17.
The
wolf is getting married
Quella
sera a corte si tenne un grandioso banchetto che completò degnamente le
celebrazioni. Birra e vino scorsero a fiumi, e il cibo servito fu buono oltre
ogni dire; nella grande sala dei ricevimenti cantori e musicanti si esibirono
alla calda luce di torce e lampade a olio allietando gli animi, e dopo un paio
di boccali Erin si unì a loro col suo flauto migliore. Suonarono e cantarono e
tutti ne furono felici, e presto molti presero a danzare e battere le mani.
C’era
molto per cui festeggiare, quel giorno, tra la liberazione del regno dai nemici
invasori, il trionfo dedicato agli eroi e il fidanzamento del Dio degli Inganni
con la ragazza di Galway, e sino a notte fonda difatti si festeggiò. Thor, Sif,
Heimdall e Hogun ricevettero grandi e ammirate attenzioni da parte degli altri
invitati, com’era giusto che fosse, ma niente in confronto a quelle che
ricevette Loki: fu lui la stella, il sole attorno al quale tutto ruotò, e negli
innumerevoli sguardi che scambiò con Erin lei lesse la più scaltra e pura delle
soddisfazioni.
Quando
infine ospiti e musicisti cominciarono ad abbandonare il salone e i lumi
diminuirono, anche il principe e l’irlandese presero congedo facendo ritorno
assieme all’ala riservata agli alloggi reali; tuttavia dovettero separarsi
sulla soglia della camera del dio, poiché la tradizione non prevedeva che due
promessi sposi dividessero il letto prima dei voti nuziali. Erin sbuffò
apertamente nell’apprendere tale dettaglio dalle ancelle che li accompagnavano,
e Loki le lanciò un sorriso d’intesa mentre scivolava oltre la porta.
La
flautista si lasciò scortare dalle dame fino alle proprie stanze, le stesse in
cui aveva trascorso i giorni di convalescenza e che si trovavano al capo
opposto del corridoio su cui davano quelle del compagno – e mentalmente prese
nota del tragitto, dal momento che non aveva alcuna intenzione di osservare le
buone maniere dell’alta società del Valhalla, non dopo i sofferti e incredibili
accadimenti di cui era stata protagonista. Aveva ancora mille domande da porre
al Dio degli Inganni, e più che mai le sue labbra e i suoi lombi ardevano dalla
voglia di perdersi il più a lungo possibile tra le braccia dell’asgardiano.
Le
ancelle la aiutarono a sfilarsi gli abiti da cerimonia e finalmente se ne
andarono, augurandole di trascorrere una buona notte, ed Erin sogghignò tra sé
e trepidò al pensiero della notte che prometteva di essere. Allora si sciolse i
capelli intrecciati e tolse la tunica di lino chiaro per indossare una delle
maglie troppo ampie che usava per dormire, e ai piedi mise un paio di ballerine
di morbido cuoio; quindi uscì di nuovo controllando che nessuno fosse nei
paraggi per porle quesiti inopportuni e tornò indietro a passi felpati con un
insistente sfarfallìo alla bocca dello stomaco, così piacevole rispetto alle
fitte di paura e rabbia che aveva sperimentato sino a una manciata di ore
prima. Camminando sempre più in fretta rifletté su tutte le volte in cui il suo
ingannatore divino l’aveva colta completamente di sorpresa e pensò che cinque
erano state tali occasioni: la prima era stata cadere dal cielo proprio mentre
lei si trovava nei paraggi, dopo Stoccarda, la seconda rendere il suo flauto
un’arma affinché potesse combattere assieme a lui invece di ucciderla o
scacciarla; la terza pregarla di seguirlo nella Dimora degli Dei, la quarta
essere vivo quando lei lo credeva morto.
E la
quinta – la quinta – erano le parole che aveva pronunciato quel pomeriggio
davanti agli immortali abitanti del Valhalla e al cospetto dei loro sovrani, le
parole che mai Erin aveva immaginato di sentirsi rivolgere e di sicuro non dal
Dio degli Inganni.
L’irlandese
ridacchiò piano nel corridoio fortunatamente deserto e con un singulto si
accorse di essere giunta a destinazione: allora picchiò tre colpetti sul legno
intarsiato d’oro della porta degli alloggi di Loki e subito questi la aprì,
accogliendola col solito sorriso astuto con cui si erano salutati. Sapeva
perfettamente che non sarebbe rimasta nella propria camera e la stava
ovviamente aspettando, finalmente spoglio dell’armatura e degli orpelli
cerimoniali e avvolto in una semplice casacca da camera di squisita fattura.
« Non è
buona creanza che una fanciulla faccia visita al proprio promesso sposo nel
cuore della notte. Siamo un po’ all’antica, ad Asgard. » la apostrofò il dio,
ammiccante, mentre si scostava per lasciarla entrare per poi chiudere a chiave
l’uscio.
« Io non
sono esattamente di qui. » replicò Erin con espressione deliziata.
« Per mia
fortuna. » disse lui avvicinandolesi senza sfiorarla.
