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Autore: ashura    23/09/2004    4 recensioni
Cho Gono... non ride mai...non piange mai...è un bambino che quasi fa paura. Harumi Kawajima è la nuova arrivata all'orfanotrofio. Il suo sorriso è tanto caldo che ricorda la primavera. Harumi è la primavera, il calore, la luce... ma è dove la luce splende di più che l'ombra si fa più fitta...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Odiavo l’idea di aggiungermi da sola una recensione per rispondere a chi aveva commentato, per cui ho pensato di far seguire alla storia un nuovo “capitolo” che capitolo in realtà non è, piuttosto una postfazione in cui vorrei rispondere a chi ha tanto gentilmente commentato. Tanto per farvi capire che, se non vi interessa, non vi perdete niente… ^^;

Inizio rispondendo a Hisoka:
Gestire il personaggio di Harumi è stato molto più difficile di quanto mi fossi immaginata, è verissimo. Me ne sono accorta subito, dai tempi – appunto – di Fanfiction.it (anch’io sono abbastanza depressa, ma mi dicono che non è morto, che sta per risorgere, anche se ci mette molto più dei canonici tre giorni ;P).
All’inizio giustamente mi era stato fatto notare da te e anche da altre persone che la stavo facendo troppo perfettina. Era vero. Al tempo non avevo ancora la storia molto chiara in testa, pensavo di farle accadere qualcosa di “pesante” durante il suo soggiorno al collegio, ma non sapevo ancora cosa. Poi, riflettendoci, ho pensato che se il problema era la sua troppa “perfezione”, l’avrei potuto risolvere facendo diventare la sua perfezione qualcosa non di innato, ma di calcolato. A questo punto, la faccenda del suicidio del padre e della conseguente autoanalisi si è scritta da sé. E così avevo umanizzato Harumi e l’avevo “salvata” dalla banalità del personaggio solare, perfetto e impeccabile. Ma per tappare il buco da una parte, dovevo lasciarne uno aperto dall’altra: tu dici bene, Harumi non parla da bambina. Il fatto è che Harumi doveva aver capito cosa era successo, doveva esserne consapevole al 100%, altrimenti non avrebbe pensato di mascherarsi, di nascondersi. Ma nello scegliere di renderla consapevole del suo trauma, ho dovuto per forza anche scegliere di farla maturare prima del tempo. Quello che intendo, è che la mia è stata una scelta mirata. Harumi e Gono vanno d’accordo proprio perché sono uguali. Tutti e due hanno in comune questo fatto, di aver perso l’innocenza dell’infanzia, di essere bambini che già ragionano da adulti.
E qui entrano in gioco anche Mami, Yu e gli altri. Originariamente avevo pensato di usarli come spalle, giusto per il primo capitolo. Mi piaceva l’idea che l’arrivo di Harumi fosse descritto da altri. Poi ho notato che avevano più successo della stessa Harumi, perché risultavano più spontanei, e allora li ho mantenuti. E quando ho fatto la scelta di rendere Harumi “più grande” ho cercato di metterle accanto i quattro proprio per segnare questa differenza. In Rui, ad esempio, ho cercato di rendere il carattere fanciullesco più marcato, perché è la più piccola. Hiroyuki, invece, doveva essere il più maturo dei quattro. Ma non parla né si comporta come Gono o Harumi proprio perché lui sì ragiona da bambino.
Questo era quello che volevo fare, ma in fin dei conti, mi sono accorta di non esserci riuscita. Per Gono, come dici tu, il problema non si poneva, perché è la stessa Minekura che lo dipinge così freddo e “innaturale”. Mia mancanza, invece, è stata quella di non aver saputo spiegare bene che lo stesso vale per Harumi. Lo dico perché non sei l’unica ad avermi fatto notare che Harumi parla troppo da adulta. Il problema, quindi, non è tanto che io mi sia immedesimata troppo in lei (in realtà la “maschera” che usavo io era quello della madre superiora, che osservava i bambini senza interferire con loro più di tanto), è piuttosto che non ho saputo chiarire questo aspetto di Harumi. Errore mio, ma come si dice, sbagliando si impara!
Grazie comunque per la recensione attenta e precisa! È anche grazie all’attenzione di gente come te che ho potuto alla fine avere una visione obiettiva di quello che ho scritto, cosa che è fondamentale per chi cerca di migliorarsi!

