che era davvero un amore.
<< Be’ ormai lo sono da quasi due anni >>.
<< Lo so, ma mi sembra solo ieri che sono venuto da te in Francia per consolarti dopo che avevi scoperto di essere incinta >>, mi abbracciò.
<< A me invece sembra passata un’eternità da quel giorno >>.
Sciogliemmo l’abbraccio e Pierre si scostò per presentarmi la sua fidanzata. << Stella, loro sono Lachelle e Lennon, le due donne della mia vita >>.
Sorrisi a Lachelle e le porsi una mano. << Molto piacere di conoscerti >>.
Mi strinse la mano. << Piacere mio, era da tanto che volevo conoscerti >>, disse.
<< Oh anche io, ma non ce n’era mai il tempo >>.
<< Oh e ora ne abbiamo sempre di meno >>, disse guardando la piccola Lennon che mi stava guardando curiosa.
<< Concordo in pieno >>, risi.
<< Lennon, dì ciao a Stella >>, la incitò Lachelle.
Mi chinai vicino alla piccolina e le sorrisi. << Ciao, io sono Stella >>.
<< Ciao >>, mi sorrise timidamente rivelandomi le sue dolcissime guanciotte paffutelle.

<< Già parla? >>, chiesi sia a Pierre che a Lachelle.
<< Si, abbastanza >>, rispose Pierre.
<< E il tuo bambino? >>, mi chiese Lachelle.
<< Oggi ha detto la sua prima parola >>, dissi.
<< Qual è stata? >>, mi chiese Pierre.
<< Rian >>, risposi stringendomi nelle spalle.
Pierre scoppiò a ridere, poi si affrettò a spiegare a Lachelle. << Rian è il nome del batterista degli All Time Low >>.
<< Oh >>, annuì Lachelle.
<< Ha sentito Cassadee che lo chiamava e… ha ripetuto il nome >>, spiegai facendo una smorfia.
Lachelle sorrise. << Probabilmente gli sarà piaciuto >>.
<< Più di mamma o di papà? >>, chiesi anche se la mia non era una vera e propria domanda.
Lachelle si strinse nelle spalle. << È un bambino originale >>.
<< Dovrei preoccuparmi del fatto che non parla? >>, le chiesi approfittando dell’opportunità di avere lì con me una neo-mamma come me.
Scosse la testa. << No, tranquilla, ogni bambino ha bisogno dei suoi tempi >>, mi rassicurò.
<< Vedrai che ora che ha detto la sua prima parola ci prenderà gusto e inizierà a dirne altre >>, intervenne Pierre.
<< Spero che una delle prossime sarà mamma >>, ammisi.
I Simple Plan salutarono tutti gli altri e io e Lachelle facemmo fare conoscenza a Robert e Lennon che dopo un po’ di timidezza iniziale, iniziarono subito a giocare insieme. Chissà se sentendo Lennon che parlava anche Robert avrebbe iniziato a parlare.
Lachelle, Jeff e Sebastian aiutarono me, Cassadee e Debbie in cucina e successivamente ci aiutarono anche ad apparecchiare fuori.
La mia band arrivò poco prima che il resto degli All Time Low e della crew tornasse dalla spiaggia. A differenza dei Simple Plan, non arrivarono con la stessa calma e lo stesso silenzio, infatti, non appena scesi dalla macchina iniziarono subito a chiamarmi come se fossero stati al mercato. Sempre i soliti ragazzi chiassosi.
<< Volete avvisare tutto il mondo del vostro arrivo? >>, gli chiesi poggiando le mani sui fianchi.
<< Perché no! Qui siamo come celebrità >>, disse Sam esultante.
Lo guardai perplessa. << In che senso? >>.
Edward mi appoggiò le mani sulle spalle. << Tieniti forte Tella, perché sto per darti una notizia super >>.
Lo fissai aspettando che continuasse, curiosa.
<< Il tuo nuovo cd è primo nella classifica italiana delle vendite, quarto nella classifica Europea e decimo nella classifica Americana! >>.
Mi lasciai sfuggire un urlo e presa dall’emozione abbracciai Edward che ricambiò l’abbraccio con una stretta forte.
<< Sei contenta? >>, mi chiese Travis che affiancò Edward insieme a Chris e Sam.
