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Autore: lightoftheday    22/09/2004    1 recensioni
Jennifer è l’emblema della donna normale: non è belllissima, non è intelligentissima, non ha niente che la renda speciale o particolare. Ha quasi trentun anni, un lavoro stabile da segretaria, una vita senza scossoni, quella che ha sempre desiderato. Almeno finché il destino non ci mette del suo…
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dominic Monaghan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti!

Yarel, non mi sono affatto offesa, se ti ho dato quest’impressione scusami tanto, non era affatto nelle mie intenzioni. Come ti avevo detto l’altra volta la tua recensione mi aveva fatto molto piacere, veramente molto. Avevo capito a cosa tu ti riferissi, quindi non preoccuparti e ancora grazie mille per i tuoi commenti.

Ebbene sì, l’orecchiotto scatena istinti omicidi! Anche in “Per colpa di Nessie” c’era chi voleva prenderlo a calci nel posteriore, quindi posso dire con certezza che per fortuna sono riuscita nell’intento! Evvai!

Kaori non preoccuparti, leggi quando vuoi e quando puoi, tanto la storia non ha la data di scadenza! Sono contenta che continui a piacerti!

Buona lettura a tutti, Mandy

 

Capitolo 30

Happy Birthday

 

- Goal! E vai!- aveva esclamato Dominic alzandosi dal suo divano e cominciando a saltellare per la stanza. Ancora seduto Jonathan lo guardava allibito.

- Io proprio non capisco la vostra propensione tutta europea per il calcio, è veramente un gioco del cavolo…- aveva osservato l’amico mentre Dominic si lanciava in una sorta di telecronaca dell’ultimo minuto. Con una voce impostata e ridicola stava dicendo:- Al trentottesimo i francesi se lo prendono in…-

- Veramente, voi europei siete strani.- aveva aggiunto l’altro interrompendolo, guardandolo mentre si eccitava tanto per uno che aveva buttato una palla dentro una rete.

- Per me siete strani voi americani che non lo apprezzate! Tutto è relativo!- aveva risposto Dominic dopo essersi dato una calmata ed essersi rimesso seduto sul suo divano.

Gli dispiaceva essersi perso la prima partita degli Europei che era stata trasmessa il giorno precedente, insomma, veder vincere la Grecia contro il Portogallo doveva essere stata una cosa interessante.

Ovvio che la partita dell’Inghilterra, per di più contro la Francia, non se la sarebbe persa per niente al mondo: poteva arrivare pure Francis Ford Coppola e dirgli che se lo incontrava proprio in quel momento aveva una parte sicura nel suo prossimo film, gli avrebbe detto no… beh, forse la partita avrebbe potuto anche registrarla nel caso che proprio Coppola si fosse fatto sentire.  In ogni modo non l’aveva fatto, quindi Dominic aveva invitato Jonathan a pranzo a casa sua e si erano messi a vederla subito dopo.

A dirla tutta Jonathan si annoiava abbastanza, il calcio non lo interessava molto, Dominic aveva provato anche a farlo appassionare facendogli vedere qualche match e spiegandogli dettagliatamente le regole, ma da americano medio proprio lui non era riuscito a farselo piacere.

Prima del trentottesimo del primo tempo, prima dell’azione portata avanti prima da Beckham che aveva crossato da destra verso Lampard che, a sua volta, con un colpo di testa aveva messo preciso la palla in rete, la partita non era stata granché emozionante, e dopo quel goal lo era stata ancora meno. Nella ripresa i francesi avevano alzato decisamente la testa e si erano fatti più aggressivi, Dominic era schizzato dal divano più di una volta quando sembrava che i francesi dovessero pareggiare.

Durante l’intervallo, prima della ripresa francese, Dominic si era dato una calmata, del resto aveva dovuto ammettere che la partita non fosse proprio una cosa stratosferica, Jonathan aveva approfittato per fargli una domanda che avrebbe voluto fargli sin da quel venerdì sera.

Dominic era tornato dalla cucina con due birre in mano, una l’aveva porta all’amico mentre si sedeva.

