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Autore: Alina_Petrova    03/07/2013    6 recensioni
Tratto dal primo capitolo:
Passano alcuni minuti, il treno parte lentamente e il cellulare vibra nelle mie mani. Apro il messaggio per leggere la risposta dell'affittuario, ma invece di quello ci trovo una sola parola:
"Torna".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Il mio piccolo.

 

Oggi fa particolarmente freddo. La neve non è ancora caduta, ma la pioggia è quasi ghiacciata e le sue gocce mi bruciano la pelle. Io però non ci faccio caso, sto fuori sul terrazzo... fumo... aspetto te. Dentro la mia tasca c'è un pacchetto di gomme da masticare, vicino al lavandino un collutorio, sul tavolo un succo alla pesca. Perché tu non ami quando io fumo. Non me lo vieti di certo, ma non lo ami. Invece adori il succo alla pesca. Ma io vorrei che amassi me. Ci riuscirai un giorno?

E non so neanche se arriverai oggi o meno. Da quel giorno in cui mi hai portato qui è passato appena un po' più di un mese. Prima pensavo di esistere da un incontro all'altro. Ora capisco che quella era la vita, e ora non c'è più niente. Prima avevo il mio lavoro, il mio appartamento, i miei amici, gli amanti, il mio numero di telefono... E adesso cosa? Non è il buio, oppure la tristezza. É semplicemente nulla. Non è che io sia rinchiuso nel tuo appartamento, ma è meglio che non esca, me lo sento. Non ho un lavoro, perché tu hai abbastanza soldi per mantenermi. Non ho un appartamento, l'ho venduto. E ti piace che io sia qui. Non ho nemmeno una cosa mia. Tutti i vestiti sono nuovi. E anche i libri. La musica... Ma cosa me ne faccio di tutto questo senza di te? Non ho un telefono. Te lo immagini? Hai fatto un contratto nuovo a tuo nome e mi hai lasciato il cellulare. No, non mi stai controllando... solo che è meglio così. Certo che è meglio. Tanto non chiamo nessuno a parte te. E anche a te non chiamo quasi mai. Non so nemmeno sotto quale nome hai memorizzato il mio numero. A volte ti scrivo un messaggio.

“Con le mele o con le amarene?”

“Scusami, oggi non posso.”

“Prendo del vino?”

“Scusami, oggi non posso.”

“Devo aspettarti?”

“Sempre.”

E sì, certo che ti aspetto. Perché ne vale la pena. Per delle ore sto sul terrazzo nella speranza di vedere la tua automobile fermarsi davanti al portone. Per delle giornate intere aspetto il tuo messaggio “Oggi cercherò di farcela.”

Questo non mi garantisce niente, ma mi fa felice lo stesso. Ogni mattina mi vesto bene, mi sistemo i capelli. Non ce ne sarebbe motivo, ma... se tu dovessi fare un salto qui per pranzo? Anche questo succede qualche volta e allora divento come un cagnolino che salta allegro intorno a te, ogni tanto sfiorando il tuo collo con il naso, mentre tu ridi e mangi quello che ti ho preparato... Tu mangi quello che io preparo. Tu mi permetti di guardarti per tutto il tempo con uno stupido sorriso sulle labbra. Mi appoggi la mano sul ginocchio. Poi ti lavi i denti, mentre io sto lì in bagno vicino a te e appena hai sciacquato la bocca, mi abbracci. Di solito per la vita, oppure appena più giù e mi vengono i brividi su tutto il corpo. E poi mi baci. Un bacio breve sulle labbra. Due sul mento e poi di nuovo sulla bocca, questa volta più a lungo. Mi aggrappo alle tue spalle, molto delicatamente per non stropicciare la tua camicia, perché devi tornare al lavoro. Trattengo respiro, gemendo e mi sembra che stia per svenire. Tu sorridi, mi baci sulla punta del naso e dici: - - Scusa, è ora che vada.

