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Autore: foglia    17/01/2008    7 recensioni
Salve! questa è la mia prima fic. vi prego lasciatemi il vostro parere!! ç.ç -Un amico, una persona che stimi...le sue mani sporche di sangue...tu l'unica sua salvezza...scavare nella sua mente e nel tuo cuore per scoprire le risposte che forse non vorresti avere...ma infondo nulla è mai veramente come ci appare...-
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Nellanotteunachiamata

Nella notte...una chiamata



La luna oscillava in un cielo trafitto di stelle.

Per le strade un silenzio umido e sinuoso regnava sovrano.

Le luci dei lampioni colpivano diverse angolazioni, deformando linee e contorni di quel parco ormai deserto.

Le fronde degli alberi creavano sinistre presenze che osservavano curiose ed indiscrete l'uomo di nero vestito, in piedi, immobile di fronte alla panchina sotto al grande acero.

Quest'uomo sollevò la mano sinistra portandosela sulla fronte e scostando la chioma sudata.

La mano destra, inerme ed abbandonata lungo il corpo, reggeva ancora debolmente e tremante un pugnale.

La lama lucida rifulgeva d'argenteo bagliore. La sua liscia perfezione disturbata soltanto da opache chiazze d'onice.

Una sagoma oscura giaceva di traverso sulla gelida panchina di ferro, irrimediabilmente inanimata, tetramente rigida ed esangue.

Il respiro accelerato, condensato in bagnate e grigie nubi, spezzava l'immobilità di quell'angosciante dipinto.




La luce del monitor illuminò di cobalto la stanza avvolta dalle tenebre, anticipando la banale e comune suoneria, ambasciatrice di un'inaspettata telefonata.

Cercando di uscire contemporaneamente dalle maniglie del sonno e da quelle più concrete delle coperte, riuscì ad acchiappare l'apparecchio prima che la chiamata s'interrompesse.

Dall'altra parte una voce conosciuta eppure sconvolta ed insolitamente esitante ebbe il potere di risvegliarlo completamente.

Adesso dove sei? ”

L'uomo era evidentemente agitato e sotto shock...un'immagine veramente difficile da accostargli.

Calmati...non capisco cosa stai dicendo...sì, io sono a casa...ok, allora ti aspetto...”

Rimasto nuovamente da solo si sfregò il viso con le mani, stropicciandosi la pelle, prima di abbandonare il calore del letto per dirigersi in bagno.

I lunghi capelli biondi aderivano al suo voto nascondendolo al suo stesso riflesso nello specchio.

L'acqua calda del rubinetto lo appannò in breve tempo.

Con l'indice scrisse il nome del suo interlocutore, nonché più fidato compagno nelle indagini.

Una delle persone che più stimava.

Decise che era inutile domandarsi su cosa avesse potuto spaventarlo in quel modo, infondo presto lo avrebbe scoperto...già...lui, proprio lui...lo aveva chiamato per primo e sospettava anche di essere l'unico al quale si fosse rivolto.

Si diede mentalmente dello sciocco per quell'insensato velo di soddisfazione ed autocompiacimento che alimentava un inopportuno sorriso sulle sue labbra e finì di rivestirsi in tempo per sentire suonare il campanello del suo appartamento.




La porta si aprì ferendone le pupille sensibili, abituate al denso nero della notte.

Non appena fu entrato, sentì l'adrenalina che fino a quel momento gli aveva dato la forza per proseguire, defluire dal suo corpo.

Si lasciò cadere, sconfitto dalla gravità della terra e del suo cuore ferito.

Ad evitargli l'impatto con il pavimento furono due esili e candide braccia di ragazzo.

Socchiuse le palpebre focalizzando il suo salvatore, senza però udirne la voce, appoggiandoglisi completamente contro e lasciandosi guidare verso il divano, dove sprofondò perdendo i sensi.



Quando aprì la porta, due cose lo colpirono.

Il freddo pungente che proveniva dall'esterno e lo sguardo smarrito e vicino al collasso del suo capo.

Reid non fece in tempo a terminare le sue domande che se lo vide crollare fra le braccia.

Dovette dar fondo a tutte le sue energie per trascinarlo fino al divano, dove poi svenne.

Ma ciò che fece perdere un battito al proprio cuore fu vedere le macchie di sangue che svettavano sui vestiti di entrambi.

Ispezionò l'altro ma per fortuna o per sfortuna il sangue non era nemmeno suo.

Allora perché ne imbrattava i palmi?

Frenò l'impulso improvviso di chiamare Gideon; era venuto a casa sua perché si fidava di lui e voleva dimostrargli quanto quel sentimento fosse reciproco, quindi mettendo a tacere la propria coscienza inferocita, si diresse nuovamente in bagno per cercare una spugna ed un asciugamano.

Sollevando lo sguardo verso lo specchio poté leggere il nome che vi aveva scritto poco prima.

-Aaron-




  
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