Per Speedlink:
In realtà Gibran lo conoscevo io! ^^! Quella poesia è stata alla base di tutto. Leggendola mi è nata l’idea per la fan fiction, per cui ho pensato di aggiungerla a conclusione della storia.
Ti ringrazio per i complimenti che hai fatto: la tua proposta non può che lusingarmi. Questa era una fan fiction molto psicologica (quasi esclusivamente psicologica, visto che l’unica cosa che accade è l’arrivo e la partenza di Harumi), che quindi si giocava principalmente sui caratteri dei personaggi. Se ti sono piaciuti, vuol dire che l’obiettivo che mi ero preposta è stato raggiunto. Non ho proprio beccato il centro del bersaglio, per i motivi esposti qui sopra, ma l’ho preso e ne sono felice. Detto questo, ti rispondo brevemente: difficilmente credo che scriverò un seguito, e il perché è legato a colui che è il protagonista della vicenda, cioè Gono. Ho letto nel forum del sito molti topic che riguardavano discussioni su quanto sia legittimo modificare un personaggio quando si scrive una fan fiction. Io sono dell’idea che sarebbe giusto evitare gli OOC: è un buon esercizio cercare di afferrare la psicologia dei vari personaggi e farli muovere di conseguenza.
Gono, in Saiyuki, è un personaggio estremamente cupo: sempre taciturno, sempre ombroso, pessimista e cinico. Non si fida di nessuno e non crede in niente, almeno fino a che non incontra Kanan, e da quel momento la sua visione della vita cambia. Ma bisogna aspettare Kanan, appunto. Io ho già creato, con la mia fan fiction, un’interferenza notevole nella natura di Gono: l’ho fatto avvicinare ad una persona “prima del tempo”. Ma per limitare l’influenza che questo rapporto avrebbe avuto su di lui, ho fatto in modo che lui e questa persona riuscissero appena appena a sfiorarsi, nulla di più. Capisci cosa intendo dire? Dev’essere Kanan la persona che farà cambiare Gono. Ma se scrivessi un sequel della storia, non sarebbe più così. Perché sarebbe Harumi a prendere il posto di Kanan. È il problema di aver ambientato la vicenda nel passato del personaggio anziché nel suo futuro. Normalmente si tende a cogliere un momento X del viaggio di Sanzo e compagni, e far succedere le cose da lì in poi. Così si è liberi di procedere un po’ come più pare. Io ho le mani legate, perché è già stabilito che cosa succederà in seguito a Gono. E non posso interferire.
Facendo un seguito andrei troppo contro il mio gusto, e non verrebbe certo fuori una bella storia. Per cui non credo lo farò. Resta il fatto che mi ha fatto molto piacere che tu me l’abbia proposto! ^^ Davvero!

Mi riservo la possibilità di modificare questo capitolo nel caso arrivino altre recensioni!
Grazie a tutti quelli che mi hanno seguito!
Ashura
24 settembre

E’ stata una bella sorpresa trovare tutte quelle recensioni! Non perdo tempo e rispondo subito.

Per Francy: Grazie per aver commentato anche tu e grazie per le cose che hai scritto. Non possono che farmi un gran piacere! Mi incuriosisce molto la proposta che mi hai fatto, e senz’altro al più presto ti manderò una mail!