La
musicista fremette di desiderio ma s’impose di dare la precedenza ai dubbi che
le punzecchiavano la mente: « Spiegami immediatamente com’è possibile che tu
sia vivo e vegeto. Ti ho visto morto in quella cazzo di stanza, ti ho chiamato
e scrollato invano e nessuno mi ha riferito il contrario, da quando mi sono
risvegliata. Ed ecco che oggi spunti fuori, in salute e fottutamente bello come
sempre, e per poco non ci resto secca io. Cos’è successo, Loki? Eri morto
davvero o non lo eri affatto? » se ne uscì infatti tutto d’un fiato.
« Tu hai
chiesto mie notizie, in questi due dì? »
« Cos’avrei
dovuto chiedere? Sei morto sotto i miei occhi, in pratica, e né tua madre né
Thor sembravano sprizzare gioia nel parlarmi. Perché fare domande inutili? »
L’asgardiano
scosse il capo: « Non sarebbero state inutili. Nessuno ti ha riferito alcunché
di diverso da ciò che credevi di sapere perché non v’era niente di certo, non
fino alle prime luci di quest’alba. » rispose; « Ero invero morto e tuttora lo
sarei se non fosse stato per Odino. Mi ha riportato in vita, Erin, e un simile
processo richiede tempo e silenzio. »
Lei inarcò
le sopracciglia, interdetta: « Aspetta. Odino? Odino può... »
« Odino
può ogni cosa. » terminò Loki al posto suo: « Illimitato è il suo potere e
tutto può compiersi, se lui lo desidera. Così ha prima guarito il mio corpo e
poi richiamato il mio spirito dal luogo ignoto in cui se n’era fuggito, utilizzando
arti e parole arcane nella più remota e segreta tra le stanze di guarigione di
questo palazzo, da solo. Il terzo giorno ha vegliato su di me in attesa ch’io
riaprissi gli occhi e stamane mi sono infine alzato dal mio giaciglio. »
« Conosco
un altro tizio divino che ci ha messo tre giorni per risogere. » commentò
l’irlandese senza riuscire a trattenersi; « E il luogo in cui se n’era andato
il tuo spirito, com’era? »
« Ha
importanza? Sono qui, Erin, e credo che ciò sia sufficiente. » asserì il
principe.
«
“Sufficiente” è un termine riduttivo. » disse la flautista con voce arrochita,
e di slancio si protese verso il compagno per baciarlo. Una seconda domanda
premeva per essere posta, ma il languore che pervadeva il suo corpo si stava
facendo assai più impellente.
Tuttavia
il Dio degli Inganni intuì quell’interrogativo latente e con un ghigno divertito
indietreggiò di un paio di passi in direzione dell’alcova, lasciando la ragazza
di Galway a bocca asciutta: « Tutto qui? Non vi sono altri dubbi che vuoi ch’io
dissipi? » la stuzzicò.
Erin
emise un mugolìo frustrato: « Ce ne sarebbe uno solo, in realtà. » bofonchiò.
« Parla,
dunque. Non abbiamo alcuna fretta. »
«
Appunto, il dubbio può aspettare. Non scappa mica, dalla mia testa. »
« Non
abbiamo alcuna fretta. » ripetè lui con una diversa sfumatura nel tono, e
sempre muovendosi lentamente all’indietro evitò il letto e si appoggiò con la
schiena a una parete.
L’irlandese
arrossì, sbuffò, distolse lo sguardo, si grattò pensosamente il naso, dondolò
sul posto e sbuffò di nuovo, quindi si arrese e gli si avvicinò con le mani sui
fianchi:
« Perché
mi hai chiesto di sposarti? » domandò. Aveva le guance tinte di porpora e le
iridi che brillavano, e un lieve sorriso compiaciuto le piegava le labbra
all’insù.
« E tu
perché hai accettato? » ribatté ridendo il dio, intrigato.
« Non
chiedermi cose di cui sai già la risposta, asgardiano. È imbarazzante. » lo
rimbeccò Erin diventando paonazza fino alla punta delle orecchie.
« Se tu
fossi me ed io fossi te, donna d’Irlanda, per quale motivo avresti chiesto la
mia mano? Parla pure liberamente e ti dirò se il tuo pensiero combacia col mio.
» suggerì Loki.
