GIORNO 22: Mai, mai, mai più farò una sorpresa a
qualcuno.
Il giorno dopo
il (mancato) matrimonio sono andata a scuola in modalità “I’m walking on
sunshine”. Quando la serata è finita Ryder mi ha accompagnata a casa, e dopo
una seduta di baci davanti all’ingresso sono entrata in casa senza riuscire a
reprimere un enorme sorriso. Mi sono addormentata così beata che per una volta
non ricordo più cosa ho sognato, tanto la mia testa era svuotata.
A scuola è stata
la solita solfa, finché non ho pensato di cambiarmi qualche lezione e
rinunciare a qualche corso avanzato per averne qualcuno in comune con Ryder.
Sono andata in segreteria e ho compilato la richiesta. E ho pensato di correre
a dirlo a Ryder. Ho imboccato il corridoio e, quando ho svoltato l’angolo quasi
saltellando, sono quasi caduta per lo shock. Il mio sorriso si è pian piano
congelato ed è scivolato via dal mio viso. Mi sono fermata, in apnea.
Ryder e Marley.
Un bacio.
Certo che sono
stata davvero idiota. Ingenua fino a sfiorare il ridicolo. Sapevo bene di
essere solo un ripiego. Non avrei mai dovuto permettermi illusioni. In un
felice universo parallelo in cui viviamo la vita come un musical, in questo
momento io mi sarei girata con espressione ferita, avrei svoltato in un
corridoio lasciato deserto apposta per me e avrei intonato una canzone
strappalacrime sulla mia ingenuità e sulla delusione (vi dice qualcosa “When
there was me and you” di High School Musical? Ecco. Più o meno così.).
Invece mi sono
girata e basta. Purtroppo (o per fortuna, col senno di poi non saprei dire cosa
sarebbe stato peggio), Ryder mi ha vista. E per una volta non ho avuto
difficoltà a interpretare la sua espressione, che era “sono stato colto sul
fatto”.
Me ne sono
andata, ma dopo una serie di “Hana! Hana, aspettami!” mi ha raggiunta.
- Hana, non… -
ha iniziato a dire.
- Non è quello
che penso, giusto? – ho detto con un sorriso amareggiato. – Senti, non devi
spiegarmi nulla. Sapevo perfettamente cosa provavi per Marley. Solo che avreste
potuto essere più discreti. Jake avrebbe potuto vedervi, e non sarebbe stato
giusto nei suoi confronti, perché ama Marley, e tu sei il suo migliore amico.
- Hana, ascolta,
fammi spiegare. Non è davvero come può sembrare.
- No, non dirmi
nulla. Adesso vorrei stare un po’ da sola, se non ti dispiace. Mi capirai se al
momento non ho molta voglia di parlare con te. O con Marley.
Me ne sono
andata prima che potesse aggiungere altro. Ho cambiato sul serio corridoio,
camminando a larghe falcate. Sono passata davanti all’armadietto di Artie, che
vedendomi è passato dall’allegro al confuso e infine al preoccupato.
- Hana? Stai
bene? Cosa è successo? – ha chiesto, cominciando a seguirmi.
- No, ma non ti
preoccupare, prendo la mia borsa e vado a casa. – e infatti ho raggiunto e
aperto il mio armadietto, ho tirato fuori la borsa e sono uscita. All’ingresso
non c’era nessuno. Artie mi ha bloccato prima che potessi raggiungere le scale.
- Ehi, ehi,
guardami. Che è successo? – ha insistito. E allora non ce l’ho fatta più. Mi
sono lasciata cadere su una delle panchine e sono scoppiata a piangere. E
intendo proprio con trasporto. Con singulti e tutto il resto. E mi viene sempre
la candela al naso quando piango.
- Ho appena
visto Ryder e Marley che si baciavano. – E’ stata la frase concepita nella mia
testa, anche se deve essere suonata qualcosa come: Ho-ho a-ap-pe-ena v-visto
R-r-r-yder e-e-e Ma-Marley c-che s-s-si ba-b-ba-baciavano.
- Che cosa? – ha
chiesto lui, e non ho capito che lo diceva come un “Non è possibile!” o come un
“Ripeti quello che hai detto, non ho capito niente”. Così ho preso un profondo
respiro e ho ripetuto, con più calma:
- Ho appena
visto Ryder e Marley che si baciavano. In corridoio. Dio, certo che non so se
sono più stupida io che mi sono fatta fregare così, o loro che si baciano in
corridoio in un cambio d’ora! – con improvvisa rabbia ho frugato nella borsa in
cerca di un fazzoletto e mi sono soffiata il naso stile Eolo dei sette nani.
- Sei sicura di
quello che dici?
- Avrò anche
ricevuto il mio primo bacio sei giorni fa, ma so riconoscere un bacio quando lo
vedo. – Mentre ripensavo alla scena, lo scatto di rabbia è svanito, e il labbro
inferiore ha preso a tremarmi di nuovo, e sono di nuovo scoppiata a piangere.
Artie mi ha preso una mano e l’ha tenuta tra le sue, dandomi piccole pacche per
calmarmi.
- Adesso vado a
casa. – ho detto infine. – Improvvisamente la musica di Adele sta avendo senso
e vorrei approfittarne per ascoltarla.
- Vuoi che ti
accompagni? – si è offerto lui.
- No, grazie.
Spero che correre da sola fino a casa mi tolga così tanto il fiato da non
lasciarmi sufficiente ossigeno nel cervello da permettermi di pensare. Ci
sentiamo. – Mi sono alzata, ho sceso gli ultimi gradini e poi, con uno sprint
che il mio corpo non vedeva più o meno da quando avevo otto anni, sono corsa a casa.