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Autore: KittyPryde    17/01/2008    1 recensioni
Asi crece lo que siento yo por ti
[Sister Kate, Leon Garcia]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leon Garcia de Asturias era, tra tutti gli uomini da lei conosciuti, sicuramente quello che meglio incarnava l'esatto opposto dell'immagine sofisticata di "uomo ideale" che un tempo aveva popolato i sogni infantili della signorina Kate Scott; genericamente poco attento alla cura della sua persona, rumoroso, disordinato, non sapeva parlare né a voce bassa né in un italiano corretto; appassionato, irrazionale, irragionevolmente energico, l'ex galeotto fuoriusciva in modo prorompente da tutti gli schemi nei quali Kate aveva sempre pensato di inquadrare l’uomo di cui avrebbe potuto innamorarsi , ma Leon aveva dato subito prova di avere troppi spigoli per entrare in quella forma così rigorosamente geometrica, tanto chiara nell'immaginazione di Kate e, sgomitando senza prepotenza, si era costruito uno spazio più pratico e congeniale nel cuore della Sorella.
Era un tipo d'uomo comune quello che Kate aveva sempre pensato di sposare una volta raggiunta l'età adatta, un uomo che ricordava ancora di cedere sempre il passo a una signora o di aprirle la portiera della macchina, che fosse vicino alle sue britanniche origini o per lo meno simpatizzante, distinto, acculturato, disciplinato e, soprattutto, che non sapesse cucinare; Leon invece non era affatto un esempio di buona educazione e finezza, vantava un istruzione approssimativamente elementare e preparava banchetti, dai colori variopinti e dal sapore insospettabilmente gradevole; il poco credibile Padre Garcia, con la quella mascolinità irruenta che nemmeno i suoi abiti riuscivano a trattenere, non poteva fare a meno di essere se stesso e, nonostante quel suo incontenibile modo di vivere fosse così scandalosamente antitetico rispetto alla quieta tranquillità anglosassone di Kate, l'ego smisurato e straripante dello spagnolo l'aveva irrimediabilmente conquistata, fin dal momento in cui Leon aveva posato inavvertitamente su di lei quei suoi profondi occhi neri, che traducevano chiaramente ogni sua intenzione e aveva distrattamente pensato che, nonostante certi suoi consueti atteggiamenti da zitella isterica, Kate fosse davvero bella. Era entrato nella sua vita con un penetrante profumo di dopobarba e lucido da scarpe che le, seppur numerose, capacità in dotazione al suo ologramma non potevano percepire, ma che riusciva ad assaporare intuitivamente; odorava di tabacco bruciato sulla punta delle dita, di pelle abbronzata e improbabili mazzi di fiori da set cinematografico che le lasciava sul comodino della camera d'ospedale, ogni giorno più grandi fino al pomeriggio in cui aveva fatto una carezza al suo corpo inerme, chiedendole se voleva uscire a cena con lui. Leon aveva trovato la strada più semplice per raggiungere l'intangibile cuore della signorina Scott, che non aveva bisogno né di rigorosi programmi per il suo incerto futuro né tanto meno di modelli o ideali, ma solo di sentirsi fortemente desiderata e lui, figlio di una genuina spontaneità e di un'impulsività folcloristica, era riuscito ad indovinare il modo perfetto di conquistarla senza nemmeno doverlo cercare. La faceva sentire ancora viva, ed era passato talmente tanto tempo dall'ultima volta che qualcuno lo aveva fatto, che Kate si accorse di aver quasi dimenticato cosa significasse; desiderò rispondergli che sarebbe uscita volentieri con lui, ma abbassò gli occhi e scosse la testa mormorando piano "lo sai" senza però smettere di pensare a quanto fosse reale, l'artificiale sensazione di quell'enorme carezza, senza smettere di pensare che voleva sentirlo ancora, di essere viva.
Travolgente… era questo il primo aggettivo che si materializzava nella la romantica mente di Kate, quando pensava alla natura della sua atipica storia d'amore immaginandosi, con un auto ironia caratteristica di un senso dell'umorismo difficile da condividere, come la protagonista di uno di quei romanzi rosa in commercio nel ventesimo secolo, contraddistinti da copertine imbarazzanti che rappresentavano donne procaci, sempre poco vestite e uomini villosi, intenti ad esibire la propria virilità svendendo i propri addominali gonfi e le braccia nerborute; ma, nella bizzarra e contraddittoria realtà di Kate, era tutto troppo paradossale e troppo poco drammatico per mantenere i canoni di un racconto romantico per casalinghe frustrate e le sue scherzose fantasie naufragavano tra le concrete e poderose braccia del suo singolare compagno; d'altra parte, se Kate aveva avuto il tempo di una vita intera per creare l'immagine dell'uomo perfetto, era pure giusto che questo si presentasse a lei in modo così squisitamente poco anglosassone.
L'aveva sedotta con la sua inverosimile naturalezza e confidenza, che non lasciavano alito a dubbi su quanto, quell'appassionato esemplare di maschio latino fosse sicuro di se; Kate credeva fermamente nelle sue origini e nell'educazione classica e formale che le era stata impartita, prima dalla sua integerrima madre e poi dalle diocesi romane, ma quell'uomo, così carico e inspiegabilmente ottimista, era caldo, sensuale, e innegabilmente, violentemente naturale; aveva continuato a portarle inverosimili mazzi di fiori, sempre più grandi, chiedendole, di tanto in tanto, se voleva uscire a cena con lui turbando così il suo perfetto equilibrio e trattandola come un essere umano e insegnandole a sentirsi viva poco a poco, a sentirsi amata e desiderata. Nessun esame medico fu mai in grado di quantificare l’effetto terapeutico di quella sua caparbia insistenza, ma quando il corpo di Kate cominciò a dare segni di ripresa dal suo lunghissimo letargo, numerose menti assai più pragmatiche della sua, William e Caterina inclusi, non riuscirono a resistere alla tentazione di pensare che quella continua sollecitazione dei sensi, quel quotidiano sentirsi pretesa nella sua natura più fisica, avesse smosso qualcosa dentro di lei che la medicina non era riuscita a localizzare. Così, come nelle favole per donne sole che la facevano tanto sorridere, Kate dovette arrendersi al mito metropolitano nel quale era stato quell’amore a ridarle la vita.
Il suo principe azzurro indossava pantaloni di pelle e camicie sbottonate, aveva lunghi capelli ricci da accarezzare e stringere quando facevano l'amore e cavalcava una motocicletta assordante anziché un cavallo bianco, parlava un sensuale italiano contaminato e le faceva mancare la terra sotto i piedi ogni volta che si rivolgeva a lei chiamandola "mi vida", aveva mani enormi, carezze ruvide e la barba sempre incolta, non era acculturato, non era inglese e soprattutto, sapeva cucinare benissimo.
   
 
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