Per Speedlink:
Caspita! Senza togliere niente agli altri che hanno recensito (sono molto contenta di aver ricevuto osservazioni sempre intelligenti e attente), senz’altro il tuo è stato il commento più approfondito che abbia mai ricevuto! E visto che dentro ci hai messo non solo un punto di vista competente, ma anche motivazioni più che fondate, non devi proprio aver paura che mi sia offesa! Non ci riuscirei nemmeno se volessi farlo apposta!
Veniamo al punto: come ti ho già spiegato, trovo molto difficile creare un seguito di “Gono”, e non mi va di rischiare di scrivere qualcosa di così così. Preferisco voltare pagina direttamente e scrivere una nuova storia. Il tuo discorso sulla verticale del ruolo e sull’esplosione, però, può tornarmi utile ugualmente, e mi ha molto interessato. Anch’io amo il teatro (anche se non lo pratico… comunque avrei dovuto sospettarlo che eri un “animale” di spettacolo dai molti riferimenti nella tua fan fiction! ;D) e mi affascina sia come manifestazione culturale sia come metodo di narrazione. Io non ho fatto corsi di scrittura, sto cercando di imparare facendomi le ossa da sola, e quindi simili spiegazioni sono manna dal cielo per me!
Vediamo se ho capito quello che volevi dirmi (immagino che questo discorso, tra l’altro, possa essere utile anche ad altri autori, quindi è di interesse comune e invito chi sia capitato qui a seguirlo): in una narrazione (che sia teatrale o letteraria) i personaggi devono partire da una “verticale di ruolo”, cioè devono avere delle caratteristiche che li distinguono. Ma, giustamente, senza un’esplosione (cioè un avvenimento) non ci potrebbe essere una storia, ci sarebbero solo personaggi “immobili”, giusto? L’avvenimento è la storia in sé, e interagisce coi personaggi facendoli “cambiare”. Se è una storia lunga, poi, ci saranno più “esplosioni”, se invece è una storia breve, ne basta anche una. Ho capito giusto? Essendo ignorante in cose di teatro te lo chiedo, perché non vorrei aver preso fischi per fiaschi!
Comunque: tu dici che il problema della mia storia è che questa “esplosione” non interagisce a sufficienza con i personaggi. Cioè c’è l’avvenimento, ma dopo questo il personaggio non assume una “nuova verticale”, bensì si cristallizza nuovamente in quella che aveva prima, per cui l’esplosione non ha effetto. Spero di aver capito correttamente il tuo punto di vista.
Dopo che ho letto il tuo commento, quindi, mi sono messa a riflettere sulla storia. Il problema per me era fondamentalmente il tempo, sia nella sua dimensione reale (cioè il tempo vero e proprio che ci impiegavo per finire la storia) sia nella sua dimensione “letteraria” (cioè il tempo della fan fiction, quello che passa per i personaggi insomma). Non cambiando praticamente mai la scena, mi rendevo conto che tirare troppo per le lunghe la storia avrebbe finito per renderla noiosa. Insomma, un libro di avventure qua e là per il mondo, tra giungle e deserti, montagne e paludi può durare tranquillamente anche 50 capitoli senza annoiare mai il lettore, ma una storia che si concentra in un solo posto (fra l’altro neanche tanto vitale o allegro, essendo un orfanotrofio) rischiava di risultare pesante se ci mettevo troppi capitoli. E inoltre, siccome appunto volevo che il rapporto tra Harumi e Gono fosse una “toccata e fuga”, qualcosa di estremamente effimero, non potevo permettermi di far scorrere troppo tempo narrativo. Le cose dovevano succedere subito, e subito finire, altrimenti questo sfiorarsi tra i due non avrebbe potuto esserci. Alla fine, quindi, mi sono accorta di essermi cacciata da sola in un bel problema. Dovevo essere rapida ma ugualmente esauriente. Ci ho provato e, evidentemente, non ci sono riuscita come avrei voluto. Giustamente tu, da lettore, mi fai notare che la fine non ti lascia completamente soddisfatto secondo il punto di vista della “maturazione” (ripeto, sempre che io abbia interpretato bene quello che hai scritto).
Io allora, da autrice, cerco di spiegarti quello che avevo in mente di fare: la “verticale” di partenza è quella che hai già analizzato tu. Gono parte chiuso e cupo, Harumi parte bella, intelligente ecc., Yu parte bulletto, Hiroyuki timido e riflessivo ecc. Poi, per ogni personaggio avrebbe dovuto esserci la sua “esplosione”: per Gono è la visione del ritratto che gli ha fatto Harumi (da quel momento capisce che lei ha qualcosa di strano e cambia, cioè invece di disinteressarsi degli altri come sempre, tenta di capirla); per Hiroyuki è lo spiare Harumi e Gono che parlano (da lì anche lui intuisce che Harumi ha un segreto, ma da quel punto comincia anche a provare invidia verso Gono e risentimento verso Harumi). Per Harumi l’esplosione avrebbe dovuto essere la perdita del crocifisso e la conseguente “confessione” a Gono (perché da lì smette di nascondere la verità e comincia a capire in che modo deve affrontare gli errori se vuole veramente non farne più). Discorso un po’ diverso per Mami, Yu e Rui: per le ragioni di tempo di cui sopra, non potevo sviluppare tutti i personaggi in modo completo, per cui ho “sacrificato” un po’ di più loro. La loro esplosione è limitata, e avviene quando Hiroyuki racconta loro il segreto di Harumi e quando poi la stessa Harumi si spiega. Praticamente gli ultimi capitoli. E così passano dall’essere amici “per finta” (perché non conoscevano davvero Harumi) all’esserlo per davvero (dopo che hanno sentito la verità).
Questo avrebbe dovuto essere lo schema. Io non conoscevo quella storia delle verticali e delle esplosioni che mi hai detto tu, ma da lettrice (e spettatrice) evidentemente l’avevo interiorizzata e per istinto, nell’ideare la trama, ne ho tenuto conto. Solo che non la devo aver descritto come Dio comanda, lasciandoti quindi una sensazione di incompletezza. Ho dato la precedenza alla sintesi (per questo, ad esempio, nell’ultimo capitolo ho voluto riprendere il discorso da quando Harumi era già partita, per non dover aggiungere il momento del chiarimento, il momento dell’addio ecc.) a discapito dell’approfondimento. Tu mi fai notare che non hai sentito il cambiamento di Harumi, né di Gono. Per quanto riguarda Harumi è vero, ma perché ho voluto terminare la storia prima di far vedere come è effettivamente cambiata (volevo lasciare intuire che, ora che Gono le aveva spiegato come fare, avrebbe seguito la via giusta, ma senza mostrarlo esplicitamente). Per Gono, invece, avevo tentato di mostrare “l’Hakkai” che c’è in lui, ma forse sono stata troppo ermetica: a questo dovevano servire comportamenti come il cercare Harumi, l’ascoltare la sua storia, il preoccuparsi per lei quando non è in classe, il consigliarla e – alla fine – il “sorriso” che concede a Hiroyuki quando gli porta la lettera. Probabilmente, per la paura di sbilanciarmi troppo e dar vita ad un Gono troppo espansivo, ho tirato troppo la cinghia e ne ha risentito la chiarezza.
Beh, questa è la mia spiegazione al tuo interessantissimo commento. Ti ringrazio perché mi hai permesso di riflettere ancora una volta sulla storia e di individuare altri punti su cui in futuro potrò lavorare meglio! Grazie quindi per avermi fatto crescere, e invito ovviamente chiunque altro a farlo! ;)
Ashura

