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Autore: Miyuki chan    04/07/2013    7 recensioni
Amore.
Non è nemmeno una bella parola.
“Oleandro”. “Variopinto”. “Orchidea”. Queste, sono belle parole.
Belle parole, rotonde, morbide e delicate quando le pronunci. Non amore, con quelle sue due consonanti ruvide come l’asfalto contro cui ti grattugiavi le ginocchia da bambino cadendo dalla bicicletta.
...
Perciò, quando quella sera Soul mi aveva guardata negli occhi e mi aveva detto «Ti amo», tutto il mio mondo si era frantumato e, con un clangore di vetri rotti, mi era crollato addosso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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  Ma guarda quanto in profondità è arrivato il proiettile


“Topoisomerasi”. Rileggo quella parola, scarabocchiata tra gli appunti nella mia calligrafia minuta e aggrovigliata. Distolgo gli occhi dal quaderno e mi concentro. “Topoisomerasi… topoisomerasi…”. Sospiro.
E’ inutile, non ci riesco, non me lo ricordo. Forse una sequenza di geni marcata con degli isomeri?
Sconfitta, cedo e abbasso lo sguardo. “Famiglia di enzimi che impedisce il formarsi di nodi e grovigli nel filamento svolto di DNA”.
Maledizione, che idiota che sono, avrei quanto meno dovuto ricordare che –asi è il suffisso che indica gli enzimi, altro che stupidi isomeri.
L’ennesimo sospiro.
E’ inutile, non ci riesco. Non riesco a concentrarmi su genetica.
Chiudo malamente il quaderno e mi abbandono contro lo schienale della sedia, lasciando che i miei occhi stanchi e arrossati vaghino sulla scrivania.
Una matita con la punta spezzata… l’evidenziatore verde, senza tappo… la biro nera di traverso tra le pagine del libro… la foto di Soul, che esibisce un sorriso a trentadue denti in sella alla sua moto nuova.
Tanto, lo so, è questo il problema: Soul continua a tormentarmi.
E non ho idea di come farlo smettere, di come impedire che la sua voce profonda, un po’ roca, smetta di rimbombarmi nelle orecchie.
Certo, suppongo potrei iniziare col mettere via la sua foto. E ogni volta, mi prometto di farlo.
E ogni volta, non lo faccio mai. “Non ora, ora non ho tempo, ho dell’altro da fare, la metterò via la prossima volta”.
E’… quanto? Quasi un anno che mi dico di farla sparire, eppure indovinate? E ancora lì.
Forse, continuare a pensare a ciò che ho sbagliato, è infine davvero l’unica soluzione per liberarmi da questo peso.
In un impeto di stizza, chiudo con un tonfo anche il libro di genetica lasciandoci in mezzo la biro, lasciando l’evidenziatore senza tappo, e i miei appunti incompleti.
Spingo indietro la sedia e mi alzo, ma solo per lasciarmi cadere sul letto, con un braccio sollevato a coprire gli occhi, e riprendo a ricordare.

 