- Senti un po’, me la dici una cosa?-

- Che?- gli aveva risposto Dominic guardandolo incuriosito. Quando Jonathan cominciava così era perché stava per partire una domanda personale, e dato che lui era uno che in genere badava ai fatti suoi, la prendeva sempre alla larga.

- Una stronzata… ma quella tipa, Jennifer, allora è una cosa seria? No, perché venerdì sera sei schizzato come se fossi stato beccato con le mani nel sacco quando è arrivata, non so se rendo.-

- Dici?- aveva chiesto Dominic come se non fosse vero quello che l’amico gli aveva detto.

- Dico e come!- aveva ribattuto Jonathan ridacchiando.

Dominic aveva pensato ad una scusa plausibile da fornire. - No, non è seria la cosa. Solo che, sai com’è, ci vediamo e non era proprio carino che mi strusciassi ad un’altra davanti a lei, capisci vero?-

- Ah, sì, come no.- aveva detto serio Jonathan. - Ma con Susan…- aveva cominciato subito dopo.

Dominic l’aveva interrotto immediatamente, del resto aveva perfettamente intuito dove volesse andare a parare Jonathan.

- No, no, assolutamente no.- aveva detto deciso. - Per carità, ci mancherebbe altro che mi scopassi quella, francamente ne faccio a meno, c’è di meglio.- Improvvisamente si era ricordato che Jonathan invece c’era finito a letto, così s’era affrettato a dire:- Oh, senza offesa, eh!-

L’altro ridacchiò appena. - Che offesa, figurati!-

La partita era ricominciata, ma Jonathan aveva continuato con quel discorso, sortendo però l’effetto dì innervosire Dominic per due motivi ben precisi: un po’ per il fatto che lo stava distraendo dal match, un po’ effettivamente per quello che aveva detto.

- Certo che hai ragione a dire che è un tantino rincoglionita.- aveva commentato dopo un po’.

Dominic si era girato di scatto verso di lui. - Chi?- gli aveva chiesto.

- Come chi, quella Jennifer. Voglio dire, chiunque si sarebbe accorto che quella situazione era anomala, dai…-

Dominic aveva leggermente cambiato espressione. - Ma se nemmeno la conosci, come fai a dire che è una rincoglionita?-

- Infatti io dico quello che dici tu su di lei!-

- Perché tu con la tua testa non sai pensare?- aveva risposto secco Dominic.

- Va beh, mi sarò sbagliato, non c’è bisogno che t’incazzi!-

Dominic si era improvvisamente reso conto che forse aveva esagerato. - No, mica m’incazzo, anzi, scusa.-

- Figurati…- gli aveva risposto scettico Jonathan.

L’umore di Dominic era notevolmente peggiorato dopo il fallo che al settantatreesimo Silvestre aveva fatto su Rooney in piena area, un bel calcio di rigore a favore dell’Inghilterra.

Dapprima Dominic aveva esultato:- E vai che gli facciamo il culo a questi francesi del cazzo!- aveva detto, ma quando avevano visto Beckham avvicinarsi al dischetto, si era rimesso seduto e aveva detto:- No! Beckham no! Novanta su cento lo sbaglia ‘sto demente!-

Detto fatto, Barthez aveva respinto senza troppe difficoltà il tiro del centrocampista inglese. Dal divano di casa Monaghan era partita una litania di parolacce.

- Che deficiente! Ma se ti mettessi le tue mutande invece di quella di tua moglie non sarebbe meglio, testa di cazzo con i piedi a banana! Lo facevo pure io quel rigore, e che palle! Rincoglionito!-

Jonathan era scoppiato a ridere tanto che non riusciva più a smettere, Dominic se l’era pure un po’ presa e gli aveva chiesto che avesse tanto da ridere.

- No, scusami, tu parli di uno che si mette la biancheria intima della moglie e poi mi vuoi dare ad intendere che voi europei non siete strani? No, perché io posso anche farlo, ma non lo vado a dire al mondo intero!-

Dominic aveva dovuto dire che in effetti l’amico non aveva tutti i torti. - Sì, e voi siete un popolo che s’incazza se il vostro presidente si tromba una stagista, che per altro c’ha pure la faccia da maialetta, nemmeno da maiala, dimmi te che cos’è peggio!-

- Hai ragione, Monica Lewinsky sembra un maiale…-

Avevano cominciato a ridere entrambi non riuscendo bene a capire com’era che fossero arrivati a parlare di quello.