<< Se sono contenta? Sono al massimo della felicità! >>, risposi. << È fantastico, non mi sarei mai aspettata che il cd vendesse così tanto >>.
<< Te lo meriti, hai fatto davvero un buon lavoro >>, disse Chris stringendomi affettuosamente una spalla.
<< Non avrei fatto un bel niente senza di voi e questo non è il mio cd > >, guardai Edward, << è il nostro cd, perché anche se lì sopra c’è il mio nome è comunque un lavoro che abbiamo fatto insieme e sicuramente senza di voi quel cd non avrebbe nessuna musica ma solo parole >>.
<< Io direi che è il momento giusto per un abbraccio di gruppo >>, propose Sam.
Ridendo, ci abbracciammo tutti insieme.
<< Oh, ho portato la torta, come mi avevi chiesto >>, mi informò Travis.
<< Grazie mille, qui non sapevo proprio dove andarla a recuperare >>, dissi.
La band si unì al resto dei presenti che prese subito posto a tavola visto che eravamo tutti affamati ed avevamo aspettato l’arrivo dei ragazzi per iniziare a mangiare. Decidere la disposizione dei posti fu un’impresa visto quanti eravamo ma alla fine ci disponemmo così: Robert a capotavola, io ed Alex vicino a lui, l’uno di fronte all’altra; dalla mia parte del tavolo erano seduti: Debbie, Jack, Cassadee, Rian, Matt, Travis, Vinny, David, Sam e Jeff mentre seduti dal lato di Alex c’erano: Zack, Pierre, Lachelle, Lennon, Jeff –della crew-, Chuck ,Sebastian, Chris e Matt Colussy e Danny.
Mangiammo un pranzo davvero abbondante con tanto di primo, secondo, contorno e dolce. Fu una sorta di pranzo di Natale che riempì tutti fino al limite ma che divertì  visto quante risate ci facemmo a fare battute e a raccontare fatti divertenti che ci erano accaduti. Arrivati al momento della torta, la portai in tavola e feci spegnere –con qualche difficoltà- a Robert le candeline anche se non era ancora il suo compleanno, ma visto che c’eravamo tutti e che ad ottobre non sapevo chi ci sarebbe stato per festeggiare i suoi due anni, era meglio festeggiare prima, tutti insieme l’anno e i dieci mesi.
Passammo un pomeriggio molto divertente, era bello stare tra amici dopo tutto quel tempo che eravamo stati tutti impegnati con i tour, i nuovi cd e i figli.
Qualche ora dopo il pranzo tronammo tutti in spiaggia per un mega torneo di beach volley per il quale ci dividemmo in quattro squadre, tre formate da cinque giocatori e una formata da sei giocatori. Io ero in quella da sei, visto che ero abbastanza scarsa a giocare a beach volley, insieme a: Pierre, Vinny, Matt, Cassadee e Travis.
La mia squadra non vinse, ma fu comunque divertente ed io mi divertì soprattutto a testare la mia totale incapacità di coordinare il movimento occhio-braccia.
Dopo la partita a beach volley, Jeff e Sebastian andarono a prendere le loro chitarre così che insieme potessimo cantare Summer Pardise, la canzone dei Simple Plan che aveva riscosso molto successo lì in Italia soprattutto dopo che avevano registrato la nuova versione insieme a Sean Paul.
La sera, sia i Simple Plan che la mia band, andarono a dormire in un hotel poco lontano dal mare così da non affollare ancora di più la casa che era già piena, infatti di posti letto non ce ne erano più se non si contavano i due divani che si potevano aprire e potevano ospitare massimo due persone ognuno.
 

Il giorno successivo, dopo un’altra mattinata passata in spiaggia a bere granite, fare i bagni e a prendere il sole, partimmo tutti insieme, nel pomeriggio, verso Roma dove Matt aveva organizzato un concerto degli All Time Low dove però non si sarebbero esibiti solo loro ma anche i Simple Plan, io e la mia band e anche Cassadee che avrebbe suonato le sue canzoni da sola con la chitarra visto che gli Hey Monday non erano lì con lei. Mamma e papà vennero a vederci e a tenere Robert che per la prima volta avrebbe visto i suoi genitori su un palco. Quello fu il giorno in cui Robert disse, finalmente, per la prima volta, mamma, indicandomi mentre ero sul palco a cantare una delle nuove canzoni che si intitolava Be strong e che avevo dedicato soprattutto a me stessa.