Dopo quella sera, dopo le sue frecciatine, dopo l’amicizia, era stato così che avevamo passato l’ultimo anno di liceo: come due estranei.
Se la mattina i nostri sguardi si incrociavano ci salutavamo con un sorriso cortese, e nulla di più. Ci parlavamo a stento.
Buffo come fossi finita con l'ottenere l’unica cosa che avrei voluto evitare, vero? Proprio buffo.
Ma anche i miei rapporti con gli altri si erano incrinati.
Avevo scoperto che Soul, prima di dichiararmi i suoi sentimenti, ne aveva parlato con Liz, chiedendole se secondo lei ricambiavo, se secondo lei era il caso di parlarmi.
E lei gli aveva detto sì. Gli aveva detto che quando parlavo di lui mi brillavano gli occhi, che sembrava facessi di tutto per passare del tempo con lui… e perciò ne aveva dedotto che, sebbene non le avessi detto nulla, dovevo essere innamorata di lui.
Avevo scoperto tutto questo quella sera stessa, quella in cui Soul aveva detto di amarmi, quando ero scappata da Liz e le avevo raccontato tutto.
Ero rimasta impietrita.
Non tanto perché lei sapeva e non mi aveva avvertito, no, ma quello che continuavo a pensare era «Ma come è successo? Come ho potuto tenere la mia migliore amica così lontana, che non solo non aveva idea di cosa provassi per Soul, ma non ha nemmeno avuto il coraggio di chiedermelo? ».
Mi ero sentita malissimo.
In realtà rendermi conto di ciò mi aveva motivata a stare più vicina a Liz. Il problema, a quel punto, era diventato un altro: era lei che non voleva più stare con me.
Certo, non me lo diceva in faccia né lo mostrava apertamente, ma io sapevo che era dalla parte di Soul. Sentivo che stava male per lui, e sapevo che pensasse che io avessi fatto un errore madornale a rifiutarlo e, dal momento che io e lui preferivamo evitarci, lei sembrava preferire lui a me.
Non mi sentivo di biasimarla.
Poi c’era Black Star. La sensibilità, certamente, non era mai stata il suo forte e, anzi, ancora adesso mi chiedo se lui abbia mai capito cosa sia successo tra me e Soul; era il migliore amico di Soul, in confronto a lui io non ero niente, e non ci aveva pensato due volte a scegliere di stare con lui.
Nemmeno Black Star era da biasimare.
Tsubaki, innamorata di lui, si era limitata a seguire il suo esempio, e ogni volta che ci incontravamo arrossiva, abbassava gli occhi e non sapeva mai come comportarsi.
Avevo sempre detestato il modo in cui seguiva ciecamente Black  Star, sempre e comunque e indipendentemente da tutto e tutti, ma tuttavia non potevo nemmeno incolpare lei, se preferiva seguire il ragazzo di cui era innamorata che schierarsi dalla mia parte.
Non eravamo nemmeno mai state così amiche, dopotutto.
Kid… Kid, come al solito, dava l’impressione di sapere esattamente cosa fosse accaduto sebbene, Liz ne era certa, Soul non gli avesse detto nulla. Era dispiaciuto per entrambi: gli dispiaceva che Soul avesse il cuore a pezzi, allo stesso modo in cui gli dispiaceva che io mi stessi isolando. Se fosse dipeso da lui, si sarebbe diviso a metà, per restare vicino ad entrambi.
Ma ovviamente ciò non era possibile ed io, notando che per ogni momento che passava con me gli altri lo tenevano un po’ più lontano, decisi che la cosa migliore per lui fosse smettere di passare del tempo con me; mi sembrava l’unico modo per evitare che anche lui venisse escluso.
Patty, anche in questo caso, sembrava vivere nel suo mondo, e persino sembrava non accorgersi del gelo che calava nella stanza quando io e Soul eravamo troppo vicini.
Lei fu l’unica a non cambiare atteggiamento nei miei confronti.
 
Sebbene non potessi incolpare nessuno di loro per tutto ciò, ero piena di rabbia, e non riuscivo a smettere di pensare a come praticamente tutti i miei amici mi avessero voltato le spalle, facendo gruppo contro di me, per il bene che volevano a Soul.
E io? Dov’era andato a finire il bene che provavano per me?
All’inizio, avrei voluto parlare con ognuno di loro, e cercare di chiarire che io non avevo mai voluto fare del male a Soul, che non era così che avrei voluto che andassero le cose tra noi, e che loro non avevano motivo di trattarmi a quel modo.
Ma poi, come dopo quella sera non parlai con Soul per scusarmi, non parlai nemmeno con loro.
Perché non lo feci? Per orgoglio, mi piace pensare, perché non volevo abbassarmi a piegare un ginocchio a terra e chiedere scusa, perché non volevo implorare per riavere la loro amicizia. «Non ho bisogno di loro», iniziai a pensare per convincermi.
In realtà, ho paura, il motivo per cui non gli parlai mai fu un altro: avevo paura di sentirmi rifiutata, avevo paura di provare a riottenere la loro amicizia e fallire ma, soprattutto, avevo paura che, anche dopo tutto ciò, avrebbero preferito Soul a me.
E’ così: la grande Maka Albarn, Maka la Secchiona, Maka che prende sempre dieci, Maka che non sbaglia mai una risposta, Maka che ha sempre il massimo dei voti in realtà è terrorizzata dall’idea di fallire.
C’è chi studia per passione, chi per essere il migliore, chi per arrivare ad una precisa carriera… Io no, io avevo solo paura di fallire. Era solo per questo che passavo tante ore sui libri: ero terrorizzata dall’idea di essere bocciata, di prendere un’insufficienza, di essere rimandata… di fallire.
Quindi, oltre a Soul, persi anche Liz, Black Star e Tsubaki, e allontanai Kid.
Ma non volevo dargliela vinta così facilmente, non volevo che Soul riuscisse nel suo proposito di lasciarmi sola.
Così mi avvicinai a Ox Ford mettendo da parte la nostra rivalità, a Harvar, a Kirikou, Kim e Jacqueline.
Loro… mi rendevo conto che non erano abbastanza, che non avrebbero mai potuto sostituire gli amici che avevo perso, ma non importava. Riuscivano comunque ad alleviare e il mio senso di vuoto, e a strappare gelide occhiate di gelosia a Soul quando ci vedeva insieme: sembrava che, nonostante tutto, nonostante tutto questo, per Soul non fosse ancora finita.
 
