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Autore: Lauretta Koizumi Reid    06/07/2013    2 recensioni
Bernard e Rosalie.
Una storia d’amore e di speranza che sboccia dentro un contesto di tensioni e di incertezze.
Ho deciso di ripercorrerla, passo dopo passo, petalo dopo petalo, arricchendola anche con momenti “inediti”, frutto della mia immaginazione. La fonte d'ispirazione principale è stata il manga.
Spero di donarvi una lettura piacevole!
ps: il titolo e le note iniziali sono prese dalla canzone "Last Flowers" dei Radiohead.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bernard Chatelet, Rosalie Lamorlière, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Su Bernard, ora cambiamo le lenzuola! - disse Rosalie il giorno dopo, avvicinandosi al letto.
- No! - protestò l’uomo tirandosi su le coperte fino alla testa. Aveva appena avuto una discussione feroce con Oscar, ed era particolarmente nervoso.
- Siete tutto sudato, e l’umidità non fa bene alla ferita! - insistette la bionda fanciulla.
- Ho detto di no! Non serve! Vattene! - gridò di nuovo Bernard. Quel giorno sembrava anche aver perso anche il rispetto e la pazienza verso le donne...quelle vere.
Rosalie, con un sorriso sotto i baffi, gli tirò d’un colpo le coperte di dosso.
- Su, fate il bravo e obbeditemi! - incalzò, mentre Bernard strillava più che mai.
Con la coda dell’occhio la ragazza osservò che Oscar li stava guardando con uno strano sorriso, a metà tra il divertito e lo stupito.
 
Era forse la prima volta che Oscar vedeva Rosalie tanto indipendente e audace: in una situazione normale forse la ragazza non avrebbe avuto il coraggio di essere così risoluta, specie con un uomo sconosciuto; ma se aveva capito bene dalle parole di Andrè, Rosalie conosceva Bernard. Egli aveva pagato, dieci anni prima, la sepoltura alla madre di Rosalie, e le era stato vicino durante la cerimonia funebre.
Capì che ora lei doveva essere stata molto delusa dal fatto che un uomo all’apparenza così buono, si fosse macchiato di una colpa che era perseguibile davanti alla legge, una colpa che gli sarebbe costata caro.

Eppure...pensò Oscar, mentre si dirigeva verso il padre che era appena ritornato, i suoi argomenti erano giusti, per quanto troppo accesi dalla passione verso Robespierre e privi di un ragionamento logico ferreo; era diventato un ladro, sì, ma fino a che punto lo era?
Non si era sentita forse più ladra lei, quando aveva visto le condizioni dei popolani a Parigi e della stessa Rosalie? Che avesse ragione lui? Forse i nobili erano ladri e il popolo schiavo.

Forse la sia azione, benché poco pianificata e rischiosa, era giusta. Giusta.
 
- Padrone, bentornato! - disse la tata, felice, accogliendo il generale Jarjayes a casa - non l’aspettavo così presto!
Oscar si sentì sull’orlo di un baratro. Fino a qualche ora fa non avrebbe fatto altro che consegnare il Cavaliere Nero nella mani della giustizia.
Ma quale giustizia? fu ancora il pensiero tormentato della donna.

E poi... e poi, c’era stata quel siparietto con Rosalie: tanto fugace, tanto insignificante, ma era bastato per farle capire una cosa: non doveva mandare Bernard sul patibolo.
Non ora. Non così. Non per quelle motivazioni.
 