Gli All Time Low furono gli ultimi ad esibirsi ed io questa volta, invece di vedere il concerto dai lati del palco, raggiunsi i miei che si trovavano un po’ distanti dalla folla di fans insieme a Debbie che come suo solito si sgolò per urlare a squarciagola le parole delle canzoni. Robert si divertì un mondo soprattutto nei momenti di pausa tra una canzone e l’altra, quando gli dicevo di applaudire e lui iniziava a battere le mani esaltato come se fosse stata la cosa più bella da fare al mondo. Probabilmente anche lui sarebbe diventato un musicista un giorno, glielo leggevo in quei vivaci occhi azzurri che osservavano con ammirazione quell’enorme palco pieno di luci colorate dove i ragazzi stavano suonando e dove Jack stava anche ballettando muovendosi come un forsennato.
<< Ti piace? >>, gli chiesi.
Robert non mi rispose e nemmeno mi guardò, troppo occupato a guardare attentamente tutto quello che succedeva sul palco.
La mamma guardò prima me e poi Robert sorridendo, poi mi si avvicinò e mi sussurrò che anche io da piccola avevo lo stesso sguardo di Robert quando mi portarono a vedere il mio primo concerto di cui però non ricordavo assolutamente nulla, neanche di che cantante fosse stato.
Con due genitori che lavoravano nel mondo della musica probabilmente Robert avrebbe vissuto solo di quello, ma poteva anche succedere che da grande avrebbe avuto altre ambizioni e io allora lo avrei lasciato fare, perché sapevo benissimo a mie spese che i sogni andavano sempre inseguiti.
Gli diedi un lieve bacio sulla fronte. << Ti voglio tanto bene, piccolino >>.
Robert girò la testolina verso di me, mi sorrise ed esclamò: << Mamma! >>. Usò lo stesso tono allegro che aveva usato per dire Rian il giorno prima; probabilmente il fatto di riuscire finalmente a dire qualche parola lo rendeva felicissimo.
Il concerto finì verso le nove di sera, agli ATL vennero chiesti ben cinque bis che loro fecero senza protestare. Non finì tardi perché era iniziato a metà pomeriggio.
A concerto finito, gli altri tornarono a casa mentre solo io e Debbie rimanemmo a Roma insieme a Robert e ai miei. L’idea di rimanere a Roma era stata di Debbie e io avevo proposto anche agli altri di restare con noi, ma nessuno aveva voluto, nemmeno Alex, avevano risposto tutti che erano stanchi e che preferivano andarsene a casa a riposare; visto il rifiuto di tutti anche io ero stata tentata di dire a Debbie di rimandare “la serata a Roma” per un altro giorno, ma i miei si erano uniti a Debbie e avevano iniziato a pregarmi di rimanere, così ero stata costretta ad accettare l’offerta e a rimanere a Roma cosa che si rivelò tutt’altro che maligna, anzi, mi era mancato guardare Roma di sera. Passeggiammo molto per le strade affollate parlando un po’ dei vecchi ricordi, un po’ di com’era bella Roma di notte. Robert si addormentò appoggiato al mio petto neanche dopo qualche minuto dall’inizio della passeggiata; poverino, di solito a quell’ora dormiva già da molto, forse avrei fatto meglio a farlo andare con Alex, anche perché non avrei mai voluto che la persona che incontrai vedesse che avevo avuto un bambino.
Successe tutto molto velocemente: io e Debbie camminavamo davanti a mamma e papà, e parlavamo allegramente mentre passavamo davanti alle vetrine di Via Del Corso, ad un certo punto, sul marciapiede opposto al nostro, un ragazzo che passeggiava con una combriccola d’amici dietro, attirò la mia attenzione. Ci misi un po’ a riconoscerlo, forse per il nuovo taglio di capelli davvero troppo corto oppure perché in tutti quegli anni che erano passati si era arrotondato davvero di molto, soprattutto sui fianchi il che era incredibile per uno che era sempre stato molto magro. Se avessi tenuto lo sguardo basso, magari non mi avrebbe riconosciuta, ma fu quasi impossibile non fissarlo, ero troppo scioccata, non mi sarei mai aspettata di rivederlo, soprattutto così cambiato. Come se avesse sentito il mio sguardo su di se, Enrico alzò i suoi occhi verdi verso di me e per un attimo anche lui rimase perplesso probabilmente indeciso se fossi davvero io. Il suo sguardo si fermò a lungo su Robert quasi incredulo, poi tornò a me… e poi io distolsi lo sguardo pensando che per niente al mondo avrei voluto che Enrico venisse lì da me, il fatto che lo avevo visto e che lui avesse visto me era già troppo.
