Hilf Mir fliegen…. Acht
Wenn dein Herz mit meines schlägt…
Io e lui. Sdraiati nel
suo letto…
Mi aveva baciato, con
dolcezza ed io ero crollata. Le lacrime avevano solcato il mio volto, come non
accadeva da anni. Ora era accaduto.
Lui non aveva capito.
Aveva pensato il contrario di ciò che era. Lo avevo letto nel suo sguardo,
spaventato, timoroso di essere andato troppo oltre, troppo presto.
“Entschuldige mich...
ich wollte nicht... nicht weinen, bitte…” aveva mormorato. Un sussurro. Parole
di scusa e la supplica di non piangere. Sentii un’enorme dolcezza invadermi. Le
lacrime aumentarono, proprio per le sue parole. Non poteva essere vero. Il mio
cuore batteva, come non faceva più da anni. Per lui. Bill.
Avevo aperto le
braccia. Lui si era mosso rapidissimo. Non avevo nemmeno avuto il tempo di
vedere l’espressione del suo volto. Sentivo il suo corpo, magro, contro il mio.
Era fragile e forte allo stesso tempo. Le lacrime smisero di cadere, mentre
percepivo l’affetto improvviso che ci univa.
“Ich freue mich...”
Sono felice…
A quelle parole mi
aveva stretta di più. Poi si era alzato piano, mi aveva preso la mano, poi il
viso, baciandomi con dolcezza ogni centimetro di pelle che era stato bagnato
dalle lacrime. Aveva sorriso, io con lui.
Un secondo. Poi di nuovo
le sue labbra. Sopra le mie. Persi la concezione di tutto il mondo. Avrebbe
potuto sprofondare in un istante. Sparire tutto. Non avrei opposto resistenza.
Non avrei potuto. C’eravamo solo noi. Le sue labbra che sfioravano le mie.
Mi parve un’eternità. Quando
si staccò mi ci volle un secondo per ricordarmi chi fossi.
Lui sorrideva. Mi
riprese la mano. Uscimmo dal salotto.
In camera sua. Ci
sdraiammo, lui mi strinse contro il suo petto. Potevo percepire il suo cuore
battere velocemente. la sua mano destra dietro la testa, come per assicurarsi
che non lo lasciassi.
“Gute Nacht…” aveva
mormorato.
Cullata
dai battiti mi ero addormentata.
Jeder Kuß ist eine große Eroberung…
“AH!”
Lei urlò. Preoccupato,
appoggiai velocemente la tazza sul tavolo e mi alzai. Corsi verso il bagno,
evitando per un pelo Tom e Georg che uscivano dalle loro stanze.
“La maratona mattutina
continua…” commentò Georg mentre mi allontanavo.
Gli gettai un’occhiataccia
ma non risposi. Raggiunsi la porta del bagno e, senza nemmeno pensare, la spalancai.
In piedi, in mezzo alla
stanza, stava lei. Addosso una maglia extra large, prestata da Tom. Si voltò
subito a guardarmi. Gli occhi enormi. Il braccio teso indicava l’altro lato del
bagno.
“Ha! Eine Spinne!” urlò
ancora.
Il mio sguardo seguì la
direzione indicata dalla sua mano. Una piccola bestiolina nera dotata di otto
zampe camminava tranquilla vicino al lavandino. Deglutii.
“Ha! Eine Spinne!”
urlai anch’io, non riuscendo a controllarmi.
Un secondo dopo sentii
qualcosa sulla spalla e feci un salto. Georg, dietro di me, rise. Entrò nel
bagno, avvicinandosi al lavandino. “Ha...eine Spinne…” disse tranquillamente
mentre afferrava piano il ragno con una mano e lo buttava fuori dalla finestra.
“Che cos’è successo? Vi
abbiamo sentiti urlare..”
Ci voltammo tutti verso
il corridoio. Tom, seguito da Gustav, un secondo dopo raggiunse il vano della
porta.
“Niente.” Spiegai “Solo
un ragno…”
“Gut…” rispose Tom
guardando oltre la mia testa. Si appoggiò allo stipite, sorrise. “Sehr gut…”
Lo fissai in volto, non
capendo perché avesse risposto Bene…molto bene…
Spostò un secondo lo
sguardo su di me, poi gettò un’altra occhiata più in là. Continuò “Chi avrebbe
mai pensato che una maglia extra large potesse essere così sexy…”
Immediatamente capii a
cosa si riferisse e arrossii “Non ci pensare neanche…” risposi serio.
Lui sorrise, il volto
soddisfatto. Sentii l’irritazione crescere mentre lo spingevo fuori dal bagno.
“Neanche per sogno!” ripetei.
Tom rise. “Georg invece
può?” domandò con voce divertita.
Mi voltai, accorgendomi
solo in quel momento che il mio amico era ancora nella stanza. Indicai il
corridoio con la mano. Georg, rosso in viso, abbassò il capo. Uscì. Gustav, da
fuori, si allungò per afferrare la maniglia. La porta si chiuse.
La guardai. Un minuto,
forse due. Deglutii, rosso in viso. Da quando gli altri erano usciti, il
silenzio era caduto sulla stanza. Sembrava che nessuno dei due sapesse cosa
dire. Soprattutto dopo la notte precedente.
Osservai il suo volto,
i capelli bagnati, tirati indietro, gocciolavano sul pavimento. Non so come, mi
ritrovai vicino a lei. Senza che me ne rendessi conto, il mio viso era ad un
centimetro dal suo. Lei mi guardava negli occhi, immobile. Sentivo le braccia
fremere, come dotate di vita propria. Anche loro, come me, volevano stringerla.
Ridussi ancora la distanza delle nostre labbra, per baciarla…
“Bill…”
Sbuffai, allontanandomi
un po’. “Che c’è?” rispose scocciato.
“Solo una cosa…”
continuò Georg “Non potreste allontanarvi un po’ dalla porta? A quella
distanza, dal buco non vedo nulla!”
Sgranai gli occhi,
indignato. Mi avventai sulla maniglia e con rabbia, spalancai la porta. Nel
corridoio non c’era nessuno. Solo un cellulare per terra. Tom e Georg risero.