La voglia di ridere, almeno a Dominic, era passata alla fine della partita: al novantesimo Zidane aveva realizzato un bel calcio di punizione pareggiando, nei tre minuti di recupero l’Inghilterra aveva praticamente regalato un rigore alla Francia, che sempre Zidane aveva realizzato pochi secondi prima del triplice fischio dell’arbitro.

- ‘Sti fetenti di francesi!- aveva concluso Dominic spegnendo la televisione un po’ stizzito.

- Così è la vita Dom, non si può vincere sempre!- aveva commentato Jonathan alzandosi dal divano.

- Come no! La palla è tonda e bla bla vari… come no!- aveva ribattuto Dominic.

Jonathan se n’era andato poco dopo lasciandolo solo nel suo soggiorno. Per un po’ aveva rimuginato sull’esito della partita, ma poi i suoi pensieri si erano spostati su altro. Aveva subito cominciato a riflettere su come aveva reagito quando Jonathan aveva parlato di Jennifer.

Aveva letteralmente rizzato il pelo come i gatti, se ci pensava gli veniva da ridere.

 

***

 

Quando Martin insieme alla posta le aveva dato quel mazzo di tulipani facendole gli auguri di buon compleanno, Jennifer era rimasta talmente tanto sorpresa che per qualche secondo non aveva saputo proprio che dire.

- Grazie Martin, ma perché ti sei disturbato tanto?-

- Disturbato? Ma vuoi scherzare spero? Per me è un piacere!- le aveva risposto sorridente il ragazzo delle consegne.

- E poi ti sei ricordato, sei veramente un tesoro!- aveva continuato Jennifer sorridendo e guardando quei fiori che lui le aveva portato.

Martin pure le aveva sorriso, era contento che a lei avesse fatto piacere quel gesto. - Allora ancora auguri Jennifer, io continuo con le consegne, ci vediamo quando ripasso.-

L’altra l’aveva ringraziato nuovamente, per un momento aveva avuto la tentazione di invitarlo a quell’uscita che lei e Patricia avevano organizzato per quella sera. Niente di particolare, era solo una serata in un locale e una bevuta per festeggiare il suo trentunesimo compleanno. Si era trattenuta solo perché aveva paura di dargli ad intendere che ci fosse dell’interesse da parte sua, la cosa più cattiva che poteva fare a Martin era proprio illuderlo.

Almeno lui si era ricordato… di Dominic quel giorno neanche l’ombra. L’ultima volta che si erano visti era stato quello strano venerdì sera, sul quale Jennifer aveva finito per riflettere a lungo.

Certo che le aveva fatto piacere trovarlo là e passare una serata con lui, solo che Jennifer dopo aveva pensato che lui avrebbe dovuto essere a lavorare. Non che le avesse detto che non usciva con lei perché aveva impegni di lavoro, per la verità lui non le aveva detto assolutamente nulla sui suoi impegni, ma Jennifer aveva ingenuamente incominciato a pensare che, se non si vedevano, era perché lui era impegnato con il lavoro. Ripensandoci si era data della stupida: dove stava scritto che Dominic non poteva prendersi la serata per conto suo e uscire con i suoi amici? Di certo non doveva chiederle il permesso, ci sarebbe mancato altro, e per lei era lo stesso, quando voleva stare con le sue amiche ci stava e basta.

Poi però c’era stato il silenzio assoluto, ormai erano ben quattro giorni che di Dominic non sapeva niente. Quel giorno era martedì, il 15 giugno, il suo compleanno. E lui sapeva che il 15 giugno era il suo compleanno, se solo aveva prestato un po’ d’attenzione ai loro discorsi. Ne avevano parlato una sera, Jennifer si ritrovò a pensare che forse poteva essersene dimenticato, forse averne parlato una volta così di sfuggita era troppo poco. Ma a parte la storia del compleanno, cominciava a chiedersi com’è che lui non l’aveva più cercata dal venerdì, sebbene le aveva promesso che l’avrebbe fatto. Si era decisa a scrivergli un messaggio, lo faceva spesso la mattina, giusto per augurargli una buona giornata. Raramente Dominic le aveva risposto, anche quella mattina era stato così, e la cosa quella volta l’aveva depressa più del solito.