Tornammo a casa dove tutti erano già nelle loro camere, tutti tranne Alex. La nostra camera era vuota, non c’era segno di Alex il che era davvero strano. Dove diavolo era andato a quell’ora della notte? Dovevo preoccuparmi.
Robert si era svegliato durante il viaggio di ritorno e sembrava più allegro di quando si era addormentato, così nell’aspettare Alex, mi misi a giocare con lui con i supereroi che gli aveva regalato Matt al suo primo compleanno quasi un anno prima. Il suo preferito era Thor, il Dio del fulmine, lo usava sempre e ci dormiva anche a volte.
Dopo un po’, qualcuno bussò piano piano alla porta.
Alex non aveva bisogno di bussare.
<< Avanti >>, dissi.
Jack fece capolino con la testa nella camera. << Ciao sorellina >>, mi salutò sorridendomi allegro.
Lo guardai aggrottando le sopracciglia. << E tu che ci fai qui? >>, gli chiesi mentre chiudeva la porta della camera alle sue spalle e si avvicinava al letto.
<< Sono venuto per il mio turno di babysitter >>, disse.
<< Il tuo turno di cosa? >>, chiesi perplessa.
Mi sorrise e mi porse un foglio bianco con sopra una scritta a penna nera. << È da parte di Alex >>, disse prima che lo prendessi.

Indossa un costume e raggiungimi in spiaggia, ti aspetta una bella cenetta romantica.
Alex.”

Alzai lo sguardo verso mio fratello che mi guardava aspettando che dicessi qualcosa.
<< Una cenetta romantica, a quest’ora? >>, chiesi.
<< Be’… nessuno dei due ha cenato, se ti ricordi bene >>.
Solo in quel momento mi accorsi del mio stomaco che stava brontolando affamato. Una cenetta romantica ci avrebbe fatto bene.
<< Quindi tu sei qui per occuparti di Robert? >>, gli chiesi.
Jack annuì. << Starà con me e con Debbie >>, mi informò.
<< Siete sicuri che volete prendervi questo compito? >>, scherzai.
<< Certo, se no Alex mi uccide >>.
<< Va bene >>, acconsentì.
<< Vieni Rob, stasera starai con gli zii mentre i tuoi genitori faranno gli sporcaccioni >>, gli disse Jack prendendolo in braccio.
<< Spoccaccioni >>, disse Robert.
<< Jack! >>, lo rimproverai.
Mio fratello scoppiò a ridere e Robert insieme a lui. << Scusa, ma non è colpa mia se impara parole che non dovrebbe imparare >>.
<< Spocaccioni >>, ripeté scatenando una nuova risata di Jack.
Sospirai. << Vai prima che chiami Alex e gli dica di annullare tutto perché ha assunto una babysitter inappropriata >>.
<< Vatti a preparare signorina invece di stare qui a giudicare il mio lavoro che Alex non può mica aspettare per sempre >>.
Mi alzai e diedi un bacio su una guancia a Robert. << Ci vediamo dopo, piccolino >>.
Jack mi porse la guancia e io gli stampai un affettuoso bacio sopra. << Grazie Jack >>.
Si strinse nelle spalle. << E di che, per una volta che potete fare voi gli sporcaccioni invece che io >>.
Mi coprì le orecchie. << Non voglio saperlo! >>, protestai.
Rise. << Ma dai! Neanche ti avessi detto i dettagli >>.
<< Buonanotte Jack! >>, esclamai con ancora le mani sulle orecchie.
Scosse la testa. << Buonanotte sorellina >>.
<< Ti voglio bene! >>.
<< Anche io e mi raccomando non urlare troppo che potrebbero sentirvi e chiamare la polizia per atti osceni in luogo pubblico >>.
Gli lanciai un cuscino contro, ma lui uscì prima e il cuscino finì addosso alla porta.
Dopo tutti quegli anni separati, finalmente sarei stata per tutta la mia vita con mio fratello, con il mio fantastico fratellone che finalmente aveva messo la testa a posto ed era felice.
