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Autore: VaVa_95    07/07/2013    8 recensioni
E' il compleanno di Brian e questo è un mio modo per festeggiare.
Buon trentaduesimo compleanno, vecchiaccio.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, The Rev
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blinding Star






A Brian, che oggi compie gli anni.
Tanti auguri, uomo, grazie davvero per tutto.




Jimmy non si considerava il classico “tipo da regali”.
In tutta la sua vita, non ne aveva mai fatti di veramente belli.
Mai.
Tanto che ad un certo punto della vita (e non era neanche molto lunga, aveva solo ventotto anni) aveva messo completamente di farli, usando come scusa la sua professione da rockstar impegnata a girare il mondo per concerti.
Non era mai stato tanto credibile, soprattutto per la sua famiglia, ma a lui andava bene lo stesso, dato che non era obbligato per nessun tipo di compleanno a comprare nulla. Le sue sorelle non vedevano un regalo da parte sua da quando avevano quindici anni e la stessa cosa valeva per sua madre. Per non parlare di Leana, la sua fidanzata: non ne aveva mai visto uno.
Jimmy era buono in tutto, gli dicevano sempre tutti.
Suonava la batteria da quando aveva tre anni, il piano da quando ne aveva cinque e, anche se non aveva mai preso lezioni, suonava bene anche la chitarra e il basso. Scriveva canzoni su qualsiasi cosa gli venisse in mente, sapeva che qualcosa di buono sarebbe uscito comunque.
Era una parte fondamentale degli Avenged Sevenfold, la sua band, quel progetto a cui lui e i suoi amici lavoravano da quando erano al secondo anno di liceo, da quando avevano cominciato a suonare insieme nel garage di casa sua. Non era stata un’impresa facile ottenere un contratto discografico, ma avevano fatto anche quello e in poco tempo erano diventati famosi in ogni dove.
Non era un bravo ragazzo, non lo era mai stato, ma con il tempo aveva imparato a mettere la testa a posto e ad essere strano a modo suo. Perché si, lui non era normale, non poteva esserlo. Come faceva a essere normale una persona espulsa da due riformatori (e da due scuole medie, ma quelle non erano poi tanto importanti)? No, non lo era.
Dal canto suo, però, lui credeva di avere qualcosa di speciale. Forse perché era stato cresciuto in quella maniera (“sei speciale Jimmy”, gli dicevano i genitori, gli amici, le sorelle, i parenti), forse perché se lo sentiva davvero.
Jimmy era buono in tutto e (forse) era speciale, tranne a fare regali.
Perché su quel piccolo e per la maggior parte dei giorni dell’anno inutile particolare cadeva miseramente. E nessuno capiva il motivo.
Jimmy era anche bello. Era alto un metro e ottanta (e forse anche qualcosa in più), era molto magro e sembrava mancare di massa muscolare nonostante passasse ore e ore dietro la batteria. Il suo viso era circondato dai capelli neri come la pece (in realtà lui era biondo, si tingeva regolarmente) che insieme alla carnagione molto pallida mettevano in risalto i suoi occhi azzurri.
Tutti gli dicevano che i suoi occhi raccontavano storie, ed erano lo specchio della sua anima. Bastava guardarlo negli occhi per capire ogni cosa di lui. Non servivano parole o gesti, il che poteva considerarsi un bel vantaggio… ma aveva imparato sulla sua pelle che essere perfettamente in grado di essere letto come un libro anche da persone che un libro non lo toccavano nemmeno (ogni riferimento ai suoi compagni di vita era puramente casuale) poteva anche essere una disgrazia.
Beh, disgrazia forse no, ma sfortuna sicuramente, perché forse quando voleva organizzare una sorpresa lo si capiva benissimo.
Come l’ultima settimana, del resto.
Qualche giorno prima Jimmy si era svegliato particolarmente allegro, più del solito, e aveva constatato che era il quattro di luglio. Giorno dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America? Si, anche, avrebbero festeggiato prendendo in giro Zacky che ogni anno andava in giro con i suoi parenti in bicicletta per tutta Huntington Beach, la città in cui erano nati e cresciuti.
Il quattro luglio però segnava tre giorni dalla data del compleanno del suo Brian.
 