Lei trovò
interessante quel ribaltamento di ruoli e prese a deambulare per la stanza
gesticolando e provando a immedesimarsi in lui: « Innanzitutto uscirsene con
una proposta del genere avendo come pubblico i propri sudditi adoranti è un
ottimo modo per accrescere la propria riguadagnata popolarità, e del resto ti
ho dimostrato ampiamente come conquistare i favori della gente. I due eroi del
giorno coronano il loro amore dopo tante peripezie! Quale miglior lieto fine
per mandare la folla in brodo di giuggiole? » cominciò, e poiché l’altro taceva
e la fissava sorridendo proseguì nel suo monologo; « La seconda ragione per me
sarebbe il matrimonio in sé. Quassù siete all’antica, mi hai detto, e sposarci
risolve in partenza il problema della mia presenza e del rapporto che ho con
te. Se fossi rimasta senza ufficializzare alcunché forse alla lunga qualcuno
avrebbe storto il naso, visto che in fondo sono umana e deperibile e non molto
aristocratica. Invece hai saggiamente approfittato dell’entusiasmo generale e
nessuno ha avuto da obiettare, e dubito che più avanti qualcuno oserà
contrastare l’unione tra il principe che ha salvato il culo a tutti e la sua
valorosa sposa. Infine, credo tu l’abbia fatto pensando a Midgard. Insomma, non
so che piani tu abbia al riguardo, però avere per moglie una mortale
giustificherà ogni qualsivoglia viaggetto vorrai farti giù sulla Terra, a patto
che tu ci vada sempre in mia compagnia. Diremo che ci rechiamo in visita dalla
mia famiglia o dai miei amici o da Thor che sarà dalla sua astrofisica o che io
devo starmene a Boston per un po’ causa lavoro, e magari tu nel frattempo ti
dedicherai a organizzare la conquista del mio stupido pianeta o qualcosa del
genere. Sarebbe geniale. »
Non
appena Erin ebbe finito di esporre la propria visione circa le azioni del
compagno questi assentì, il sorriso che s’allargava e l’espressione quasi
raggiante:
«
Nonostante ti conosca ormai alla perfezione, l’affinità tra il tuo intelletto e
il mio mi colma sempre di stupore. Eppure, Erin, hai dimenticato il motivo più
importante, o forse nemmeno lo hai contemplato. » disse il Dio degli Inganni
scegliendo con cura le parole.
« Cosa?
Quale motivo? » volle sapere la musicista, smettendo di passeggiare.
Loki si
fece serio e andò verso di lei: « Te lo avrei chiesto comunque. Anche senza il
popolo adorante e sottili strategie, io avrei ugualmente chiesto la tua mano. »
rispose.
L’irlandese
avvertì il proprio sangue ruggire di emozione e l’ennesima sciocca citazione salirle
impunemente alle labbra: « Parli sul serio? Vorresti dunque che la gente di qui
dicesse “Il principe Loki ha saputo domare una selvaggia fanciulla di Midgard!
Non v’era una dama asgardiana ch’egli potesse scegliere?” » parafrasò con una
tintinnante risata.
« Lo vorrei.
» affermò il dio chinandosi sulla compagna, e calda era la sua voce e tiepido
il suo respiro: « Mi hai stregato anima e corpo, Erin Anwar, e voglio i tuoi
per me soltanto. »
Allora la
ragazza di Galway gli volò addosso, e mentre una luce sconfinata le si
incastrava felicemente nel petto, accanto al cuore che tambureggiava, gli prese
il volto tra le mani e lo baciò con tutto il fuoco che le bruciava dentro, e
tale fu il suo impeto che Loki dovette appoggiarsi di nuovo al muro per non
barcollare. Vincendo l’iniziale sorpresa la strinse a sé e fece scivolare le
dita al di sotto della sua larga maglia: e non incontrando altro che nuda pelle
la voglia che aveva di lei lo travolse, e senza lasciarla andare si spostò sino
ad uno scranno imbottito privo di braccioli sul quale sedette con Erin sulle
gambe.
A vicenda
e bevendo sospiri l’uno dalla bocca dell’altra si sfilarono gli indumenti, e
lui fece risalire entrambe le mani lungo i fianchi dell’irlandese fino al
torace e coi pollici prese a carezzarle i seni – ed Erin lanciò un lievissimo
grido e si protese verso l’asgardiano, le dita serrate sulle sue ginocchia e le
cosce premute sulle sue. Ed egli la mirò, mirò i capelli color dell’oro antico
che sciolti catturavano i guizzi dei braceri, mirò le palpebre abbassate e la
bocca dischiusa, il collo delicato e teso e la linea morbida del ventre che
sfiorava il suo, e la desiderò con tale voluttà da provare quasi dolore.
D’un
tratto la flautista riaprì gli occhi e gli cinse le ampie spalle, e lo baciò
lentamente e si sollevò appena, e sempre baciandolo scivolò su di lui: cominciò
così a muoversi, a ondeggiare ritmandosi con piccoli, meravigliosi gemiti, e
ancora una volta fu Loki ad annaspare per l’iniziativa e la veemenza della
donna d’Irlanda; inebriato dal calore che finalmente lo avvolgeva e cui spesso
aveva agognato nei giorni bui che avevano vissuto, la tenne stretta e ne
assecondò il movimento, e gemette in risposta e fu grato per il fiume rovente
che gli scorreva nelle vene sin da quando l’aveva incontrata.