Indossai un costume a due pezzi a strisce colorate e sopra indossai un copricostume qualunque tanto per non andare in giro per la strada con solo il costume addosso. Raggiunsi la spiaggia in più o meno cinque minuti probabilmente perché presa dalla fame e dalla voglia di stare un po’ da sola con Alex, camminai a passo svelto come se stessi gareggiando per una maratona.
La spiaggia era completamente deserta, Alex era seduto in riva al mare e poco distante da lui c’era un gazebo bianco che probabilmente era stato portato da casa nostra con sotto un tavolino basso con sopra due cartoni di pizza e ai lati del tavolo due cuscini. Il gazebo era illuminato poco, con delle candele sparse un po’ intorno al tavolo e per il resto del gazebo.
Sorrisi. Nonostante fosse una cena molto spartana, la adoravo, era semplice e proprio per questo era bellissima. Mi avvicinai ad Alex e mi sedetti accanto a lui sulla sabbia. Indossava i pantaloncini del costume e sopra una maglia bianca leggera che aveva lasciato slacciata all’altezza dello sterno dove si intravedeva la leggera peluria che ricopriva il suo petto.
<< Mi piace >>, dissi girandomi a guardarlo.
Sorrise. << È organizzato tutto un po’ di fretta e furia >>, disse.
<< È per questo che siete scappati tutti dopo il concerto, vero? >>, chiesi.
<< Si, i Simple Plan e la band mi hanno aiutato a portare il gazebo qui e a organizzare il resto >>, spiegò.
<< Molto carino da parte loro e soprattutto molto carino da parte tua, non me lo aspettavo proprio >>.
<< Bene, mi fa piacere, volevo proprio che fosse una sorpresa >>.
<< Ora possiamo mangiare? >>, gli chiesi ridacchiando. << Sto morendo di fame! >>.
<< Anche io >>, ammise ridacchiando.
Si alzò e una volta in piedi mi porse una mano per aiutarmi ad alzare. Prima che potesse dirigersi verso il gazebo, lo attirai a me e lo baciai pensando che era davvero troppo tempo che io ed Alex non avevamo un po’ di intimità, con il bambino e tutto il resto era diventato difficile trovare anche un momento per appartarci in privato.
<< Vorrei saltarti addosso subito >>, disse interrompendo per un attimo il bacio, << ma è meglio mangiare prima, tanto abbiamo tutto il tempo dopo >>, continuò staccando di nuovo le sue labbra dalle mie.
Annuì. << Hai ragione >>, concordai.
Mi porse un braccio. << Mi permetta di accompagnarla, milady >>.
Scoppiai a ridere. << Il gentiluomo non ti si addice proprio >>, dissi ma accettai comunque il suo braccio e mi lasciai scortare fino al gazebo dove l’odore di pizza calda mi fece borbottare ancora di più lo stomaco. Presi posto su uno dei due cuscini e così anche Alex che aprì il primo cartone di pizza liberando ancora di più l’ottimo profumino che avevo avvertito appena ci eravamo avvicinati.
<< Questa è mia >>, disse posando il cartone davanti a lui, poi aprì l’altro e me lo porse a me.
Mangiammo tutto in poco tempo, avevamo talmente tanta fame da non vederci quasi più. La pizza era buonissima e insieme alla presenza di Alex, al suono rilassante delle onde del mare e all’effetto romantico delle candele, rese la serata davvero speciale, ma le sorprese non erano finite.
Finito di mangiare, Alex si fece improvvisamente serio e con fare un po’ indeciso, si venne a sedere al mio fianco.
< < Qualcosa non va? >>, gli chiesi preoccupata dal modo strano in cui improvvisamente si era fatto silenzioso e preoccupato.
Fece un bel respiro. << Stell… in realtà questa cena non l’ho organizzata solo per stare un po’ insieme >>, confessò.
<< E per cos’altro? >>, chiesi in tono tranquillo per evitare di agitarlo ancora di più in qualche modo.
Dopo aver fatto un altro respiro, scoppiò a ridere.
Lo guardai perplessa.
<< Mi sento… davvero stupido, sono qui a tentennare quando dovrei solamente dirtelo e basta >>.
<< Dirmi cosa? >>, chiesi sperando che facesse finire quel momento d’ansia e mi dicesse finalmente cosa voleva dirmi.