Brian era diverso da Jimmy.
Forse i due erano come i due poli opposti della calamita, o due facce della stessa medaglia. Ma per la calamita il polo negativo attirava quello positivo e le due facce della suddetta medaglia erano perennemente incollate insieme senza possibilità di dividersi.
Ecco, questo erano “Brian e Jimmy”. Due corpi per un’anima sola. Prospettiva quasi sdolcinata, ma era quello che erano e che sarebbero sempre stati.
Brian non era buono a niente.
Questo gli dicevano tutti, a parte suo padre. Sua madre li aveva abbandonati quando era molto piccolo, sia lui che il fratello minore, e si era presto creata una nuova vita. Dal canto suo però, anche il padre si era risposato e da quella unione era nata una bambina, McKenna. Aveva una bella famiglia, lui, che lo incoraggiava e sosteneva in ogni cosa.
Ma non era stato sempre così. C’era stato un periodo dove tutto era contro di lui. Qualsiasi cosa facesse non andava bene, in nessun caso.
Stava sempre sulle sue e mostrava comportamenti aggressivi nei confronti di ogni persona che gli si avvicinava. Soffriva spesso di incubi, anche, incubi terribili. Non sapeva di preciso che cosa sognasse, sapeva soltanto che il suo unico sollievo era un colore blu che appariva e scompariva all’improvviso, facendo tornare tutto al suo posto.
Per questo quando si era imbattuto in Jimmy la sua vita era cambiata.
Jimmy era buono in tutto e Brian non era buono in niente.
Jimmy aveva gli occhi azzurri che scacciavano via gli incubi, Brian aveva profondi occhi scuri che portavano inquietudine e mistero.
Jimmy aveva un grande sorriso contagioso, Brian era molto più serio.
Jimmy aveva salvato Brian.
Brian, in qualche assurdo modo, aveva salvato Jimmy.
 

Jimmy non aveva mai fatto un regalo che poteva definirsi azzeccato, se non quelli che gli facevano fare a scuola per la festa della mamma, o del papà, o di altre cavolate che si inventavano nell’ora di arte.
Ma Brian avrebbe fatto ventotto anni e lui era felice, felice come forse non lo era mai stato. E forse era per quel motivo che a lui si, a lui un regalo lo avrebbe fatto.
- Non voglio essere pignolo, ma cosa pensi di trovare in un posto come questo? -
Matt era stato il suo primo amico. Lui e Jimmy si conoscevano praticamente da sempre, tanto da non avere quasi ricordi individuali. Tutto quello che la mente riportava a galla era legato in qualche modo all’uno o all’altro.
Matt era stato il primo a capire il legame speciale che legava i suoi due migliori amici. Era sempre stato un passo avanti a loro, era bravo a capire le cose.
Si, Matt era bravo a capire. In qualche modo, non sapeva nemmeno come, lui capiva sempre, senza bisogno di particolari spiegazioni. Per questo, quando Jimmy aveva deciso di fare un regalo, lui aveva semplicemente annuito e si era offerto di accompagnarlo a vedere qualcosa, mentre Johnny e Zacky si rotolavano per terra (letteralmente) dalle risate.
Si trovavano in una piccola bottega di Huntington Beach, lontana da tutti gli altri negozi della cittadina, spostati tutti verso il centro. Ci erano passati molte volte quando erano ragazzini e si erano sempre chiesti che cosa vendessero, ma non ci erano mai entrati. E a distanza di anni avevano deciso di aprire quella porta, salutare cordialmente la donna di mezza età dietro il bancone e mettersi a girare per il negozio cercando qualcosa di particolare. Si, Jimmy aveva usato quel termine, “particolare”.
Matt era bravo a capire. Era sempre stato bravo e con il tempo sarebbe migliorato sempre più. Ma quella volta non gli era ben chiaro il significato di “particolare”. Forse perché con Jimmy non c’era nessuna certezza. O forse perché il significato del termine era diverso per l’uno e per l’altro.
- Non lo so, quando lo trovo te lo dirò. -
Non era stata una risposta così soddisfacente, ma aveva reso tutto più chiaro perché si, lui era bravo a capire.
E cosa aveva capito? Che il batterista non sapeva cosa stesse cercando. Sapeva solo che doveva ricordare Brian. E sapeva che in un posto particolare come quello, dove si vendeva di tutto e di più, lo avrebbe trovato. Avrebbe trovato un piccolo pezzo di Brian lì dentro perché quel negozio sembrava così familiare, così unico… sembrava raccogliere piccoli pezzi di ogni persona residente in quella città.
- Niente. Siamo qui da chissà quanto. E ancora niente.  -
- Un po’ di pazienza Matt, non vorrai mica sbrigarti solo per vedere Zacky in bicicle… - si interruppe, fissando ad occhi spalancati un oggetto che in pochi secondi attirò anche l’attenzione dell’altro ragazzo – Matt. L’ho trovato. È questo.  -
- Sei sicuro? A me non sembra poi così… -
- Fidati. È questo. -
- Come vuoi, contento tu… -
E contento Jimmy, diceva sempre il cantante, contenti tutti.
 