E te ne vai al lavoro. E dalle tue donne. Te ne torni nella tua vita. E io resto qua ad aspettare un altro incontro. Vivere con te non è per niente difficile, è... giusto. Perché insomma, io sono tornato, ho accettato tutto. Non hai mai fatto l'amore con me, ma va bene così. Io non ho una definizione né ho importanza, sono ancora il tuo nessuno, ma va bene così. Tutto. Va. Bene. Davvero.

 

Oggi è così freddo. E se tu non vieni, mi metterò a piangere... di nuovo. Odio togliermi i vestiti, sentendo che non sono le tue mani che lo fanno. Che non sono mai state le tue mani a farlo. Odio stare sotto la doccia all'alba, perché non sei mai stato lì vicino a me. Perché ho sperato fino all'ultimo, chissà per quale motivo, il tuo arrivo comunque. Odio raggomitolarmi sulle lenzuola in camera da letto, aggrappandomi alla coperta e gemendo al soffitto perché non hai mai dormito con me. Tu non mi appartieni. Per niente. Neanche un po'. E fa così male che sembra che nella gola si giri un coltello ogni volta che ci penso. Perché gli altri possono dire che tu sei il loro marito, collega, amico, padre, amante. Ma io non posso. E non perché non tu sia nessuno per me, ma perché io non ci sono nella tua vita. Sono quella dannata spazzatura nel vicolo, dove tu vieni meno di prima. Ti ho privato della tua tana, mi sento così in colpa. Ti ho chiesto perdono, ma tu hai riso e mi hai detto:

- Mio piccolo, stupidino, sono felice che tu sia qui.

Invece io ho sentito qualcos'altro:

- Sarebbe meglio che te ne andassi. Sarebbe meglio che non ci fossi.

Odio pensare al suicidio, perché se dovessi morire, non ti vedrei mai più. E inoltre non vorrei essere un egoista e crearti altri problemi morendo qui. Ma anche andandomene via da qui... ho paura. Se dovessi venire a pranzo e qui non ci trovassi nessuno? La morte non è un motivo per non prepararti il caffè. La morte mi toglierebbe la possibilità di baciarti.

Oggi non mi hai scritto che saresti venuto, quindi non ti vedrò. Ma io lo stesso sto sul terrazzo e aspetto. La mia camicia azzurra e i pantaloni beige si bagnano. Si bagna la pelle morbida delle scarpe e i miei capelli. Ma io mi appoggio alla ringhiera, butto via la sigaretta e di nuovo scruto il parcheggio. Hai comprato una macchina nuova, è arancione, si nota facilmente. Ma ora non c'è. Tu non ci sei. Do un pugno sul metallo e me ne vado dentro l'appartamento. Non accendo la luce quando non ci sei. Non mangio e non ascolto la musica. Senza di te sono in anabiosi, così è più semplice sopravvivere. Insomma, ti importa qualcosa di come stia io qui? Fa differenza per te, che cosa mi succeda? Mi sembra di essere vivo soltanto quando sei vicino. E mi sembra che pure per te io esista solo nei momenti in cui mi vedi. Tu mi pensi?

 

Oggi fa un freddo terribile, ma non chiudo la porta del terrazzo quando inizio a sbottonare la camicia per andare nella doccia. Sono quasi sicuro di avere le allucinazioni quando sento una chiave girare nella toppa. Sono quasi sicuro di essere impazzito quando in corridoio si accende la luce e sento il tuo, chissà perché, preoccupato:

- Kurt?

Sono sicuramente fuori di testa quando sento il fruscio della carta ed esco nel corridoio per vedere nelle tue mani le rose bianche.

- Sono... per me? - domando piano, ma tu non rispondi subito. Appoggi i fiori sul tavolo e non me li lasci neanche toccare, perché ti avvicini e mi abbracci. Sei caldo appena uscito dalla macchina e ho un milione di domande da farti, ma chiedo:

- Vuoi un caffè?

