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Autore: Sirio J Dawson    04/07/2013    1 recensioni
Due ragazzi follemente innamorati, un amore platonico non condiviso dal padre di lei, che dopo averla scoperta, la fa rinchiudere in un convento di clausura.
I migliori amici di lei, assieme al suo ragazzo, cercheranno di salvarla, ma hanno solo due mesi e mezzo, dopodichè il noviziato avrà inizio e Candy non potrà vedere altro che le mura ingiallite della sua stanza di clausura.
Amore, amicizia, passione, tutto in una calda estate, quando tutto sembrava andare per il verso giusto, almeno una volta.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Mi alzai dal letto che non riuscivo neanche ad aprire gli occhi.
Mi misi seduta e notai delle valigie sul pavimento della mia stanza.
Non capivo cosa significasse tutto ciò, di solito partivamo le prime due settimane di agosto per le vacanze ed eravamo solo al diciannove di giugno.
Scesi le scale e mi fiondai in cucina.
- Che cosa mi significano quelle valigie in camera mia?- mi rivolsi a mia madre.
- Tesoro, aspetta che ci sia anche tuo padre e ne parliamo okay?- disse prendendo un sorso di caffè.
- No, voglio saperlo ora.- ero palesemente incazzata.
- Ho detto di no Candy, non insistere.- si alzò e lavò la tazza. –Siediti e fai colazione.- posò la tazza nella credenza e mi guardò aspettando che mi sedessi.
- Non ho fame.- uscì dalla cucina e tornai in camera.
Chiamai Eireen e le raccontai tutto.
- Amò, i miei mi hanno preparato le valigie, non so cosa vogliano fare. Mio padre non c’è e mia madre non vuole parlare senza di lui.- mi tremavano le gambe e le mani.
- Sei seria? Oh dio mio..- Eireen era davvero preoccupata.
- Candy scendi subito.- sentì mia madre urlare e chiusi la telefonata dicendo ad Eireen di avvertire Alden e Zach e che li avrei tenuti aggiornati.
Scesi le scale e trovai mio padre e mia madre seduti in tavola, che aspettavano me per parlare, mi sedetti e attesi.
- Allora Candy, visto gli ultimi avvenimenti e vedendoti molto insicura per il tuo futuro, abbiamo deciso che per evitare brutali inconvenienti e spiacevoli unioni, la strada giusta per te è sicuramente il convento di clausura. C’è ne uno poco fuori città, ti troverai bene.- concluse tutto con un sorriso appagato che rivolse a mia madre.
Io sentendo quelle tre parole ‘convento di clausura’ ci rimasi secca, quasi allibita.
Come avevano potuto farmi questo? Senza neanche chiedere il mio parere?
Facevano schifo ecco tutto.
Io mi alzai, sbattei la porta e corsi via.
- Siete delle merde, mi fate schifo, nessuno al mondo vorrebbe dei genitori come voi.- urlai tutto questo in faccia ai miei genitori, ero in preda ad un pianto senza fine, contornato di dolore.
Salii in camera, presi il telefono e chiamai Zach.
- Pronto amore.- la sua voce mi fece avere una fitta al cuore.
Per due minuti continuai a piangere senza dire nulla poi cominciai.
- Zach, i miei vogliono portarmi in un convento di clausura..ho paura.- sussurrai, non volevo che mi sentissero.
- Che cosa diamine..?- essendo in vivavoce sentii i commenti di tutti e tre.
Eireen scoppiò a piangere, Zach e Alden ci mancava poco che le andassero appresso.
- Ragazzi, ci terremo in contatto lo giuro..- non feci in tempo a finire la frase che mio padre spalancò la porta e mi obbligò a portare le valigie giù, l’auto che mi avrebbe portata lì era arrivata.
- Potrà essere troppo presto o troppo tardi per dirtelo ma non importa, io ti amo e ti raggiungerò anche in capo al mondo, io sarò sempre accanto a te, sempre. – le parole di Zach mi si scolpirono nell’anima come quando uno scultore incide con lo scalpello il segno delle sue idee e del suo modo di vedere la bellezza in un pezzo insignificante di marmo, così Zach fece con quelle parole, stampandole indelebili dentro di me.
- Sei la migliore amica che tutti vorrebbero..ti vogliamo bene.- sentii le ultime parole di quei due pazzi che mi avevano reso la vita più bella e dovetti chiudere il telefono rispondendo solo che gli volevo un bene dell’anima poiché mio padre, Gib Caleight, non mi aveva dato il tempo per salutare decentemente chi amavo.
Scesi le scale guardando ogni singola parete, ogni singolo scalino e ogni quadro che per sedici anni erano stati lì.
Aprii la porta, e guardai fuori.
Mi sembrava come la scorsa notte, io lì, di fronte al cancelletto e davanti la macchinetta con Alden e Eireen dentro, ma no, di fronte non c’erano i miei due migliori amici, c’era solo una macchina con i vetri scuri, e alla guida un tizio calvo con un paio di occhiali da sole.
Mio padre mise le mie cose nel cofano e io salii senza salutare né lui né mia madre, dopo di questa per me non esistevano più, per me erano morti entrambi.
Percorremmo una strada isolata dal mondo, piansi in silenzio per ore, infine la macchina si fermò.
Scesi, e di fronte a me c’era un enorme chiesa gotica.
