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Autore: Stray_Ashes    07/07/2013    2 recensioni
"-Non puoi tenerci imprigionate qui per sempre, Corvina. Lo sai...-
-Ti sbagli. Siete sempre rimaste qui; non vedo perché le cose dovrebbero cambiare proprio adesso. -
-Perché non siamo più da sole...-
Corvina inarcò un sopracciglio. -Non ti seguo-
L'altra sorrise. -Qualcuno ti sta cambiando. E questo qualcuno, ci aiuterà ad uscire...-"
***
Corvina. Pochi o nessuno sanno veramente chi è; non vuole essere capita, solo essere lasciata a se stessa.
Ma il tempo cambia le persone; il tempo stravolge, crea e distrugge. Cancella le cose, ma al contempo, permette di scoprirne altre...
E quelle mille parti di te verranno a galla, e il tempo della loro prigionia, giungerà al termine.
.:Mezzaluna:.
Genere: Azione, Mistero, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Raven, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1:
"Amore..."

-Azarath Metrion Zinthos... Azarath Metrion...-
Ore di meditazione. Corvina ripeteva quelle poche parole ogni giorno, per ore infinite. Le apriva la mente, le permetteva di andare dove altri non potevano arrivare.
Levitare nell’aria, nel silenzio della sua stanza buia, senza una parola, se non la sua voce spenta, e i pensieri distanti nella sua testa.
Calma. Una calma assoluta che la cullava piano, all’interno di sé stessa, all’interno della concezione di chi era veramente.
La meditazione era importante; le permetteva di controllarsi, di reprimere le emozioni indesiderate: tutto questo faceva sì che i suoi poteri funzionassero. Poteri a dir poco pericolosi, che poteva controllare controllando sé stessa.
Spesso, i suoi amici non lo capivano, e la guardavano come una “strana”; ma in fin dei conti, non sapevano bene chi era lei, e non poteva biasimare il loro sospetto, o curiosità. Tuttavia, non voleva che loro sapessero.
Non riteneva importante che scoprissero di lei più del dovuto. Ma sapeva che le volevano bene, i suoi amici. Sapeva che era comunque importante per loro, per la squadra. Lei era una Titan, e sempre lo sarebbe stata, nei suoi desideri. O quasi.
La mente vagava ancora da qualche parte. Viaggiava. Anche se aveva gli occhi chiusi, Corvina vedeva; vedeva la sua mente. Era un landa scura, sospesa nel vuoto, un vuoto infinito dallo sfondo che graduava al nero, a un rosso cupo e distante.
Zolle di terra alleggiavano in quell’aria spenta, aride e scure; pochi alberi crescevano contorti su di esse, e uccelli scuri dallo sguardo inquietante solcavano il cielo, da una zolla all’altra.
Veniva lì, per la meditazione. All’interno di sé stessa.
Ma qualcosa non andava come era sempre andata.
La sua meditazione venne interrotta, con un colpo tale da mozzarle il respiro, e sbatterla all’indietro.
Per la sorpresa, sentì i poteri venirle meno, e cadere al suolo: si aspettò di atterrare sul pavimento duro della sua stanza buia nella T-Tower, ma così non fu.
-Ma che...- si lamentò, rialzandosi piano, la mente ancora stordita e lo sguardo confuso.
Alzò lo sguardo, sorpresa. Si trovava ancora lì, nella sua testa, ma non sentiva più quella sensazione di appartenere ancora in qualche modo alla terra. I sensi non le dicevano di essere nella sua stanza, no. Corvina si trovava soltanto dentro sé stessa, sia la mente, che il corpo.
La ragazza si guardò intorno circospetta: era una zolla di terra particolarmente scura, e distante dalle altre. Strinse gli occhi con crescente sospetto. Qualcosa non andava.
Ma chi aveva potuto catapultarla lì? Che sapesse, nessuno avrebbe potuto farlo, oltre a lei stessa.
Cercò di radunare le idee, tirandosi su il cappuccio del mantello che le era caduto dal viso durante lo strano e violento “viaggio” in quelle precisa zolla.
Girò su sé stessa, osservando intorno: nulla di sospetto, a quanto pareva. Non era convinta.
E in quell’istante, qualcosa la colpì alle spalle, con violenza, e dopo averle ancora mozzato il respiro, la gettò malamente contro l’unico albero contorto e svercolo della zolla.