E poiché
amava riprendere il controllo in ogni situazione all’improvviso si sollevò dal
seggio, e tenendola saldamente e senza sforzo alcuno per le natiche raggiunse
l’alcova. Sulle coltri soffici e ricamate di essa la fece distendere per poi
inginocchiarlesi sopra e abbassarsi fino a perdersi nelle pozze illanguidite
delle sue profonde iridi castane, ed Erin sentì il proprio petto scoppiare in
una miriade di schegge scintillanti, tanta e pura era la gioia che provava.
Gli
sorrise e il Dio degli Inganni le sorrise di rimando, e piano scese a baciarle
le labbra e il mento e la gola fremente e l’ombelico e l’inguine. E infine fu
tra le sue gambe aperte e anche lì la baciò, e senza fretta la assaporò
portandola sull’orlo di un piacere smisurato e folle e godendo nell’udirla
ansimare ripetutamente il suo nome nel chiarore dorato della stanza.
E un
attimo prima che l’irlandese si arrendesse a quel piacere Loki si allontanò e
tornò a sovrastarla, e lei lo afferrò per la nuca, le mani affondate tra i suoi
capelli color del buio, e lo tirò giù verso la propria bocca – e lui la prese
per i fianchi in un gesto ormai familiare per entrambi e nuovamente le fu
dentro: e nuovamente il mondo fu luce e fiamme, e pelle su pelle e labbra su
labbra e lombi che ardevano e si scioglievano come magma incandescente.
E quelle
fiamme salirono, fiere e ruggenti, e salirono anche le loro voci intessute come
un unico canto fin nei cieli di Asgard, e nel loro velluto trapunto di stelle
esplosero assieme.
Le
settimane che seguirono furono le più deliranti e belle che la ragazza di
Galway avesse mai vissuto: se nella Dimora degli Dei i preparativi per le nozze
vennero affrontati con notevole tranquillità, nonostante il doversi conciliare
con le usanze mortali in tale frangente, recarsi su Midgard per mettere al
corrente parenti e amici delle incredibili novità non fu cosa da poco.
Partendo
dall’Osservatorio con Thor, il quale approfittò dell’occasione per correre da
Jane, il Duo degli Inganni andò tosto a far visita alla famiglia Anwar nella
verde Irlanda; quivi tutti li riconobbero come gli eroi che avevano liberato
Dublino e molte altre città e li tempestarono di domande e ovazioni e foto, e
raggiungere la soglia della casa natale di Erin richiese non poco tempo e un
cospicuo elargimento di sorrisi condiscendenti. Midgardiani e asgardiani non
erano poi tanto dissimili nel lasciarsi conquistare da nobili gesta, constatò
il dio con soddisfatto disprezzo mentre lei suonava il campanello gongolando
apertamente.
Grande fu
la gioia di Seamus, dei genitori e del nonno nell’accogliere la congiunta e
nell’appurare che era viva e stava bene, e certo la presenza di Loki contribuì
a stupirli e metterli lievemente in soggezione: da quando i soldati di Odino
avevano raggiunto Thor e i Vendicatori sulla Terra per aiutarli a sconfiggere
gli invasori tutti avevano scoperto – o quantomento sospettato – che le
leggende solo leggende non erano, e dunque anche gli Anwar non faticarono a
credere che l’uomo che torreggiava nel loro salotto fosse davvero il Dio degli
Inganni delle vecchie storie del Nord. Ed Erin raccontò loro le incredibili
avventure che aveva affrontato assieme al compagno e agli altri divini
guerrieri, narrò di Thanos e dei sovrani del Valhalla e del sacrificio di Loki
e del meraviglioso trionfo, descrisse il loro viaggio attraverso gli States e
le eccentriche personalità degli eroi dello S.H.I.E.L.D. e rivelò quanto
profondo fosse divenuto il legame che c’era tra lei e il dio asgardiano.
E a quel
punto dovette fare l’annuncio che le premeva sulla punta della lingua e che le
mandava a mille il battito cardiaco. Così lanciò un’occhiata significativa a
Loki, rise per smaltire l’imbarazzo e con le guance arroventate prese le mani
di sua madre:
« Spero
che potrete prendere un mesetto di ferie, dalla prossima settimana, per venire
con noi ad Asgard. Tranquilli, nessuna spesa, sarete ospiti serviti e riveriti.
» esordì goffamente.
« Io e
Mus possiamo venire comunque. Sarebbe per una sorta di vacanza? » s’informò suo
nonno, Enoch McNulty, osservando di sottecchi il Dio degli Inganni.
La
musicista se ne uscì con un buffo verso: « Più o meno. Diciamo che in questo
modo vedrete i luoghi che ho visto io e conoscerete di persona gli dèi che io
ho conosciuto. » rispose, e quelle parole suonarono talmente folli da farla
scoppiare ancora a ridere.
« Perché
la stai prendendo sì alla larga, Erin? » interloquì Loki, divertito.
«
Prendendo alla larga cosa? » domandò
Maeve, la madre, con un mezzo sorriso perplesso; Seamus e Patrick, il padre,
scrollarono le spalle e inarcarono le sopracciglia, incuriositi.