Ma tu ridi. La tua risata è aperta come quella di un bambino. E io mi rendo conto che è notte fonda e tu sei vicino a me e io sono matto, poco ma sicuro. - - Dio... come mi sono spaventato. Ho creduto che non ci fossi a casa, quando ho visto le luci spente. Non farlo mai più. Kurt... ma anche quando sei da solo, ti vesti come se dovessi andare sulla passerella? - il tuo sguardo vaga su di me, fermandosi sui miei fianchi... mi sciolgo come un ghiacciolo. - Umh-um, - mi manca l'aria.

- Mi sei mancato così tanto...

- Oh - spalanco la bocca e sbatto le ciglia come un deficiente.

- Sei freddo e sai di sigarette. Mi stavi aspettando di nuovo sul terrazzo? - tu... oddio, affondi il viso sotto il colletto della mia camicia e baci le mie clavicole, mi cedono le gambe, ma tu mi afferri e rimetti in piedi... e ridi.

- Di nuovo... - sospiro io, ti appoggio le mani sulle spalle e solo allora capisco che sei reale e che sei qui. E io sono vivo... di nuovo.

- Piccolo mio. - dici in un sussurro, scivolando con la punta del naso sul mio collo, toccando con le labbra il lobo dell'orecchio. Ma che piccolo... ho venticinque anni io.

- Tuo... - mi stringo a te, infilo le mani sotto il tuo cappotto, comincio a sbottonarti la camicia e tu ti irrigidisci. Non me lo lasci fare. Non me lo permetti. Noi non superiamo certi limiti. Beh... perché sei etero. E io sono il tuo nessuno, ma va bene così.

- Mi fai un caffè? E io ti racconto perché sono qui. - ti allontani, sorridi, ti togli il cappotto e le scarpe. Io mi mordicchio il labbro, poi corro a sciacquarmi la bocca, bere il succo di pesca e spalmarmi le labbra con il balsamo, così potrai baciarmi. Corro a prepararti il tuo caffè e ascoltarti. Dio, adoro ascoltarti!

- Vieni qua. - dici tu dopo un po', quando il caffè è pronto e io non riesco a capire, cosa intendi. Mi giro e mi manca il respiro. Indossi una maglietta e un paio di morbidi pantaloni grigi da casa. Tutta roba che costa un occhio della testa e che ti sta da Dio, ma sempre così... da casa... Questo vuol dire che stasera non te ne andrai? Per la prima volta? Dio...

Prendi la tua tazza, ti siedi sul divano e la metti sul tavolino e io mi siedo vicino a te. Ma ti accigli e mi dici: - Non così.

Poi mi prendi e mi sposti sulle tue ginocchia e in questo momento la stanza si mette in movimento, inizia a girare intorno a me e mi appiglio al tuo collo per non cadere.

- Blaine... - mi muovo appena, mi sento strano e a disagio. Mi aspetto da un momento all'altro che mi butti giù... ma non lo fai. Mi abbracci e fai un sorso di caffè. Poi metti via la tazza, sorridi e tiri la mia camicia sbottonata giù dalla spalla per toccarla con le labbra, mandando una scossa elettrica su tutto il mio corpo.

- Sono in viaggio di lavoro per quattro giorni. Avevo già avvisato tutti per tempo, ma oggi è stato annullato... - mi appoggi la mano sul petto, lo sfiori con i polpastrelli. Io spalanco gli occhi... sono quasi morto dalla felicità.

- Starai con me per quattro giorni?

- Hai paura di poterti stancare di me? - mi domandi in tono quasi malizioso, continuando lentamente a togliermi la camicia.

- Ho paura di morire per eccesso di felicità. - rispondo io, non riuscendo ancora a fidarmi delle mie stesse orecchie, dei miei stessi occhi. Fidandomi solamente di te, sempre fidandomi di te.

- Piccolo mio... - sussurri con un sorriso sulle mie labbra e io sospiro:

- Tuo. - e poi ti bacio, abbandonandomi a te senza riserve, come sempre.

   
 
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