 
Le urla di Oscar e del padre raggiunsero la stanza di Bernard. Rosalie aveva appena completato di cambiare la fasciatura dell’uomo, e gli fissava il petto, che si muoveva ritmicamente su e giù, più veloce del dovuto. Era nervoso. Se Rosalie avesse avuto il coraggio, lo avrebbe toccato per sentire a che velocità galoppava il suo cuore.
- Cosa...cosa sta facendo?
- Oscar? - disse Rosalie riacquistando la realtà - sarà nella sua stanza.
Bernard l’afferrò improvvisamente per una mano.
- Ha l’aspetto di un maschio, ma in fondo è proprio una donna! Si lascia trasportare troppo dai sentimenti...per esempio io ora potrei di nuovo scappare e prenderti in ostaggio. - disse, mentre rivoli di sudore gli scendevano dalla fronte.
- No... - sussurrò Rosalie sgomenta - Oscar ha detto che voi...non sareste mai capace di farmi del male e per questo.. è impossibile che mi prendiate in ostaggio.
Bernard lasciò cadere melanconicamente la mano, sbarrando gli occhi nel vuoto. Ormai era stato sconfitto.
Non c’era più nulla da fare.

Di colpo le coperte pesavano come una zavorra, la luce della stanza si era affievolita, la ferita bruciava più che mai.
Sarebbe morto sulla ghigliottina.
Sarebbe morto per aver cercato di fare la cosa giusta.
Sarebbe morto per aver fatto tante ed innumerevoli stupidaggini.
Forse se non avesse accecato l’occhio di Andrè, nulla di questo sarebbe accaduto. Forse Oscar avrebbe avuto pietà di lui e l’avrebbe ascoltato. Ma così era finita.
Era stato completamente soggiogato da quella donna- uomo che aveva persino intuito il suo affetto per la bionda ragazza che ora lo guardava tremante.

Tuttavia ora Bernard non sopportava più nemmeno lei.
- Vattene! - urlò alzandosi di scatto con  la schiena.
- Come? - sussurrò Rosalie sbarrando gli occhi.
- Smettila di guardarmi così! Tu e quell’altra stupida! Non voglio che abbiate pietà di me! Lasciatemi solo! Voglio essere lasciato in pace!!
Rosalie fece dietrofront e corse via dalla stanza, sbattendo la porta alle sue spalle.
I suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, mentre la voce di Oscar riempiva la sua testa.  
 
Non piangere così spesso, Rosalie, ti si seccheranno gli occhi, e poi non potrai più piangere per le cose serie! Sei troppo facile alle lacrime, piccola cara! Quando ti viene voglia, inizia a cantare e vedrai che andrà meglio!
 
La ragazza si diresse al pianoforte, con una morsa gigante che le opprimeva il petto, quella stessa morsa che tante volte l’aveva presa in passato e da cui voleva fuggire. E invece anche stavolta era lì, presente.  
Vattene,pensò Rosalie, vattene via da me.
Iniziò a suonare, senza ricordarsi che la stanza dove si trovava il piano era adiacente a quella del suo prigioniero capriccioso.
Cantava una canzone composta dalla regina, allegra e dolce:
 
C'est mon ami, rendez.le.moi,
J'ai son amour, il a ma foi,

È il mio amico, datelo a me,
Io ho il suo amore,lui ha la mia fede,


Bernard, tra i singhiozzi convulsi che gli provenivano dal petto senza sosta, sentì una voce altrettanto tremante e singhiozzante provenire dalla sua sinistra. Cercando di contenersi per ascoltare meglio, capì che era Rosalie che cantava. A quell’ora di sera. Cantava qualcosa di allegro.
 
Stupido, stupido idiota - pensò, mentre si accarezzava la fasciatura. - come ho potuto trattarla così? Lei, che non ha fatto altro che aiutarmi....certo, a volte quel suo sguardo compassionevole mi irrita...
Forse mi irrita perché l’ho già visto da qualche parte.
Si è così. Lei ci somiglia.
Tanto.
Somiglia alla donna che aveva deciso di porre fine alla mia vita. Somiglia a mia madre.
Ho paura di Rosalie, perché ho paura che un suo rifiuto mi trascini di nuovo giù, come è successo con mia madre. Nell’acqua della Senna, nel baratro della morte, nel buio dell’infelicità.
Ripensò al momento i cui lei si era scusata per avergli sparato, al suo sorriso mentre cercava di non fargli male, al rossore delle sue guance quando gli tirava via le coperte.
Alle sue braccia che l’avevano avvolto dieci anni fa. Poteva esserci un confine tanto labile tra l'odio e l'amore?
Anche io vorrei ammazzare i nobili, Rosalie.
Ma tu sei molto più coraggiosa di me.
Io sono solo uno stupido.
E sono innamorato di te.