Erano solo le undici del mattino in fin dei conti, fino a mezzanotte era in tempo per farsi vivo, il che significava che aveva altre tredici ore di tempo. Jennifer si concesse di incominciare a preoccuparsi verso l’undicesima, non prima. Che poi, preoccuparsi, era una cosa grossa. Di fatto non sapeva nemmeno lei cosa aspettarsi con certezza, era abbastanza confusa da tutta quella situazione senza bisogno di mettere altra carne al fuoco con il fatto che era il suo compleanno.

A pranzo con Patricia quel giorno era stata più taciturna del solito, tanto che l’amica aveva cominciato a prenderla in giro.

- Che c’è, ti senti vecchia? Non sei contenta che per i prossimi due mesi abbiamo la stessa età?-

Jennifer aveva riso, aveva preferito non dirle niente sulla natura delle sue preoccupazioni perché le sembrava di essere un po’ troppo invadente a farlo. Del resto erano preoccupazioni di poca importanza in fin dei conti. Prima di tornare entrambe al loro lavoro si erano date appuntamento per quella sera, prima a casa di Patricia dove avrebbero cenato, per poi uscire a fare un giro.

Jennifer ci aveva pensato per il resto del pomeriggio, il pensiero la metteva tanto in tensione che si era dimenticata di Dominic per qualche tempo. Dato che era il suo compleanno, poteva scommetterci, alle sette precise sua madre avrebbe preso il telefono e l’avrebbe chiamata, pretendendo di sapere ogni singolo particolare della sua vita attuale, per criticarlo ovviamente. Avrebbe potuto rimetterci l’orologio su quella cosa, infatti, dopo essere tornata a casa dal lavoro aveva dato da mangiare a Sploffy, si era cambiata e aveva fatto qualche faccenda in casa. Alle sette si era seduta sul divano e aveva aspettato per non più di trenta secondi. Il telefono aveva trillato puntualissimo.

- Mamma?- aveva risposto direttamente.

- Ciao tesoro, come facevi a sapere che ero io?-

- Telepatia.- aveva risposto sarcasticamente Jennifer che, volente o nolente, nella mezz’ora successiva, era stata costretta a sorbirsi le prediche di sua madre. Quando aveva potuto riattaccare era veramente arrivata al limite, sarebbero bastate poche parole di critica in più a farla scoppiare.

Di Dominic, quasi alle otto di sera ormai, nemmeno l’ombra. - Ha ancora quattro ore, ancora quattro ore…- aveva cominciato a ripetere tra sé e sé mentre si preparava per uscire.

La serata era stata piuttosto divertente. Avevano cenato da Patricia, c’era anche Susan con qualche altra loro amica che vedevano meno frequentemente, poi erano andate in un locale per concludere la serata, per rientrare poi relativamente presto, dato che il giorno dopo era di lavoro per tutte.

Jennifer era tornata a casa e aveva salito le scale piuttosto lentamente, un po’ perché aveva bevuto leggermente più del solito e, non essendoci molto abituata, le girava ancora la testa, un po’ perché era veramente stanca, anche se era solo mezzanotte passata da poco.

Quando era arrivata al pianerottolo del terzo piano aveva alzato la testa per un attimo e aveva visto che c’era qualcuno seduto sulle scale, qualcuno che per la verità non aveva impiegato molto a riconoscere. In fretta aveva salito le ultime due rampe, Dominic vedendola arrivare si era alzato e le aveva sorriso.

- Che ci fai qui?- gli aveva chiesto Jennifer più che sorpresa. Si sarebbe aspettata di tutto, tranne che quello.

Effettivamente Dominic doveva riconoscere che averla aspettata lì per quasi un’ora e mezza non era molto da persone normali, quindi capiva benissimo come fosse possibile che Jennifer l’avesse guardato in modo così strano. - No… cioè… io ho provato a chiamarti, ma hai il cellulare staccato.- si era giustificato.

