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Autore: Dave1994    05/07/2013    2 recensioni
Skyrim, poco prima della resurrezione dei draghi e del ritorno di Alduin.
Una terra immersa nel mistero e nella magia...talvolta così antichi da trascendere persino il tempo stesso.
Due universi che si incontrano,per ridipingere un passato sconosciuto e incredibile.
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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La terra nuda, dura e fredda al contatto, le graffiava la pelle. Il giaciglio improvvisato all'interno della tenda di fortuna non era assolutamente in grado di donare loro il riposo che si meritava dopo tutta la strada che aveva fatto e Ashlotte corrugò la fronte in un'espressione di dispiacere, raggomitolandosi ancora di più nel tentativo di godere il più possibile del proprio calore corporeo.

Fuori, la bufera infuriava ancora. Impietosa, senza cuore, come se fosse sua intenzione strappare fino all'ultimo brandello di carne dalle creature di Skyrim. Non era mai stata nel feudo di Winterhold, ma certo non si sarebbe mai immaginata un clima così impietoso: quella in cui erano incappati era la peggiore delle bufere che l'assassina avesse mai visto e Akatosh solo sapeva come fosse possibile che le loro misere tende non avessero ancora preso il volo, veleggiando all'orizzonte come le ali di un gabbiano.

Lì, sola e in preda alle angosce, Ashlotte meditò sulla sua vita e sulle sue azioni.

Perché aveva intrapreso questo viaggio? Nemmeno aveva mai conosciuto Sebastian e Tevinias, anzi, era suo compito catturarli vivi fino a qualche giorno prima. Eppure, era come se...

Come se fosse destino.

La donna sorrise.

Poteva davvero esistere qualcosa del genere? Era già scritto da qualche parte che la sua vita da assassina sarebbe sfociata in un pellegrinaggio cieco e senza meta alla ricerca di un senso ultimo?

Oh, sì, perché l'aveva avvertita nettamente. Quella mistica sensazione di trascendenza proveniente dallo stregone, come una folata di vento notturno in una magica notte di luna piena. Era davvero così? Non erano altro che bambole messe in mano al destino e sballottate qua e là per capriccio divino?

In silenzio si alzò in piedi, inquieta. Uscì dalla tenda ed osservò assorta le lande desolate di Winterhold, sepolte nel ghiaccio e ricoperte di neve: vide in lontananza una manciata di sagome indistinte, forse in viaggio come lei.

In quell'atmosfera arcana ripensò ad una canzone della propria giovinezza, la sua preferita. Amava mormorarla sempre nel buio della notte, interrotta solo dal battito del proprio cuore.

 

E' un eroe, un'eroe dal cuore guerriero”

 

Ashlotte sorrise, rendendosi conto di come fosse un vero peccato dar voce a quelle parole solo nella sua mente. Così si guardò intorno e non vedendo nessuno intonò il suo canto.

 

Ascoltate, ascoltate, è il Sangue di Drago”

Il suono della Voce lo rende un Nord fiero”

Udite, udite...è il Sangue di Drago”

 

Come andava avanti? Il tempo aveva eroso quasi irrimediabilmente i ricordi d'infanzia di Ashlotte che si concentrò ripensando alle notti gelide di Falkreath, sola e in mezzo a persone davvero poco raccomandabili. Ci avrebbe messo degli anni per riconoscere in loro la parvenza di una vera famiglia.

Un'illuminazione improvvisa e Ashlotte mormorò a bassa voce:

 

Dei nemici di Skyrim il fato è segnato”

Attenti, attenti, è il Sangue di Drago”

 

- Rotta la tenebra, la leggenda è forte. -

Il cuore di Ashlotte ebbe un tuffo e la donna fu sicura le fosse salito in gola, dallo spavento che si era presa. Si voltò di scatto e vide Tevinias ad un metro di distanza, intento ad osservarla.

Era stato lui a parlare?

- Perché il Sangue di Drago – continuò lo stregone, sollevando gli occhi al cielo – non teme la morte. -

L'assassina di fronte a lui era senza parole.

Come faceva quell'uomo a conoscere le parole di quella canzone?