« Perché
dire alla mia famiglia che tra un mese mi sposo e che lo sposo è un principe
asgardiano ingannatore non è proprio semplice, dolcezza. » esclamò lei con
estrema naturalezza, e contemporaneamente si rese conto di averlo appena fatto
e si bloccò.
Allora
nel soggiorno di casa Anwar si scatenò un allegro finimondo, e Maeve squittì e
stritolò le dita della figlia, Enoch si rifugiò in bagno a fumare per la troppa
emozione, Seamus chiese al dio se aveva una sorella con cui lui potesse
maritarsi, Loki sogghignò perfettamente a proprio agio ed Erin attaccò a
parlare a raffica per cercare di spiegare la situazione.
Patrick
Anwar fu l’unico a mantenere la calma. Ammiccando raggiunse il telefono e
sollevò la cornetta con un’espressione strafottente pressoché identica a quelle
che la sua rampolla maggiore sovente sfoggiava: « Per il matrimonio della mia
primogenita con un principe asgardiano ingannatore nessuno mi rifiuterà un
abbondante mese di ferie. » affermò.
Trascorsero
a Galway un paio di giorni e prima di ripartire fissarono un appuntamento per
la settimana successiva: sarebbero tornati da loro e li avrebbero portati ad
Asgard.
Venne
quindi il turno di Boston e degli amici e colleghi della Boston Philharmonic
Orchestra, e tra loro la notizia del matrimonio e l’invito a parteciparvi
generò una deflagrazione assai esagerata di entusiasmo e incredulità che sfociò
in una concitata baldoria. E per basita che fosse persino Sylvia fu felice per
l’amica, e garantì che avrebbe reso quell’assurdo matrimonio umano e
scriteriato abbastanza perché fosse indimenticabile per tutti i fottuti dèi
nordici.
Infine il
Duo degli Inganni si ricongiunse col Dio del Tuono e con la giovane astrofisica
per fare rientro nel Valhalla, e quest’ultima loro riferì i saluti e l’eterna
riconoscenza dello S.H.I.E.L.D. e dei Vendicatori: sapevano che grazie alle
imprese della strana coppia ogni cosa era andata a buon fine e garantivano che
in futuro, qualora ce ne fosse stato bisogno, si sarebbero sdebitati in
qualunque modo e a qualunque costo; Loki si concesse un sogghigno d’esultanza e
tenne la cosa bene a mente, consapevole che ciò gli sarebbe sicuramente tornato
utile.
Così i
giorni passarono, i preparativi entrarono nel vivo e gli Anwar-McNulty al
completo sperimentarono l’iridescente vortice del Bifröst, e pieni di
meraviglia videro e conobbero quello di cui Erin aveva tanto parlato e
tremarono emozionati al cospetto di Odino e Frigga.
E le
ancelle tesserono nuvole d’impalpabili e splendide stoffe e v’intrecciarono
fili d’oro e piccole gemme per creare l’abito che l’irlandese aveva descritto
loro, e i sarti di corte fecero altrettanto con le vesti che il principe
avrebbe indossato, e musici, cantori, nobili di altre provincie, dame e
ambasciatori giunsero via via al palazzo del Padre degli Dei recando doni per i
due fidanzati e le loro famiglie. La flautista apprese molte nozioni sulla
cultura degli Æsir e si divertì quando le venne spiegato come si sarebbero
svolte le celebrazioni, premurandosi di rammentare cortesemente agli asgardiani
che alcuni passaggi avrebbero dovuto svolgersi alla maniera terrestre: riuscì
così a evitare inutili faccende come quella della dote della sposa, spiegando
che su Midgard la cosa non andava più di moda da decenni, e favorì scambi di
opinioni e gentilezze estremamente informali tra i propri congiunti e i nuovi,
regali parenti.
Poiché
era costume che i promessi sposi non eccedessero nella reciproca compagnia,
prima delle nozze, Erin ebbe inoltre molte occasioni per conversare sia con
Jane che con Sif e i suoi tre compagni d’arme, e persino con Heimdall; talvolta
riuscirono a trovarsi tutti insieme nelle sale private dei principi o nei
giardini – lei, Loki, Thor e gli altri, e finanche Seamus che aveva messo gli
occhi sulla bella guerriera – e quelli furono invero momenti piacevoli.
La sera
del quarto dì che precedeva la cerimonia arrivarono gli orchestrali della BPO
al gran completo e alcuni musicisti irlandesi, carichi di strumenti, leggii,
spartiti, abiti eleganti e macchine fotografiche, e sino all’alba si fece festa
nelle stanze dell’irlandese. Attratti dalla presenza di un sì cospicuo numero
di colleghi midgardiani i musici di corte accorsero in massa, e per ore la
reggia risuonò di note e canti e voci allegre.
I tre
giorni seguenti furono assai importanti: tradizione voleva infatti che i
fidanzati compissero ciascuno il proprio percorso, in vista del rito nuziale, e
pertanto per la ragazza di Galway fu impossibile vedere il Dio degli Inganni.