26 settembre

Sono contenta che anche ora che la storia è finita i commenti continuino ad arrivare!
Ecco la risposta per Chibichan
Ho capito quello che intendevi dire, tranquilla! E sono felice perché una delle cose che volevo appunto trasmettere era quello strano sentimento che, in effetti, non è facile definire.
Ad ogni modo, perché ho scelto di chiamare la storia Gono? Ci sono più motivi: il primo, il più banale, è che coi titoli non ho mai avuto molta fantasia… intitolare una storia come uno dei personaggi è una scappatoia facile e il risultato è piuttosto onorevole.
Il secondo è più “commerciale”: usando il nome di Gono nel titolo, il lettore poteva già intuire che cosa aspettarsi. Era più facile per me, quindi, “venderla”: se a qualcuno piaceva Saiyuki (o direttamente, se gli piaceva Gono), ho pensato sarebbe stato molto facile che si fermasse a dare un’occhiata. Se l’avessi intitolata “Harumi”, sarei riuscita ad attirare, probabilmente, molta meno gente.
Il terzo è il motivo letterario: anche se la protagonista risulta essere Harumi, ho elaborato la storia partendo proprio da Gono. Nella creazione della trama, tutto è partito da lui. Insomma, un giorno mi sono chiesta: che cosa sarebbe successo se Gono, da bambino, avesse incontrato una persona come Kanan? E allora, di conseguenza, ho creato Harumi. Harumi è un personaggio nato per analizzare Gono, anche se alla fine la storia sembra accentrata su di lei. In realtà, infatti, alla fine anche Gono cambia e cresce. Questo almeno era quello che volevo raccontare. Sotto a questo punto di vista, non era giusto togliere a Gono l’onore del titolo. Infondo la storia era nata per merito suo, per cui la scelta mi è venuta naturale!
Spero di averti risposto!
Grazie ancora per aver lasciato il tuo commento!
Ashura

  
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