- Non c'è nulla di meglio di una bella canzone per sollevare lo spirito nei periodi difficili, non è così? -

Ashlotte annuì con un cenno della testa, incerta sul cosa dire a quell'uomo che in fondo le faceva ancora paura. Eppure non v'era traccia del mostro che aveva visto sulla nave in fiamme, qualche giorno prima: i suoi occhi non lasciavano trasparire quella terribile luce folle e la sua espressione era serafica, esausta, come quella di un vecchio appassito dal trascorrere del tempo.

- Come la conosci? Avevi detto di provenire da molto lontano. - chiese invece, sedendosi su una roccia e legandosi i capelli biondi formando un'elegante coda di cavallo.

- Ho passato talmente tanto tempo qui a Skyrim...è difficile che non sappia qualcosa di questa terra. – rispose Tevinias, con uno strano sguardo trasognato. Ashlotte non riuscì neanche lontanamente a immaginare la solitudine che quell'uomo doveva aver provato e d'improvviso lo stregone le fece un po' pena.

- … -

- ...ti va di parlarmene? -

Tevinias scrutò la donna con sospetto e questa si chiese se non erano state troppo avventate da parte sua quelle parole, soprattutto ripensando allo sguardo intriso di odio che l'uomo le aveva riservato appena qualche ora prima, dopo l'allucinante visione che era riuscita a rubare dalla sua mente.

Poi, lo stregone la sorprese per la prima e non ultima volta. Si sedette accanto a lei e disse una sola parola.

- Sì. -

Poi aggiunse:

- Sento che hai qualcosa da chiedere. -

- Che cos'era quel ricordo? Perché quelle persone bruciavano e la terra sprofondava nel baratro dell'abisso? -

Lo stregone sospirò, affondandosi il volto nelle mani. Ashlotte notò per la prima volta quanto fosse rigogliosa la sua barba e folte le sue basette, rese ancora più selvagge dall'incuria del lungo viaggio intrapreso.

- Quella che hai visto...era Arlathan, la terra natale degli elfi. -

- Non conosco nessuna Arlathan. -

- Perché non appartiene al vostro mondo. - rispose Tevinias e Ashlotte rimase senza fiato. Che cosa volevano dire quelle parole? Possibile che...

- Io vengo da un altro tempo, Ashlotte, perso a sua volta in un altro universo. Sono duecento anni che vago... -

- ...duecento cosa? - domandò la donna incredula, ripensando all'immagine di Tevinias che aveva intravisto sulla spiaggia, quella di un essere corroso dal tempo e abbandonato dagli dei.

Un abominio della natura, una violazione delle leggi naturali.

Poi comprese e fece un'altra domanda:

- Tu sei...immortale? -

- Credo proprio di sì. - rispose lo stregone, osservando la donna con noncuranza – il mio corpo invecchia come qualsiasi altro, ma senza mai spiccare il balzo nel baratro. E il mio spirito, beh...se ho ragione, sono imprigionato in questa vita forzata. O non vita, trai tu le tue conclusioni. -

- Ma... - biascicò Ashlotte, cercando di dare un senso a tutte quelle informazioni strampalate – perché mai qualcuno dovrebbe essere condannato a vivere così, in eterno? -

- Perché...ho commesso azioni terribili. E' questa è la mia punizione. -

Tevinias non aggiunse nulla e il silenzio cadde tra i due, rotto solo dal vociare del vento attorno a loro. Ashlotte era ancora assorta nei suoi pensieri, scioccata dal peso di quelle rivelazioni.

- Tu hai ucciso quella gente. -

Lo stregone non si voltò nemmeno verso di lei, mentre una lacrima solitaria gli scendeva lungo la guancia.

- Sì. -

- Perché? C'erano donne e bambini tra di loro. Come hai potuto fare tutto ciò? -

Tevinias non rispose ancora, scegliendo di rimanere in silenzio.

Ma non era che la punta dell'iceberg: Ashlotte ripensò alla visione che lui le aveva donato e comprese cosa realmente aveva fatto quell'uomo.

- Per Akatosh. -

Lo stregone la guardò interrogativamente.