Sua madre, Frigga, Sylvia, Jane, Sif e poche ancelle le stettero intorno per
prepararla al passo che la attendeva, ognuna a modo suo, e così fecero gli
uomini con Loki, il quale godette di quel buffo e luminoso periodo di pace e a
lungo disquisì con padre e fratello gettando oculate basi per venture
opportunità. Eppure soltanto la donna d’Irlanda occupava realmente i suoi
pensieri e dovette infine prenderne atto.
Alla
vigilia del matrimonio i futuri coniugi si recarono separatamente nei bagni
reali per i lavaggi propiziatori e purificatori previsti dal rituale – e mentre
le dame del seguito la spogliavano e la facevano entrare nell’acqua fumante,
illustrandole i suoi ormai imminenti doveri di moglie e madre e la perdita
della sua supposta condizione virginale, Erin fu a stento capace di mantenersi
seria e di non attaccare a cantare a squarciagola Like a virgin, nuda com’era e avvolta dai vapori che aleggiavano
sulle vasche. E dacché il cuore le batteva come un tamburo di guerra e nello
stomaco le rotolava una palla di fuoco, quella notte dormì poco e con splendida
agitazione e rifletté su tutto ciò che era successo, sull’incredibile serie di
eventi che l’aveva condotta sin lì. E così fece il dio, constatando che senza
di lei niente di quel che voleva si sarebbe realizzato e che lei medesima era
quel che voleva, ed entrambi furono riconoscenti ai moti del cosmo e del fato
che li avevano fatti incontrare.
Venne il
mattino della giornata fatidica, gonfia di sole e tepore sotto la volta serena
del cielo, e senza fretta tutti a palazzo terminarono di approntare ogni cosa
per celebrare l’unione tra il principe ritrovato e l’impavida fanciulla
mortale. Alla famiglia Anwar e all’astrofisica del New Mexico vennero donate
vesti asgardiane da indossare alla cerimonia, gli orchestrali si fecero belli e
per le vie della capitale la gente prese a festeggiare aspettando trepidante la
comparsa degli sposi novelli sulla balconata d’onore.
Sul
calare del meriggio le ancelle portarono a Erin il suo vestito e con loro
giunse anche Maeve McNulty: tra le mani reggeva un leggero cerchio d’argento
ornato di foglie di trifoglio e nastri blu, e al termine della vestizione lo
pose sul capo della figlia con gli occhi lucidi per poi abbracciarla stretta.
La musicista la abbracciò di rimando, quindi uscirono dalla camera e si unirono
al corteo della sposa, alla cui testa stava un orgogliosissimo Seamus; suo era
il compito di recare il flauto magico della sorella in vista dello scambio
simbolico delle armi di famiglia, e dal momento che gli Anwar non possedevano
spade antiche e che il Dio degli Inganni non aveva bisogno d’altri cimeli che i
propri si era deciso che le armi in questione sarebbero state lo strumento e lo
scettro.
Il
tramonto infiammava il soffitto celeste quando l’irlandese e coloro che la
accompagnavano si fermarono nel portico che si affacciava sul luogo designato
per le nozze: era, questo, una radura che si apriva sul bastione più alto dei
giardini della reggia, circondata da quieti ruscelli e rigogliosi alberi dal
fogliame scuro. L’erba era folta e morbida e mille lanterne brillavano
tutt’intorno al vasto prato, e decine di invitati fremevano già sul posto; tra
essi spiccavano i musicisti della BPO, in assetto da gran concerto e disposti a
emiciclo sulle prime file, e al centro del verde spiazzo Odino, Frigga, gli
Anwar e il Sommo Cerimoniere attendevano compunti. Poi di colpo il brusìo dei
presenti s’interruppe e dal capo opposto del colonnato un secondo breve corteo
s’avanzò, composto da Thor, Hogun, Fandral, Volstagg e un’altra mezza dozzina
di guerrieri di nobile aspetto: in mezzo a loro si levava la sagoma forte e
slanciata di Loki, magnifico e trionfante oltre ogni dire, lo sguardo ardente e
le labbra appena increspate da un sorriso segreto. Era avvolto in un regale
pastrano dorato finemente ricamato, la fida lancia tra le dita, e sotto aveva
una lunga tunica chiara impreziosita da una cinta verde.
Col
portamento elegante che gli era proprio sfilò tra le due ali di invitati e si
accomodò al fianco del Padre degli Dei, voltandosi verso il punto ove Erin scalpitava;
Thor e compagni si posizionarono poco più in là, visibilmente emozionati.
Toccò
allora alla ragazza di Galway abbandonare l’ombra del porticato, e nel bagliore
dei mille lumi che si mescolava a quello morente del crepuscolo di quella
soffice e calda sera d’estate tutti la mirarono e rimasero a bocca aperta:
bianca come le stelle era la sua veste e adorna di minuscole pietre blu come la
notte, e sopra indossava un soprabito color oro dalla forma simile a quella di
un fiore in boccio; sui capelli sciolti e sulla fronte le brillava il sottile
cerchietto d’argento, trifogli e nastri, e il suo viso era meravigliosamente
acceso.