Altro che casa di dio, sembrava il covo di qualche setta satanica, mi strinsi nella mia giacchetta e segui quel tipo che mi aveva accompagnata fin lì.
- Allora, appena entri ci sarà una suora che ti porterà dalla badessa del convento..mi raccomando massima educazione e rispondi solo sì o no e una cosa importante: parla di te solo se te lo chiede lei.- dopo che ebbe detto questo, risalì in macchina e se ne andò.
Io percorsi tutto il tratto dal parcheggio al portone a passi lenti, come in un sogno, peccato che quella era la realtà, una brutta lealtà.
Misi la mano sulla maniglia del portone, deglutii, avevo paura.
Spinsi verso l’interno, e davanti a me si presentò un paesaggio al quanto sfarzoso.
La chiesa era piena di affreschi contornati in oro, ero davvero senza parole.
Mi sentii toccare una spalla, mi voltai e mi ritrovai davanti una suora molto anziana che mi guardava perplessa.
- Sei tu Candy Caleight?- mi chiese con voce fioca.
- Sì..- risposi a bassa voce.
La vecchia mi fece segno di seguirla e io le andai dietro, attraversammo tutta la navata, fino all’altare, poi svoltammo a destra, sempre dritto.
C’era odore di incenso ovunque e mi stava venendo un mal di testa assurdo.
Entrammo da un porticina scura, di legno d’ebano probabilmente, e la mia guida si fermò.
- Adesso ti annuncio alla Badessa, mi raccomando eh..- sospirò come se dovesse morire da un momento all’altro e la porta si aprì.
- Badessa, è arriva la signorina Caleight.- tossì e abbassò lo sguardo.
- Falla entrare.- disse senza nessuna inclinazione di sorpresa nella voce.
La vecchia mi fece segno di entrare, io deglutii mi feci avanti ed oltrepassai la porta che sentii chiudersi dietro di me con un sinistro scricchiolio.
Entrai e davanti a me c’era seduta una signora sulla sessantina, con una specie di vestito che faceva vedere solo il viso, tutto in nero con un pezzo del copricapo bianco.
Aveva degli occhi azzurri cristallini, le sopracciglia bianche e il viso rigato dalle rughe, le labbra erano mosse come in una smorfia e la sua fronte aggrottata. Mi stava guardando, e anche male.
-Accomodati.- disse con lo stesso tono di prima.
- Grazie..- sussurrai a mezza voce.
- Allora..Candy, tu hai sedici anni e sei di Santa Barbara giusto?- lesse tutto questo su un foglietto di carta che aveva fra le mani.
- Sì..- cercai di scrutare bene dove stesse leggendo e cosa c’era lì sopra ma era piena di scartoffie e oggetti e non riuscivo a vedere nulla.
- E sei qui per quale motivo..?- la sua voce aveva un tono interrogativo, come se volesse lasciarmi finire la frase, anche se sapeva benissimo tutto.
- Mh, scelta dei miei genitori.- mi morsi un labbro, e il mio sguardo si posò su uno scaffale pieno di libri impolverati.
La badessa ad un certo punto mi guardò con fare compassionevole, si alzò e aprì lievemente la porta e disse un nome per il corridoio, dopo poco arrivò la stessa suora di prima.
-Bene Candy, adesso andrai a sistemati nella tua stanza, ci vediamo a pranzo.- sorrise lievemente ed io, assieme alla vecchia ci avviammo verso la mia stanza.
- Allora signorina, la sua camera si trova sullo stesso piano della stanza della badessa, poco più avanti del suo ufficio.- ci fermammo davanti ad una porta, anche questa in ebano.- è un’ex ufficio, poiché non puoi stare sullo stesso piano degli appartamenti delle suore, visto che non lo sei.- aprì con una chiave la porta ed entrammo.
Era una stanza abbastanza grande, c’era un letto, una libreria, una cassapanca, una scrivania e un comodino, tutto rigorosamente in legno.
L’anziana signora mi lasciò la chiave in mano e senza dire nulla se ne andò, io chiusi la porta per bene e incominciai la ricerca di una presa per il caricabatterie del mio cellulare.
Già, ero riuscita a nascondere il mio i-phone e il suo caricatore nella tasca interna della mia giacchetta, e fortunatamente le persone che erano lì a togliermi le cose inadeguate si fidavano sulla parola.
Cercai ovunque, e finalmente la trovai.
Spostai leggermente il comodino e dietro c’era una specie di nicchia, e lì, c’era la presa.
Collegai il caricabatterie e funzionava, ero felice, almeno mi sarei potuta mantenere in contatto con le persone che amavo.
Provai ad inserire il cellulare nella nicchia e ci entrava davvero bene, accostai il comodino al muro, aprii la piccola finestra soprastante al letto, mi sdraiai, chiusi gi occhi e risentii quella magica brezza che aveva sfiorato la mia pelle quella sera, mi immaginai di nuovo tutto, mentre tutti quei pensieri che mi affollavano la testa si trasformarono in un unico grande splendido sogno.
 
Angolo dell’autrice.
 
Un salve complessivo a tutte/i.
Ci ho messo 45678 anni a scrivere questo capitolo, ma sappiate che dal prossimo capitolo in poi la storia si scalderà.
Spero vi piaccia e…RECENSITE!
 
Sirio J. Dawson.
   
 
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