 
Rosalie aveva cambiato la canzone al pianoforte. Ora cantava qualcosa di molto più triste.
 
Plaisir d'amour ne dure qu'un moment.
chagrin d'amour dure toute la vie.
 
La gioia dell'amore non dura che un momento,
La pena d'amore dura tutta la vita.

 
Rosalie picchiò le mani su tasti ancora più forte, ma non riuscì più a cantare. A causa delle dita affaticate ora le note stonavano di brutto e decise di smettere. Chiuse gli occhi e si appoggiò allo schienale.
- Rosalie.
La ragazza sobbalzò sulla sedia soffocando un urlo.
In piedi davanti a lei c’era Bernard.
 
- Dio del cielo, siete impazzito? Tornate subito a letto! Potreste svenire! Non avete ancora le forze!
Ma Bernard non si scostò di un centimetro da dov’era e Rosalie dovette spingerlo con tutte le sue forze, invano.
- Vi prego! - continuò imperterrita.
Stavolta fu Bernard a metterle la mano sulla spalla, con un tocco ben diverso da prima. Rosalie osservò quella mano forte e grande su di se’ e con il restante coraggio che aveva, lo fissò negli occhi.
- Dovete scusarmi, Rosalie. Scusatemi per avervi trattato in quel modo, non ve lo meritate. Siete una giovane coraggiosa, bella e dall’animo gentile. Non è colpa vostra se mi avete preso e sparato, cercavate di fare quello che era giusto. E’ solo che... che...ho paura, capite? Il mio reato è punibile con la morte.
Rosalie si sorprese che l’uomo si rivolgesse a lei con tanto rispetto e dandole del vous, ma capì che lo faceva per dare più impatto alle sue parole. Che comunque l’avevano sconvolta. La pena di morte? No, non era possibile.
 
- Io... io... - balbettò. Era incantata di fronte al profondo blu degli occhi di Bernard, contornati da venuzze rosse.
Che avesse pianto?

- Io vi perdono, certo. - disse dopo qualche secondo. - Ma fatemi il piacere, tornate a letto! Se Oscar vi vedesse qui! Siete troppo debole, datemi ascolto!
Bernard annuì e si diresse di nuovo in camera. La testa gli girava. Ebbe difficoltà a sistemarsi nel letto, ma Rosalie gli stette accanto e gli riavviò le coperte.
- Oh Bernard... il signor Oscar è una persona molto clemente. E ragionevole. Se litigava prima con il generale Jarjayes suo padre, forse è proprio perché non vuole che andiate al patibolo.
Bernard la guardò.
- Forse me lo merito, Rosalie.
La ragazza scosse la testa.
- Non ve lo meritate più di quanto non se lo meritino altre persone. Voi avete ragione su tutto, Bernard. Io posso essere stata fortunata ad essere divenuta parte della famiglia Jarjayes, ma il mio cuore torna sempre nella povertà in cui ho vissuto e nella quale vivevo fino a poco tempo fa. Io non sono una nobile, e non lo sarò mai. - disse pensando anche alla madre immeritevole che l’aveva partorita.
- Avete una storia complessa, non è vero? - sussurrò l’uomo.
Ella si alzò dal letto su cui si era appoggiata incrociando le braccia.
- Si. Ma ora debbo andare. Un giorno forse... ve la racconterò.

 
Entrambi provavano angoscia a pensare: “se un giorno ci sarà.”
 
 
  



 
 
 
Note dell’autrice: Le due canzoni che canta Rosalie sono autentiche. La prima è un canzone composta dalla regina Maria Antonietta, la seconda è una popolare ballata romantica del periodo pre-rivoluzione.
Io faccio ricerche, cosa credete ahahaha! XD 
  
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