<< Stell >>, iniziò in tono convinto, << ormai è da quasi quattro anni che stiamo insieme, abbiamo avuto un bambino e io sono contentissimo di questo, sono contento di aver formato una famiglia con una ragazza che amo con tutto il cuore, che mi rende felice ogni momento della mia vita e che mi sta sempre accanto nei momenti difficili e che si preoccupa sempre di me >>. Mi prese le mani tra le sue e mi guardò fisso negli occhi. << Stell, ti amo tantissimo, sei una persona stupenda e sono sicurissimo al cento per cento di voler trascorrere tutto il resto della mia vita con te e di voler costruire con te una famiglia che in parte abbiamo già iniziato con Robert >>.
Mi pizzicarono gli occhi. Stava dicendo delle cose bellissime e io ero una che si commuoveva facilmente, ma non volevo scoppiare a piangere, Alex avrebbe potuto capir male il motivo per cui piangevo e non volevo che si sentisse pentito oppure offeso dalla mia reazione. Ricacciai indietro le lacrime e lo osservai mentre sfilava una mano via dalla mia per andarsi a frugare nella tasca del costume dalla quale estrasse un cofanetto piccolo e nero.
Mi mancò il fiato.
Ma quello era… ?
Oddio era davvero…?
Oh mio Dio! Oh mio Dio! Oh santissimo cielo!
Gli occhi di Alex si alzarono per incontrare i miei e per un attimo tradirono una leggera apprensione. Le mani tremanti di Alex aprirono il cofanetto rivelando un magnifico anello argentato con un diamante a forma di cuore al centro.
<< Stella Barakat, vuoi sposarmi? >>.
Mi sentì come se il cuore mi fosse esploso nel petto per l’emozione troppo grande che stavo provando in quel momento; era un’emozione così pura, così gioiosa che non riuscì più a controllare me stessa e senza che me ne accorgessi, iniziai a piangere e per non farlo capire ad Alex, lo abbracciai di getto iniziando a ripetere all’infinito: << Si, si, si, si, si, siiiii >>.
Alex ricambiò l’abbraccio e mi strinse forte a se. << Ti amo >>.
<< Ti amo anche io >>, singhiozzai.
Sciolto l’abbraccio, Alex mi infilò l’anello al dito mentre io continuavo a piangere silenziosamente con il cuore in completo fermento. Mi sentivo talmente tanto bene che improvvisamente mi chiesi se non stessi sognando tutto.
Le labbra di Alex mi fecero capire che era tutto reale.
<< Che ne dici di un bagno? >>, mi chiese con le labbra ancora vicinissime alle mie.
<< Ci sto >>, accettai.
Ci spogliammo rimanendo in costume, ci avviammo verso la riva ed entrammo nell’acqua che era calda ed invitante, ti faceva venire proprio la voglia di immergerti e di rilassarti in quell’immensa distesa d’acqua scura illuminata solo dalla luna piena. Dopo esserci allontanati dalla riva, abbastanza perché l’acqua ci arrivasse al polpaccio, Alex, prendendomi di sorpresa, mi spinse facendomi cadere con il sedere a terra sulla sabbia; per fortuna la sabbia era abbastanza morbida e quindi non mi feci male.
Lo guardai storto. << Ehi! >>.
Rise. << Scusa, ma non ho resistito >>, disse e mentre io continuavo a guardarlo male, lui si piegò e si venne a mettere sopra di me, che ero sdraiata sui gomiti immersi nell’acqua. Attirò la mia bocca alla sua e mi baciò dolcemente. Approfittai di quel momento e con tutta la forza che avevo, lo spostai da sopra di me e lo feci ricadere al mio fianco tra gli schizzi dell’acqua.
Mi guardò sorpreso, non si sarebbe mai aspettato che io gli restituissi il favore. Mi alzai e iniziai a correre nell’acqua per distanziarmi da lui che sapevo benissimo che una volta rialzato me l’avrebbe fatta pagare. Mentre correvo feci attenzione a rimanere sempre nell’acqua bassa così che non mi fosse difficile correre. Alex non si pose lo stesso problema, infatti nuotò fino a me venendo dalla parte dell’acqua alta dove io non me lo sarei mai aspettata. Mi prese i fianchi facendomi sussultare per la sorpresa, e mi tenne stretta finché non mi arresi, stanca e con l’affanno.