Jimmy amava qualsiasi tipo di festa, a differenza di Brian.
Brian era il classico animale, ma odiava le cose programmate. Preferiva i festini improvvisati stile liceale disperato. Per questo il sette di luglio, giorno del suo compleanno, dopo essere stato fuori casa tutto il giorno (la sua fidanzata, Michelle, l’aveva mandato da ogni parte della città a fare commissioni), non era rimasto particolarmente entusiasta di quel “sorpresa” detto da una ventina di persone nel salotto di casa sua.
Più che altro, potevano evitare di mandarlo da ogni dove per organizzare la festa a casa sua. Ma a lui andava bene lo stesso, perché era circondato dalle persone più importanti della sua vita che bevevano, ballavano in maniera improvvisata facendo finta di essere ubriachi (a parte i fratelli Berry, loro lo erano per davvero), mangiavano, ridevano e scherzavano.
No, a Brian non piacevano quel genere di feste, ma gli piacevano di certo le persone che vi partecipavano.
- Ehi idiota, al posto che stare fermo qua con una birra in mano, accompagnami a fumare una sigaretta. -
Brian conosceva Jimmy da tempo e sapeva che a lui non piacevano le sigarette. Se doveva fumare, fumava sigari, e lui non aveva sigari in casa. E non aveva nemmeno visto Jimmy portarseli dietro. Gli lanciò un’occhiata strana, ma poi diede una scrollata di spalle e lo accompagnò sul portico di casa sua, che si affacciava sul giardino rigorosamente addobbato con festoni e palloncini, con lanterne di carta sparse qua e là.
Certo che per fare tutto quello dovevano aver sgobbato parecchio. Intravedeva il marchio della Vengeance University qua e là, cosa che lo fece ridere. Zacky doveva proprio fare quello scherzo anche quell’anno. Ma meglio trovarli in giardino che appiccicati alle pareti di camera sua. Non importava quanto ci provasse, non avrebbe mai indossato una maglietta della sua linea di moda, gli stavano troppo male. E beh, lui si vendicava a modo suo.
- So che ti hanno fatto una manciata di regali, ma… - tirò fuori un piccolo sacchettino di carta, porgendolo all’amico – questo è per te. Non è quel granché, è solo un pensiero. -
- … mi hai fatto un regalo. Tu. -
- Strano, vero? Ma volevo farlo, quindi… -
- Brutto bastardo figlio di… - si interruppe, dandogli una spallata e facendolo ridacchiare – e dimmi, che cos’è? Una fialetta di profumo da donna o cose del genere? -
- Ehi, va bene che sono pessimo, ma non così tanto! -
Brian scoppiò a ridere.
Lui era felice quando c’era Jimmy, perché sentiva di poter essere davvero sé stesso.
E Jimmy era felice quando c’era Brian.
Tirò fuori dal sacchetto una catenina che doveva essere d’argento, con un ciondolo che… istintivamente alzò il dito medio della mano sinistra, come a constatare una cosa. La piccola bara rossa del ciondolo era perfettamente identica a quella tatuata sul suo dito.
Il tatuaggio l’avevano fatto anni prima, simboleggiava il legame d’amicizia tra i componenti della band e il chitarrista dei Good Charlotte, Billy. Un piccolo simbolo d’amicizia, insomma.
- Buffo, eh? Quando l’ho vista non ci credevo nemmeno io. Lo so, è un po’ macabra, ma dovevo prendertela. Matt ha fatto spallucce dicendo che non si somigliavano poi tanto, ma… -
- Tu e Matt siete andati a comprare un… regalo? – domandò, incredulo – tu… e Matt? -
Jimmy passò il resto della serata a sentire le prese in giro di Brian, che rideva come un ossesso, ma a lui non importava.
Sapeva che, in qualche modo, lo aveva reso felice ancora una volta.
- Mi prometti una cosa? -
- Non so, Jimmy… ho paura delle tue promesse. -
Brian non aveva mai paura.
Mai.
Era sempre stato coraggioso.
Ma da quando Jimmy era entrato nella sua vita, conviveva con la paura di perderlo. Era una sensazione che non lo lasciava mai in pace e in quel periodo si era fatta leggermente più forte.
- Promettimi, in caso qualcosa dovesse separarci, di non avere mai paura. -
- Perché mai qualcosa dovrebbe separarci? – domandò il chitarrista, fulminandolo con lo sguardo.
- Non lo so, idiota, rispondi e basta! – esclamò, ridacchiando.
- Non mi piace che mi chiami idiota – constatò Brian, ridacchiando – è Johnny l’idiota. Io sono lo scemo. O l’imbecille. -
- Vuoi rispondere alla mia domanda, imbecille che non sei altro?
- Ora ci siamo – esclamò, il ragazzo – va bene. Te lo prometto. Non avrò mai paura. -
 