E come
mise piede nel corridoio d’erba tra la folla le tre note d’inizio dell’Intermezzo di Mascagni colmarono l’aria
vibrando, seguendo i suoi lenti passi, e Loki le sorrise e a lei parve di
morire di gioia e di un groviglio irripetibile di molte altre cose: dentro
c’erano felicità e adrenalina e desiderio e amore e soddisfazione, ed era un
misto d’incredulità e piacevole terrore per l’ignoto che le si spalancava
dinnanzi. Ma non avrebbe cambiato una singola virgola di ciò che era stato, e
le venne voglia d’esultare e correre tra le braccia del suo ingannatore divino
infischiandosene dell’etichetta. Invece si limitò a sorridergli in risposta, e
la musica crebbe e i due furono finalmente faccia a faccia e si presero per
mano; Seamus consegnò il flauto alla sorella, il brano sfumò e la cerimonia
potè incominciare.
Molte
parole antiche furono pronunciate, accompagnate da gesti altrettanto arcaici, e
il rito si srotolò alla perfezione nella radura sulla cima dei bastioni. La
donna d’Irlanda prese lo scettro e l’asgardiano il flauto, e Odino invocò i
cieli di tutti i Nove Regni affinché li proteggessero e Frigga benedisse la
loro unione tanto come sovrana e dea quanto come madre. E Loki ed Erin
recitarono i voti nuziali a conclusione del cerimoniale e furono infine marito
e moglie, e lei non si trattenne più e scoppiò nella risata più bella che il
Valhalla avesse mai udito ed esultando gli saltò al collo e lo baciò, e
fratelli e amici si profusero in ovazioni di ogni genere, alcune delle quali
persino imbarazzanti; Maeve pianse a dirotto e baciò a sua volta Patrick, nonno
Enoch si accese d’impulso una sigaretta, Seamus dedicò un occhiolino a Sif e
Thor ruggì con entusiasmo sollevando Jane e facendola ruotare come una piuma.
Ebbero
quindi inizio il banchetto nuziale e i festeggiamenti che, secondo le nordiche
usanze, sarebbero proseguiti per un’abbondante settimana: e tutti mangiarono,
bevvero e cantarono, e si suonò e danzò e a malapena si dormì, mentre anche
nelle strade intorno al palazzo le genti di Asgard godevano del periodo di
festa; i guerrieri della casa di Odino rimasero ammaliati dalle grazie
sapientemente mostrate delle giovani donne di Midgard amiche di Erin, e
quest’ultima sfidò molti degli uomini presenti in serrate gare d’insulti,
spesso vincendo a mani basse, e Seamus riuscì a ottenere le attenzioni di Sif,
suo malgrado intrigata.
E quella
sera, dopo i brindisi di rito e prima di venire accompagnati nelle loro nuove
stanze, il Dio degli Inganni e la ragazza di Galway si recarono sul balcone
d’onore della reggia per salutare il popolo che fremeva più in basso, desideroso
di omaggiare gli sposi.
« Sai,
quando tuo padre ha invocato per noi la protezione dei Nove Regni ho pensato
che forse i Nove Regni dovrebbero proteggersi da noi. » disse l’irlandese a bassa voce intanto che col novello
consorte si avviava al terrazzo in solenne processione.
Loki la
guardò in tralice, sogghignando: « L’ho pensato anch’io. Ecco perché mi piaci a
tal punto, assurda mortale. » replicò.
« Mi
auguro non sia soltanto per questo. E a proposito di noi e degli altri mondi,
cos’hai in mente? Ce ne staremo qui belli tranquilli a giocare al principe e
alla principessa fintanto che mi manterrò sufficientemente giovane e piacente?
Non che mi dispiaccia, sia chiaro, ma come prospettiva mi risulta poco
plausibile. » proseguì lei quasi sibilando.
«
Troveremo il modo di ovviare alla tua condizione “deperibile”, come tu stessa
l’hai definita. Hai già il potere assorbito dal flauto dalla tua, non
dimenticarlo. Quanto al resto, » rispose il dio, « non sono certo di volermi
accontentare di ciò che abbiamo appena ottenuto. È tuttora valido il tuo
desiderio di conquistare e governare Midgard insieme a me? »
« Di
nuovo una domanda di cui conosci già la risposta, marito. » ammiccò Erin.
« Ne sono
felice, moglie. » concluse lui con un sorriso al contempo gioioso e astuto.
Allora tacquero
e sorridendo entrambi si affacciarono al parapetto della balconata, le mani
alzate in segno di saluto: la folla sottostante li accolse con ardore ancora
una volta e i due rimasero lì, beati e fieri e splendenti di bianco e d’oro
come le stelle che eterne pulsavano sopra di loro.
> Note
a piè di pagina
So di aver atteso la bellezza
di due settimane circa prima di pubblicare l’ultimo capitolo, ma proprio perché siamo al Gran Finale l’idea di mettere la
parola ‘fine’ all’avventura mi emoziona un po’ – non come mi ha emozionata
finirla fisicamente di scrivere, naturalmente. E poi sono impegnatiZZima, come
sempre, e anche questo ha influenzato il ritardo.