- Eravate là per conquistarla. -

- La Città Nera. -

 

 

- Come l'hai capito? - sussurrò lo stregone, con un filo di voce. Dietro di lui una volpe solitaria avanzava furtiva, cercando di capire se valeva la pena oppure no cercare nel loro accampamento di fortuna qualcosa di cui cibarsi.

- Il ricordo di quella terra, Arlathan...era collegato a quello della Città Nera. Eravate là per invadere quel luogo, come avete fatto a quella povera gente. -

Le parole uscivano dalla bocca di Ashlotte come un fiume in piena. Era orripilata, disgustata quanto non mai: nemmeno la prima volta che aveva provato la sensazione di uccidere una persona era stato tanto brutto, quanto quello che ora sentiva nel cuore.

L'uomo davanti a lei era un mostro.

- E poi cos'è successo? -

- Mi sono ritrovato qui, in questa terra fredda e senza speranza – disse Tevinias, afferrando un tozzo di pane dalla borsa che portava a tracolla e gettandolo alla volpe, che lo accolse quasi con uno sguardo di sentiti ringraziamenti – solo e braccato. -

- Braccato? -

- Dalle ombre che abitano il mio cuore. - concluse Tevinias, poi si voltò e vide Sebastian in piedi dietro di lui, gli occhi arrossati dalla fatica e dal sonno. Lo stregone si domandò quanto avesse sentito della conversazione tra lui e la donna, ma si rese poi conto che non gli importava affatto. Il Creatore solo sapeva quanto avesse imparato a convivere con i suo sensi di colpa.

- Puoi ancora redimerti, Tevinias – disse Sebastian, poggiando una mano sulla spalla del compagno del viaggio – l'hai detto tu stesso, quando ci siamo incontrati. -

- Ma hai sentito cosa ha fatto... -

- E' passato tanto tempo. Ora è una persona diversa, lo so. - rispose Sebastian, rivolgendosi all'assassina dallo sguardo sconcertato. In quel momento provò una leggera fitta di insofferenza: come poteva parlare lei stessa, quando la sua anima era macchiata del sangue di innumerevoli innocenti? Ipocrita.

- Non lo sai, Sebastian. - rispose Tevinias e Ashlotte si rese conto che lo stregone le aveva rubato le parole di bocca. Sebastian non prese bene quest'ultima affermazione e scrollò per le spalle il suo compagno.

- Andiamo, Tevinias! Guarda che cosa hai fatto ultimamente, invece. Mi hai salvato la vita più di una volta! -

- Ho cercato anche di togliervela, involontariamente. O almeno, questo è quello che mi risulta. -

- E con questo? -

- E' solo che... - rispose Tevinias, cercando di nascondere un velo di vergogna nel suo sguardo – credo che saresti più al sicuro lontano da me. -

- Oh, non dire... -

Non ebbe modo di finire la frase. Sull'ultima parola Sebastian notò qualcosa muoversi dietro la donna e la sua mano corse al pugnale d'ebano che le aveva rubato sulla spiaggia.

- C'è qualcuno. -

- E' solo una volpe – disse Tevinias, voltandosi per scrutare con i suoi occhi la landa ghiacciata dietro le loro spalle – le ho lanciato un tozzo di... -

- No, non era una volpe. Mi è parso fosse qualcosa di più grosso. - sussurrò Sebastian, avanzando di qualche metro: dietro di lui Ashlotte scattò con un guizzo animale, allenata al pericolo e all'imprevisto.

- Sebastian... - fece Tevinias, per poi sfoggiare ai suoi amici una maschera di puro orrore.

Una densa coltre nera osservava i tre viaggiatori con occhi liquidi, protraendosi in oscure propaggini turbinanti e dalle volute disegnanti motivi incomprensibili. Stava rannicchiata sul ramo di un pino intirizzito dal freddo, avvolgendosi ad esso con un'infinità di filamenti che si estendevano dalla sua massa nera come i tentacoli di un polpo.

- SCAPPATE! - ruggì lo stregone, poi l'Ombra spiccò un balzo verso Sebastian come per divorarlo e l'uomo ebbe appena il tempo di spalancare la bocca dalla sorpresa.

  
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