 
 


Brian si trovava sul portico di casa sua, quella sera. Guardava le stelle, cercandone una più luminosa delle altre, convinto che fosse la stella di Jimmy. Non l’aveva ancora trovata, ma era ancora presto, sicuramente a cielo più scuro si sarebbero viste tutte.
Prese un sorso di birra, senza staccare gli occhi scuri da questa o quella stella.
No.
No.
No.
No… no, nemmeno quella.
- Che stai combinando qui fuori? – la voce di Zacky arrivò alle sue orecchie e lo fece quasi sobbalzare.
La sua entrata non se l’aspettava, l’aveva completamente preso alla sprovvista. Quando Brian era concentrato si isolava completamente e gli amici non perdevano occasione di spaventarlo.
- Siamo tutti dentro. Ci stavamo chiedendo dove fossi finito. Ci sono Johnny e Jason ubriachi che ballano sul tavolo, devi vederli. -
Il chitarrista ridacchiò, per poi incrociare gli occhi color verde acqua di uno dei suoi miglior amici. Non trasmettevano niente di particolare, in quanto la sua ansia era palpabile anche senza guardare gli occhi. Il corpo rigido, i pugni chiusi, l’espressione corrucciata… non era convinto che stesse bene.
- Sto bene Zacky – lo rassicurò, tornando a fissare il cielo – arrivo dopo, davvero. Appena lo trovo. -
Dopo un attimo di esitazione, l’altro chitarrista sorrise.
- Salutamelo, quando lo vedi. E digli che manca anche a noi – si voltò, aprendo la porta finestra per rientrare in casa – a proposito… buon trentaduesimo compleanno, Bri. Ormai sei un vecchiaccio. -
L’uomo scoppiò a ridere.
- Grazie, stupido. A dicembre ne riparliamo. -
Sentì l’amico rientrare in casa. Era di nuovo solo.
No.
No.
No.
Non era sicuro di riuscire a trovare la stella quella se… come al solito dovette ricredersi. La stella più luminosa di tutte sembrava più vicina del solito, quel giorno.
Brian si lasciò cadere sulla sedia sdraio, per poi sorridere e alzare la bottiglia di birra al cielo.
- Guardami un po’. Sono passati quattro anni e ancora non ho paura. Sono bravo a mantenere le promesse. -
Come a rispondergli, la stella sembrò mandare dei piccoli bagliori blu.
L’uomo si toccò inevitabilmente il collo, sfiorando la pelle scoperta dalla maglia bianca con lo scollo a V. La lettera E della scritta “forever” (di cui si intravedeva solo REV) era leggermente coperta da una catenina d’argento, con il ciondolo di una piccola bara rossa.

Buon compleanno, Bri.

- Grazie, Jim. Spero davvero di non star diventando troppo vecchio, altrimenti l’anno prossimo comincerai a vedermi perdere colpi.  -
Jimmy sapeva che non era vero, perché in qualche modo Brian si manteneva sempre giovane.
Jimmy sapeva che non sarebbe mai potuto essere vero, perché con un angelo custode come lui, il suo migliore amico non sarebbe riuscito a farsi nemmeno un graffio.

 
 



Note dell'autrice:
Lo so, lo so, non dovevo farlo, ma ci sono cascata di nuovo.
Amo le OS sui compleanni ç_ç 
Stamattina mi sono svegliata e no, non ho pensato "oddio che bello è il compleanno di Brian", ho pensato "oggi è il compleanno di Brian e lui lo festeggia senza Jimmy". Questo non perché sono una depressa cronica e scrivo cose drammatiche, ma perché ultimamente mi sembra di essere trattata come un tappetino dalla persona che considero più importante per me, quindi sono moooolto malinconica.
Così mi sono armata di word e tastiera (?) e ho cominciato a scrivere. Penso non ci sia cosa peggiore di festeggiare il compleanno senza la propria metà. E... beh, posso dire che volevo trovare un modo per farglielo festeggiare comunque insieme.

E ora, mentre mi ritiro nel mio angolino buio, faccio ancora gli auguri di buon compleanno (già 32, stai invecchiando Haner!) a quel chitarrista svitato.
E non vi preoccupate, non mi sono dimenticata della mia long, l'aggiornamento arriva presto!

Alla prossima!
Kisses
Vava_95


P.S. il titolo è venuto fuori così, sono stata ORE immersa nella disperazione più totale perché non ne trovavo uno. Si prega di accontentarsi. 
  
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