-Ahh!- urlò, contrariata, la testa che pulsava laddove aveva colpito.
Sollevò lo sguardo sul suo assalitore, contornando le mani di energia nera, pronta all’attacco.
E rimase così: pietrificata, sorpresa, sgomenta, interdetta, a fissare come imbambolata il “nemico”.
Si riprese scrollando la testa e si alzò velocemente, confrontandosi con colei che era eretta davanti. Le due si fissarono, gli occhi freddi, il viso nascosto dal cappuccio tirato, le braccia rigide, la bocca stretta in una fessura.
Due figure identiche, una dinanzi all’altra, la stessa energia nelle mani di una, e nelle mani dell’altra. Lo stesso sguardo, lo stesso potere.
A contraddistinguerle, era il mantello. E la libertà differente. La libertà che c’era e che non c’era.
-Che cosa pensi di fare...?- sibilò aspra, Corvina. Non era mai successo che si ribellassero in quel modo, che la rapissero e attaccassero addirittura. Raramente le parlavano anche. Avevano paura di lei, loro...
-“Che cosa penso di fare”?!- rispose con sguardo di scherno, lei. Lei che era Corvina, ma soltanto una delle sue emozioni. Lei che era una piccola delle mille parti della maga, una delle mille altre parti stufe di non essere nessuno, di essere rinchiuse in quel luogo, limitate e nascoste.
 Erano stanche, tutte. Volevano finalmente uscire, ed essere libere.
-Esattamente- affermò Corvina. –Che cosa pensi di ottenere? So cosa vuoi, e tu sai che non potrai averla. Ne abbiamo parlato, tempo fa; pensavo il concetto ti fosse chiaro, ormai...- continuò amara, fissando negli occhi l’Emozione.
La squadrò: era identica a lei, come tutte le altre emozioni che vivevano rinchiuse nella sua mente. Guardò (con un certo disgusto) il mantello lillà-azzurro che portava sul viso e sulle spalle, e intuì di chi si trattava.
Era Amore.
Una delle emozioni che più era sotto scacco, che più veniva repressa, ignorata, rinchiusa e piegata alla prigionia. Una delle emozioni con cui più spesso Corvina aveva avuto a che fare, per metterla a tacere.
Amore aveva lo sguardo particolarmente freddo e aspro, le mani chiuse convulsamente a pugno, e più che l’emozione dell’amore, pareva quella della rabbia.
I suoi occhi brillavano di furia, e di desiderio. Corvina si sentì vagamente a disagio.
-Che cosa vuoi ora?- esordì, accigliandosi, seccata.
-Tsk... Voglio essere libera, Corvina. Voglio poter essere me stessa, nulla di più- disse, la voce determinata, seria e precisa.
Corvina strinse i denti e i pugni, avanzando e sorpassando Amore con una spallata.
Si posizionò sul bordo della zolla,le braccia incrociate sul petto, lo sguardo rivolto al nulla che si estendeva oltre, il volto accigliato e gli occhi a fessura.
-Stai dicendo un sacco di stupidaggini!- sibilò con voce acerba -Sai che non posso farlo. Tu sei solo un’emozione, una parte di me che non può uscire. E decido io cosa tu devi fare, dove stare e come... –
Sentì fremere Amore alle sue spalle, forse perché l’aveva colta sul vivo, forse solo per rabbia.
-Tu non sai cosa significa vivere sempre qua...- disse soltanto l’emozione, la voce stridula e pacata.
-Senti io...!- ribattè Corvina, girandosi di scatto con fare minaccioso verso Amore.
Ma la voce le morì in gola, lasciando la maga interdetta, il dito alzato e fermo nell’aria sospesa.
Amore la guardava piena di pena, il volto rigato.
L’emozione piangeva.
 

“Angolo della scrittrice :3”

Allora.. in precedenza questa doveva essere una one-shot, ma... ho visto che poteva venire più lunga di quanto immaginassi ed ho deciso di metterla in pochi capitoli e basta.
Qua come si sarà capito, Corvina si ritrova nella sua mente, a parlare con una delle sue emozioni, Amore, che vuole ribellarsi dalla sua prigionia. Ma Corvina non ha nessuna intenzione, di lasciare uscire lei e tutte le altre.
Ma Amore, non sarà sola...
Questa è la mia prima fanfic sul sito, ma anche la prima sui Teen Titans ^^
Spero sia di vostro gradimento, aspetto recensioni sia positive che negative ;)

.:Mezzaluna:.

  
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