Ad essere sincera, c’erano stati anche momenti in cui ci eravamo riavvicinati al punto da tornare quasi amici.
Come quella volta che, vedendomi ridere con il nuovo arrivato – un ragazzo alto e biondo dagli occhi chiari – mi era arrivato alle spalle abbracciandomi, posando il mento sulla mia spalla e solleticandomi il collo con i capelli nivei. Mi ero resa conto che era solo gelosia, che stava soltanto cercando di allontanare quel ragazzo, ma ero stata così felice di sentirlo vicino di nuovo dopo così tanto tempo che glielo avevo lasciato fare.
O come quell’altra volta che si era trovato una ragazza, l’aveva scaricata nel giro di un paio di mesi ed era tornato a cercarmi.
Alla fine, tra alti e bassi, sembrava che fossimo riusciti a trovare un nostro equilibrio.
Anche gli altri se ne erano accorti, e piano piano avevo ripreso a ridere e scherzare con Liz, Black Star, Tsubaki e Kid.
Anche se, in realtà, io in fondo agli occhi di Soul continuavo a vedere le braci ardenti, ancora accese, del risentimento. Ma cosa potevo fare?
Riaprire una vecchi ferita, credevo, sarebbe stato molto peggio che far finta di non vederne la cicatrice. Alla fine per trovare un po’ di sollievo dal senso di colpa che provavo ogni volta che lo guardavo, mi ero detta che forse, dopotutto, la mia era soltanto un’impressione.
In fondo, era passato un anno.
Poi, lui aveva iniziato a dire di volersi trasferire una volta finito il liceo, per poter seguire il corso di studi che gli interessava e che era assente nella nostra città.
Io nemmeno l’avevo capito che intendeva andarsene davvero: continuavamo a non parlare molto, ed io ero così occupata! C’erano le verifiche, le interrogazioni, le simulazioni di terza prova…
E poi ancora c’era la tesina da scrivere, la maturità da preparare, l’università da scegliere…
Il momento in cui finalmente avrei fato l’esame sembrava lontano anni luce e, di conseguenza, anche il momento della sua partenza: sembravano entrambe date che non sarebbero mai arrivate.
 
Invece, ovviamente, erano arrivate eccome. Troppo presto, troppo velocemente, troppo tutto. Credevo di voler soltanto passare quel maledetto esame – di tutte le cose brutte che mi sarebbero potute accadere, fallire l’esame di maturità mi sembrava di gran lunga la peggiore – e null’altro, ma mi sbagliavo.
Quando non avevo più dovuto concentrarmi sullo studio, solo allora mi ero accorta della tempesta di sentimenti che mi turbinavano dentro. Tsk, Soul, se avesse saputo ciò che stavo passando, mi avrebbe schernita con una delle sue solite battutine pungenti: “Maka la Secchiona che sa tutto, tranne quello che passa in quella sua testa dura”, qualcosa del genere avrebbe detto. Ma Soul ovviamente non sapeva.
Non sapeva della tempesta in me, né tanto meno sapeva che la causa di quella tempesta fosse proprio lui.
Lui, che prima mi aveva presa in giro e derisa, che poi era diventato il mio migliore amico, e che poi si era innamorato di me. Lui: quello che avevo rifiutato e con cui a stento avevo conservato anche solo una parvenza di amicizia, con cui a stento parlavo ma che, nonostante questo, avevo continuato a considerare come il mio migliore amico per la maggior parte del tempo.
Lui: quell’idiota che di lì a qualche mese se ne sarebbe andato.
 