<< Mi arrendo >>, dissi e mentre Alex abbassava le mani ne approfittai di nuovo e lo schizzai.
Mi rimandò lo schizzo e scoppiammo tutti e due a ridere come scemi.
Alex mi attirò nuovamente a se ma invece di baciarmi le labbra, mi baciò il collo, prima di leccarlo in un medo che mi fece venire i brividi. << Sai di sale >>, commentò.
Scoppiai a ridere e lo imitai. Si, anche la sua pelle sapeva di sale, cosa che lo rendeva ancora più appetitoso.
<< Io torno a riva, devo preparare una cosa, tu intanto resta qui e raggiungimi tra qualche minuto, tanto non ci vorrà molto >>, mi disse.
<< D’accordo >>, sorrisi.
Alex si allontanò ed io ne approfittai per farmi una bella nuotata sotto la luce pallida della luna che sembrava ci stesse osservando da lassù. Dopo aver nuotato per un po’, poggiai i piedi a terra ed alzai fuori dall’acqua la mano sinistra dove scintillava il mio anello di fidanzamento. Probabilmente gli altri erano già a conoscenza della proposta che Alex mi aveva fatto…  chissà se anche i miei genitori lo erano, dopotutto erano stati loro a convincermi a rimanere a Roma per un altro po’, quindi potevano benissimo essere in
combutta con lui. Ora che eravamo fidanzati ufficialmente, avrei dovuto pensare al matrimonio, alla cerimonia, al vestito, agli invitati, al ristorante… quante cose c’erano da preparare! Ce ne sarebbe stato il tempo? Speravo di si. Mi sentivo emozionatissima all’idea che tra qualche mese o anche tra un anno sarei diventata la signora Gaskarth. Avevo solo ventidue anni ma avevo già un figlio, un lavoro, una casa e stavo anche per sposarmi; non stavo forse correndo troppo? Ma che importava alla fine, l’unica cosa importante era che Alex ed io ci amavamo e troppo presto o no, io ero sicura di volerlo sposare, non avrei mai trovato una persona migliore di lui e volevo passare il resto della mia vita con lui al mio fianco e con la nostra famiglia.
Tornai a riva, dove Alex era seduto su degli asciugamani stesi sulla sabbia tutti messi vicini così da sembrare una sorta di letto.
Mi strizzai capelli per far uscire l’acqua e mi avvicinai a lui. << Hai organizzato proprio tutto >>, dissi sorridendogli.
Si strinse nelle spalle. << Ci tenevo che fosse speciale >>.
Mi sedetti accanto a lui. << Fidati, dopo questo >>, alzai la mano sinistra per indicare l’anello, << non potrebbe essere più speciale >>.
Sorrise sghembo. << Neanche se ci stendiamo su questi asciugamani e diamo vita ai nostri desideri più sconci? >>, mi chiese.
Feci finta di pensarci. << Mmm… forse >>.
Alex si sdraiò ed io mi sdraiai a mia volta sopra di lui facendo subito combaciare i nostri corpi ancora in parte bagnati. Le mie labbra cercarono le sue che avevano un vago sapore di sale che assaporai lentamente lasciando che il nostro bacio si facesse sempre più intenso, sempre più profondo. Le sue mani mi accarezzarono le gambe con movimenti lenti che mi infuocavano la pelle e andavano ad accrescere sempre di più la mia passione. [...]
Ci sdraiammo l’uno accanto all’altra e rimanemmo in silenzio per qualche minuto aspettando di riprendere fiato e di far attenuare tutte quelle emozioni che ci avevano travolti.
Rimanemmo ancora un po’ sotto il cielo stellato a coccolarci ascoltando il silenzio della notte interrotto solo dai nostri respiri e dal rumore delle onde che si infrangevano sulla riva. Alex mi tenne stretta a se tutto il tempo accarezzandomi i capelli e baciandomi qualche volta la testa mentre io ero appoggiata con la testa contro il suo petto, con gli occhi chiusi e le mani che gli accarezzavano delicatamente la pancia.
<< Lo sai che non ti lascerò mai? >>, mi chiese.
Sorrisi. << Neanche io lascerò mai te >>, promisi.