Jennifer si ricordò improvvisamente che l’aveva spento per lasciare la borsa al guardaroba del locale dove era andata, e che poi si era dimenticata di accenderlo una volta ripreso.

- Eh, sì, l’ho spento quasi due ore fa… ma quant’è che sei qui?-

Dominic, anche se sapeva benissimo che era là da pochi minuti prima delle undici, aveva guardato l’orologio. - Poco più di un’ora. Ho finito tardi stasera, ma volevo vederti lo stesso. Mica pensavi che me ne fossi dimenticato, vero?- le aveva detto sorridendole e avvicinandosi. Non le aveva dato il tempo di rispondergli, le aveva preso il viso tra le mani e le aveva dato un bacio.

- Buon compleanno.- le aveva detto una volta che quel bacio era finito.

Jennifer gli aveva sorriso, poi aveva aggiunto:- Veramente pensavo non lo sapessi affatto, e più che altro a preoccuparmi è stato il fatto che è un po’ che non ti fai sentire.- Aveva fatto una pausa dopo aver detto questo, aveva visto che Dominic aveva cambiato espressione. Non voleva che quello che aveva detto risultasse come un rimprovero, così l’aveva abbracciato e aveva aggiunto:- Ma non me ne frega niente, sei qui ora e francamente mi va benissimo così.-

Il fatto che lei avesse sempre una buona parola per lui fece sentire Dominic più sereno, ma nel profondo ancora peggio di come si era sentito quella sera.

Quando si era ricordato di che giorno fosse, Dominic non solo stava lavorando ed era impossibilitato a fare una cosa qualsiasi, ma era anche piuttosto tardi. In quel momento proprio non poteva né telefonare a Jennifer, né fare altro, durante una pausa era corso da Penny, che se l’era visto arrivare con una faccia che non prometteva niente di buono.

- Che è quella faccia?- gli aveva chiesto.

- Mi devi fare un favore enorme. Oggi è il compleanno di Jennifer, me ne sono dimenticato, le volevo fare un regalo… non è che ci penseresti tu?-

- Io? Ma se nemmeno la conosco!- aveva ribattuto Penny leggermente infastidita dalla richiesta.

- Perché hai bisogno di conoscerla una persona per comprarle un regalo?-

- Il più delle volte sarebbe consigliabile Dom…-

Dominic non aveva avuto bisogno di insistere troppo, se si trattava di fargli un favore non è che Penny si sarebbe fatta pregare molto. A dire la verità si era ulteriormente innervosita per il fatto che Dominic non aveva voluto darle nemmeno uno straccio di indicazione, nemmeno sulla cifra che avrebbe dovuto spendere. Si era limitato a dirle che si fidava di lei, e Penny sperava tanto che non si sarebbe dovuto pentire della cosa, lei in genere aveva dei gusti pessimi in fatto di regali.

Era tornata agli studi quaranta minuti più tardi con in mano un sacchetto di Cartier, Dominic vedendolo si era preoccupato un po’.

- Mica che è una cosa vincolante, vero?- le aveva chiesto appena aveva avuto un momento di tempo.

- Come no, è un brillante grosso come una noce di cocco, farà fatica a portarlo!- gli aveva detto sfottendolo Penny, che poi aveva aggiunto:- Lo puoi guardare, il sacchetto si può aprire!-

Quando aveva potuto guardarlo, poco prima delle dieci di sera, Dominic aveva visto che si trattava di una semplice catenina di oro bianco con un ciondolo a forma di coccinella. Penny aveva fatto un’ottima scelta: gli sembrava molto carino, per di più un regalo che non sapeva troppo né di studiato né di troppo vincolante, in poche parole adatto all’occasione.

Era uscito dagli studi e non ci aveva nemmeno pensato, era andato dritto a casa di Jennifer, ma quando aveva suonato al campanello non gli aveva risposto nessuno. Per un colpo di fortuna la vicina di casa di Jennifer stava rientrando con i bambini proprio in quel momento, si erano incrociati qualche volta sulle scale con Jennifer, quindi la donna gentilmente, riconoscendolo, gli aveva permesso di entrare con lei.