In realtà, passato l’esame, mi ci era voluto molto poco tempo per capire cosa provavo: ero innamorata di lui, semplicemente.
E, forse, a pensarci bene, lo ero sempre stata. Solo, non me ne ero accorta.
Non me ne ero accorta perché non me ne volevo accorgere, perché l’amore mi faceva paura, perché non ci credevo, perché quando lui si era dichiarato tutto quello che ero riuscita a pensare era stato “e se le cose andassero male? Come faremmo a rimanere amici?”.
Come potevo iniziare qualcosa, quando tutto ciò a cui riuscivo a pensare era il momento in cui sarebbe finito?
Era semplice: non potevo. Non con lui almeno, perché lui era Soul, perché lui era il mio Soul, perché lui era troppo importante, perché lui si meritava più di questo.
Anche ora, dopo più di due anni, continuo a pensare che rifiutarlo quella sera sia stata la scelta migliore per lui: a quel tempo ero troppo piccola e troppo orgogliosa, stupidamente orgogliosa.
Mi rendo conto ora che ero convinta di non aver bisogno di nessuno, e anche in quelle rare occasioni in cui mi occorreva l’aiuto di qualcuno, mi comportavo come se tutto mi fosse dovuto, come se tutti fossero lì soltanto per aiutare me.
Mi comportavo da prepotente.
Ma la mia non era la prepotenza del bullo che ti dà una spinta e ti ruba i soldi del pranzo, no, la mia era una prepotenza più acuta e sottile: ero fin troppo consapevole che il mio visino pulito con gli occhi grandi da bambina era di per sé sufficiente per convincere la maggior parte delle persone a starmi vicino e aiutarmi, e non mi facevo alcuno scrupolo nello spalancare gli occhi, spingere in fuori le labbra e sbattere le ciglia quando volevo ottenere qualcosa da qualcuno. Allora, era difficile dirmi di no.
E la stessa cosa valeva anche per Soul, e ho paura che, se allora avessi accettato i suoi sentimenti, sarei finita col prendere completamente il soppravvento su di lui, perché era troppo innamorato per dirmi « no ». Ed io… beh sì, ovviamente gli avrei voluto bene, ma probabilmente non gliene avrei voluto abbastanza, non quanto si meritasse, almeno.
E, ora lo so, non avrei capito quanto bene gli volessi finchè non lo avessi perso.
 
Certo, forse per me sarebbe stato meglio se ci fossimo messi assieme allora piuttosto che trovarmi, ancora dopo più di un anno, a torturarmi e chiedermi se provasse ancora qualcosa per me.
 
“Così, una calda sera d’estate, gli parlai. Lo presi da parte. Lui era guardingo: dopotutto, continuavamo a parlarci appena.
Ma io lo conoscevo, sapevo che non era il ragazzo forte e duro che voleva sembrare, e non mi lasciai scoraggiare. Lo guardai negli occhi, e feci l’unica cosa che era da fare. Ripetei le sue stesse parole, quelle di quella sera. « Ti amo », dissi.
Lui rimase serio, ma i suoi occhi scarlatti scintillarono come veri rubini.
Mi abbracciò di slancio, mi strinse forte, e poggiò le labbra al mio orecchio. « Maka… Non ho mai smesso di amarti ».
Poi si allontanò dal mio collo e le sue labbra accarezzarono lente le mie mentre io, sopraffatta dalla gioia e dalla commozione, quasi mi mettevo a piangere”.


Questo, è ciò che vorrei dirvi.
Vorrei poter essere orgogliosa di dirvi che, avendo capito finalmente cosa provavo, avevo anche trovato il coraggio di dichiarargli il mio amore nonostante ci fosse ancora un po’ di gelo tra noi, e altrettanto vorrei potervi raccontare di come lui, dando ancora una volta prova del suo smisurato coraggio e di quanto tenesse a me, aveva messo da parte il risentimento e riportato alla luce quei sentimenti per me mai del tutto sopiti.
Vorrei davvero – voi non ne avete idea, non potete rendervi conto di quanto vorrei farlo – davvero tanto dirvi che quello fu solo il primo di una lunga serie di baci e altre tenerezze, ma…. La verità, è che le cose non andarono così.
Non andarono affatto così, e me ne assumo la piena responsabilità.
Ancora una volta, tutti ciò che riuscii a fare fu dimostrare che dopotutto non ero cambiata così tanto, che io, Maka Albarn, non ero ancora niente più che una bambina che aveva paura di essere rifiutata.
 
 Mi scuso per l'immane immenso ritardo. Un po' è colpa dell'università, esami e tutto, ma in verità è in gran parte colpa mia, della mia mancanza di voglia e ispirazione, ma soprattutto di voglia. Purtroppo causa esami non posso promettere aggiornamenti regolari, ma spero di riuscire a pubblicare un capitolo ogni 2 settimane, e vi assicuro che sono determinata ad arrivarci in fondo.
Scusate di nuovo!

  
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