Quando tornammo a casa, era davvero tardi, ma Jack era ancora sveglio come anche Debbie e sfortunatamente anche Robert che però si vedeva benissimo che stava morendo di sonno. Jack e Debbie mi chiesero subito cosa avessi risposto e non appena gli dissi che avevo detto di si, Debbie mi saltò addosso e mi abbracciò cercando di non urlare per la gioia, mentre Jack mi sorrise e mi strizzò l’occhio dicendomi che era molto felice per me; mi avrebbe abbracciata anche lui se Debbie non mi fosse rimasta appesa al collo come un Koala per tutto il tempo.
Raggiunsi Alex in camera nostra che già si era messo il pigiama ed era già sdraiato a letto. Cambiai Robert e gli feci indossare il pigiama, poi andai in bagno per cambiarmi a mia volta; quando tornai in camera erano già tutti e due piombati nel sonno e la cosa dolce era che tutti e due erano girati su un fianco nella stessa posizione solo uno di fronte all’altro.
Sorrisi.
Ecco la mia famiglia, i due uomini della mia vita.
Pensai con emozione.
Spensi le luci e mi andai a sdraiare sul letto accanto a Robert che era girato verso Alex. Il mio telefono si illuminò avvisandomi che mi era arrivato un messaggio che ancora non avevo letto. Presi il telefono domandandomi chi diavolo potesse mandarmi un messaggio a quell’ora della notte.
Era un numero sconosciuto, ma non appena lessi il messaggio capì chi fosse e l’unica cosa che mi venne da fare invece di distruggere il cellulare, fu scoppiare a ridere.
Enrico mi aveva scritto: “Eri davvero tu stasera, in via del corso?”.
Non mi presi il disturbo di rispondergli, anche perché ero veramente stanca, volevo solo dormire fino all’ora di pranzo del giorno dopo.
<< Chi era? >>, mi chiese improvvisamente Alex facendomi prendere un colpo.
Non lo riuscivo a vedere per colpa del buio, ma dal tono assonnato che aveva usato capì che stava per ricadere di nuovo nel sonno, quindi preferì non dirgli nulla e lasciarlo dormire.
<< Nulla, te lo dico domani >>.
Lo sentì allungare una mano verso di me e a mia volta l’allungai anche io intrecciando le mie dita con le sue.
Mi addormentai ed entrai nel mondo dei sogni che dopotutto non era tanto diverso dalla mia vita.


Salveeee :DD
Scusatemi, scusatemi davvero tanto, soo in ritardissimo D: è che ho avuto il saggio di danza e quindi ho avuto prove su prove e zero tempo per riuscire a postare D:; oggi, nonostante la stanchezza (mi sa che dopo aver pubblicato il capitolo andrò a dormire xD) mi sono imposta di postarvi il finale di questa luuunga FF. Oddio che brutto... è finita T.T. la scena "rossa" xD l'ho proprio tolta perchè non sapevo come "sintetizzarla" xD... magari quando sarò più sveglia la metterò ;). 
Vi è piaciuto il ritorno di Enrico? XD lo dovevo rimettere in qualche modo u.u così la storia sarebbe finita come la prima :3.
Ringrazio davvero, dal profondo del mio cuoricino, tutte le persone che hanno recensito :) mi dispiace di non aver risposto a tutte o di aver ripetuto le stesse cose nelle varie risposte, ma non sono molto brava in queste cose xD. Un grande grazie va anche alle persone che non hanno recensito ma che hanno comunque seguito la storia e se ne sono affezionate :3 .
Un altro seguito è sicuro che non ci sarà :S questa volta non ci saranno sorprese >< anche perchè alla fine se si continua troppo una storia può diventare noiosa e magari ripetitiva u.u e poi sinceramente non saprei che scrivere xD quindi la stpria di Stella ed Alex finisce qui *-*, vi ringrazio ancora tanto :)... probabilmente mi rivedrete sul sito u.u ho già in mente una nuova FF di cui però non riesco ancora a scrivere l'inizio ><.
Ok, vi ho annopiato abbastanza xD
A prestooo! :DD
Un bacio.

Miki*

P.s. se volete aggiungermi su fb sono questa xD  
https://www.facebook.com/micaela.crisci ho anche twitter, ma non lo uso tanto xD se volete cmq seguirmi sono @MikiBarakat96 :)
 


 


 


 


 

  
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