Era talmente sicuro che avrebbe trovato Jennifer a casa che aveva pensato piuttosto ad un guasto del citofono, ma di certo non al fatto che lei poteva essere, giustamente, andata a divertirsi per conto suo dato che lui l’aveva ignorata per tutto quel tempo volutamente e che era il suo compleanno. Era come se desse per scontato che l’avrebbe trovata ad aspettarlo.

Dopo aver aiutato la vicina di Jennifer a portare il passeggino del bambino più piccolo fino al quarto piano, aveva suonato il campanello di Jennifer e anche quella volta non aveva ricevuto risposta. Dapprima aveva pensato che era strano, aveva provato a telefonarle e aveva trovato il cellulare spento.

Si era seduto per un momento sulle scale davanti alla sua porta di casa, cominciando a capire essenzialmente una cosa, ovvero che era stato un completo idiota e che non poteva certo giustificarsi in nessun modo.

A parte il fatto che aver dato per scontato che Jennifer fosse lì, a casa, ferma immobile ad aspettarlo era veramente un’assurdità di dimensioni colossali, ma cosa pretendeva da lei? Riconosceva di non essersi comportato affatto bene, di averla ignorata un po’ troppo negli ultimi tempi, e non poteva certo pensare di poter rimettere tutto apposto arrivando lì per farle una sorpresa con un regalo per il suo compleanno. Era ridicolo soltanto che l’avesse pensato.

Jennifer era una persona con i suoi impegni, con la sua vita, e soprattutto con i suoi sentimenti, di cui lui si stava approfittando. Che cosa gli stesse prendendo in quel periodo poi, non lo sapeva dire con certezza nemmeno lui. Sapeva solo che era sicuro che, se si guardava indietro, non era sempre stato così.

Alla fine non si era nemmeno accorto che aveva passato più di un’ora e mezza seduto su quelle scale, per giunta al buio, dato che dopo un po’ la luce delle scale si era spenta e non aveva ritenuto necessario accenderla nuovamente, non gli serviva a niente. Era rimasto lì a pensare, in condizioni normali se ne sarebbe andato semplicemente, invece non l’aveva fatto.

Quando aveva visto la luce accendersi si era sentito in ansia, non si sarebbe stupito se Jennifer trovandolo lì magari si fosse innervosita, o forse era già arrabbiata con lui per via del modo che lui aveva di comportarsi e avrebbe approfittato di quell’occasione per farglielo presente. Poco dopo, quando Jennifer gli aveva fatto notare che da diversi giorni non si faceva sentire, Dominic c’era rimasto male, ma non certo perché si era offeso che lei gli avesse detto quella cosa, piuttosto perché aveva capito che doveva essere un particolare che le era pesato. Ripensandoci non le aveva mai risposto nemmeno ad uno di quei messaggi che aveva cominciato a mandargli di mattina, non aveva fatto assolutamente niente che le facesse capire che, in fondo, lui a lei ci teneva, anche se in un modo tutto suo.

La coccinella a Jennifer era piaciuta, erano rimasti per poco seduti sul suo divano, quando Dominic aveva fatto per andarsene lei gli aveva tassativamente impedito di farlo.

- Non crederai mica di andartene così vero?- gli aveva detto sorridendogli, per poi baciarlo.

Non che lui volesse farlo veramente, era solo che non credeva che fosse il caso quella sera.

Alla fine si era tranquillizzato, anche se nel profondo il suo dispiacere era cresciuto. Forse sarebbe stato meglio se Jennifer gli avesse dimostrato più platealmente il suo disappunto, se fosse stata meno comprensiva e più dura, ma così non era stato, del resto non lo era mai.

Dominic non sapeva più cosa pensare: mentre Jennifer si era addormentata da un pezzo lui non riusciva a farlo, perso a pensare a cosa sarebbe stato giusto fare. C’erano troppe cose da considerare, troppe cose che si erano complicate.

Ormai non era più questione di concludere quella relazione, di continuarla, di cambiare il suo atteggiamento. Sembrava che tutto fosse diventato così complicato da non vedere una soluzione possibile che fosse almeno un po’ indolore per entrambi.

   
 
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