Nozioncine
tecniche prima dei saluti e dei ringraziamenti: il matrimonio vichingo si
svolge effettivamente come l’ho descritto, con tanto di scambio simbolico delle
armi di famiglia (che nel nostro caso non sono esattamente due spade) e diadema
d’argento con foglie di trifoglio e nastri – ed è una fortunata coincidenza il
fatto che Erin sia irlandese e che dunque i trifogli la rappresentino in pieno
;) era anche tradizione che i festeggiamenti durassero una settimana
abbondante.
So che è
tutto molto felice-delirante, ma io amo i lieti fini che si risolvono in una
splendida baldoria!
Durante la
conversazione tra i due pericolosi piccioncini ho inserito una citazione
parafrasata dal Signore degli Anelli
e una da Orgoglio e Pregiudizio (dal
film del 2005, per la precisione).
Il titolo del
capitolo è quello dell’omonima canzone di Sinead O’Connor; come musiche
portanti segnalo Birds of a feather
dei Civil Wars per il dialogo iniziale tra Erin e Loki e Twisted logic dei Coldplay per la scena d’ammmmmòre, I will wait dei Mumford & Sons per
il festino musicale con gli amici della BPO e i musici di corte, October sky di Mark Isham per la
preparazione e l’arrivo degli sposi e ovviamente l’Intermezzo di Mascagni. E poi At
last di Etta James e infine King and
lionheart degli Of Monsters And Men, perché sono perfette.
Spero di
essere riuscita a rendere chiaro il fatto che il nostro Dio degli Inganni non
fa mai niente per niente – mai niente che non gli torni vantaggioso – e che
tuttavia tiene all’irlandese molto più di quanto entrambi avessero immaginato.
E spero con
tutto il cuore di avervi “dato” qualcosa, qualcosa di bello :)
E sappiate
che non finisce qui. O meglio, questa
storia finisce qui, ma non le vicende dei Coniugi Bindolo, come mi piace
chiamarli: HABEMUS SEGUITUM, sapevatelo, e ne ho già scritti cinque capitoli su
quindici totali. Yessssss.
> Ringraziamenti
Al mio
principe consorte (che mi sopporta nella mia Loki-centrite e mi prende amorevolmente in giro) e ad Annalisa, Rin,
Marika e Rachele che prima di chiunque altro hanno letto, apprezzato,
commentato e fornito validi consigli.
Alla Marvel e
Joss Whedon che cotanta ispirazione hanno procurato e, soprattutto, al signor
Tom Hiddleston cui va l’immenso merito di aver dato vita a un personaggio
mirabile, fascinoso e carismatico nella sua complessa villainy.
E grazie A
VOI – voi che avete letto, apprezzato e commentato e a voi che lo farete,
forse, anche a storia completata. Ve la dedico tutta, questa avventura,
augurandomi che ne abbiate goduto quanto ne ho goduto io.
GRAZIE MILLE! E a presto, se mi aspetterete sino alla pubblicazione del
seguito *^*
> Colonna sonora
completa
Galway girl (Shannon & Earle) | Fine line (Paul McCartney) | Need your love (Temper Trap) | Man of simple pleasures (Kasabian) | Like a dancer (The Enemy) | Instrumental I + Love of an orchestra (Noah And The Whale) | Da doo ron ron (The Crystals) | Trembling
hands (Temper Trap) | Invincible
(Ok Go) | Too old to die young
(Brother Dege) | Shake the ground
(Cherri Bomb) | Nicaragua (Jerry
Goldsmith) | Kill your heroes (Awolnation)
| Think twice (Groove Armada) | Mad about you (Hooverphonic) | I won’t say i’m in love (Alan Menken) | What if? (Coldplay) | You and whose army? (Radiohead) | Burn it to the ground (Nickelback) | Everybody is on the run (Noel Gallagher
& His High Flying Birds) | Skyfall
(Adele) | Un monumento (Ennio
Morricone) | Love, love, love (Of
Monsters And Men) | Shakespeare in love
(Stephen Warbeck) | Pm’s theme (Craig
Armstrong) | Karelia Suite – Ballad (Jean
Sibelius) | Destiny in Space (Erbe
& Solomon) | Bedroom eyes (Dum
Dum Girls) | Birds of a feather (The
Civil Wars) | Twisted logic
(Coldplay) | I will wait (Mumford
& Sons) | October sky (Mark
Isham) | Cavalleria Rusticana –
Intermezzo (Pietro Mascagni) | At
last (Etta James) | King and lionheart
(Of Monster And Men)
BONUS TRACKS:
She’s a genius (Jet) + Can’t find my way home (Blind Faith)
THE MISCHIEF DUO WILL
RETURN!
(STAY TUNED FOR MORE ROCK
OF MISCHIEF)
© Black_Moody (Nora Bright) 2012-2013
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